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I dieci anni della Camera verde  
Rossella Pompeo
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 14 Luglio 2010, n. 570
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Area Artisti

Al Centro Culturale di Roma la Camera verde, un'atmosfera sacra: il Jeu d'Oeuf, Pour violer les solutions régulières il faudrait bien naitre, di Giovanni Andrea Semerano.

Le prime cento locandine d'artista in onore dei dieci anni di esistenza della Camera verde richiedevano un compagno di lettura che avesse il proprio tempo: la sincronicità del gusto. Giovanni Andrea Semerano ci ha messi di fronte a un altare arredato con ceri ecclesiastici in un'atmosfera, come l'omonimo film di François Truffaut lascia presagire, da incenso. Così le piccole panche allineate nella piccola Camera verde, permettevano alle persone di attendere in ossequioso silenzio che gli scopritori scoprissero. Un tavolo a mò di altare e rosse plastiche a lambire i grossi ceri e due umili sedili in legno pronti ad accogliere i curiosi che, dando le spalle al passato, come i fedeli si accingono all'ostia, come i due sposi al futuro status, loro all'opera. Hanno violato il sacro sposandosi col profano. Il cibarsi reciproco dell'anima, mente e corpo riuniti per effetto dei sensi risvegliati; un atto di rinascita. E' dell'opera d'arte un tale scopo ripulendo colui il quale la compie e colui che la riceve, dalle impurità, consentendogli di abbandonare per ritrovare il senso del violato sottaciuto nel vivere quotidiano. Nel sedersi, chi non era già in coppia, andava a lanciarsi in una scoperta multipla: le locandine d'artista, sfogliate da uno dei due per primo e poi passate all'altro, e il tempo di quell'altro che si doveva attendere compisse la sua opera di lettura.

Molti gli artisti chiamati ad esprimersi in opere di vario genere. Dalla pittura alla fotografia alla poesia. Molteplici modalità del sentire accomunate per lo più da un senso di curiosa indagine sulle diverse forme di essere il nostro tempo.

La poesia di Marco Giovenale, insediata e morsa dall'immagine, sfaldata non definibile, di forte presa in noi l'impatto del suo cedimento lascia il segno del nero.

La foto incisiva e coraggiosa, per chi l'ha scattata e per il gesto di chi si è lasciato guardare, di Grazia Menna, Sacrifice dedicata ad un rito compiuto da un essere straniero di lontane terre il figlio. La serie delle splendide tele di Giovanni Cozzani sul Don Chisciotte ritratto nelle differenti tonalità. Il tempo di lettura del compagno momentaneamente al mio fianco per assaporare la visione, era ahimé, quello di un artista compreso fra gli autori. L'incensato momento ha perduto dunque la sua fatale dimora. Al suo posto, esplicita e snervata attesa che io leggessi la poesia fino alla fine, godessi dell'opera per il tempo necessario a scoprirla, a cercare di sprofondarne il senso ovvero il non senso. Ebbene, ho dovuto mio malgrado rinunciare e assecondare le ansie di chi, giunti alla 26' locandina, non riusciva ancora ad ammirare la propria. Una smania tale da portarlo a sfogliare di sottecchi tutte le altre, sbirciandole, frugando per assicurarsi che ci fosse, dopo deludenti scoperte ogni volta dell'opera di qualcun altro. Questo atteggiamento privandomi al momento del piacere della scoperta mi induce a sottolineare che Giovanni Andrea Semerano abbia avuto un'intuizione davvero fortunosa dotando il fruitore di un ruolo attivo, non facendogli subire passivamente la visione. Come in un tandem dove si è in due e se uno non pedala, l'altro fatica di più e se viceversa pedala troppo in fretta, l'altro perde i colpi iniziando il pedale a turbare il suo ginocchio, infastidendolo e così proibendogli di godere della passeggiata e pure di scoprire cosa c'è intorno. Quando uno dei due non vede, cosa accade? E quando nessuno o la maggior parte non vede, da chi si è visti e come? Torna alla mente Milan Kundera che ne La lentezza affermava il tempo del ricordo essere proporzionato alla velocità. Più si va veloci e più si dimentica e viceversa. Emblematico l'altare, emblematiche le opere, sfuggevoli impermanenti certe persone e le opere di quelle persone? Ahimè destinate a restare ma può un fotografo non saper guardare un poeta non saper scrutare un pittore non ammirare un'opera dalle più diverse angolature ?

Possiamo continuare a gridare evviva ciascuno del proprio lavoro congratularcene auto incensandoci e così perdere il punto di vista di un nostro collega ? Ma più che altro perdere il gusto di assaporare ?  




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http://www.lacameraverde.com







 

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