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In movimenti circolari  
Irene Amore
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 27 novembre 2001, n. 287
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Area Interviste

da una conversazione con Nancy Friedemann
nel corso della sua residenza presso Gasworks
a Londra nell'autunno 2001.

Nancy Friedemann nasce a Bogotà, Colombia, da padre americano e madre colombiana. L'attività del padre - gioielliere - e della madre - antropologa - influiscono in maniera significativa sulla produzione dell'artista. Dopo aver studiato alla Universidad de los Andes a Bogotà e al BFA Otis Art Institute di Los Angeles, nel 1990 si trasferisce a New York, dove frequenta dal 1994 al 1997 la MFA New York University e dove attualmente vive e lavora. Le opere di Nancy Friedemann sono state esposte in personali e collettive tanto in Colombia quanto a New York, Boston, Chicago e in Europa (Ambasciata Colombiana a The Hague, Paesi Bassi - Casa de America, Madrid, Spagna - Galerie Rainer Wehr, Stoccarda, Germania - Gasworks Gallery, Londra, Regno Unito); fanno inoltre parte delle collezioni del Museo de Arte Contemporaneo MAC di Bogotà e del Museo de Arte Contemporaneo di Panama City.

Leggere e "tradurre" l'opera di Nancy Friedemann è un'operazione molto simile al disfare una matassa intricata. Meglio, adottando uno dei segni gestuali preferiti dall'artista, assomiglia molto all'atto di disfare un centrino lavorato all'uncinetto. L'inizio e la fine di un simile processo sono forse rappresentati da una perdita. E non si è certi che una simile perdita si possa recuperare. Quello che è certo sono solamente le tracce che rimangono del processo avviato: un continuo oscillare tra la demolizione del passato e la costruzione del presente, un'esperienza che richiede tempo, lavoro ed induce al ricordo.

Leggere l'opera di Nancy Friedemann sottintende il fatto che tale lavoro non è molto distante da quello di uno scrittore, e che disegnare e scrivere sono di fatto le due facce di uno stesso soggetto autobiografico.

Da un lato disegnare comporta una immaterialità, una fluidità ed insieme riconduce all'elemento archetipico del disegno stesso che favorisce la comunicazione ad un livello elementare, quasi istintivo. Come Deanna Petherbridge commenta in The Primacy of Drawing:

    « Drawing is the primal means of symbolic communication, which predates and embraces writing and functions as a tool of conceptualisation parallel with language. It is the artistic medium which is least interrupted by technical considerations and therefore the chosen means for the initial formulation of visual ideas and the transfer or appropriation of visual culture. Drawing lacks materiality in comparison with painting 1 »

Nell'opera di Nancy Friedemann si riconosce un movimento dall'iniziale interesse per la pittura, fino al 1990, quando l'artista ancora viveva e lavorava a Bogotà, verso una progressiva decostruzione ed un alleggerimento degli elementi materiali utilizzati nella pittura, tendenza questa che si è rafforzata da quando l'artista si è trasferita a New York nel 1990. Così, la pittura è diventata inizialmente astratta, poi ha perso cornici e barre di sostegno, considerate dall'artista stessa come un limite storico e pratico. Poi il tratto dell'artista ha cominciato a fluttuare in un contesto meno strutturalmente organizzato, più sperimentale. Dopo i primi difficili cinque anni trascorsi a New York, dal 1990 al 1995, Mirror, del 1996, è tra i primi lavori ad aver perduto le barre di sostegno della tela. Le sue grandi tele sciolte ricercano ed impegnano l'intero spazio in cui sono collocate. Nell'uso del disegno e della pittura, del disegno e del testo c'è qualcosa di simile ai movimenti che definiscono l'identità personale in un ambiente sconosciuto. Il titolo di questa opera non è casuale. Liberati dai passati vincoli, i disegni dell'artista vagano in cerca di un qualche referente, di una direzione da prendere. Mentre il testo, qui trascritto, tratto da una canzone del cantante messicano Luis Miguel sembra fornire tali direzioni, il suo contenuto pieno di nostalgia e malinconia riflette, come in uno specchio, uno scomodo stato di incertezza. L'uso del testo, appena adottato, viene poi messo da parte per esplorare meglio un altro elemento predominante in Nancy Friedemann: la struttura dei centrini lavorati all'uncinetto. Una tale presenza ricorrente e quasi ossessiva non solo fa riferimento al generale interesse dell'artista per i tessuti, ma rappresenta un oggetto altamente simbolico che sempre, nell'attività dell'artista, induce ad una indagine sulle memorie familiari, sulle tradizionali attività femminili, su rituali ed emozioni, sulla « continua efficacia di antichi modi di pensare e sul loro effetto inconscio in contesti contemporanei sotto forma di inerzia sociale 2».

I motivi e le strutture del centrino, metodicamente ripetuti dalle nostre antenate in una routine giornaliera attiva/passiva, rappresentano da un lato un terreno solido e certo da accettare come risorsa di serenità e sicurezza; d'altro canto la natura monotona e chiusa del lavoro richiama una ribellione, un abbandono al corso libero, incerto ed imprevedibile del nostro inconscio, all'espressiove attiva dei nostri desideri. La pratica di Friedemann mira ad un ritorno al rituale del lavoro all'uncinetto: ma mentre lo riproduce pazientemente, di fatto l'artista si sta riappropriando di una pratica nei suoi tipici tempi lunghi di realizzazione, sta ri-agendola ed insieme ne sta decostruendo gli elementi in modo da disporli in ordini diversi, secondo diversi significati, in modo da liberarli dal loro carattere di passiva ossessione e rendere loro motivazioni di bellezza e profondità ridondanti di malinconia.

La laboriosa installazione fatta di gusci di uova frantumati del 1996 è una ri-attivazione della struttura del lavoro all'uncinetto, adottando materiali diversi, più fragili e consentendo alla stessa struttura di vagare e disperdersi lungo le mura sulle quali l'installazione si realizza. Indotta dalla morte della nonna dell'artista e di nuovo dalle difficoltà di adattarsi al ritmo e allo stile di vita diversi a New York, questa opera suggerisce un senso di perdita ed un tentativo di ricostruire un'identità da quella perdita.

Verso tale ricostruzione, Beginnings (1997) è uno sviluppo complesso, nel quale tendenze contradditorie vengono gesticolate. Qui il lavoro all'uncinetto viene decostruito fino all'elemento minimo dei singoli punti rielaborati con la plasticina. Questi frammenti organici, residui di memorie, sono allora riorganizzati secondo una nuova tassonomia che mima i metodi di classificazione e presentazione degli oggetti nel museo (la madre di Nancy Friedemann era un'antropologa e lavorò per molti anni in un museo di Bogotà). Se le cornici tentano di racchiudere ed interpretare gli elementi dell'opera d'arte in una maniera più rigorosa e razionale, gli stessi elementi reclamano, nel loro carattere organico e pure frammentario, un ritorno alla natura perduta alla quale appartenevano.

In alcune delle opere di Friedemann questi dialoghi tra lo stato organico e mutante degli elementi e la loro organizzazione fissa in sistemi esprime un dilemma senza soluzione di continuità e senza un'unica conclusione, un dilemma la cui comprensione risiede solamente nel processo di realizzazione dell'opera. In questa direzione, alcuni dei successivi lavori presentano la riadozione del testo e della scrittura come elementi essenziali di espressione e comunicazione. Il testo non è solamente reso nel significato discorsivo e nel contenuto comunicato, è anche qui considerato nella sua materialità e nella performance del linguaggio che esprime, nel suo aspetto visivo ed illustrativo e nella traccia della mano sulla carta. Barthes viene in mente, quel Barthes interessato alla "pratica dello scrivere", in particolare nelle sue Variations sur l'ecriture 3. Inoltre, esperimenti di poesia visiva e concreta sono richiamati, laddove il testo è considerato appunto nel suo aspetto iconografico 4.

Ciò che rimane interessante, tuttavia, nel lavoro di Friedemann è il fatto che la differenza tra l'atto del disegnare e quello dello scrivere viene cancellata nello stesso gesto che pure tenta di « simbolizzare l'identità personale e la sua realtà » 5 . Friedemann dichiara che « il testo viene trasformato mentre diventa un elemento visivo che mantiene parte del suo significato originale, ma poi svanisce in ciò che si può chiamare la rete della memoria» 6. Lontano dal risolvere il suddetto dilemma tra statico ed organico, struttura e disordine, costruzione ed interruzione, l'inserimento della scrittura nell'opera costituisce uno strumento aggiuntivo per tracciare e ritracciare come su una mappa movimenti interiori, pensieri precari e negoziare l'identità dell'artista.

In Fantasy about a Pilgrim Story, 24 pannelli di tele con supporto riproducono 24 pagine di una storia tratta dai Pilgrim's Tales di Garcia Marquez, scritta a mano dall'artista usando il motivo centrale della struttura di un centrino all'uncinetto. Dato il contenuto della storia - che oscilla tra una critica della società colombiana ed una storia di amore e perdita -, questi pannelli sono come composti in forma di lettere d'amore, qui e li impregnate da lacrime invisibili; perciò la scrittura è sul punto di svanire, seppure protetta da uno spesso strato di latice come a trattenere l'impatto emotivo e preservarlo.
Nel Candid translated (1997) il circuito della scrittura è rappresentato da un movimento a spirale che l'artista ha seguito nel produrre la traduzione del ben noto Candido di Voltaire dalla versione inglese allo spagnolo su larghi dischi di legno dipinto.

La spirale è una forma ricorrente nell'opera di Nancy Friedemann, insieme ad un generale movimento circolare che, come abbiamo detto prima, ripete e ri-agisce la composizione circolare del centrino. Nel Candid la spirale sembra riferire al ciclo del tempo e alla sua natura ripetitiva, ad un viaggio nomadico che segue un ideale e termina là dove è cominciato. Altrove è la manifestazione di una missione impegnativa, come nel lavoro fisicamente stancante e altamente personale di Accumulation (2001). Qui Friedemann ha usato entrambe le mani sinistra e destra per produrre una sorta di scrittura automatica in inglese e spagnolo, le due lingue nelle quali l'artista si esprime comunemente.

La scrittura automatica è un altro genere di testo adottato dall'artista ed in stretto rapporto con la nozione di disegno come descritto precedentemente. La scrittura automatica è qui usata come una funzione della memoria, come uno strumento per esplorare la relazione tra il comunicare e l'esprimere emozioni. Lontano dall'illusione della verità ricercata dalla moderna esperienza surrealista, la scrittura automatica di Nancy Friedemann è più vicina a quella adottata da artiste contemporanee, come Susan Hiller, nel senso di un linguaggio alternativo, in cui il compromesso tra ratio ed inconscio può condurre ad una rappresentazione del reale tradotta in una diversa prospettiva, più o meno informata da preoccupazioni femministe.

In Accumulation il conflitto tra desiderio e legge attivato in una composizione circolare non è strettamente legato a motivi femministi e piuttosto scava nella sua stessa complessità. La natura quasi monumentale di questo lavoro (che misura 8 x 12 piedi), intensificata dal processo lungo ed estenuante per completare un simile lavoro, viene spezzata significativamente dai tre pannelli separati sui quali il lavoro è prodotto e dai movimenti ad intersezione del doppio testo, che viene così reso più difficile da leggere. La quantità di opposte preoccupazioni qui attivate (come abbiamo detto, desiderio e legge, lutto e trasformazione, comunicazione ed espressione) sono impegnate in un confronto stremante tra la bellezza estetica della leggerezza ed una così drammatica performance ed esecuzione.

L'uso crescente di fogli di mylar 7 come materiale di supporto per i disegni e la loro stratificazione in opere come Alchemies e The Good Earth (entrambe del 2001) suggeriscono un interesse nel mantenere il menzionato equilibrio tra una bellezza leggera ed un senso del tempo che trascorre nelle sue molteplici sfaccettature. L'aspetto decorativo del lavoro dell'artista non sussiste indipendentemente da altre preoccupazioni: è invece strettamente connesso a ricordi, tradizioni, profondi dubbi. Se le opere di Nancy Friedemann sono impegnate politicamente in maniera meno diretta e letterale di altri artisti colombiani della sua generazione, ciò avviene perchè la memoria collettiva, secondo questa artista, deve passare attraverso l'individuo per essere poi ri-attivata e ri-presentata nell'opera d'arte. Deve essere provata attraverso l'esperienza personale nelle sue risonanze e nei suoi drammi, ed evitare la retorica.

Elementi della tradizione colombiana sono ancora presenti nei lavori di Friedemann (per esempio, nel fuso precolombiano che appare in Terra Incognita, oppure nell'adozione del testo di Garcia Marquez in Fantasy about a Pilgrim Story, che comprende una descrizione ed una critica delle abitudini sociali colombiane), ma sono interpretate attraverso la complessa rete nella quale i motivi sociali, politici, sessuali ed individuali sono strettamente ed intricatamente intessuti. Perciò, nel recente progetto al Queen's Museum di New York, un monumentale Poporo 8 è stato disegnato sulle mura del museo utilizzando la riscrittura di un testo tratto da una giornalista colombiana sulla condizione della Colombia e sul fenomeno dei cartelli di droghe. Questo disegno è poi accompagnato da una riscrittura di Practicalities di Marguerite Duras, in cui motivi personali (la morte dei cari, storie d'amore, alcolismo, ecc.) sono messi più a fuoco. Il sociale ed il personale stanno allora a coesistere nello stesso ambiente, ciascuno nella forma data dalle linee nomadiche del disegno.

È dunque attraverso queste linee che Nancy Friedemann esplora il suo essere in parte colombiana, in parte nordamericana, il suo essere donna ma non necessariamente femminista, il suo ricordare ed insieme il suo vivere nel presente, il suo agire e credere nelle risonanze del processo tra passato e futuro. Sebbene la ricerca dell'artista per un equilibrio esteticamente perfetto sembra essere continuamente accompagnato da un necessario senso di perdita, è questa esperienza continua del produrre a convalidare un esercizio così estenuante ed è il lavoro ed il tempo impiegati a trasformare gli sforzi nel bello della leggerezza.





NOTE

1 Vedi Deanna Petherbridge, "The Primacy of Drawing", South Bank Centre, London, 1991.

2 N. Friedemann, Dichiarazione dell'Artista.

3 Purtroppo l'autore dell'articolo ha accesso solamente alla versione italiana di questo testo. R. Barthes, Variazioni sulla scrittura, Torino, 1999, p. 6: "[...] la scrittura, storicamente, è un'attività continuamente contraddittoria, articolata su una duplice istanza: per una parte è un oggetto strettamente mercantile, uno strumento di potere e di segregazione, intinto nel fondo più crudo delle società; e dall'altra, è una pratica di godimento, legata alle profondità pulsionali del corpo e alle produzioni piu' sottili e piu' felicemente riuscite dell'arte." Vedi anche p. 43: "... la scrittura implica tre determinazioni semantiche principali: 1) è un gesto manuale, opposto al gesto vocale ... 2) è un registro legale di contrassegni indelebili, destinati a trionfare sul tempo, sull'oblio, sull'errore, sulla menzogna; 3) è una pratica infinita, nella quale tutto il soggetto è coinvolto, e quest'attività si oppone di conseguenza alla semplice trascrizione dei messaggi. In tal modo Scrittura entra in opposizione ora con Parola ..., ora con Scrivimento ... Insomma è, secondo gli usi e le filosofie: un gesto, una Legge, un diletto."

4 Per ulteriori dettagli sulla poesia visiva e concreta, vedi J. Drucker, Figuring the Word, NYC, 1998.

5 Come sopra, p. 27: "As much as language is a vehicle to define the self, and thus a means of empowerment, it also deindentifies the self singe strangeness/otherness of the self occurs as soon as it is constructed, outside the self, as soon as it is symbolized. Drawing or writing: the tracing of the blank sheet is the beginning act of symbolizing the self and its reality".

6 N. Friedemann, Dichiarazione dell'Artista.

7 Il mylar è un tipo di carta trasparente.

8 Il poporo è uno strumento adottato in Colombia per la fruizione della coca.




BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA

Camilo Calderon, Paganos y Piadosos, "El Espectador", Magazin Dominical, Bogotà, Marzo 1989, p. 4.

Rodolfo Charria, catalogo di Arte Actual Colombiano, Casa de America, Madrid, Spagna, 1994.

Camilo Calderon, Enciclopedia del Arte Colombiano, "Circulo de lectores", Bogotà, 1995.

Marcela Medina, Revista Alo, Bogotà, Marzo 1997, p. 16.

Eduardo Serrano, Tres puntos de vista, "Revista Semana", Bogotà, Marzo 1997, p. 35.

CNNfn, It's only money, intervista per la televisione con Sarah Meltzer, 2 Giugno 1997.

Maria Teresa Guerrero, Tres Mujeres Artistas, Tres Caminos, Arte en Colombia & Art Nexus, Luglio-Settembre 1997, p. 119.

Jean Hess, su A1 Lab Knoxville/Tennessee, Art Papers, Settembre 1998.

Holland Cotter, One Museum, Five Shows and a Million Lives and Passions, New York Times, 14 Agosto 1998.

Axel Bruggemann, Ich darf Keine Plane machen. Vier Sudamerikanische Kunstler bein Ruta Correa, Kultur Joker, Kultur-und Veranstaltungszeitung, Jahrgang, 4 Agosto 2000.





Alchemies
fig. 1
Nancy Friedemann, Alchemies,
detail, permanent marker on mylar, 2001

The Good Earth
fig. 2
Nancy Friedemann, The Good Earth,
detail, permanent marker on mylar, 2001

The Good Earth
fig. 3
Nancy Friedemann, The Good Earth,
permanent marker on mylar, 2001

 
fig. 4
Nancy Friedemann  

 

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