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Camille Claudel. Anatomie della vita interiore Reggio Emilia, Palazzo Magnani
15 giu. - 31 ago. 2003
Roberta Balmas
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 14 Luglio 2003, n. 331
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Area Mostre

Una donna due volte prigioniera: dell'amore e della malattia, ma libera nella sua arte. Questa la sintesi della lunga visita, durata tre ore, per vedere solo 50 delle sue opere; può sembrare un'enormità, ma è un tempo necessario, che serve per godere appieno questa mostra che tenta, riuscendoci, attraverso documenti e video di restituire un debito che il mondo accademico-artistico deve assolutamente pagare a questa scultrice.

Camille Claudel: una donna di rara bellezza, dai grandi occhi chiari, dallo sguardo schietto e diretto seppur melanconico, dal naso perfetto, dalle labbra sensuali, dai lunghi capelli castani. La foto che la ritrae è esposta in grande formato; e così la descrive Mathias Morhardt nel 1898 rimanendone colpito soprattutto dagli occhi: « ... alza la testa, guarda il visitatore con i suoi grandi occhi chiari la cui luce è così interrogativa e ... così persistente ».

Fu vittima forse, oltre che di un amore intenso e coinvolgente, della sua stessa sensibilità e creatività, che la portò a quella che oggi forse si potrebbe diagnosticare come una grave forma di depressione con mania di persecuzione.

Ovviamente, dati i tempi, le condizioni sociali e culturali, la fecero rinchiudere per oltre trent'anni in manicomio, dove non prese più in mano neppure un pezzo di argilla. La diagnosi, stilata il 10 marzo 1913 (aveva 48 anni), fu: « Io sottoscritto medico dell'Istituto di Ville-Evrard, certifico che la nominata Camille Claudel è affetta da delirio sistematico di persecuzione, basato su interpretazioni e affabulazioni, idee vanitose: è vittima di attacchi criminali da parte di un grande scultore (di cui si fa nome), che si è impossessato di opere d'arte che lei ha creato e che inoltre ha cercato di avvelenarla, come del resto ha fatto con molte altre persone. Vive da più di un anno rinchiusa nella sua casa non uscendone che raramente e non ricevendo nessuno. Firmato dr. Truelle ». Camille chiamerà più volta "la banda Rodin", quelle persone che secondo lei volevano entrare nel suo studio ... Ma partiamo dalla breve rampa di scale di Palazzo Magnani di Reggio Emilia, dove la mostra rimarrà aperta fino al 31 agosto 2003, per iniziare a parlare delle sue opere e della sua vita.

Ci appare, davanti allo sfondo di una vetrata, la scultura di bronzo Sakountala (190 x 108 x 59 cm.), dove viene rappresentato l'amore tra Sakountala e Douchanta, una storia indiana del V secolo, tragica seppur a lieto fine, eseguita nel periodo che va dal 1886 al 1888, quando aveva appena 22 anni. Era infatti nata a Villeneuve-sur Fère l'8 dicembre del 1864 (nella Champagne) da una famiglia di borghesi benestanti. Lei, primogenita, aveva due fratelli: la sorella Luise, secondogenita,cresce rimanendo sempre accanto alla madre e diventerà tranquilla sposa e madre a sua volta, il fratello Paul, celebre poeta e scrittore con il quale ebbe sempre un legame intimo e complesso tanto da suscitare delle curiosità, fu l'unico, anche se sporadicamente, che l'andò a trovare in manicomio. Ma che non fu mai capace di imporsi con la madre ai continui richiami di Camille di volerli rivedere: ed anche quando i medici consigliarono un trasferimento, una possibilità di uscita di Camille dal manicomio, lui non riuscì mai ad assumersi questa responsabilità. Si può però intravedere in questo strano rapporto l'ammirazione del piccolo Paul per questa sorella bella, sempre ricca di idee, forte, energica, forse violenta e crudele ma da cui si separò idealmente quando si convertì al cristianesimo: fu infatti fortemente colpito dal suo aborto, dalla sua vita, lui che era un diplomatico, coperto di decorazioni.

Lei invece lo stimolò, lo indirizzò, provando sempre per il fratello un misto di tenerezza e dolcezza. Infatti prima di morire l'ultimo saluto alla vita fu al: «mio piccolo Paul». Il loro rapporto fu una sorta di emulazione reciproca, un interesse verso tutto ciò che l'arte produce o provoca e si dice che fu lei a suscitare quella fiamma, quella genialità in Paul che però non comprese appieno il dolore, il travaglio interiore di questa sorella.
In una sua lettera del 1886 a Rodin, Camille scrisse: «C'è sempre qualcosa d'assente che mi tormenta». Frase che non può essere ricondotta solo al fatto della loro breve lontananza, del non avere, al risveglio l'amante accanto, quanto al manifestarsi di una mancanza più ampia, globale, di un'assenza cosmica: un non poter mai avere o raggiungere serenità o felicità, ma vivere un continuo stato di sofferenza, angoscia, malinconia. Come scrive Sandro Parmiggiani nel catalogo Skira: « ... l'assenza di cui parla Camille ... è piuttosto un senso perenne di incompiutezza, di limitazione e di mutilazione ...»

La famiglia Claudel certo era per quell'epoca una famiglia un po' particolare: come scrive Reine-Marie Paris, nipote di Paul Claudel, nel libro Camille Claudel-Frammenti di un destino d'artista (ed. Marsilio), riportando un frammento di uno scritto precedente di Henry Guillemin: « I Claudel vivevano nell'indiscutibile e tranquilla coscienza di una specie di superiorità mistica, intoccabile, sicuri della loro differenza ». Una differenza che si manifestò in quel padre « ... autoritario ma non tiranno che non si oppose mai alle eretiche vocazioni dei figli ... ». Anzi il padre, funzionario delle imposte, accetterà e ammirerà questa figlia dalle doti artistiche tanto da trasferire la famiglia a Parigi nel 1881 e a non contrariarla quando, nel 1884, (solo ventenne) decise di andare nell'atelier di Rodin, di 24 anni più vecchio, con le funzioni di modella e sbozzatrice, la prima donna discepolo tra i suoi allievi. Un padre quindi con una grande apertura mentale ma che in famiglia mostrava il suo pessimo carattere con le continue litigate, mentre all'esterno era un uomo piacevole e pieno di interessi: un clima familiare dunque difficile, austero, privo di manifestazioni di affettività, perché la madre con i suoi principi morali non riuscì mai a capire questa figlia, il suo modo di vivere libero, dissoluto e assoluto, e non comprese la sua genialità e le sue anticipazioni artistiche. Le decisioni di Camille vennero sicuramente considerate scandalose, soprattutto quando divenne anche l'amante di Rodin: un marchio, una vergogna, un' onta sul nome dei Claudel, anche perché la sessualità era (ma lo è ancora oggi per certe famiglie) considerata un tabù, tanto che fu lei, la madre, a firmare la carta per farla interdire, cosa che avvenne a distanza di soli otto giorni dalla morte del padre e dopo la definitiva separazione da Rodin. Una madre che non dette mai ascolto sia alle richieste scritte della figlia che a quelle dei medici, rimanendo sempre chiusa, ferrea nella sua irrremovibile decisione di lasciarla rinchiusa e di vietare a chiunque ogni visita.

Camille arrivò all'atelier di Rodin, che non era ancora così famoso, nel 1884, portando già con sé una serie di esperienze artistiche maturate nel corso degli anni. Amante di letture era appassionatissima degli antichi e aveva una cultura notevole per una donna di quell'epoca: amava anche girare per musei. A Parigi frequenta l'Académie Colarossi, affitta uno studio insieme a tre amiche inglesi e sia lo scultore Alfred Boucher che il suo maestro Paul Dubois rimasero colpiti dalle sue doti.

Nella difficile scelta di poche immagini ho preferito: una del suo volto preso da una fotografia, le sculture La valse, La joueuse de flute (la suonatrice di flauto) L'Abandon e lascio poi ai visitatori di metterle a confronto con L'éternelle idole di Rodin. Per le altre opere, L'Age mur, La petite Chatelaine, Clotho, L'implorante ecc., consiglio vivamente di visitare il sito http://www.palazzomagnani.it.

La valse: in mostra ce ne sono quattro versioni tutte in bronzo datate due 1895 e due 1905. Sono leggermente diverse nelle dimensioni, ma solo di qualche centimetro, (una a caso misura 45,5 x 39 x 18 cm) e nel movimento: ora della veste di lei, ora di un braccio; o nel piedistallo o nel dettaglio dei genitali di lui, cosa che allora creò ovviamente grosso scandalo. Tutto denota circolarità. Il corpo di lui, un uomo giovane che ci sembra lo stesso di altre sue sculture, è certamente più rifinito, più particolare: è un corpo atletico e vigoroso ma non certo di quelli "palestrati" di oggi. La schiena è sempre molto scolpita, lucida: un corpo che dà un senso di possanza e di tenerezza insieme in quel circondare la vita di lei con quel braccio che sembra avvolgerla e trascinarla in un vortice di sensualità e dolcezza. Quando lo spettatore-visitatore vi gira attorno è preso dalla musica di un valzer mentale che lo trascina in una specie di turbinio. Due teste, due guance che si toccano dolcemente, quella di lui sembra quasi voglia sentire l'odore della sua pelle e baciarla al contempo, due mani che non si congiungono ma rimangono poggiate come se già quel delicato contatto potesse bastare a provare forti emozioni; e il braccio di lei, così carezzevole e abbandonato, e la sua testa reclina e poggiata sul braccio di lui - desiderosa di essere accolta - denotano una piacevole distensione, la consapevolezza di potersi affidare e lasciarsi andare.

Diverso invece l'effetto che produsse a Octav Mirbeau nel 1893, il quale scrisse : « Non so dove vanno, se verso l'amore, se verso la morte; ma ciò che so, è che si leva da questo gruppo una tristezza straziante, così straziante che non può venire che dalla morte, o forse dall'amore più triste ancora della morte ».

Non possiamo dimenticare cosa ancora disse di Camille Mirbeau: « È una rivolta della natura, una donna di genio ». Possiamo leggere alcuni dei suoi pensieri che campeggiano nelle scritte sulle pareti delle varie sale della mostra.
Ma non v'è dubbio che il modo di scolpire e di tagliare personalmente il marmo di Camille, oltre a dimostrare una tecnica perfetta, era ricco di forza, energia, movimento, era capace di trasmettere i più reconditi sentimenti, dal dolore, alla sofferenza, allo straniamento: era un'innovatrice che seppe dare alla scultura una vitalità non indifferente. Ricordiamo che nella difficilissima tecnica della scultura l'operazione più importante è l'impasto del gesso, è quello che condizionerà la riuscita o meno della scultura finale: se il dosaggio dell'acqua è poco, la presa sarà più rapida e più solido il gesso, ma l'impasto dovrà seccarsi lentamente perché la figura risulti compatta. Dobbiamo anche ricordare che questa arte era fino ad allora esclusivamente riservata agli uomini e quindi l' affacciarsi e l' imporsi di Camille Claudel avrebbe avuto dei costi in termini di solitudine e sofferenza. Ebbe comunque degli elogi da parte Mathias Morhardt, redattore al giornale Le Temps e dei riconoscimenti da parte di altri artisti e critici che frequentava e conosceva personalmente.

Anche nella Joueuse de flute ritroviamo quella torsione del corpo e quella vivacità: mentre la donna semi-nuda, con i piedi appena poggiati ma tesi come se dovessero spiccare un salto (posizione tipica dei bambini ricorrente in altre sue figure femminili), accosta il flauto alle labbra, si percepisce un sentimento corporeo, animato, capace di trasmettere il desiderio di perdersi in un suono melodioso ed aereo.

Il fratello Paul infatti dice, in un suo scritto del 1905 in occasione della mostra di Camille alla Galerie Eugène Blot, che « la scultura è il bisogno di toccare ..., la gioia quasi materna di possedere della terra da plasmare tra le mani, l'arte di modellare, di possedere quelle forme tondeggianti ... Camille Claudel è la prima a operare questa scultura interiore ... è meravigliosamente percorsa dalla fantasia più intensa e primordiale che costituisce in sé il dono vero e proprio dell'invenzione »; e poi, non facendo il nome ma riferendosi alla scultura di Rodin, si dissocia da quei critici superficiali (grandi ammiratori di Rodin) che non riescono a vedere come le statue di lui siano invece « figure che non riescono a liberarsi dal blocco da cui provengono ».

Camille credeva in una possibile, definitiva unione con Rodin e la desiderava ardentemente, forse anche per liberarsi completamente da quei sotterfugi ed ipocrisie che aveva dovuto escogitare o subire nel corso degli anni, per l'illegalità di quell' amore. Certo doveva avere tanta di quella rabbia e di quel rancore che tutto sfociò nell'odio per l'uomo che invece preferì e sposò, poco prima che morisse, la fedele compagna di sempre Rose Beuret (che peraltro aveva sempre saputo ed accettato che il suo uomo avesse molteplici amanti mentre pare che avesse timore solo di Camille). In realtà Rodin nel 1886 aveva addirittura sottoscritto un accordo nel quale si impegnava a tenerla come sua unica allieva, a proteggerla e sostenerla in tutti i modi, a sposarla e ad esserle fedele. Del resto sia dalle lettere che dalle sue opere (soprattutto Je suis belle, anch'essa presente in mostra con altre sculture e disegni e acquerelli erotici di A. Rodin) si può capire come lui l'avesse teneramente e profondamente amata (anche se molto si è scritto sulla diversità dell'intensità del loro rapporto).

1893: Camille si separa da lui come abitazione e studio, pur continuando a vederlo. I nudi di Rodin datati al 1896 (fine del loro rapporto) cambiano. Grazie a Camille Rodin si può dire che per la prima volta vide il corpo della donna sotto un'altra luce.

1886-89: Camille incontra Debussy. Cessano di vedersi nel 1891: non si sa se furono amanti o meno, poco importa, ma sta di fatto che il grande compositore ne fu innamorato e preso (lettera a Robert Godet -13/2/1891). Però il cuore, la mente, il corpo di Camille erano ancora tutti presi da Rodin.

Il rapporto con lui comincia a deteriorarsi nel 1892-93, quando Camille sente di essere usata, utilizzata da questo maestro opportunista, tanto che pare firmasse alcuni suoi lavori. Certo è che questo accadeva anche nelle botteghe del passato (vedi quanto Perugino ha dipinto Raffaello e così tanti altri autori famosi ai loro inizi). Questo però sembra non potesse essere accettato da una personalità come Camille: può il tuo amante, il tuo compagno "rubare" le tue idee, i tuoi sentimenti ?. Lo si può sentire come un'espoliazione, un depauperamento: dove non si accetta un confronto si arriva allo scontro, se non c'è una comunicazione nella creazione, una condivisione. In realtà Rodin la raccomandò e fece molto per lei, lasciò detto che una sala del suo museo fosse dedicata a lei, si informò e non la dimenticò mai.
La tragedia vissuta da Camille - i suoi lunghissimi 30 anni di internata in un manicomio - sembra ancora più assurda se si pensa che Rodin, prima di morire nel 1917, chiese di vedere "sua moglie", quando gli indicarono Rose Beuret, mormorò come in sogno: "No, non lei, l'altra, quella di Parigi".

La mostra è pregevole anche per l'elegante e interessante allestimento accompagnato da delicatissimi disegni e acquerelli erotici di Rodin mai apparsi in pubblico e alle particolari e belle fotografie realizzate all'interno del Museo Rodin di Parigi su commissione da Vasco Ascolini e Bruno Cattani.

Camille Claudel è rimasta nell'ombra fino a vent'anni fa, addirittura non è nominata nella Garzantina dell'Arte, mentre ora finalmente ci sono su di lei libri, film, video e spettacoli teatrali.



La Mostra

CAMILLE CLAUDEL
Sculture
AUGUSTE RODIN
Sculture; disegni e acquerelli "erotici"

Reggio Emilia, Palazzo Magnani (Corso Garibaldi 29)
15 giugno - 31 agosto 2003

Orari: 10.00 - 13.00; 15.30 - 19.30.
Venerdì e sabato anche: 21.00 - 23.00. Lunedì chiuso

Biglietti: € 6 intero; € 4 ridotto; € 2 scuole

Catalogo Skira

Per informazioni e prenotazioni:
tel. 0522.454437/444406; fax 0522.444436
e-mail: info@palazzomagnani.it web: http://www.palazzomagnani.it






Ritratto di Camille Claudel
fig. 1
Foto Ritratto di Camille Claudel
photo César 1882

Camille Claudel, La Valse
fig. 2
Camille Claudel,
La Valse, Il valzer, 1905
1905 bronzo antico fusione Blot
46,4 x 35,7 x 19,7 cm. Parigi collezione privata

Camille Claudel, La Joueuse de flute
fig. 3
Camille Claudel,
La Joueuse de flute, La suonatrice di flauto o La Sirena, 1905,
bronzo antico fusione Blot
53 x 26 x 34 cm.
Parigi collezione privata

Auguste Rodin, L'éternelle idole
fig. 4
Auguste Rodin,
L'éternelle idole, L'Idolo Eterno, 1889,
gesso patinato,
29,8 x 22,7 x 12,1 cm. Parigi, Musée Rodin

Camille Claudel, L'Abandon
fig. 5
Camille Claudel,
L'Abandon, L'abbandono, 1905,
Bronzo antico fusione Blot,
43 x 36 x 19 cm.,
Parigi, collezione privata

Fotografie cortesia Ufficio Stampa CLP Relazioni Pubbliche di Davide Angotti
 

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