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La Danza Butoh approda alla Biennale di Venezia Venezia, Teatro Goldoni
28 sett. - 30 ott. 1999
Roberta Balmas
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 205 (18 ottobre 1999)
http://www.bta.it/txt/a0/02/bta00205.html
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Area Interviste

Per la prima volta la Biennale di Venezia dedica alla danza una sezione speciale, diretta da Carolyn Carlson e una rassegna che, a partire dal 28 settembre al 30 ottobre 1999, si svolgerà al Teatro Goldoni. La rassegna s'intitola Solo donna e sono state invitate interpreti da tutto il mondo.

Tutte donne eccetto lui, Kazuo Ohno, novantatreenne maestro di Butoh che ha presentato, l'1 e il 2 ottobre, un'antologia delle sue più celebri creazioni al femminile, come sempre en travesti.

Lo spettacolo comprendeva: The Divine, da Admiring La Argentina ('77): nel '29 incontra Antonia Merce, ballerina di flamenco e ne rimane completamente affascinato, tanto da decidere di dedicarsi completamente alla danza; lui che, fino allora, era stato istruttore di educazione fisica. L'omaggio alla grande ballerina di flamenco ci conduce in un'atmosfera fatta di gesti carichi di significato, una danza che nasce dall'interiorità, espressione dei più profondi sentimenti: amore, tenerezza e dolore.

Durante My Mother's Last Words da My Mother ('81), il suo corpo bianco, esile ed etereo si muove lentamente, due mani si incontrano, si stringono, si allontanano, si lasciano… per poi reincontrarsi di nuovo. Frammenti di parole (in giapponese) raccontano quello che una madre dice al proprio figlio prima di lasciarlo definitivamente…parole di dolcezza, serenità, dove si ripensa ai momenti felici della vita e non si ha paura di iniziare un nuovo viaggio verso l'ignoto, una sorta di poesia-testamento. La voce a tratti fievole, impercettibile ma carica di espressività, ci prende, ci commuove e ci sentiamo, anche noi spettatori, suoi figli. Unica nota femminea: un copricapo colorato.
Un'improvvisazione ci conduce in una tipica atmosfera nipponica con il classico tavolino rosso basso e una geisha che vi danza attorno.
Al suono di un valzer viennese straussiano: Vienna Waltz and Ghosts da The Dead Sea ('85) veniamo introdotti in una sorta di sperdimento sonoro ricco di suggestioni a tratti piacevoli, frammiste ad altri di profonda tristezza.
In The Dead Sea ('85) Kazuo esegue un'improvvisazione, mentre il figlio Yoshito Ohno ( su coreografia di Tatsumi Hijikata) presenta uno dei suoi assolo molto suggestivi, pieni di tensione, fatti di gesti minimi, ma essenziali. Queste due figure in scena ci hanno fatto sentire e vedere due diversi modi di concepire "il corpo morto" tipico della danza Butoh.
Ed è dal corpo morto che si deve partire per far emergere l'emozione la più libera possibile, quell'emozione che è in grado di rompere tutte le regole imposte ad un corpo vivente e che, per Ohno, solo l'anima è in grado di manovrare. Alla fine dello spettacolo Michelangelo Antonioni ha consegnato a Kazuo Ohno il "Premio Michelangelo Antonioni per le Arti" 1999, promosso dalla Associazione Culturale Kybalion, in collaborazione con la Biennale di Venezia, presente il Direttore Paolo Baratta e per il Comune di Trevi, presente il Sindaco. Premio internazionale, alla sua prima edizione, che viene assegnato ad un artista che, con il suo operato, abbia influenzato il percorso dell'arte.




Il 30 settembre alle ore 11.00 si è svolta, presso il Teatro Goldoni, un incontro tra Michelangelo Antonioni e Kazuo Ohno alla presenza di studenti, docenti, giornalisti e operatori del settore.
Dopo un'introduzione, dove sono stati letti brani di Kazuo Ohno e una nota informativa sulla danza butoh, si è passati alla presentazione del "Premio Michelangelo Antonioni per le Arti". Sono state poste delle domande. Sapevo che è inutile aspettarsi delle risposte dirette perché Kazuo Ohno parla per metafore…



Intervista a Kazuo Ohno

(lascio l'italiano un po' scorretto della traduzione simultanea perché mi sembra più suggestivo tener presente che lui si è sempre espresso in giapponese)

Alla mia domanda:
Lei è considerato il fondatore del Butoh. Cosa pensa che sia cambiato in questa danza dalle sue origini al giorno d'oggi ? Che cosa rimane ancora ?

Ha risposto in questo modo:
Ringrazio per essere a Venezia e sono commosso dell'accoglienza e di trovarmi qui insieme con Antonioni, i suoi insegnamenti sono stati importanti e ascoltare e vedere tante persone il mio stato d'animo vola e sono eternamente riconoscente.
Ho passato due anni in Nuova Guinea e sette in Cina e quando finita la guerra, è venuto il momento di tornare in Giappone, c'era lo stato d'animo di felicità, la gioia di un ritorno, ma le sofferenze e il dolore dei soldati e delle persone che, durante il viaggio di rientro in patria, morivano e erano avvolte e accolte nel mare, mi colpirono a tal punto che tornando ripensai a tutte quelle persone scomparse e feci La Danza della Medusa. Ho voluto, con questa danza, esprimere il dolore dei familiari per la scomparsa dei loro cari, in realtà sono morti, c'è il dolore ma nello stesso tempo loro sono vivi, che ci sia qualcosa che continui, che la morte non sia una fine ma un inizio. Non riesco a trovare le parole, quando si parla di morte si ha un'immagine negativa ma per me vita e morte fanno parte dell'uomo: e vita e morte, questa alternanza, sono l'inizio di un qualcosa, non sono una fine. Questa mi premeva dire: il rapporto tra la vita e la morte.
Nel praticare la danza non mi pongo il problema del butoh oggi, ma del rapporto dell'uomo tra la vita e la morte, questo è il tema fondamentale della mia danza.


Alla seconda domanda:
Che cosa pensa che il Butoh possa dire o insegnare alle generazioni future e qual è il messaggio del Butoh ?

Risponde:
Il recupero della memoria emozionale, delle radici questo è sicuramente il lascito per le generazioni future ma quello che mi preme ricordare è la frase che "nella corolla di un fiore c'è l'universo", è questo insegnamento che ci viene proposto da Antonioni su cui io e noi tutti siamo chiamati a riflettere; da questo "sbocciare" di qualcosa e dal rapporto tra la vita e la morte si dischiude un universo.
Quest' ultima frase viene detta con un tale trasporto che lo fa e ci fa commuovere.







Uscendo, sono così profondamente commossa e turbata che, non a caso, mi vengono in mente alcune sue parole lette tempo addietro: «solo quando sarai capace di frantumare le convenzioni che l'esperienza sociale ha costruito sul tuo corpo e la tua mente, solo quando avrai abbandonato l'individualità e il pensiero rigido, solo allora sarai libero di lasciar finalmente fluire all'esterno l'espressione pura della tua anima. Tu sei felice perché sei libero. Sorridi e un fiore sboccia nella tua bocca».
Parole che toccano nel profondo, e nella loro semplicità ritroviamo l'essenza della vita.






Fuori del Teatro, ho avuto la fortuna d'incontrare Mariuccia Rostellato, una delle poche interpreti italiane di danza Butoh, alla quale ho posto, al volo, le seguenti domande:

Come si è avvicinata alla danza Butoh e come un'occidentale riesce ad entrarci e a capirla ?

Mi sono avvicinata alla danza Butoh dopo aver visto uno spettacolo di Kazuo Ohno nell'84 a Rovereto, lo spettacolo era l'Argentina, è superfluo dire che sono rimasta colpita: molto di più, mi è entrato dentro perché negli anni successivi ho cercato in tutti modi di praticare questa danza, non era facile perché non c'erano seminari, né scuole in Italia. Nel '91, ho partecipato ad uno stage, al festival di danza e mimo di Perigueux (Francia) con il maestro Masaki Iwana. Poi ho continuato frequentando altri stage a Parigi, a Roma, in Normandia. In alcuni momenti non capivo cosa facevo o dove stavo andando e questo perché sono un'occidentale e mi era difficile accettare un percorso in cui non intravedevo la meta successiva, credo che la cosa più difficile sia dimenticarsi di essere occidentali, di essere dominati dalla testa, dal cervello, dalla sfera intellettuale. I primi tre anni si può non capire niente di quello che si sta facendo, queste sono le parole che Kazuo Ohno dice ai suoi allievi: si deve accettare, poi si comincia a poco a poco a sentirla. C'è anche gente che si ferma prima perché ci sono prove di vario genere da superare.


Cosa ci può dire riguardo alle differenti scuole di Butoh e alla loro diffusione ?

Ciascuna scuola si identifica con il suo maestro quindi sono molto soggettive e diverse. Il mio maestro Masaki Iwana usa una tecnica molto rigorosa, pur essendo il Butoh un danza di improvvisazione, dove non ci sono forme riconoscibili, come nella danza moderna, ciò non vuol dire però che si possa improvvisare qualunque cosa, tutto passa attraverso il rigore del corpo, so che altri maestri Butoh invece non usano nessun bagaglio tecnico. Il mio consiste in un allenamento corporeo preciso, fatto di camminate varie, esercizi di allungamento, yoga, e specifici per l'equilibrio, la forza e la flessibilità: il corpo deve aver ben immagazzinato questi tre punti forza. Il Butoh è la danza dell'anima, la danza immanente, dell'esistenza profonda e se il corpo non riesce a tradurla, rimane una danza monca. Il fatto che il Butoh non si sia diffuso più di tanto e che non sia diventato un fenomeno di consumo ne misura la forza e la grande intensità: è talmente forte che non può essere consumato velocemente.






Un breve cenno sulla storia del Butoh

La Danza Butoh fa la sua comparsa, in occidente, con i gruppi: Dai Rakuda Kan, Tensi Kan, Shankai Juku, Ariadone, negli anni '80, al festival teatrale di Nancy. Ci sono anche Kazuo Ohno e Tatsumi Hijikata, considerati, da tutti, i veri fondatori, della danza Butoh. Kazuo Ohno, a differenza degli altri, si presenta sempre in abiti femminili, contorniato da fiori, cappelli e da un vistoso trucco. Il suo modo di porsi è poetico senza eccessi, forse dettato dalla sua conversione al cristianesimo. Ogni compagnia lavora in maniera diversa, ma i presupposti sono fondamentalmente gli stessi: cercare, esplorare, investigare il rapporto tra il corpo e l'espressione, il rifiuto delle tecniche convenzionali, scoprire come l'interiorità può parlare attraverso il corpo e solo da lui e con lui potersi esprimere: questi i presupposti di una danza nata negli anni '50.

L' Ankoku Butoh, la Danza delle tenebre, è un vero e proprio manifesto contro gli orrori impressi nei corpi dalla bomba atomica, contro l'oppressione americana che minacciava l'autenticità della cultura nipponica e non a caso nasce in Giappone, ad opera di persone che sentono come un corpo possa esternare, meglio delle parole, tutto quello che ha subito, sofferto, compreso. E' anche la ricerca dell'origine dell'universo, dell'uomo, della vita e di quel sottile legame che c'è tra la vita e la morte. Danza fatta di gesti a volte impercettibili, minimi, rappresi, sospesi nell'aria, mani e dita contratte, volte verso l'alto come l'elevazione verso quello spirito cui tutto il corpo si rivolge e si dona. Corpi flessuosi, delicati, leggermente curvi, coperti di un bianco accecante, teste rasate dove l'identità sessuale non esiste più, non è più riconoscibile, gambe flesse, corpi fetali, dolenti che ci conducono nel mondo delle tenebre, il mondo della nostra anima sempre sospesa fra la vita e la morte.

Voglio ricordare anche alcune parole di Ushio Amagatsu, fondatore del gruppo Sankai Yuku: " Si può definire la danza Butoh soprattutto per ciò che non è…non è una tecnica ma un metodo per risalire attraverso il corpo alle origini dell'esistenza e per rispondere alla domanda "chi siamo?". Ad essa ciascuno risponde secondo la propria esistenza di vita quotidiana, i suoi incontri, il suo modo di vedere, di fare, di sentire."

Penso che tutti, in un modo o nell'altro, ogni giorno della nostra esistenza balliamo la nostra danza Butoh, se saremo capaci di trovare in un incontro, in un sorriso, nello sbocciare di un fiore, nell'erba selvatica, nello sguardo di un bambino, tutto il mistero della vita e della morte, la bellezza della vita.




The North Sea, spettacolo del gruppo Dai Rakuda Kan fig. 1
The North Sea spettacolo del gruppo Dai Rakuda Kan
Courtesy of Ufficio Stampa

21.000 leghe, spettacolo Butoh del gruppo Uno Man fig. 2
21.000 leghe spettacolo Butoh del gruppo Uno Man
Courtesy of Ufficio Stampa

Homage to Pre-History del gruppo Shankai Juku fig. 3
Homage to Pre-History del gruppo Shankai Juku
Courtesy of Ufficio Stampa

Kazuo Ohno fig. 4
Kazuo Ohno
Courtesy of Ufficio Stampa

Admiring La 	Argentina Kazuo Ohno fig. 5
Admiring La Argentina Kazuo Ohno
Courtesy of Ufficio Stampa

Kazuo 	Ohno fig. 6
Kazuo Ohno
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