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Frank O. Gehry
Un architetto artista
 
Francesco Scura
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 42 (11 febbraio 1995)
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Area Architettura

"A noi tutti piacciono le opere in costruzione molto più che terminate". Può cominciare così questo breve discorso critico su Frank Gehry, "architetto interprete di se stesso". Canadese, nato nel 1929, si forma quasi da autodidatta fino ad approdare, ormai in California, presso lo studio di Victor Gruen che lo inizia (o meglio che lo rende partecipe) ai problemi di funzionalità della città contemporanea. Dopo alcuni mesi trascorsi in Europa, principalmente a Parigi, torna in America dove, in una zona industriale della periferia di Los Angeles, apre uno studio insieme al designer Greg Walsh.

I primi lavori (che esulano dal ristretto campo dell'architettura vera e propria) risentono dell'influenza dell'arte pop e minimal dovuta alla frequentazione assidua di artisti come André, Davis, Francis, Judd e Serra. Con i prototipi di "Easy Edges Furniture" (strati di cartone stracciati, lacerati) Gehry si pone come esempio di "autorepressione espressiva", conseguenza diretta della accurata riflessione sul vero significato dei concetti di semplicità, austerità e "astinenza artistica".

Introduce allora il cosiddetto "striptease" architettonico in evidente contrasto con il metodo costruttivo tradizionale tanto povero (forse squallido?) quanto usato e inflazionato. E' dunque nella fusione di schemi originali e provocatori che Gehry giunge all'invenzione del suo stesso ruolo: architetto, artista e uomo d'affari. Nella prima metà degli anni sessanta si pongono le basi per il futuro compositivo dell'artista californiano: prima un'architettura neoplastica legata a superfici grezze e trascurate, poi le grandi tele zincate lasciate senza alcuna protezione, punto di partenza per il rilancio della "wreck-architecture" composta di avanzi, di stracci, di relitti. Senza entrare in dettagli tecnici questi metodi di progettazione e costruzione si possono interpretare come una violenta esigenza di rottura nei confronti di un accademismo oppressivo (rimasto tanto pressante solo in architettura) allora imperante negli Stati Uniti. E' per lo stesso motivo che Gehry si dedica all'ideazione o alla ristrutturazione (sempre nel rispetto dell'edificio preesistente) di abitazioni, condomini, centri commerciali e parcheggi.

Un discorso a parte merita il luogo dove Gehry vive e lavora: Los Angeles è un universo in continuo movimento che va dall'autoesaltazione alla paura di non potersi considerare più neanche "città". Non a caso è stato detto che coloro che si entusiasmano per Los Angeles non possono che essere giornalisti o designers. E' dunque in questo ambito che Gehry vive l'arte (non solo l'architettura) come free game, come sperimentazione, come esperienza ludica; ed è sempre in riferimento al contesto che usa materiali grezzi, scarsamente lavorati e poco adatti a resistere al passare degli anni.

Dalla serialità degli edifici (case uguali a migliaia di altre) Gehry trae spunto per un tentativo di personalizzazione della città; operando una ristrutturazione (non una ricostruzione) sovrappone e dilata materiale, fa respirare le strutture portanti fino a trovare un equilibrio perfetto tra la non originalità di base della casa e il libero sfogo della fantasia (architettura viva e divertente).

Quanto alle opere limiteremo il discorso a due esempi: la Gehry House a Santa Monica e l'intervento a Euro Disney. Nel primo caso sono concentrati praticamente tutti gli accorgimenti stilistici più importanti: rifiuto di omogeneizzazione, esaltazione della fruizione multipla; Germano Celant la considera (insieme alla Loyola School of Law) un'acropoli contemporanea nella cui agorà si scatena il caos allo stesso tempo creato e controllato dall'architetto. Per quanto riguarda le strutture interne basta riferirsi al nucleo vitale della casa: la "living-kitchen-dining-room". Il recentissimo intervento a Euro Disney (un complesso di 66 torri rivestite di pannelli di acciaio colorato) è su basi completamente differenti: prima di tutto lo sforzo di integrare un complesso "contemporaneo" in una struttura semplicemente "moderna"; in secondo luogo il ritorno ad un'architettura vista come sfogo di colori (quasi la tavolozza di un pittore) e di geometrie eccentriche.

Concludendo, e collegandosi così alla definizione iniziale, Gehry rappresenta un unicum incredibilmente completo: architetto, cliente, interprete, ricordando che il costante riferimento a se stesso non è mai interpretabile in una visione sterile e banalmente narcisistica.




NOTA BIBLIOGRAFICA

G. Celant, "Architettura letteraria e pulsionale: Frank Gehry" in: Artmakers, Feltrinelli 1984

L. Rubino, "Frank O. Gehry: finalmente un architetto che interpreta se stesso" e "Verso un surrealismo architettonico, verso un'architettura invisibile" in: Frank O. Gehry special, Edizioni Kappa 1984

A. Vidler, "Opere recenti di Frank O. Gehry" e "Il movimento nell'architettura di Frank Gehry" in: Casabella ndeg. 553

G. Celant, "Il terremoto dell'architettura" e "La progettazione della casualità" in: Casabella ndeg. 554

M. Bacher, "Considerazioni sulla ricostruzione dei centri storici nella Repubblica Federale Tedesca" in: Abitare ndeg. 226

F. Bucci, "L'abilità artigianale nella lastra metallica: il progresso nella costruzione" in: L'architettura ndeg. 392

S. Stempler, "Weekend con l'elicottero: nei dintorni di New York, due case come fossero una sola" in: Architectural Digest ndeg. 46



	
 

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