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Van Gogh. Campagna senza tempo - Città moderna: una recensione  
Giuseppe Arnesano
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 10 Gennaio 2011, n. 590
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“Che piacere vedere di nuovo la città-tanto quanto amo i contadini e la campagna”. “Quanto l’unione degli estremi mi fa venire nuove idee-estremi, la campagna nel suo insieme e il trambusto di qui. Ne avevo proprio bisogno”.

Questi versi, vergati da Vincent van Gogh in una lettera del 1886 indirizzata al fratello Theo, enfatizzano quell’intenso sentimento naturalistico che ha caratterizzato l’intero percorso artistico del maestro olandese.

Dall’8 ottobre scorso e fino al prossimo 6 febbraio 2011, le sale del Complesso del Vittoriano di Roma ospitano, dopo ventidue anni d’assenza, la mostra intitolata “Vincent Van Gogh. Campagna senza tempo - Città moderna”. Il progetto espositivo curato dall’emerita studiosa Cornelia Homburg, massima esperta dell’artista olandese, si avvale della collaborazione di un comitato scientifico internazionale.

In mostra sono presenti oltre settanta variegate opere tra dipinti ed acquerelli del maestro, in più, per arricchire maggiormente il contesto espositivo e mettere in risalto quella fitta rete di scambi artistico-culturali tra Van Gogh e gli artisti delle “avanguardie”parigine, gli organizzatori hanno esposto circa una quarantina di capolavori appartenuti a Millet, Pissarro, Cézanne, Gauguin e Seurat provenienti dalle più grandi istituzioni museali del mondo e dalle più preziose collezioni private; ad esse si aggiunge un’ interessante raccolta di originali lettere redatte da Vincent Van Gogh e provenienti da numerose raccolte private.

Il percorso espositivo presenta una coinvolgente ed esplicativa visione dell’intero corpus del grande pittore; la mostra s’apre con una selezione delle prime opere del periodo olandese, nelle quali si comprende visivamente come Van Gogh si adoperò nello studio e nella riproduzione di numerose incisioni dei maestri del passato come Delacroix, Daubigny e Millet; da queste ed altre opere su tela, egli trasse quella monocromatica tinteggiatura scura caratterizzata dalle misere presenze di contadini immersi in drammatiche suggestioni sociali; in queste numerose e poetiche distese naturalistiche, piene di “casette dai tetti di paglia” (abbondanti soprattutto nella produzione di Saint-Rémy 1889-1890), l’artista rappresenta il concetto inalterabile della dura realtà rurale, come in un continuo dialogo atemporale con quelle tele raffiguranti il costante progresso della città moderna.

L’affascinante espressionismo materico di Van Gogh, concentrato su pochi centimetri di superficie pittorica e palesato sia nei ritratti che nei paesaggi, è generato da una originale interpretazione “di ciò che l’artista voleva che l’osservatore vedesse”; queste seducenti costruzioni figurative sono frutto, oltre che di quella consolidata e geniale concezione artistica, anche di quella grande cultura di raffinato pensatore; ad esempio in una lettera scritta al fratello Theò si evince che la tela raffigurante la Montagne a Saint-Rémy con casolare scuro, sia stata ispirata dalla lettura di un passo in un romanzo.

La serie delle teste di contadini in esposizione, eseguite tra il 1884 e l’anno seguente, sottolineano la volontà dell’artista di cogliere i tratti più caratteristici della fisionomia umana; questi studi sono la premessa del primo grande quadro con figure umane ritratte nella celebre tela I mangiatori di patate del 1885, esempio oggettivo della cruda vita contadina in cui la realtà non è idealizzata.

Le opere esposte nelle sale successive raccontano la svolta coloristica parigina avvenuta tra il 1886 e il 1888, periodo in cui lo studio del maestro olandese è contrassegnato dal rinnovamento e dalle sperimentazioni apportate sia dalle influenze degli Impressionisti come Pissarro e Cézanne e sia da quelle dei post-Impressionisti suoi contemporanei come Gauguin e Seurat, tutti attivi nell’eccentrico quartiere di Montmartre; in questo periodo l’artista si “aggiorna” manifestando l’uso limpido del colore e della pennellata espressiva esaltata nei piccoli quadri dai minuti tratti di brillanti pigmenti; in altre opere egli volge il proprio interesse nei confronti del ritratto “moderno” descritto nella coppia di Autoritratti provenienti dal Van Gogh Musem di Amsterdam.

Parigi non era semplice da vivere, cosi nel 1888 il bizzarro Vincent abbandona per sempre la “febbrile”capitale francese per intraprendere un itinerante viaggio nella Francia meridionale alla scoperta della tanto ricercata tranquillità di provincia; l’artista visse gli ultimi soggiorni della sua vita tra la cittadina di Arles (1888-1889) e quella di Saint-Rémy (1889-1890) fino a quando, in preda al delirio, morì suicida nel paesino di Auvers-sur Oise nel Luglio 1890.

In quel periodo  il pittore si lasciò ispirare dal paesaggio e dalla luce del sud, dipinse alberi da frutto e numerosi campi di grano, disegnò e raffigurò ciò che era il suo mondo, fatto di cipressi ed alberi d’olivo vibranti ed a volte sinuosi, costruiti in maniera rapida con vivaci pennellate simulanti l’idea del movimento. Allo stesso tempo combina in maniera equilibrata immagini tipiche della città moderna e della vita rurale dando prosecuzione a quel senso di continuum verso l’eternità.

Nel Seminatore dell’Hammer Museum di Los Angeles e nella reinterpretazione della tela di Daumier Le quattro età dell’uomo si comprende come la figura dell’uomo sia l’ago della bilancia tra il passato, rappresentato dalla campagna e dagli alberi in fiore sullo sfondo, ed il futuro tratteggiato nei fumi delle ciminiere.

La completa visione dell’itinerario espositivo, dedicato all’equilibrata e coloristica concezione pittorica del grande maestro olandese, dà maggiore respiro ed immedesimazione nei versi indirizzati al fratello Theo. Chiaro ed esplicativo è il pensiero filosofico della mostra. In conclusione possiamo dire: «Ne avevamo proprio bisogno».








I bevitori o Le quattro età dell'uomo Fig. 1
VINCENT VAN GOGH da Honoré Daumier, I bevitori o Le quattro età dell'uomo, 1890
Olio su tela, 59,4 x 73,4 cm.
The Art Institute of Chicago

Montagne a Saint-Rémy con casolare scuro Fig. 2
VINCENT VAN GOGH, Montagne a Saint-Rémy con casolare scuro, 1889
Olio su tela, 71,8 x 90,8 cm.
New York, Solomon R. Guggenheim Museum

Testa di contadina Fig. 3
VINCENT VAN GOGH, Testa di contadina, 1884/1885
Acquarello su carta, 264 x 198 mm.
Chicago, The Novak Family Foundation

Autoritratto Fig. 4
VINCENT VAN GOGH, Autoritratto, 1887
Olio su tela, 42 x 30 cm.
Amsterdam, Van Gogh Museum

Il seminatore Fig. 5
VINCENT VAN GOGH, Il seminatore, 1888
Olio su tela, 33,7 x 40,6 cm.
Los Angeles, Hammer Museum

Foto cortesia Ufficio Stampa della Mostra

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