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Siracusa museo della Sicilia. Tre buoni motivi per visitare il Museo Archeologico  
Mercedes Auteri
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 26 Marzo 2010, n. 557
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Area Musei

Alcune cattedrali riescono a sintetizzare tra le proprie mura l'intera storia di una città, così succede a Siracusa. Sia all'esterno che dentro sono ancora visibili le possenti colonne doriche di un tempio dedicato ad Atena, costruito nel V secolo a. C., momento di grande splendore per la città greca più ricca e popolosa conosciuta allora. In età bizantina fu chiesa paleocristiana, con gli arabi divenne moschea e con i normanni tripudio di mosaici. In età barocca si popolò di statue di santi e di colonne tortili. Un antico cratere ellenistico, diventato fonte battesimale, coesiste con una Santa Lucia (protettrice della città e della vista) scolpita da Gagini e una tavola con San Zosimo dipinta da Antonello che ricordano, a breve distanza, dentro al Museo di Palazzo Bellomo, altri miracoli di questi maestri custoditi pochi passi più in là.

In nessun altro posto al mondo, se non in un athenaion di Siracusa, può capitare di ringraziare con una preghiera sola la Dea della Saggezza e la Signora degli Occhi ché in luoghi come questo appagano l'uomo con la cultura delle arti e il dono dello sguardo.

Cicerone, rinomato estimatore di cose belle, ne descrisse le porte crisoelefantine, d'oro e avorio, e i dipinti che ritraevano i re e i tiranni di Sicilia, insieme alle epiche vittorie contro gli ateniesi prima e i cartaginesi dopo, e uno scudo dorato della dea così grande che le navi potevano vederlo brillare come un faro da molto lontano. Cosa c'era a Siracusa, appena prima, durante, e appena dopo questa età dell'oro lo si può scoprire facendo una passeggiata alla Neapolis e visitando il Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi. Se alcune cattedrali riescono così incisivamente a sintetizzare le vicende di una città, musei come questo riescono a raccontare altrettanto bene lo spirito di un'intera area geografica molto più vasta che li comprende. Nel progetto museografico di Giuseppe Voza, le vetrine del Paolo Orsi spiegano (con diversi livelli di lettura e approfondimento) la costa orientale della Sicilia, ideale battigia della storia del Mediterraneo.

Proprio a piazza Duomo sorgeva la precedente sede del museo, legata a importanti nomi dell'archeologia italiana, agli scavi di Paolo Orsi e al riordino di Luigi Bernabò Brea, poi trasferita nell'attuale sede, progettata dall'architetto Franco Minissi, allestita da Voza e, negli ultimi anni, finalmente curata da un'archeologa siracusana, Concetta Ciurcina.

Ci sono almeno tre buoni motivi per visitarlo: il contenitore, il contenuto e la capacità di reinventarsi al pubblico. Quei tre elementi che costituiscono la ricchezza di un museo. E che furono probabilmente gli stessi, quando Federico Zeri lo visitò, a fargli confessare con stupore all'allora direttore che: per essere un archeologico e per essere così grande, il museo non l'aveva stancato affatto, anzi.

La capacità di reinventarsi è anche dovuta ad una buona amministrazione dei depositi che permetterà, secondo l'ultimo progetto annunciato, di vedere esposta quest'estate l'importante collezione numismatica. La bella stagione promette anche una gestione integrata delle risorse culturali per cui con un unico biglietto sarà possibile visitare il museo, tutto il Parco Archeologico della Neapolis e assistere alle tragedie organizzate dall'Istituto Nazionale del Dramma Antico all'interno del Teatro Greco dove qualche secolo fa si passeggiava Eschilo e dove, dopo la caduta dei tiranni, Timoleonte celebrerà il ritorno della democrazia, ricavando circa seimila posti, ampliandolo a emiciclo perché tutto il popolo potesse assistere agli spettacoli.

Il contenuto è la stupefacente storia dell'uomo, dalla preistoria siciliana (manufatti della cultura di Stentinello, di Castelluccio, di Thapsos, di Pantalica ...), alla colonizzazione greca (reperti non solo dell'area di Siracusa ma anche di Naxos, di Milazzo, di Zancle-Messina, di Katane-Catania, di Leontinoi-Lentini, di Megara Hyblea...) in un continuo confronto con le influenze derivanti dal più ampio bacino mediterraneo, da Micene, Malta, Cipro prima e dalla presenza di ceramiche corinzie, argive, laconiche, ioniche, attiche, greco orientali, etrusche e fenicie dopo. Dentro questa collana di perle di preziosissimo mare, si stagliano alcuni cammei, rinvenuti tra la fine del VI e l'inizio del V secolo a. C., che da soli varrebbero il viaggio: un'opulenta madre, in pietra calcarea siracusana, che allatta contemporaneamente due bambini che s'incrociano ai seni; la scultura di un giovane, sulla cui gamba l'artista ha voluto lasciare il suo melodioso nome e quello del padre, il medico Sombrotidas figlio di Mandroklés; il torso di un ragazzo di Leontinoi, bello da mozzare il fiato. Solo per dirne tre ma l'elenco sarebbe assai più lungo. E il percorso continua al secondo piano con un settore interamente dedicato a Siracusa in età ellenistica e romana.

Quanto ricca fosse la città ce lo dicono le fonti storiche e letterarie ma anche alcuni manuali di museologia che reputano emblematico, per rintracciare le origini del collezionismo e le radici del concetto di museo, l'anno 212 a. C.: Siracusa vinta dal console romano Marcello e l'intenzione, per celebrare il trionfo, di spogliarla di quadri e statue, portandosele a Roma per arricchire edifici pubblici e privati, deputando così non solo un alto valore simbolico all'opera d'arte, ma anche un crescente valore economico (che condurrà prima alla ricerca degli originali greci e poi ad un'ampia produzione di copie romane). Per fortuna, non tutto è perduto, non tutto finisce a Roma. Le opere all'interno del settore D del museo, messe in relazione anche con i monumenti all'esterno (teatro, anfiteatro, ara di Ierone), mostrano il ruolo della città in rapporto agli altri regni ellenistici e, in particolare, a quello tolemaico. A questo periodo appartiene un altro capolavoro del museo, la Venere Anadiomene (detta Landolina, dal nome dello scavatore che la ritrovò), la dea si copre pudicamente, mentre esce dalle acque, con un delfino che, in parte, ancora le cinge le gambe.

A Landolina che, tra il 1700 e il 1800, diede forte impulso culturale alla città, è legato anche il contenitore dello spazio museale, edificato alla fine degli anni Ottanta del 1900, all'interno del parco storico di Villa Landolina. Il terzo buon motivo per recarsi a vedere come l'antico, la tradizione, l'archeologia possano in alcuni casi amabilmente dialogare con il moderno, l'innovazione, il contemporaneo. La struttura centrale, a forma esagonale, è circondata da altri corpi disposti su diversi livelli, per uno spazio che occupa complessivamente 12.000 mq e si presenta come un gigantesco alveare. Le metafore positive dell'architettura naturale, di grande perfezione, elaborata dalle api e prese a modello da molti architetti e artisti (da Gaudí a Steiner, Wright, Mies van der Rohe o Le Corbusier), si applicano anche nell'idea di Minissi e rispecchiano l'impressione di metodica razionalità a cui sono giunti archeologi e curatori del progetto per compiere la sua lunga e complessa realizzazione. Una scienza che è anche nella presentazione del disegno museografico e della storia delle collezioni spiegata nei pannelli didattici di presentazione nella sala centrale del piano terra che accoglie il visitatore.

Questo museo alveare offre moltissime occasioni di confronto con noi stessi, con quello che eravamo e siamo, nella guerra come nella pace, nella tirannia come nella democrazia, nell'apogeo come nella disgrazia. Ha moltissime storie da raccontare ma, soprattutto, ne racconta una, fatta di ricerca, impegno, bellezza e buona come il miele.








Ingresso del Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi

Fig. 1
Ingresso del Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi

Statua dea madre

Fig. 2
Statua dea madre (Kourotrophos)metà del VI secolo a.C.
necropoli settentrionale di Megara Hyblaea
calcare

Statua funeraria di Kouros

Fig. 3
Statua funeraria di Kouros, metà del VI secolo a.C.
necropoli settentrionale di Megara Hyblaea
calcare

Statua di Kouros

Fig. 4
Statua di Kouros, inizi del V sec. a.C.
Lentini
marmo

Sala interna con statuaria in marmo

Fig. 5
Sala interna con statuaria in marmo, fine del VI e inizio V secolo a. C.
Grammichele




Foto di Mimmo Jodice cortesia del Museo Archeologico Paolo Orsi di Siracusa

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