In questo articolo fornirò alcune notizie su Paolo Mei, un pittore romano amico e collaboratore di Cesare Serafini-Fracassini, formatosi presso lo studio di Tommaso Minardi e attivo nella seconda metà dell'ottocento. In attesa di fornire alcune fonti biografiche, frutto di lunghe e fortunate ricerche d'archivio, nella voce dedicata all'artista sul Dizionario Biografico degli Italiani (nel volume che uscirà verosimilmente entro il 2009), vorrei concentrarmi su alcune notizie emerse soprattutto da un epistolario conservato presso la Collezione Arte Religiosa Moderna dei Musei Vaticani, da me consultato in copia presso l'Archivio Storico.
La prima menzione dell'esistenza di queste lettere sembra venga data da Stefania Alunni: la «donazione effettuata nel 1991 da Enrico Venanzi», erede di Cesare Fracassini, «raccoglie, tra le altre cose, un cospicuo numero di lettere autografe che il pittore scrisse ai suoi compagni di studio e artisti dell'epoca (in particolare a Paolo Mei e Pietro Vaini), utili per eventuali chiarimenti riguardo ai rapporti intrattenuti con gli artisti della sua cerchia» (Alunni, pp. 182, 183). Grazie al professor Antonio Paolucci, che ha accolto la mia richiesta, grazie alla cortesia e alla collaborazione della dott.ssa Maria Antonietta De Angelis 1, ho potuto consultare 23 lettere (22 lettere di Mei a Fracassini e una minuta di quest'ultimo).
Prima di me la dott.ssa Alunni, in occasione della sua Tesi di Laurea Cesare Fracassini 1838-1868 (Rel. M. V. Cresti, Università di Roma III, a. a. 1996-1997), ha potuto visionare solo rapidamente il materiale in oggetto, allo stato attuale ancora non catalogato. Ho il privilegio fortuito, quindi, di dare alcune notizie che spero possano essere elaborate in futuro da altri studiosi e magari da Alunni per prima.
Mei si forma all'Accademia di San Luca (Ovidi, p. 172), anche se dalle ultime ricerche non sono emersi documenti che lo attestino (Gnisci, p. 914 e Franco, s. p., in corso di stampa). È possibile che non abbia una formazione artistica regolare. È orfano di padre dall'età di tre anni e di madre dai diciannove (Franco, s. p., in corso di stampa). Sappiamo con certezza che il 25 maggio 1856 si trova a Tivoli in un convento, facendo "la vita dei frati" (Mei, Lettera a Cesare Fracassini, Tivoli 25 maggio 1856 e Lettera a Cesare Fracassini, s. l. e s. d.; d'ora in poi citerò queste lettere di Mei a Fracassini indicando solo il luogo e la data). Probabilmente sta lavorando a un ciclo di affreschi, ma dalle prime ricognizioni effettuate non si è riusciti a identificare il lavoro 2. Già nel '56, quando Fracassini ha solo diciotto anni, Mei ha con lui un'amicizia profonda e cameratesca, che emerge dalle lettere. Si mostra entusiasta per i paesaggi, per la natura pittoresca, il fiume Aniene, la Grotta di Nettuno e la Grotta delle Sirene (Tivoli, 2 giugno 1856). Tuttavia, allo stato attuale degli studi, sembra che questi soggetti non siano stati trattati in nessun quadro. Il Mei, infatti, vorrebbe fare vedute di cascate e ruscelli, ma sembra rinunciare a causa dell'umidità dei luoghi (ibidem), nonostante la sua giovane età. Dice di aver abbozzato tre ritratti: due fanciulle (di cui una che fa il bucato) e un uomo. Poiché sono stati giudicati "somiglianti" è possibile che gli affidino altre commissioni: il ritratto di un medico e della sua giovane moglie. Ha intenzione però di terminare le teste e abbozzare tutto il resto per finire in seguito le tele nel suo studio di Roma, dove è impaziente di tornare, per iniziare un quadretto destinato al Concorso gregoriano (ibidem).
Pochi giorni dopo apprende, probabilmente da una lettera del Fracassini, del ritorno a Roma del "Prof." (Tivoli, 11 giugno 1856). Si tratta del professor Tommaso Minardi. Il Fracassini racconta di stabilirsi nello studio di Minardi prima di Mei (Della Massea, p. 38), che probabilmente inizia il suo alunnato nei primi anni cinquanta 3. Al "Prof." (Minardi), che non viene mai menzionato esplicitamente in queste lettere, Mei augura «lunga vita», anche per il bene di tutti i suoi allievi, e si dispiace di non essersi fatto trovare dal suo maestro nello studio, intento a lavorare (Tivoli, 11 giugno 1856). Gli anni cinquanta sono ancora un momento di formazione per Mei: il nudo per lui - scrive - è ancora un «genere nuovo» (Tivoli, 20 giugno 1856). Ritiene che perfino i piccoli lavori, anche se non vengono pagati, servono comunque per "esercitarsi nell'arte" (Tivoli, 30 luglio 1856). Nel giugno del 1859, nel cantiere del Palazzo Raffaelli a Cingoli, in provincia di Macerata, per il marchese Filippo Raffaelli, Mei inizia a lavorare alla decorazione di otto piccole stanze 4. Probabilmente nel lavoro è coinvolto anche un membro della famiglia Reanda, dal quale si reca in visita insieme al marchese (Cingoli, 9 giugno 1859). Quasi certamente è il pittore Adolfo Reanda, fratello di Maria Reanda, moglie di Cesare Fracassini 5, attivo insieme al cognato presso lo studio di Minardi (Taccuino 121, ora in Manfrini Orlandi e Scarlini, pp. 93, 94). «Adolfo» è nominato anche in una lettera scritta nell'estate del 1856 e, probabilmente, ha già lavorato con Mei a Tivoli (Tivoli, 2 agosto 1856). A suo dire, Mei lavora come imbiancatore, pittore di storia e di genere, decoratore, adattandosi a fare tutto ciò che serve (Cingoli, 21 giugno 1859). Il marchese Raffaelli è un erudito, un bibliofilo, autore di vari contributi sulle arti e l'archeologia (Fioretti, pp. 323-366). A quanto risulta da alcuni documenti, tuttavia, solo un anno prima di iniziare questi lavori, nell'agosto del 1858, il marchese non sembra godere di una buona situazione economica, com'egli stesso dichiara (ivi, p. 361 e n. 109). È dunque singolare che decida di intraprendere un'impresa, che durerà alcuni mesi, dovendo prevedere l'impiego di non poche risorse economiche (tuttavia, allo stato attuale, non sono ancora emersi documenti di pagamento).
Inoltre, Mei sembra essere contento di questo incarico e dell'ospitalità ricevuta. Vuole principalmente piacere al committente e trarre un buon guadagno dal suo lavoro. Per questo, al centro di un soffitto del palazzo, realizza un "quadretto di maniera", copiando il soggetto, Il sogno di Giacobbe, quasi interamente da Raffaello e riuscendo a compiacere il marchese (Cingoli, 7 agosto 1859). È possibile che scegliendo di riadattare una scena del celebre pittore urbinate, del quale il marchese era studioso, voglia fare un omaggio alla famiglia Raffaelli (un avo del marchese si chiamava Raffaello Raffaelli). Purtroppo il Palazzo è stato suddiviso in vari appartamenti e a quanto mi ha riferito il dott. Luca Pernici, che gentilmente ha contattato alcuni proprietari, non sembra essere rimasta traccia degli affreschi di Mei.
Nell'estate del '59 l'artista sta attendendo la conferma di una commissione: realizzare un quadro per una chiesa che si sta costruendo in un paesino vicino a Cingoli (Cingoli, 7 agosto 1859), di cui poi non farà mai menzione nelle lettere successive. Vorrebbe terminare il lavoro delle stanze prima dell'arrivo dell'inverno e fare un ritratto ai coniugi Raffaelli. Sembra però incerto sulla preparazione dei quadri e chiede all'amico di indicargli come procedere 6 (Cingoli, 28 agosto 1859). Nell'ottobre Mei appare un po' stanco del suo lavoro, anzi, dei suoi "giocarelli" (che comunque piacciono moltissimo a tutti). Vorrebbe dedicarsi a fare studi dal vero, ma il lavoro è pressante (Cingoli, 6 ottobre 1859). Alla fine del mese ha terminato un ritratto del marchese Raffaelli e iniziato un ritratto della contessa Battaglia (opere di cui non conosco l'ubicazione). Vorrebbe procurarsi ulteriori commissioni, con l'aiuto di Fracassini, con l'eccezione dei Clavari (Luigi? Carlo?), persone che considera avare nei pagamenti (Cingoli, 29 ottobre 1859). Differentemente da quanto era apparso in studi precedenti (Gnisci, pp. 914, 915), gli anni cinquanta, come risulta da queste lettere, sono un periodo intenso nell'attività del giovane Mei. Anche se attualmente non sono state identificate opere ancora esistenti datate entro questo decennio, è probabile che emergeranno sul mercato nei prossimi anni.
Dalle lettere a Fracassini si vede chiaramente che la preoccupazione economica è una costante nella sua vita nell'arco di oltre un decennio. Nella primavera del 1860, quando la commissione di Palazzo Raffaelli è stata quasi certamente terminata, sembra che lavori in S. Pietro a Roma. Vorrebbe raggiungere il suo amico Cesare ad Albano, ma le risorse economiche sono scarse (Roma, 21 maggio 1860). Nell'estate deve eseguire alcuni piccolissimi disegni di figure di santi che poi saranno incise dal maestro Marcucci (l'incisore romano Giuseppe Marcucci)7. Il committente è un frate domenicano, dal quale potrebbe aspettarsi ulteriori lavori. «È uno dei capi», scrive Mei, da uomo pratico. I disegni li pagherebbero 8-10 scudi l'uno (Roma, 26 giugno 1860). È una buona cifra, considerando che tre anni dopo spera di vendere un dipinto a olio, La ricamatrice addormentata - di cui parlerò più avanti - per 100 scudi (Roma, 23 agosto 1863) 8.
Gli anni sessanta sono ricchi di commissioni e i cronisti dell'epoca iniziano a menzionare il suo nome. Con Cesare Mariani affresca la Cappella dell'Angelo Custode nella Chiesa di S. Maria in Aquiro (Monti, p. 141 n. 1; D'Onofrio e Strinati, pp. 62, 63) e la Cappella del Crocifisso nella Chiesa di Santa Lucia del Gonfalone (Ruggeri, p. 174 e Magni, p. 13). Allo stato attuale degli studi questo sembra essere il decennio più importante per Mei (Gnisci, pp. 914-915 e Franco, s. p., in corso di stampa). Eppure nelle lettere queste commissioni sembra che non abbiano rilevanza. Fra agosto e settembre del 1860 Mei riferisce di lavorare ai «cartoni del Gesù» con Mariani (Roma, 5 settembre 1860). È possibile che si riferisca a qualche commissione per una Chiesa del Gesù (a Roma o altrove). Oppure potrebbe alludere al ciclo di affreschi in S. Maria in Monticelli a Roma, che viene completato da Mariani nel 1860: Cristo tra i fanciulli e Cristo insegna alle turbe nell'atrio del tempio (Berri, p. 130). È in attesa che confermino una commissione a (Guglielmo) De Sanctis, per aiutarlo nell'esecuzione di uno stendardo a sugo d'erba. Alcuni mesi dopo, nel 1861, regala proprio a questo suo collega un bozzetto, Putti che giocano, raffigurante otto putti musicanti e danzanti: «all'amico G. De Sanctis» (Museo di Roma, n. inv. MR 44246). Allo stato attuale delle ricerche non si conosce lo scopo finale di questo piccolo studio, né le ragioni della dedica 9. Della piccola tela, di soggetto e composizione convenzionale, ho potuto visionare solo una riproduzione in b/n da cui si deduce nulla di più di una buona padronanza della tecnica; requisito essenziale per un pittore che mira soprattutto a fare un buon guadagno e a soddisfare il committente.
Comunque, ritornando alla cronologia dell'epistolario, alla fine del settembre 1860 Mei comunica a Fracassini di dover lasciare il proprio studio. Vorrebbe portare le sue cose presso lo studio dell'amico, per trovare con comodo una sistemazione migliore, non troppo cara (Roma, 5 settembre 1860). Poi le lettere a Fracassini si interrompono fino all'estate del 1863, quando scrive di voler terminare un'opera: «quel quadretto della cucitrice che ho già abbozzato». Vuole inviarlo a Bologna, in occasione dell'esposizione di ottobre. Per questo chiede a Fracassini di poter prelevare dal suo studio alcuni materiali, drappi e tessuti (Roma, 23 agosto 1863), provenienti certamente dall'importante sartoria della famiglia di sua moglie Maria Reanda. Si può identificare questo quadro con La ricamatrice addormentata Fig. 1 (The Sleeping Seamstress, olio su tela, cm 63,5 x 52), venduto da Christie's a Londra, il 21 novembre 2002. È fra i quadri migliori di Mei, probabilmente il migliore fra quelli comparsi finora nelle aste internazionali. L'artista dipinge una soffitta, l'ambiente quotidiano dove vive e lavora la ricamatrice. Dall'inclinazione dell'illuminazione solare capiamo che, durante le ore centrali della giornata, la lavoratrice è stata vinta dal sonno. In quest'opera Mei rivela di aver pienamente assorbito il realismo del maestro Minardi, nella descrizione dell'ambiente e nella postura abbastanza naturale della donna. Non rinuncia, però, al virtuosismo della luce e dei panneggi, derivati certamente dalla tradizione cinque-seicentesca; una caratteristica presente anche in altri lavori (Franco, s. p., in corso di stampa). La ricamatrice è uno dei pochi lavori di "ricerca" dell'artista, in cui sperimenta quel "realismo crepuscolare" che in quegli anni non è ancora "accademico".
L'ispirazione del soggetto molto probabilmente deriva dall'omonimo The Sleeping Seamstress, del 1845, del celebre Jean François Millet <http://www.artnet.com/PDB/PublicLotDetails.aspx?lot_id=425367358&page=1>.
È un olio su tela di dimensioni quasi identiche al dipinto di Mei, venduto da Christie's a Londra poche settimane fa, il 23 gennaio 2008 (Artprice.com <http://www.artprice.com>, Millet, Jean François, s. v.). Rispetto a Millet, Mei è più classico e composto. Riprende l'identica posizione della donna seduta di profilo, con gli scampoli per terra e il cesto di lavoro, ma elimina la torsione del busto, la rudezza del corpo e del volto. Mei dipinge panneggi più pregiati e movimentati (la sua ricamatrice è più raffinata), ma nei due lavori la tavolozza dei verdi, dei gialli, dei bruni e dei bianchi è la medesima, anche se è ripartita in zone spaziali differenti.
È evidente che è una tela dipinta senza fretta e senza un cliente pronto ad acquistarla (Mei, infatti, dichiara all'amico di non aver alcuna commissione). Sembra, in modo implicito, invitare il Fracassini ad affidargli qualche lavoro (Roma, 23 agosto 1863). Inizierà a collaborare con Cesare, infatti, all'importante cantiere di S. Lorenzo f. l. m., terminando, dopo la morte dell'amico (13/12/1868), le ultime due figure di San Lorenzo che presenta i poveri al Proconsole (De Sanctis, p. 205) e la scena La condanna di S. Stefano, eseguita sul cartone di Fracassini (conservato a Roma nell'Accademia di S. Luca).
Nell'estate del '64 è a Civitavecchia per una commissione (Civita Vecchia, 27 agosto 1864). Proprio in questa data "la Camera di Commercio concede alla Venerabile Confraternita del Gonfalone un contributo per i restauri da eseguire nella Chiesa di Maria Santissima delle Grazie, detta anche della Stella" (Toti e Ciancarini, <http://www.societastoricacivitavecchiese.it/?page_id=5>). È possibile che Mei lavori, oltre che nella chiesa romana del Gonfalone già citata, anche a Civitavecchia per la stessa Confraternita. In questo periodo la città è occupata dai soldati francesi, che, con la convenzione dell'11/9/1864, inizieranno un graduale ritiro, venendo rimpiazzati progressivamente dalle milizie di Pio IX, entro due anni (Calisse, pp. 702, 703). Come al solito Mei si preoccupa delle spese della sua trasferta (Civita Vecchia, 27 agosto 1864). Dalla lettura delle lettere si ha l'impressione che Fracassini, principalmente, e Mariani, andando oltre il loro ruolo di capo-cantieri, sovvenzionino il pittore anche per amicizia. In questa città portuale, contesa fra il Papa (aiutato dalla Francia) e il nuovo Regno d'Italia, Mei non resta molti mesi. Nel maggio del '65 è a Napoli, per la prima volta nella sua vita. È entusiasta della città, dove trascorre molti giorni. Dice di aver visto quasi tutto. Il Fracassini deve aver consegnato all'amico, prima della sua partenza, una lettera per Morelli (Napoli, 24 maggio 1865). È quasi certamente il pittore napoletano Domenico Morelli - di cui sono noti rapporti epistolari anche con Mariani (Virno, in Berri e Id., p. 13) - il quale, stando alle parole di Mei, fu molto contento della lettera di Fracassini.
Nell'estate del '67 Cesare Fracassini, nell'unica minuta di lettera (incompleta) indirizzata a Mei che ho visionato nel carteggio vaticano, si mostra impaziente di terminare il cantiere di S. Lorenzo f. l. m., per poter andare a Parigi il 12 agosto (Roma, 1 agosto 1867). È questa una delle ultime lettere significative conservate nell'epistolario vaticano. Con la morte del Fracassini, oltre a una grande amicizia, il Mei sembra anche rallentare i ritmi del lavoro. È verosimile, comunque, che continui a dipingere presso i cantieri di Mariani, ma gli studi a riguardo ancora non ne danno conferma (Franco, s. p., in corso di stampa). È probabile, infatti, che Mei sia pagato non direttamente dal committente, ma che presti la sua opera soprattutto attraverso la pratica del sub-appalto. Future comparazioni stilistiche fra le poche opere certe di Mei e alcuni quadri anonimi della seconda metà del XIX secolo conservati in S. Salvatore in Onda (e in altre chiese dove lavora Mariani), potrebbero portare ad alcune attribuzioni. Tuttavia, allo stato attuale, sono poche le opere, eseguite dopo la morte del Fracassini, rintracciate nelle fonti e ancora meno sono quelle di ubicazione nota (Gnisci, pp. 914, 915 e Franco, s. p., in corso di stampa). Sembra che il pittore non avesse eredi diretti. Sarà difficile, quindi, rintracciare a breve altre raccolte di lettere (che probabilmente si scambia, prima e dopo la morte di Fracassini, con Mariani e De Sanctis) o collezioni significative dei suoi lavori 10. Esiste, invece, un discreto numero di quadri emersi sul mercato antiquario (Arprice.com <http://www.artprice.com>, Mei, Paolo, s. v.) che solo in alcuni casi sono di fattura e soggetto non convenzionali.
RINGRAZIAMENTI
Questo studio e la voce Paolo Mei, che uscirà nel Dizionario Biografico degli Italiani, sono il frutto di lunghe ricerche, molto faticose e, in proporzione, poco fruttuose, nelle quali sono stato ampiamente agevolato, oltre che dalle persone già menzionate, anche da numerosi funzionari della Biblioteca di Archeologia e Storia dell'Arte di Pazzo Venezia. Ringrazio, fra i molti, le dott.sse: Maria Valeria De Bellis, Agnese Fantozzi, Elena Lodovica Petrina e Francesca Zannoni.
Sono riconoscente anche al dott. Fabio Betti, alla dott.ssa Susanna Misiano e alla dott.ssa Maria Elisa Tittoni, Direttrice del Museo di Roma di Palazzo Braschi, per la rapidità con la quale mi hanno permesso di accedere ai materiali. Ringrazio anche le prof.sse Simonetta Bernardi, Rosa Marisa Borraccini, Donatella Fioretti, il dott. Lee Beem e il dott. Maurizio Berri, per le notizie fornite.
Un ultimo ringraziamento, altrettanto sincero, a quelle poche persone che per vari motivi non hanno agevolato la mia ricerca, consentendomi in molti casi di allargare il piccolo ambito dei miei contatti sociali.
Alcuni di essi rallentano la conoscenza di primarie fonti storiche, tentando di gestire gli archivi come se fossero di loro proprietà, con l'obiettivo di produrre studi che spesso impiegano decenni per vedere la luce. Spero che questo modo di concepire la ricerca umanistica, nell'epoca di internet, vada scomparendo e venga combattuto dalla nostra generazione.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
S. Alunni, Opere inedite di Cesare Fracassini (1838-1868) nei depositi dei Musei Vaticani, in "Bollettino dei Monumenti, Musei e Gallerie Pontificie", Città del Vaticano, XIX, 1999, pp. 177-208.
M. Berri, Biografia, in Id. e C. Virno (a cura di), Cesare Mariani (1826-1901). Dai primi studi ai bozzetti per la Sala della Maggioranza, cat. della mostra, Galleria d'Arte F. Russo 24/3-20/4/2001, Roma, 2001, p. 129-133.
C. Calisse, Storia di Civitavecchia, Sala Bolognese, 1973 (rist. della I ed., Firenze 1936).
A. M. Comanducci, Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei, Milano, 1972, p. 1847.
I. Ciampi, Vita di Paolo Mercuri incisore, Roma, 1879.
A. Della Massea, Cesare Fracassini, Roma, 1956.
G. De Sanctis, Tommaso Minardi e il suo tempo, Roma, 1900.
M. D'Onofrio e C. M. Strinati, S. Maria in Aquiro, Roma, 1972.
D. Fioretti, Per una storia sociale della cultura nell'Ottocento. Note sul marchese Filippo Raffaelli, in "Studia Picena", LXVI, 2001, pp. 323-366.
F. Franco, Mei, Paolo, s. v., in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma (con bibl., in corso di stampa).
S. Gnisci, Mei, Paolo, s. v., in Dizionario biografico degli artisti, in La pittura in Italia. L'Ottocento, vol. II, Milano, 1991, pp. 914, 915 (con bibl.).
B. Magni, Le pitture del professor Cesare Mariani in S. Lucia del Gonfalone, Roma, 1867.
M. Manfrini Orlandi e A. Scarlini (a cura di), Tommaso Minardi. Disegni, taccuini e lettere, nelle collezioni pubbliche di Forlì e Faenza, cat. della mostra, Palazzo Comunale, Sala dei Novanta Pacifici, Forlì 20/12- 26/1/1982, Bologna, 1981, pp. 93, 94.
A. Monti, Le pitture di S. Maria in Aquiro, in "Il Buonarroti", quaderno VII, luglio-agosto 1866.
E. Ovidi, Minardi e la sua scuola, Roma, 1902.
L. Ruggeri, L'Arciconfraternita del Gonfalone, Roma, 1866.
O. Toti e E. Ciancarini, Storia di Civitavecchia. Da Pio VII alla fine del governo pontificio, Civitavecchia, 2000, <http://www.societastoricacivitavecchiese.it/?page_id=5>
C. Virno, Il percorso artistico, le alterne vicende della sua fama, in Berri e Virno, cit., pp. 11-19.
NOTE
1
Mi sono avvalso dell'abilità di lettura della dott.ssa De Angelis in alcuni punti dei testi in cui l'ortografia era per me difficoltosa. Ringrazio anche la dott.ssa Micol Forti, con la quale ho avuto i primi contatti telefonici.
2
Sono molto grato alla prof.ssa Francesca Mollo per aver tentato le primissime indagini (che spero proseguirà nei prossimi studi).
3
Fracassini arriva a dodici anni, il 2/1/1850, e lascia lo studio nel 1857 (Alunni, pp. 179, 181).
4
È possibile che qualche documento riguardo a questa commissione sia conservato fra le carte della famiglia Raffaelli (che sta effettuando una ricerca su mia richiesta).
5
La famiglia Reanda, in questi anni, è titolare di un'importante sartoria a Roma (notizie fornite da: Giulio Cesare Reanda e Paolo Reanda). Si può dire che Fracassini, in ambito pittorico, e la famiglia Reanda, in ambito sartoriale, ricevono entrambi importanti commissioni dallo Stato del Vaticano.
6
Nella stessa lettera comunica al Fracassini che ha intenzione di scrivere a (Alessandro) Mantovani (1814-1892). Pur non menzionato per nome dovrebbe trattarsi di questo pittore, attivo, come Mei e Fracassini, nei cantieri papali e in S. Lorenzo f. l. m. (Comanducci, p. 1847). In una lettera successiva Mei conferma che l'invio della missiva poi è avvenuto (Cingoli, 29 ottobre 1859).
7
Marcucci lavora nelle Stanze di Raffaello e in altri cantieri papali insieme a Paolo Mercuri (Ciampi, pp. 68, 69).
8
Poco più di 1.500 euro attuali.
9
L'opera sembra essere, momentaneamente, il primo lavoro datato di Mei di ubicazione certa, ma nei prossimi anni, sul mercato antiquario, è molto probabile che vengano alla luce altri lavori datati entro gli anni cinquanta.
10
Due opere di una collezione privata sono in corso di studio e spero di darne presto notizia.
|