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Il sogno di un Cardinale. Collezioni e artisti di Ferdinando de' Medici Roma,
Villa Medici,
18 nov. - 5 mar. 2000
Silvia Giabbani
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 27 gennaio 2001, n. 247
http://www.bta.it/txt/a0/02/bta00247.html
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Area Mostre

A Roma, presso l'Accademia di Francia, in occasione del termine dei restauri che hanno interessato Villa Medici, sarà aperta la mostra Il sogno di un Cardinale, che celebra l'attività di Ferdinando de' Medici. La mostra, realizzata in occasione del termine dei lavori di restauro che hanno interessato la facciata di Villa Medici, celebra l'attività di Ferdinando de'Medici. A lui infatti si deve il nome e la costruzione di questa celebre villa, nata per ospitare la sua famosa collezione d'arte, poi sede dell'Accademia di Francia.

Figlio di Cosimo I Duca di Toscana, Ferdinando fu investito della porpora cardinalizia a 14 anni, secondo l'abitudine delle grandi famiglie di ottenere il prima possibile alte cariche ecclesiastiche, veri baluardi di potere. Ben presto Ferdinando manifestò il suo interesse verso l'arte costituendo una collezione che divenne con il tempo tra le più importanti di Roma, assieme a quella della famiglia rivale dei Farnese.

Ferdinando riuscì ad ottenere la porpora cardinalizia anche con l'aiuto del Cardinale Ricci. Questi nel 1564 acquistò una "vigna con casino" sul Pincio e fece iniziare i lavori per edificare una villa in cui collocare la sua collezione d'arte. Nel 1576, due anni dopo la morte del cardinale Ricci, Ferdinando acquistò la villa dagli eredi, nonostante il Ricci l'avesse vincolata in modo che non fosse venduta. Ferdinando incaricò Bartolomeo Ammannati, che già aveva lavorato per lui nel Palazzo Firenze a Campo Marte, di eseguire dei lavori di modifica e ampliamento della villa riccesca, per meglio raccogliere ed esporre la sua collezione d'arte. Questa, già famosa in quegli anni per la sua ricchezza, continuò ad ampliarsi sempre più grazie alla politica anche spregiudicata d?acquisto di opere antiche e moderne, e agli scavi archeolgici che ebbe il permesso di fare nel 1576.

Nella intenzione del Cardinale la Villa doveva divenire una sorta di museo. I giardini erano disseminati di statue e la facciata era ornata di nicchie dove erano statue e bassorilievi antichi. In questo senso testimoniano la Veduta di Villa Medici a volo d'uccello (Roma, Istituto Nazionale per la Grafica), incisione di Domenico Buti e la Veduta di Villa Medici dal giardino (Firenze, Archivio di Stato), opera di anonimo, proveniente dal Museo di Valenza, entrambe esposte nella sezione della mostra dedicata alla ricostruzione dell'aspetto originario della villa al momento della sua costruzione. Infatti dal 1993 Villa Medici è interessata da diversi lavori di restauro che mirano a riportare la struttura all'aspetto originario voluto dal Cardinale. Di questi lavori si è concluso il restauro della facciata della villa verso il giardino. A questa facciata è stato restituito il colore bianco quale ci è testimoniato dalla Veduta di Villa Medici (Roma, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Palazzo Barberini) di Gaspard van Wittel, del 1683. Entro la fine dell'anno saranno terminati anche i lavori di restaturo della facciata verso la città, e contemporanemente proseguiranno gli scavi archeologici condotti dalla Ecole française de Rome, nei giardini e sotto la villa, volti ad esplorare per la prima volta le vestigia del palazzo dell'Imperatore Onorio.

Il luogo dove oggi ha sede l'Accademia di Francia, dalla sua nascita impegnata per la conoscenza e lo sviluppo dell'arte, si trova su un sito che fin dall'antichità è stato pervaso dallo "spirito d'arte".

Qui erano in origine gli Horti Luculliani, antica ricca dimora suburbana romana, costituita da una grande villa circondata da vasti giardini disseminati di sculture, oggetto della collezione del suo proprietario. In questa stessa zona fu poi eretto, all'inizio del V secolo d.c, il palazzo dell'Imperatore Onorio, che oggi si cerca di indagare.

Del Pincio e delle sue costruzioni non abbiamo molte notizie relative all'epoca medioevale, così come di Roma tutta, che nel corso del Medioevo conosce la piena decadenza, edile e civile. È nel 1417, con il ritorno del Papa e la riaffermazione dell'autorità papale e del ruolo di Roma come capitale della cristianità, che la città rinasce, e ricomincia ad essere interessata dal fervore edilizio promosso dalle potenti famiglie patrizie o borghesi le cui fortune erano influenzate, ed a volte determinate, dai favori papali e dalle cariche ecclesiastiche che riuscivano ad ottenere. Oggetto principale dell'attività edilizia furono innanzi tutto i palazzi di città, simbolo evidente della potenza familiare, e poi le ville suburbane. Queste più o meno consapevolmente ricalcarono i modelli degli Horti, furono luoghi di svago e di sfoggio delle opere d'arte che il proprietario andava collezionando.

Il fenomeno del collezionismo infatti a partire dal Trecento aveva ripreso vigore dopo un periodo di sostanziale soffocamento durante il Medioevo. La moda del collezionismo dilagò soprattutto nel Cinque e Seicento, vide esponenti di grandi famiglie in contrapposizione accesa, cui si aggiungevano spesso antiche rivalità familiari, per ottenere determinate opere o per accedere per primi ai numerosi ritrovamenti casuali che si facevano a Roma in occasione di lavori edilizi o di campagna (...inutile ricordare che Roma non ha mai smesso di regalare tali ritrovamenti come le cronache di questi giorni ci riportano. Ma questo è un altro capitolo...).

In questo contesto si inserisce naturalmente anche l'attività di Ferdinando de' Medici, che questa mostra vuole ricostruire.

La mostra, composta da un centinaio di opere circa, cerca contemporaneamente di ricostruire l'assetto originario voluto dal Cardinale per la sua collezione negli ambienti della villa, e di restituire nella sua interezza lo spirito collezionistico di Ferdinando, di gusto abbastanza eterogeneo, attirato sia dalle grandi opere antiche e moderne che da curiosità esotiche od oggetti di particolare fattura.

Tra le stuatue antiche di maggior pregio che costituivano la collezione vi era indubbiamente il gruppo dei Niobidi (Firenze, Galleria degli Uffizi), scoperto nel 1583 durante scavi a villa Tommasini, a Roma, e di cui Ferdinando riuscì subito ad impossessarsi. Del gruppo, composto da 14 statue di cui ne sono esposte solo tre, era originariamente collocato nel giardino della villa. Tra le statue esposte vi è Niobe che cerca di salvare una delle figlie. Altra opera famosa della collezione è la cosiddetta Cleopatra, in realtà Arianna dormiente (Firenze, Depositi del Museo Archeologico, Villa Corsini a Castello), che di antico ha solo il corpo, mentre testa e braccia sono resaturi integrativi moderni ampiamente interpretativi, secondo il gusto e il costume dell'epoca.

Accanto alle opere antiche troviamo capolavori moderni come il Mercurio del Giambologna (Firenze, Museo Nazionale del Bargello) opera rappresentativa del Manierismo toscano. Inviato a Roma nel 1580, il Mercurio fu posto al centro della Grande Loggia della villa. Intorno alla metà del '600 gli furono affiancati due statue di bronzo, Marte gradivo (Firenze, Galleria degli Uffizi), dell'Ammannati, e il Sileno con Dionisio bambino (Firenze, Galleria degli Uffizi), ottima copia del Sileno Borghese realizzata da Jacopo del Duca. Queste tre statue sono esposte di nuovo insieme, nella stessa sala.

Della passione del Cardinale per la pittura abbiamo diversi e notevoli esempi, come l'Annunciazione e la Madonna Borgherini (entrambe Firenze, Galleria Palatina, Palazzo Pitti) di Andrea del Sarto, pittore che si può definire tra i padri del Manierismo toscano . In particolare però molto spazio è dato Jacopo Zucchi, tra i pittori preferiti del Cardinale, ed autore della decorazione di alcuni ambienti della Villa come lo Studiolo. Dello Zucchi sono esposte due delle quattro versioni ad oggi conosciute della Pesca dei Coralli, (Roma, Galleria Borghese; Lviv, Museo Statale, firmata e datata 1585). Questo dipinto, il cui originale è da individuare nella tavoletta di Lviv, faceva parte della decorazione di un mobile prezioso, denominato appunto lo Studiolo. Tra le altre opere dello Zucchi sono il Bagno di Betsabea (Museo di Hartford), il ritratto di Clelia Farnese (Roma, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Palazzo Barberini), della quale Ferdinando si era innamortato, Amore e Psiche (Roma Galleria Borghese).

Manca purtoppo alla mostra la presenza di un'opera come la Madonna della Seggiola di Raffaello Sanzio, ferma a Firenze, presso gli Uffizi.

Accanto alle grandi opere d'arte il gusto verso le curiosità ha spinto Ferdinando verso oggetti particolari, come la Mitria Vescovile proveniente dal Messico e realizzato da piume di colibrì su agave, oppure dal vaso in porcellana cinese dell'epoca Minga, facente parte di una serie di tre vasi, sino ai più vicini tavoli realizzati con intarsi marmorei e scagliola, opere di altissimo artigianato che conobbe un grande impulso con la costituzione a Firenze dell'Opificio delle Pietre dure.

Ferdinando nel 1587 dovette salire al trono granducale di Toscana, a seguito della morte di suo fratello Francesco I. Questo avvenimento comportò il suo trasferimento a Firenze seguito da buona parte della sua collezione d'arte. Non è un caso infatti che la mostra odierna abbia il contributo determinante della Soprintendenza di Firenze, da dove provengono la maggior parte delle opere esposte.

In occasione della mostra sono anche stati aperti gli appartamenti privati del Cardinale, visitabili con visite guidate organizzate.





 
 

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