bta.it Frontespizio Indice Rapido Cerca nel sito www.bta.it Ufficio Stampa Sali di un livello english not available
Museo Italiano dell'Altomedioevo (Roma-EUR)
La ceramica altomedioevale
 
Gabriella Sabatini
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 31 (5 dicembre 1994)
http://www.bta.it/txt/a0/00/bta00031.html
Precedente
Successivo
Tutti
Area 			Musei

INDICE

Ceramica cosiddetta "barbarica"
Necropoli di Nocera Umbra e Castel Trosino
Considerazioni generali
Ceramica invetriata altomedioevale


Il materiale che qui verrà presentato e discusso, è costituito dalla suppellettile ceramica, cosiddetta non germanica, proveniente dai corredi funerari delle necropoli longobarde di Nocera Umbra e Castel Trosino , e ora conservata a Roma nel Museo dell'Alto Medioevo, e da un'altra classe ceramica, quella delle invetriate altomedioevali in Italia, ancora assai poco nota, al di fuori almeno di certe aree topograficamente e culturalmente delimitate, e ciò per la scarsezza di dati archeologici provenienti da contesti sicuri.



Up

CERAMICA COSIDDETTA "BARBARICA"

Prima di iniziare il discorso con la rassegna delle ceramiche rinvenute nelle necropoli longobarde di Nocera Umbra e di Castel Trosino, entrambe per la maggior parte conservate nel Museo dell'Alto Medioevo a Roma, sarà opportuno, come nota preliminare, accennare alla produzione di ceramica nell'Europa centrale e meridionale.

Per quanto riguarda il periodo delle migrazioni, disponiamo di tre gruppi di ritrovamenti di ceramiche:

    1) ritrovamenti provenienti da fabbriche di ceramica;
    2) ritrovamenti da insediamenti;
    3) ritrovamenti tombali.

Per il periodo che a noi interessa, il primo gruppo risulta essere rarissimo: in Italia manca completamente, mentre in Germania se ne conoscono solo alcuni. Per quanto riguarda il secondo gruppo, quello relativo alle ceramiche provenienti da antichi insediamenti, i ritrovamenti e la loro valutazione risultano estremamente difficili, per il fatto che i centri abitati di quell'epoca si trovano normalmente sotto villaggi o città moderne. Il terzo gruppo, quello cioè relativo a vasi provenienti da tombe, rappresenta indubbiamente la fonte più adatta per lo studio delle ceramiche.

Si comincerà dal territorio delle Province Romane, nella parte sud-occidentale del regno merovingio, per poi occuparci della situazione in Italia.

Il cimitero franco-renano di Krepfeld-Gallep ci offre, per l'altomedioevo, un panorama abbastanza soddisfaciente della produzione di ceramica nella Renania. Il cimitero risale al periodo romano e continua ad essere ininterrottamente usato fino alla fine del VII secolo. Le tombe romane contenevano il tipico corredo di vasi. Questa ceramica della fine del III e del IV secolo proviene, quando si parla di terra sigillata, dalle Argonne; il vasellame di uso casalingo proviene invece da Majen nell'Eifel. Le fabbriche di Majen, o per meglio dire i forni, furono trovati nei dintorni della città, come anche furono ritrovati cumuli di cocci (nulla è stato pubblicato su gran parte di questo materiale).

Invece dalle Argonne proviene il gruppo della cosiddetta "sigillata a rotelle", zona dove si erano istallate diverse fabbriche di tradizione romana. Era lì che veniva prodotto l'ultimo tipo di terra sigillata. La ceramica prodotta da queste fabbriche è in massima parte decorata. Queste decorazioni furono incise con rotelline nella creta ancora fresca, e furono proprio queste rotelline a dare il nome a questa classe di ceramica.

La "sigillata a rotelle" ha avuto un ampia diffusione e ne sono stati trovati esemplari anche in luoghi abbastanza lontani dai centri di produzione. All'inizio del V secolo questa usanza subisce un cambiamento: nel periodo che segue vediamo che le tombe racchiudono suppellettili di ceramica locale, ma soltanto un esemplare o al massimo due per ogni tomba. I vasi non sono più esclusivamente prodotti di massa provenienti da fabbriche. Sembra che l'origine di queste nuove forme sia da ricercarsi in quella parte della Germania che si trova a destra del Reno.

A partire dalla fine del IV secolo si ferma la vera e propria produzione di ceramica romana eccetto quella delle fabbriche di Majen. Quindi si attesta una nuova produzione locale fino al predominio - alla fine del VI sec. - della cosiddetta ceramica franca, proveniente in parte da botteghe di vasai locali e in parte da imprese più ampie. Questa produzione elabora una nuova forma caratteristica di recipiente, conosciuto con il nome di vaso biconico franco.

La decorazione di questi vasi, chiamati per la loro lavorazione "ceramica lucida a cottura riducente", consiste in una serie di incisioni a rotelline o a stampo o a linee ondulate incise con pettine. La zona di maggiore diffusione si trova intorno al Reno, ma particolarmente nella Renania centrale. Tutti questi vasi sono esemplari del VI e del VII secolo.

Un altro gruppo di vasellame, prodotto anch'esso sempre nel VI e nel VII secolo è quello comprendente i cosiddetti vasi alemannici con costolature a sbalzo (Rippen oder Buckelgefaesse). Ci si è resi conto che questi vasi costituivano un fenomeno della moda del IV e V secolo estesasi a tutta l'Europa nord occidentale.

La quantità dei ritrovamenti diminuisce più tardi, mentre per quanta riguarda le zone alemanniche, la maggior parte di questi vasi è da far risalire al VII secolo.

Il terzo prototipo di ceramica di epoca merovingica, proviene dalla Germania meridionale (questa particolarmente importante perchè direttamente connessa con la ceramica longorbarda trovata in Italia, di cui si dirà di seguito).

Si tratta di bicchieri e vasi a forma di otre. Questo tipo di vasi non è di provenienza occidentale, bensì di origine orientale. Tali recipienti a forma do otre, sono quasi sempre decorati da stampigliature e vengono modellati a mano. La loro tipologia richiama il gruppo principale della ceramica longobarda in Italia, con la differenza che quest'ultima è modellata al tornio.

Questi i tipi principali e più diffusi di ceramica prodotta nel VI e nel VII secolo in Renania e nella Germania sud occidentale. Naturalmente accanto ai prototipi descritti sopra, sono esistite ceramiche diversissime nella stessa epoca e nella stessa zona, in genere prodotti di piccole botteghe probabilmente molto numerose.

Dopo aver parlato della ceramica transalpina dell'epoca delle migrazioni passiamo ad occuparci della ceramica in Italia. L'analisi verterà principalmente sulla produzione della ceramica dell'Italia settentrionale e centrale, in quanto per l'Italia meridionale ancora non si è presa una posizione critica nei confronti del materiale rinvenuto.

Presenza di forni di vasai oppure di fabbriche di ceramica del periodo in esame sembra non essere attestata.

D'altronde è presente la ceramica di insediamento, ma molti dei ritrovamenti rimangono ancora da datare e classificare (nella maggior parte dei casi si tratta di ceramica senza alcun intento artistico, decorata nel modo più semplice, a graffio).

Rimane così, per i nostri scopi, l'ultimo gruppo di ceramiche, quelle provenienti da tombe e legate al rito funebre. Sappiamo che il popolo latino non usava suppellettile tombale. Pertanto dobbiamo la nostra conoscenza di ceramica tombale alle tribù barbariche e soprattutto a quelle longobarde, le quali per alcuni decenni dopo la loro discesa in Italia, continuarono a conservare le usanze connesse al rito funebre, come l'uso delle suppellettili tombali. In In genere questi vasi provenienti da sepolcreti si possono dividere in due gruppi: 1) ceramica propriamente longobarda; 2) ceramica di tradizione tardo-antica che fu prodotta nelle botteghe romane in Italia.

Per quanto riguarda la ceramica longobarda, parliamo soprattutto di recipienti per bere (servizi di bottiglie, caraffe e bicchieri). I tipi principali di questo gruppo di ceramica modellata col tornio sono le brocche con becco, le bottoglie e i bicchieri a forma d'otre e le bottiglie a collo lungo. La decorazione è con stampigliature e motivi licidi. E' chiara la derivazione di tale ceramica da quella sviluppata dai Longobardi in Pannonia. Se non si conoscono le reali influenze, è sicuro invece che la cosiddetta ceramica longobarda in Italia fu una concreta produzione dei Longobardi. La distribuzione dei luoghi di ritrovamento in territorio longobardo nell'Italia settentrionale ne è una conferma (Friuli, necropoli di Cividale, Veneto, Lombardia, Piemonte, necropoli di Testona-Moncalieri).

Nell'Italia centrale invece la situazione è diversa: da questo luogo infatti proviene un tipo di ceramica molto diverso. Le zone interessate sono soprattutto Umbria e Toscana. I cimiteri che attestano questo materiale fittile sono quelli di Nocera Umbra e Castel Trosino (questo nella regione Marche), Arcisa (vicino Chiusi) e Fiesole.

La parte maggiormente testimoniata di questi ritrovamenti è formata da brocche, boccali con orlo a trifoglio. Di particolare importanza la presenza di piatti e di scodelle con orlo a listello in sigillata chiara D, di fabbricazione africana, che compaiono come manufatto di lusso nelle tombe più ricche del VII secolo. Tutti i recipienti di questo gruppo sono del tipo molto duro, ottenuto con una cottura speciale e superficiale ruvida, e con una gamma di colori che va dal grigio all'ocra, passando per l'arancione. La decorazione manca in quasi tutti i vasi e dove compare è rappresentata da alcune linee ondulate incise con il pettine.



Up

NECROPOLI DI NOCERA UMBRA E CASTEL TROSINO

Non ci resta ora che analizzare il materiale ceramico rinvenuto nelle due maggiori necropoli longobarde di Nocera Umbra e Castel Trosino, avvalendoci del lavoro, completo nel suo insieme, di I. Baldassarre (1) , la quale ha cercato, per quanto possibile, di inquadrare tale materiale ceramico nell' economia della produzione di età longobarda in Italia. Possediamo una sommaria sistemazione cronologica del materiale ceramico grazie alla presentazione fornitaci dai primi editori delle necropoli stesse (2) .

È ovvio però che un inquadramento valido e completo di questa classe di ceramica potrà scaturire solo dalla catalogazione e dalla pubblicazione sistematica di tutto il materiale di età barbarica presente nei musei italiani.

Brevi notizie sulle singole necropoli non potranno che risultare di necessaria premessa.

La necropoli di Nocera Umbra fu scoperta nel 1897. Le tombe esplorate, di numero 165, erano disposte senza ordine topografico tra sepolcri ricchi e poveri. Le ceramiche furono trovate in 44 tombe, mai più di un pezzo per tomba, e appartengono generalmente a sepolture di donne e bambini. Delle 44 ceramiche citate nella relazione di scavo, 26 sono ora conservate a Roma nel Museo dell'Alto Medioevo, e di queste solo 5 sono fruibili al pubblico e saranno qui elencate e descritte; le rimanenti si trovano o nei magazzini del museo in attesa di una nuova sistemazione, o a Milano, insieme a tutto il corredo tombale; in parte sono andate invece distrutte nella fase di recupero.

Grazie alla datazione di monete rinvenute sul luogo (aurei di Giustiniano), si può con sicurezza attribuire l'inizio della necropoli all'anno 5713 (cronologia determinata anche dal ritrovamento di fibule longobarde di I e II stile): il sepolcreto fu attivo quindi dall'ultimo trentennio del VI secolo con un prolungamento nel VII secolo, e con un addensamento delle sepolture intorno al 600.

    a) Ciotoletta di terracotta rosso vivo su basso piede ad anello; bordo sagomato, incavo centrale all'interno; rotta in due parti e restaurata. Noc.U., tomba 23; inv. n.299 (2184) Misure: alt.0,05; diam. max. 0,185
    b) Brocchetta di terracotta, molto compatta, color nocciola; corpo globulare schiacciato su base piatta; corpo sottile e in rapporto al ventre piuttosto lungo; labbro verticale sagomato con bordo ingrossato leggermente trilobato. Intera. Noc. U., tomba 39; inv. n.447
    Misure: alt.0,135; diam. max.0,14

    c) Grande piatto di terracotta rossa, su basso piede ad anello e con bordo sagomato; scarse tracce di ingubbiatura biancastra; ricomposto da vari frammenti. Noc. U., tomba 60(donna); inv. n.630(2413) Misure: alt.0,06; diam. max.0,24

    d) Vasetti gemelli, di colore grigiastro, decorati con file di rosette impresse; corpo piriforme, senza piede e bocca svasata. Esempio unico in Italia centrale di ceramica nera stampigliata, tipica dei popoli germanici, che i longobardi hanno lasciato nelle tombe pannoniche, trovata anche in sepolture dell'Italia sett. Noc. U., tomba 148; inv. n.1102 Misure: alt.0,20; diam. max.0,10

La necropoli di Castel Trosino fu scavata nel 1893-96. Si tratta in questo caso di tre necropoli adiacenti: S.Stefano, Contrada Fonte, Contrada Campo.

Le tombe venute alla luce furono 237, di numero maggiore quindi rispetto al precedente sepolcreto, ma in generale più povere. Le ceramiche erano 45, anche qui sempre una per tomba: 27 sono ora conservate nel Museo dell'Alto Medioevo e di queste solo 5 sono esposte al pubblico e saranno qui descritte.

Le rimanenti si trovano anch'esse in casse poste nei magazzini del museo o sono in frammenti o addirittura non raccolte dagli scavatori perchè trovate in frantumi. Anche qui l'ausilio delle monete (aurei di Anastasio I, 491-518, a Maurizio TIberio, 582- 602) permette di collocare nell'anno 578 l'inizio di questa necropoli (4). Iniziata quindi negli ultimi decenni del VI secolo, ebbe però un tempo di durata più lungo che a Nocera, continuando per tutto il VII secolo. Numerose tombe sono prive di qualsiasi suppellettile, e non è stato rinvenuto alcun esemplare di ceramica nera stampigliata cosiddetta "longobarda".

    a) Grande piatto circolare in terracotta rossa friabilissima, su basso piede ad anello, con orlo sagomato; all'interno lieve depressione nella parte centrale; ricomposto da diversi frammenti integrato parzialmente nell'orlo. C. Tr., tomba F; inv. n.1202(1944) Misure: alt.0,055; diam. max.0,32

    b) Boccaletto di terracotta rosso vivo con molte impurità; corpo ovoidale col maggiore diametro piuttosto in basso; breve collo e labbro sagomato verticale; ansa a cordone impostata sotto il labro e sul ventre; tracce di vernice di un rosso scuro; danneggiato da un foro oblungo poco al di sotto dell'ansa; rotta leggermente nel labbro; restaurata parzialmente nel ventre. C. Tr., tomba 31(donna); inv. n.1360 Misure: alt.0.18; diam. max.0,13

    c) Brocchetta di terracotta giallo paglierino; corpo quasi cilindrico su base piatta; collo breve e stretto, leggermente svasato, labbro non sagomato; l'ansa è impostata sotto il labbro e nella spalla; presenta solchi paralleli orizzontali sotto l'ansa, con tracce di vernice rossa nella zona dei solchi; mancano parte del collo e del labbro. C. Tr., tomba 32(donna); inv. n.1366 Misure: alt.0,195; diam. max.0,10

    d) Grande piatto di terracotta rossa; molto friabile, su basso piede ad anello con orlo sagomato; rotto in quattro frammenti, ricostruibile; reca tracce di ingubbiatura più scura.
    C. Tr., tomba 90; inv. n.1458(1945)
    Misure: alt.0,60; diam. max.0,38

    e) Anforetta di terracotta rossa depurata; corpo ovoidale slanciato su piede ad anello sagomato; collo lungo e stretto leggermente svasato verso l'alto, con labbro leggermente ingrossato; due grandi anse a cordone, simmetriche, sono impostate a metà collo e sulla spalla; ricomposta da frammenti. C. Tr., tomba 121(giovinetta); inv. n.1623(1419) Misure: alt.0,18; diam. max.0,08

Come abbiamo visto, la forma che ricorre più frequentemente è il boccale, ma compaiono anche altre forme, come le olle panciute, le ciotole, le anforette. In una povera tomba nella necropoli di Castel Trosino, si è rinvenuto un askòs di terracotta in forma di animale a quattro zampe (tomba 114); in un altra una rozza lucernetta (tomba 37).

Vorrei ora brevemente accennare, per completare il quadro sulle necropoli longobarde del centro Italia, al rinvenimento del materiale caramico nel cimitero di Pettinara-Casale Lozzi (Nocera Umbra), scavato nel Maggio 1976, in occasione della costruzione di una abitazione presso l'attuale piazza delle Medaglie D'oro.

I pochi reperti di queste tombe mostrano, senza dubbi, che anche questo cimitero era probabilmente longobardo e senz'altro di epoca longobarda. Complessivamente sono state scavate 41 tombe, ma si pensa che almeno 80 siano andate perdute.

Tutti i recipienti trovati a Pettinara, ad esclusione di una piccola brocca, appartengono ad un tipo finora poco noto, che può al massimo essere paragonato alla "pignatella" (5) .

Si tratta di bricchi sferici con un manico. Sul corpo del recipiente posa verticalmente il bordo basso e tondo, senza che vi sia frammezzo il collo. I vasi sono cotti bene e di vari colori, e risultano inoltre piuttosto pesanti.

In base alla tradizione del corredo funebre di ceramica dell'alto medioevo, deve trattarsi di recipienti usati per bere ma, per la forma e la fattura, potrebbero essere anche pentole. Non si hanno punti di riferimento validi per la datazione. Il recipiente della tomba 65 di Nocera Umbra somiglia più degli altri a questa tipologia di vasi. La piccola brocca della tomba 7, che fa parte di questo gruppo, ha forma sferica e collo corto, sottile e rientrante; il bordo non esiste più. Per questo pezzo di tradizione antica si ha come esempio un reperto analogo, proveniente dalla tomba 93 di Nocera.

Dalla tomba 35, sempre di Pettinara, proviene il coccio di un vaso relativamente grande e di forma imprecisata, di ceramica rossa ben cotta. Presenta scannellature uguali e parallele e appartiene ad una tipologia di ceramica tardo-antica altomedioevale: la si trova spesso negli strati più recenti di caverne e grotte, che fornivano rifugio alla popolazione in quei tempi agitati. Purtroppo non è possibile datarla con precisione.

Altri frammenti di anfore furono trovati durante lo scavo, ma certamente non hanno rapporto con la necropoli stessa.



Up

CONSIDERAZIONI GENERALI

Ad un esame complessivo il materiale può essere diviso in due grandi classi: in gran parte si presenta grossolano, povero di forme, di impasto non depurato e di cottura imperfetta.

Domina su tutto la mancanza di ripetizione delle forme, a sottolineare quasi l'assenza di una fabbrica artigianale che producesse prodotti in serie. Da ciò si distaccano, come classe a sè, i pochi pezzi di argilla compatta, buona cottura e con ripetizione esatta delle forme, che riecheggiano modi di antica tradizione.

In definitiva, e si pecca di genericità, tale prodotto ceramico viene complessivamente considerato, esclusi i pezzi germanici, una continuazione dell'industria locale italica, della quale i Longobardi si sarebbero serviti e non si discosterebbe per tecnica e forma, da prodotti usuali del periodo tardo-antico.

Comunque, per centrare veramente il problema, bisognerebbe analizzare quale fosse la tradizione tecnica e la realtà economica prima del contatto con i Longobardi, e quale fu il reale apporto artigianale longobardo con cui i romani vennero in contatto.

Conosciamo tutti la crisi economica , sociale e politica che l'Italia attraversò nei secoli VI e VII. Consideriamola ora in rapporto alla produzione ceramica.

Dal punto di vista archeologico constatiamo la scomparsa della produzione artigianale organizzata in fabbriche: per mancanza o limitatezza di mezzi si ha la tendenza a chiudersi in produzioni locali, con una circolazione interna, e con una diminuita esigenza di commercio a grande raggio. Non esistenndo più domanda di mercato, vengono meno anche quelle innovazioni tipologiche e ornamentali che ci permettevano, con le loro variazioni, di seguire un iter cronologico e stilistico.

A sottolineare ancora maggiormente il perduto interesse artistico, la suppellettile ceramica diviene di tipo domestico, ridotta al necessario e soprattutto di uso quotidiano. Una precisazione però va fatta: non siamo in presenza di un fenomeno esploso improvvisamente nel VI secolo; anzi, già nel periodo tardo-antico assistiamo ad un progressivo decadimento della prodizione ceramica.

I primi segni sono riconducibili a cominciare dal III-IV secolo, dove assistiamo ad una progressiva eliminazione di motivi decorativi, ad uno scadimento della vernice e ad una diminuzione di forme, per arrivare ai secoli IV-V, la cui caratteristica è un irrigidimento di forme, che avranno però la particolarità di conservarsi a lungo. Alla terra sigillata, come ceramica fine, si sostituirà probabilmente nel V-VI secolo la ceramica invetriata: è da notare, comunque, che questa classe di ceramica non è presente nelle necropoli prese in considerazione.

La ceramica acroma di uso domestico(dove anche le ceramiche di Nocera Umbra e Castel Trosino sembrano appartenere a questa categoria, nonostante il loro uso funerario) costituisce la maggioranza della ceramica dei secoli VI-VII. Essa si presenta sempre acroma, in terracotta chiara e rossastra con scanalature più o meno minute su tutta la superficie esterna o su parte di essa (6) .

Le forme non offrono molte varianti: boccaletti su basso piede a larga imboccatura; con alto labbro svasato. Comunque la granulosità di impasto e la mancanza di sequenze tipologiche sembrano essere una caratteristica quasi esclusiva delle ceramiche rappresentate nelle due necropoli longobarde, per le quali sembra impossibile l'esistenza di un artigianato specializzato.

Due grandi produzioni quindi in ambiente italiano: il nuovo tipo rappresentato dall'invetriata e il vecchio, che non ha niente a che fare con questa nuova classe, ma anzi segue la scia, senza soluzioni di continuità, iniziata nel IV secolo, perpetuando forme e tecniche di una ormai svuotata tradizione.

Ma quale era veramente la situazione della ceramica longobarda ?

Dopo il loro ingresso in Italia, e già prima in Pannonia, i Longobardi abbandonano l'agricoltura nelle mani dei popoli sottomessi, subendo, come conseguenza, la scomparsa della ceramica nord-danubiana rurale, lavorata a mano, che viene sostituita da ceramica lavorata al tornio. Il periodo pannonico è, al riguardo, molto illuminante: costituisce, infatti, il momento di una coscienza tecnica che si concretizzerà nel potenziamento di una propria economia artigianale, prima inesistente. Nel loro movimento verso l'Italia, quindi, i longobardi portarono con sè quegli artigiani ceramisti, i soli che producevano oggetti necessari alla loro vita.

La ceramica pannonica (quella immediatamente precedente alla fase italiana) risulta infatti presente in Italia almeno in un primo momento. Questo tipo di ceramica era nero o grigio con stampigliature, su forme essenzialmente biconiche, lavorata al tornio e acquisita certamente da altri popoli germanici.

Se seguiamo gli stanziamenti longobardi, la troviamo, in quantità massiccia, a Cividale, la più antica necropoli longobarda (7) ,e a Testona.Si riduce a due soli esemplari a Nocera Umbra (vasetti delle tomba 148) e scompare del tutto a Castel Trosino. Probabilmente, non trovando riscontro in alcuna tradizione nè longobarda nè italica, fu destinata ad esaurirsi presto.

Nocera Umbra e Castel Trosino, invece, testimoniano una persistenza del tipo non decorato, in forma ollare monoansata (con le dovute eccezioni) e di fattura rozza, rivelando da parte dell'artefice la conoscenza tipologica ma non quella tecnica. Non avendo confronti con forme romane contemporanee, si tenta di considerarla come una produzione ceramica autonoma degli stanziamenti longobardi in Italia.

Il quadro sopra presentato sembra indicare, in conclusione, una generale tendenza, in ambiente longobardo, ad accogliere passivamente forme esterne o a rifornirsi sulla produzione locale. Non manca tuttavia la volontà di continuare forme tradizionali, già in uso nella patri pannonica, accentuata ancor più dalle pratiche funerarie di per sè conservatrici, e del tutto diverse dalle pratiche della popolazione romana.

L'adozione, tra la ceramica italica, del tipo acromo o con semplice ingubbiatura rispetto alla ceramica invetriata, potrebbe spiegarsi con il tentativo di avvicinarsi il più possibile ad un tipo tradizionale.



Up

CERAMICA INVETRIATA ALTOMEDIOEVALE

Tempo fa, prima della chiusura di alcune sale che le contenevano, erano esposte, sempre nel Museo dell'Alto Medioevo8, alcune ceramiche rinvenute nel corso di vecchi scavi nell'area del Foro Romano (Pozzo H, Colonne Onorarie), le quali documentano le principali produzioni fittili di Roma nel Medioevo. La classe più nota e più tipica è quella rappresentata dalla ceramica invetriata, detta "a vetrina pesante" o "FORUM WARE", molto comune a Roma (che ne fu uno dei principali centri produttori) e nel circondario, ma attestata abbastanza ampiamente anche nel resto della penisola e nelle isole (vedremo poi che toccherà anche terre non italiane).

La forma più frequente è la brocca con collo sviluppato, corpo ovoidale, beccuccio ad ansa, ma non mancano altre forme come l'olla, il vaso ad alto collo, i coperchi ed anche le forme aperte (catini).

In moltissimi esemplari ricorre una decorazione a petali applicati, disposti in maniera più o meno regolare; numerosi sono anche i casi di decorazione incisa che può trovarsi talvolta combinata con la decorazione precedente. Sicuramente attestata nel periodo carolingio (tardo VIII-IX secolo), grazie alle suddette caratteristiche, rimane tuttavia ancora aperto il problema della cronologia iniziale: i dati di scavo finora disponibili non hanno permesso di chiarire in modo definitivo se sussista un effettivo rapporto di continuità tra questa produzione e quella tardo antica; da quest'ultima, comunque, la "Forum Ware" altomedioevale ha mutuato, non si sa se per tradizione diretta o tramite la mediazione bizantina, l'elemento decorativo a petali applicati a rilievo (9)

Recentemente il Whitehouse (10) ,in una giornata di studio dedicata alla ceramica invetriata tardo romana e altomedioevale, ha sottolineato come una revisione di vecchi rinvenimenti del Lacus Juturnae (fontana del II secolo a.C. nel Foro Romano) e soprattutto una nuova valutazione delle monete rinvenute presso la Fonte, suggerisca la possibilità per il tipo "Forum Ware" di una datazione anteriore all'anno 600, invece di quella finora proposta fra il 750 e l'850 ca. (11)

Ciò sembra capovolgere la tesi sulla continuità della invetriata, anche se i ritrovamenti di Castelseprio e di altre località lombarde, sembrano indicare che nell'Italia settentrionale la produzione proseguì almeno nel VI e VII secolo: gli scavi di Luni, con il suo ampio materiale, dimostrano che la ceramica invetriata tardoromana non fu mai comune nel Levante come lo era nel Ponente (12) .

Comunque l'analisi storica generale porta ormai a credere che nella transizione dalla tarda antichità all'altomedioevo non si è verificata nessuna perdita delle abilità artigianali, ma solo una riduzione della quantità degli artigiani specializzati in un mondo in cui poche persone potevano permettersi di pagarli adeguatamente.

Resta comunque il fatto che una diffusione nell'uso delle ceramiche rivestite con vetrina piombifera si ebbe solo dopo il 1000. Fino al secolo XII il livello del corredo domestico in ceramica, rimase qualitativamente e quantitativamente molto basso, probabilmente in rapporto con un maggiore impiego di recipienti in altri materiali, pietra ollare e vetro, trovati in strati altomedioevali, e che hanno anche riscontri in documenti scritti nei secoli XII e XIII.

Consideriamo la sua distribuzione. Se guardiamo tutte le attestazioni di ceramica a vetrina pesante altomedioevali, apparirà evidente la diffusione relativamente ampia di queste produzioni, anche se quantitativamente esigue (ad eccezione di Roma e del Lazio), riferibili a diversi centri di origine.

Elementi sufficienti per una datazione circostanziata sono emersi finora solo a Roma,nello scavo della Crypta Balbi (13) ,dove la ceramica a vetrina pesante altomedioevale, nta anche con il nome di "Forum Ware" è già presente in strati di VII sec. inoltrato in associazione con un altro tipo di invetriata, di produzione locale, la quale presenta caratteri molto simili all'invetriata bizantina di VII-VIII sec., di cui costituisce probabilmente una filiazione diretta.

Si tratta di una ceramica ad impasto grezzo, superfici schiarite, invetriatura esclusivamente interna, spessa, brillante, di colore chiaro o marrone-verdastro, cavillato.

Non sappiamo esattamente quando tale produzione abbia avuto inizio a Roma, ma essa è certamente posteriore alla diffusione della ceramica invetriata in area bizantina, avvenuta nella prima metà del VII, da cui mutua le caratteristiche di fondo (14) .

Da ciò si deduce che questa ceramica, che deve essere considerata la prima produzione invetriata altomedioevale di Roma, si colloca nei secoli centrali dell'VIII sec. esattamente nell'ambito cronologico indicato dalla stratigrafia della Crypta Balbi.

Numerosi ritrovamenti in siti anche molto distanti (il caso di Marsiglia e di Genova è emblematico), sono ricondicibili alla tipologia romana e provengono, con ogni probabilità, da officine di Roma. Rientrano in questo gruppo alcuni frammenti di Napoli, della Sardegna,della Corsica, probabilmente anche un frammento di Arezzo: in Toscana, oltre questo frammento, sono tornati alla luce di recente alcuni pezzi di ceramica a vetrina pesante a Lucca (15) e a rocca S.Silvestro,riferibili, forse, a centri di fabbricazione di area toscana, anch'essi non ancora localizzati. La distribuzione dei ritrovamenti, come risulta dalle località citate, è prevalentemente, ma non esclusivamente, costiera: l'irraggiamento della produzione romana di ceramica a vetrina pesante lungo le coste tirreniche (da Napoli a Genova e Marsiglia, coste della Sardegna e della Corsica) documenta, sul piano archeologico, il persistere di contatti lungo collaudate rotte marittime, concordemente con quanto è noto dalle fonti altomedioevali. Vediamo come esempio il caso di Marsiglia.

In questo luogo, negli scavi del 1985, furono rinvenuti pezzi di ceramica a vetrina piombifera verde. Messi a confronto con quelli provenienti dallo scavo della Crypta Balbi (16) , lo studio ha provato l'origine comune dei frammenti di Roma e Marsiglia, e dunque l' esportazione in Francia meridionale di prodotti nvetriati del Lazio. Questo commercio ipotizzabile già nel IX secolo, riguarda principalmente i secoli X-XI. Per ora dunque, la ceramica a vetrina pesante rappresenta la più antica ceramica medioevale d' importazione scoperta in Francia meridionale.

Nel suo complesso, la distribuzione della ceramica a vetrina pesante altomedioevale in confronto a quella invetriata tardo- antica mostra uno spostamento dell'asse dal settentrione della penisola, dove l'invetriata era prevalente in periodo tardo- antico, al centro sud in periodo altomediovale. Ed è proprio quest'ultima parte d'Italia che rimane in stretto contatto con il mondo bizantino nei secoli VII e VIII, da cui sembra derivò motivi di sopravvivenza "ellenistica".

Nel corso del X secolo la ceramica a vetrina pesante subisce delle radicali trasformazioni: da una parte un impoverimento del rivestimento, distribuito da ora in modo assai irregolare sull'intera superficie del vaso (ceramica a vetrina pesante a macchia o "Sparse Glazed"); dall'altra una modificazione di carattere formale, con l'affermarsi del vaso biconico con beccuccio espanso.

Il suo esaurimento si colloca in un periodo successivo, pressapoco nei secoli XII-XIII, soppiantato dalla diffusione, abbastanza considerevole anche a Roma, di ceramiche rivestite di tipo bassomedioevale. Gli ultimi esemplari di ceramica a vetrina pesante, consistono in vasi che presentano appena una pennellata intorno a tutto il corpo (ad esempio gli esemplari di S.Cornelia).

Accanto alla ceramica a vetrina pesante, furono prodotti a Roma per tutto il Medioevo altri tipi di ceramica, quali la ceramica da fuoco e quella ad impasto depurato, prive di rivestimento (ceramiche acrome). Al primo tipo appartengono olle, boccali, tegami, coperchi e lucerne. Ad eccezione del tegame, gli esemplari esposti sono riferibili ai secoli antecedenti il Mille. Interessante è notare come il vasellame fabbricato a Roma nei primi secoli del Medioevo, contrariamente ad altre zone, presenti un livello tecnologico evoluto: i vasi sono sempre lavorati al tornio veloce, gli impasti accuratamente selezionati, le superfici ben definite.

Anche la ceramica acroma ad impasto depurato rivela, nell'Altomedioevo, una vasta gamma di tipi e decorazioni. Le forme più comuni sono rappresentate da brocche e anfore di varie dimensioni. L'esemplare monoansato si riallaccia alla tradizione tardo-antica, mentre le anfore a corpo ovoidale, spesso con decorazione a linee ondulate eseguite a pettine sulla spalla, sono comuni nei secoli VIII-IX.

Un'altra forma tipica del periodo è l'anforetta a largo collo svasato, sulla cui superficie schiarita compaiono decorazioni incise a pettine o a rotella.

Le ceramiche da mensa di tipo bassomedioevale, si affermano a Roma solo nel XIII secolo, sotto l'influsso di ceramiche importate già nel XII secolo da altri centri mediterranei, soprattutto dall'Italia meridionale.

Le nuove tecniche, che introducono un rivestimento invetriato o smaltato monocromo (verde o giallo) o policromo (verde, bruno, giallo) su fondo bianco, si trovano applicate inizialmente alle sole forme chiuse (boccali e "truffette" ovvero boccali panciuti a collo strettissimo e orlo trilobato), e solo successivamente estese a forme aperte (ciotole carenate e catini) (17) .




NOTE

(1) I. BALDASSARRE, La ceramica delle necropoli di Nocera Umbra e Castel Trosino, Altomedioevo I-1967, pp.141-185

(2) A. PASQUI-R. PARIBENI, La nacropoli barbarica di Nocera Umbra, Mon. Ant. Linc. XXV-1918, pp.137-351; R. MENGARELLI, La necropoli barbarica di Castel Trosino presso Ascoli Piceno, Mon. Ant. Linc. XX-1902, pp.47-235

Nell'anno 571 la città fu conquistata dai longobardi e incorporata nel Ducato di Spoleto.

(4) La città posta sulla Via Salaria presso Ascoli Piceno fu conquistata dai longobardi nel 578 ed in seguito inclusa nel Ducato di Spoleto.

(5) O. MAZZUCATO, La ceramica laziale nell'altomedioevo, Roma 1977, nn.53-54, dove recipienti simili, ma in realtà più tardi, vengono indicati con questo nome.

(6) Per Ventimiglia cfr. il lavoro di N. LAMBOGLIA, Ventimiglia romana, Bordighera 1964

(7) Cfr. M. BROZZI, La più antica necropoli longobarda in Italia, Nocera Umbra s. d.

(8) Esattamente nella vetrina 23.

(9) È da ricordare che nei secoli VIII-IX, una copertura molto simile alla vetrina pesante è in uso a Bisanzio, per cui è logico supporre che vi sia stato un legame tra il " vetro romano" occidentale e quello prodotto nell'Impero romano d'Oriente. Cfr. O. MAZZUCATO, Introduzione alla Ceramica Medioevale del Museo di Roma, Roma 1990, p.9

(10) D. WHITEHOUSE, L'invetriata tardo romana e altomedievale nel Lazio, Atti del Convegno "La ceramica invetriata tardoromana e altomedievale" (Como, 14 Marzo 1981), Como 1985, pp.105-108

(11) O. MAZZUCATO, La ceramica a vetrina pesante, Roma 1972

(12) H. BLAKE, Ceramiche romane e medioevali e pietra ollare dagli scavi della torre civica di Pavia, Archeologia Medioevale V-1978, pp.141-170

(13) Il giardino del Conservatorio di S. Caterina della Rosa, Archeologia urbana a Roma: il progetto della Crypta Balbi .3, a cura di D. MANACORDA, Firenze 1985; L'esedra della Crypta Balbi nel Medioevo (XI-XV sec.), Archeologia urbana a Roma: il progetto della Crypta Balbi .5, a cura di L. SAGUI' e L. PAROLI, Firenze 1990

(14) Non sembra perciò affatto sorprendente che il più antico tipo di ceramica invetriata altomedioevale prodotto a Roma negli anni centrali dell'VIII sec. abbia elementi in comune con quella in uso a Costantinopoli, e che molti tratti bizantini si ritrovino ancora nei primi esemplari del "Forum Ware". Cfr. Atti del Convegno "La ceramica invetriata...", op. cit.

(15) G. DE MARINIS, Esemplari di ceramica invetriata altomedievale a Lucca, Archeologia Medioevale V-1978, pp.504-512

(16) Il giardino del Conservatorio..., op. cit.

(17) Su tutti gli argomenti trattati nell'articolo vedasi anche la seguente bibliografia: ENCICL. ARTE ANTICA, vol. III, s. v. Ceramica e Suppl., Atlante della ceramica romana, Roma 1983; B. M. FELLETTI MAJ, Echi di tradizione antica di età longobarda in Umbria, Atti del II Convegno di Studi Umbri, Gubbio 1974, p. 317 sgg.; O. MAZZUCCATO, La ceramica a vetrina pesante, Roma 1972; A. MELUCCO VACCARO, I Longobardi in Italia. Materiali e problemi, Milano 1982; S. NEPOTI, Manufatti di uso domestico, Archeologia Medioevale X-1983, pp. 199-212; L. PAROLI, Ceramiche a vetrina pesante scoperte a Roma e a Marsiglia: risultati delle prime analisi fisico-chimiche, Archeologia Medioevale XIII-1986, pp. 79- 86; L. PAROLI, D. MANACORDA, M. RICCI, A. MOLINARI, D. ROMEI, La ceramica medioevale di Roma nella stratigrafia della Crypta Balbi, Atti del III Congresso Internazionale "La ceramica medioevale nel Mediterraneo Occidentale" (Siena-Faenza, 8-13 Ottobre 1984), Firenze 1986, pp. 511-544; La ceramica invetriata tardo antica e altomedievale in Italia, a cura di L. PAROLI, Atti del Seminario (Certosa di Pontignano-Siena, 23-24 Febbraio 1990), Firenze 1992; A. PERONI, L'arte in età longobarda. Una traccia, Magistra Barbaritas, Milano 1984, pp. 229-300; O. von ESSEN, A proposito della ceramica longobarda in Italia, Atti del Convegno di Studi Longobardi 1970, pp. 91-94; O. von ESSEN, A proposito della produzione di ceramica nel periodo delle migrazioni, XVIII Sett. Studi Alto Medioevo, Spoleto-Cen. It. Stud. Alt. Med. 1971, pp. 749-764; O. von ESSEN, Il cimitero altomedievale di Pettinara Casale Lozzi (Nocera Umbra), Firenze 1978; O. von ESSEN, Alcuni aspetti della cronologia riguardante i Longobardi in Italia, Atti del VI Conv. Intern. Stud. Alto Med., Spoleto 1980, pp. 229-300; D. WHITEHOUSE, Nuovi elementi per la datazione della ceramica a vetrina pesante, Archeologia Medievale, VIII-1981, p. 583 sgg.



	
 

Risali





BTA copyright MECENATI Mail to www@bta.it