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La piccola cuba di Palermo  
Michele Guarneri
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 144 (17 luglio 1997)
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Nel Medioevo, il ricco patrimonio culturale ereditato dalla grande civiltà islamica in Sicilia e assorbito dal sincretismo normanno, trova, con molto successo, piena espressione anche nell'ambito di particolari residenze reali, meglio conosciute col termine di sollazzi. Ubicate nei pressi delle mura di Palermo, si caratterizzano per l'estensione del loro giardino, il lusso del palazzo e la presenza di un bacino idrico artificiale, talmente ampio, come in quello della Favara, da consentire persino la navigazione di piccole imbarcazioni

1 . La funzione di questi luoghi è quella di offrire ai reali normanni, occasioni di riposo e di evasione dai gravosi impegni quotidiani, ma anche di assicurare, durante l'estate, un fresco riparo dal caldo torrido della città.

A pochi passi dalla torre Alfaina o Cuba Soprana, nascosta da una cerchia di edifici moderni e immersa nel verde agrumeto del fondo Napoli, possiamo, ancora oggi, ammirare la piccola Cuba, detta anche Cubula. La sua presenza, sembra voler evocare, in qualche modo, quella magnificenza del parco Genoard, di cui ci offre un interessante cenno l'illustrazione di una miniatura tratta dal Liber ad honorem Augusti di Pietro da Eboli 2 . Sulla scia degli studi condotti da Amari, per meglio chiarire la denominazione del giardino è emerso che tale espressione proviene dall'arabo Giannat al - Ard che vuol dire "il paradiso sulla terra" 3 . A partire dal XIII secolo, le contemporanee fonti documentarie 4 . e persino il celeberrimo Decameron di Boccaccio (Giornata V, novella n. 6), sostituiscono l'antico toponimo con quello, forse più noto, di Cuba. Sul significato di quest'ultimo termine, numerosi studiosi hanno avanzato le più svariate teorie, come quella, dello stesso Amari, secondo cui si tratta di una parola araba con preciso riferimento ad un "padiglione" oppure ad una "volta". A ciò, bisogna anche aggiungere la convinzione da parte dello storico che il giardino prima ed il palazzo dopo, avessero ricevuto il nome dalla piccola Cuba 5 . Ipotesi questa, condivisa, tra l'altro, anche da Di Marzo 6 , ma oggi del tutto superata. Sembra, infatti più probabile che l'acquisizione di questo nome da parte del parco sia dovuta alla vicinanza del sontuoso edificio reale 7 .

Una prima e più accurata descrizione del luogo è contenuta nell'opera De Rebus Siculis Decades duae, scritta e pubblicata nel 1556 da Tommaso Fazello 8 . L'autore ci parla di una vasta area ricca di orti, alberi da frutta, di mirti e lauri, con una vasca d'acqua, un tempo piena di pesci, su cui si staglia un maestoso edificio. Si fa menzione pure all'esistenza di animali selvatici dalle svariate specie, liberi di muoversi all'interno del giardino per la delizia degli occhi e delle battute di caccia, quest'ultime, da sempre, svago preferito dei sovrani. Di notevole interesse per l'argomento che stiamo trattando è il brano in cui si fa riferimento all'esistenza di chioschi cupolati e in particolare modo alla nostra Cubula : "Medium locum ab ingressu ad extremum usque porticus tendebat una, sed longissima, sacellis testudinatis ex omni parte patentibus addelitias Regum orbiculari opere extructis frequens: quorum unum adhuc integrum restat" 9 . .

Contrariamente a quando ci si potrebbe aspettare, in questo caso, la struttura è di piccole dimensioni con una semplice pianta quadrangolare che ne determina la sua tipica forma cubica. Costruita con mattoni, di medie proporzioni, ma ben squadrati 10 . , mostra sulla sua sommità una caratteristica cupoletta che oltre a rendere gradevole il suo aspetto evidenzia, nel contempo, quella contrapposizione dei volumi, tipica dell'architettura araba di quel periodo. In ciascuna delle sue quattro facciate, la costruzione, presenta un'ampio arco a sesto acuto ornato, rispettivamente, da tre bande di archivolti tufacei leggermente rientranti di cui, quello centrale, spicca maggiormente per la sua particolare decorazione con bugne a guanciale dal sicuro e suggestivo effetto chiaroscurale ( fig. 1 e fig. 2).
Il motivo, di indubbia derivazione araba, trova larga diffusione nel Cairo e nel Palazzo Fatimita Bàb-el-Foitoû h (1060 d.C.) 11 . Altro aspetto interessante da non trascurare è dato dalla comparsa della fascia bugnata anche nella chiesa della SS. Trinità (figg. 3 - 4 - 5),

nel campanile di S. Maria dell'Ammiraglio (figg. 6 - 7),

in S. Spirito (figg. 8- 9)

ed infine nella Cattedrale (figg. 10 - 11).
Dal punto di vista decorativo, l'entità di tale fenomeno non dev'essere sottovalutato, se consideriamo il fatto che le chiese appena elencate sono state tutte costruite a Palermo, durante il regno normanno dei due Guglielmi e nello stesso arco di tempo, ovvero intorno al secondo cinquantennio del XII secolo 12 . Ad avvalorare quanto appena detto, sulla base delle inequivocabili analogie decorative riscontrate nel santuario del S. Sepolcro in Gerusalemme, Toesca suppone che tale modello, dalla Sicilia sia persino arrivato in Terra Santa 13 . In alto, lungo i margini superiori delle quattro pareti della piccola Cuba, si sviluppa una cornice entro una coppia di listelli che richiama, molto da vicino, quella della Cuba, della Zisa e di S. Maria dell'Ammiraglio 14 .

La cupola poggia sui quattro pilastri dai quali si dipartono altrettanti pennacchi costituiti, a loro volta, da tre ordini di arcature rientranti. Sulla sua superficie esterna si può ancora osservare il parziale rivestimento di colore rossastro, eroso nel corso dei secoli, dalla lunga e graduale azione, ma non per questo meno devastante, degli agenti atmosferici (fig. 12 ). Esempi di simile copertura a cupole emisferiche rialzate si trovano, attualmente, nelle chiese palermitane di S. Giovanni degli Eremiti, S. Giovanni dei Lebbrosi, di S. Cataldo con evidenti rassomiglianze a quelle, erette nello stesso periodo, della tomba di Khorâ ssâ n a Tunisi e della moschea di Giami a Sfax 15 .

Girault de Prangey 16 . , a proposito del chiosco, ci informa della presenza di alcuni gradini intorno all'edificio, oggi del tutto scomparsi. Presume inoltre l'esistenza di una fontana posta al centro, per refrigerare l'ambiente in estate, anche se, allo stato attuale, non esiste alcun elemento oggettivo in grado di confermare questa ipotesi.

Nei dintorni del capoluogo siciliano, un altro esempio di vano cupolato, ma di dimensioni ridotte e con funzioni diverse, ci viene segnalato da Amari, sul fianco destro, di una vecchia strada che da Villabate conduce a Misilmeri 17 . Secondo quanto ci riferisce, lo studioso: "La cupoletta è oggi sepolta in parte sotto una frana, che mi pare recente quand'io vidi per la prima volta questo monumentino nel maggio 1870. E' fabbricata, come quella molto più grande di casa Napoli, tra Palermo e Monreale, sopra un dado, nel quale si entra nella parte dello stradale per un arco molto aguzzo e pur sì piccolo che un uno dee chinarsi per passarvi". Purtroppo, del Sabî 18 . sorto per dissetare i viaggiatori di passaggio, all'infuori della scarna descrizione che abbiamo appena accennato, non rimane più nulla.

Piccoli Padiglioni di questo genere, coevi alla Cubula, un tempo, sorgevano in grande quantità nell'area nord-africana, soprattutto intorno alle maestose residenze erette dagli Emiri e dagli Aghlabiti 19 . Attualmente, altri riscontri con strutture dello stesso genere, si possono rintracciare, sempre nell'area magrebina, a Tunisi, principalmente

nella già citata tomba di Beni Khorâ ssâ n 20 . e in un vano cupolato con fontana del XV secolo 21 .


NOTE:

1 MONGITORE A., La Sicilia ricercata, Palermo 1742-1743, tomo II, pp. 195-196;

ANASTASI L., L'arte nel parco reale normanno di Palermo, Palermo 1935, fascicolo n.1, p. 30.

2 PIETRO DA EBOLI, Liber ad honorem Augusti, Burgerbibliotek, Bern, Cod. 120, Tavola IV, foglio 5; CARONIA G., NOTO V., La Cuba di Palermo (Arabi e Normanni nel XII secolo), Palermo 1988, p. 159.

3 AMARI M., Le epigrafi arabe in Sicilia, a cura di Gabrieli F., Palermo 1971, p. 84; CARONIA G., NOTO V., ibidem ; BELLAFIORE G., Architettura in Sicilia nell'età islamica e normanna (827-1194), Palermo 1990, p. 60.

4 AMARI M., Le epigrafi arabe in Sicilia, ibidem; BELLAFIORE G., Architettura in Sicilia nell'età islamica e normanna, ibidem.

5 AMARI M., Le epigrafi arabe in Sicilia, op. cit., pp. 83-84; ANASTASI L., L'arte nel parco reale normanno di Palermo, op. cit., fasc. n¦ 5, p. 9; BELLAFIORE S., La Cuba di Palermo, Palermo 1981, pp. 27-28.

6 DI MARZO G., Delle belle arti in Sicilia, Palermo 1858, vol. I., p. 294; ANASTASI L., L'arte nel parco reale normanno di Palermo, ibidem; BELLAFIORE S., La Cuba di Palermo, op. cit., p. 28.

7 ANASTASI L., L'Arte nel parco reale normanno di Palermo, ibidem.

8 FAZELLO T., De Rebus Siculis decades duae, Panormi 1558.

9 "Palatio pomarium extra urbis moenia, qua occidentem spectat, adhaerebat, ambitus pas. milium ferme duorum, Parcum, hoc est circus regius appellatum. In quo horti amoenissimi omnis generis arborum consitionibus, aquisque perenniter irrigantibus luxuriabant. Habebant quoque hinc, atque inde viridaria lauro et myrto redolentia. Medium locum ab ingressu ad extremum usque porticus tendebat una, sed longissima, sacellis testudinatis ex omni parte patentibus ad delitias Regum orbiculari opere extructis frequens: quorum unum adhunc integrum restat. Piscina erat ingens in medio, in qua vivi pisces, coercebantur antiquo, quadrato, ingentique lapide mira crassitudine instructa. Quae hodie incorrupta est, aquasque solum et pisces requirit. Imminebant, veluti et hucusque ei incubant, aedes ad solatia Regum magnifico opere conditae, cum incisis ad verticm literis Sarracenicis, quarum interpretem hactenus reperire non potui. Ex una huius pomarii parte, ne quid regiI luxus deesset, animalia omnis fere tum ad voluptatem, tum ad Palatii delicias ferini generis abunde nutriebantur. At ea omnia collapsa sunt hodie, ac privatis vinetis et hortis occupata. Pomarii tantum ambitus ob id, quod maxima mororum pars inviolata pene permansit, dilucide discerni potest. Cubam eume locum, ut olim, ita et nunc Sarracenice Panormitani vocant", FAZELLO T., De Rebus Siculis decades duae, op. cit., 1¦ Deca, libro 8, pp. 330-331.

10 DE PRANGEY G., Essai sur l'Architecture des Arabes et des Mores en Espagne, en Sicile et en Barbarie, Paris 1841, p. 91.

11 MARÇ AIS G., L'Architecture Musulmane d'Occident, Paris 1954, p. 123; ANASTASI L., L'arte nel parco normanno di Palermo, op. cit., p. 22.

12 ANASTASI L., ibidem.

13 TOESCA P., Storia dell'Arte Italiana, Torino 1927, tomo I, p. 662; ANASTASI L., ibidem.

14 ANASTASI L., L'arte nel parco normanno di Palermo, op. cit., p. 21.

15 PALERMO PATERA G., Palermo Araba, Palermo 1991, p. 115.

16 DE PRANGEY G., Essai sur l'Architecture des Arabes et des Mores en Espagne, en Sicile et en Barbarie, op. cit., pp. 91-92.

17 "Questa fonte, alla quale rimane finoggi il nome arabico di Cuba, non è stata descritta da altri, per quanto me ne sovvenga. Essa è molto piccola in vero. L'incontra a man destra chi, andando da Villabate a Misilmeri lungo lo stradale, ha oltrepassato il villaggio detto Portella di Mare ed è arrivato al sommo dell'erta dal quale si scende poi nella valle del fiume detto de (Ficarazzi). Sorge quivi a sinistra la, collina della Cannita ov'era il certo Qasc Sa'd ricordato da Ibn Gubayr. Forse questa cupoletta è proprio sulla sorgente detta Ayn al-Magnû nah, ossia (fonte della spirata).

La cupoletta è oggi sepolta in parte sotto una frana, che mi pare recente quand'io vidi per la prima volta questo monumentino nel maggio 1870. E' fabbricata, come quella molto più grande di casa Napoli, tra Palermo e Monreale, sopra un dado, nel quale, si entra dalla parte dello stradale per un arco molto aguzzo e pur sì piccolo che un uomo dee chinarsi per passarvi. L'acqua, in oggi assai scarsa, scaturisce in fondo ed è condotta per un canale artificiale in una pila di sasso, al margine dello stradale. Questo poi è più basso e discosto di otto metri", AMARI M., Storia dei Musulmani in Sicilia, edizione a cura di Nallino C., Palermo 1955, vol. III, p. 868.

18 Cfr. AMARI M., op. cit., p. 868: "Sâ bil ossia (Via di Dio), chiamano gli Arabi alcuni lasciti pii, e quelli specialmente che sono addetti a dar da bere ai viandanti"

19 CARONIA G., NOTO V., La Cuba di Palermo, op. cit., p. 156.

20 MARÇ AIS G., L'architecture Musulmane d'Occident, op. cit., p. 123.

21 VALENTI F., L'arte nell'Era Normanna, Messina 1932, p. 235, tav. LXXXVI, fig.171.



	

fig. 1

fig. 2

fig. 3

fig. 4

fig. 5

fig. 6

fig. 7

fig. 8

fig. 9

fig. 10

fig. 11

fig. 12

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