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Mercanti fiamminghi in Italia nel Seicento: agenti, artisti, consoli [1]

 
Natalia Gozzano
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 22 Febbraio 2011, n. 595
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Durante il XVII secolo il mercato internazionale dell’arte collegava in una fitta rete i mercanti provenienti dalle Fiandre all’Italia, così come all’intera Europa ed anche a regioni più lontane. All'interno di questa rete, ho concentrato la mia ricerca su alcune relazioni tra le Fiandre (del nord e del sud) e la Sicilia. Tali relazioni – che sto studiando nell’ambito del progetto internazionale  “Art Market in Europe 1300-1800” promosso dall’Università di Lille 3 e dalla  Duke University  -  coinvolgevano le città di Anversa, Amsterdam e Messina, insieme ad altre città italiane ed europee, principalmente Livorno, Napoli e Venezia [2] .

Come è stato già affermato da storici dell’arte ed economisti, durante il XVII secolo nelle Fiandre, in particolare ad Anversa, si ebbe un surplus di produzione di opere d’arte che, non assorbite dal mercato interno, venivano spedite al resto d’Europa e anche nelle Americhe. I più importanti mercanti d’arte ad Anversa erano Crisostomo van Immerseel, Matthijs Musson e Marcus Forchoudt,  che spedivano dipinti, arazzi, stampe e altre opere d’arte in tutta Europa e, da Cadice e Siviglia, in America.

Tra i paesi a cui queste opere d’arte venivano inviate – sebbene in quantità minore rispetto al resto d’Europa – c’era l’Italia. Alla metà del secolo la ditta anversese di Matthijs Musson aveva i suoi agenti, i fratelli Sebastian e Filippo De Pret, a Messina e alcuni documenti attestano la spedizione di dipinti e altre opere precisamente da Anversa alla città siciliana. Dalle ricerche da me condotte all'Archivio di Stato di Messina è emerso il nome dei fratelli De Pret in un atto - chiamato alberano o alborano - in cui essi, insieme a un gruppo di mercanti, reclamano la riscossione dei loro crediti dall'eredità di un altro mercante. Come ho potuto scoprire dalla documentazione degli archivi di Messina, Firenze e Livorno, questo gruppo di mercanti messinesi era inserito in una rete commerciale internazionale, di opere d'arte e altri prodotti, che collegava Messina con, principalmente, Livorno, Napoli, Venezia e le Fiandre. Tra i mercanti menzionati nel documento messinese sono elencati come procuratori i nomi di Gio. Battista van den Broech (in altri documenti detto Vallembrot, Vandambro, Van der Brach), Carlo Bathin (detto anche Battichisi Bacchini o Batlin) ed Enrico Lenaerts il Giovane, cioè i mercanti coinvolti nella spedizione dei dipinti di Rembrandt e degli arazzi di Rubens acquistati dal collezionista  messinese Antonio Ruffo [3] .

La presenza di mercanti d’arte, fiamminghi e non, a Messina durante il Seicento è da mettere in relazione con l’importanza che il porto della città siciliana ebbe a quell’epoca, almeno fino alla drammatica rivolta contro la corona spagnola (che regnava sull’isola), durata  quattro anni, dal 1674 al 1678 (fig. 1). Il benessere di Messina è testimoniato dalle numerose raccolte d’arte create nel corso del secolo. La maggiore di esse – e una delle più importanti di tutto il Meridione – apparteneva al principe Antonio Ruffo che la formò tra il 1646 e il 1678, data della morte. La collezione Ruffo era famosa per la sua ricca raccolta di arazzi, argenti e, soprattutto, per i suoi quasi 400 quadri. La raccolta di pittura era aggiornata ai più rilevanti esempi del collezionismo romano e napoletano; per gli acquisti in queste città, Ruffo poteva contare sui suoi agenti e parenti: il fratello Flavio, i mercanti-pittori Abraham Brueghel e Cornelis de Wael a Roma e il nipote fra' Tommaso Ruffo e Fabrizio Ruffo a Napoli. Ma le opere collezionate da Ruffo provenivano anche dalle Fiandre, come la serie di otto arazzi con la Storia di Achille di Rubens, il Satiro con contadino di Jordaens (fig. 2 - Munich, Alte Pinakothek) e i tre dipinti di Rembrandt Aristotele con il busto di Omero (fig. 3), Alessandro Magno e Omero provenienti da Amsterdam [4] . Le lettere pubblicate da Vincenzo Ruffo nel 1916 rivelano quando e chi trattò l’acquisto delle tele di Rembrandt.

Il 13 giugno 1654 Cornelis Gijsbertsz van Goor di Amsterdam scrive a Giacomo di Battista a Messina circa la spedizione via mare di alcuni pacchi tramite un certo Ablin a Livorno: in occasione della partenza della nave S. Bartolomeo alla volta di Napoli, egli aveva dato al capitano una scatola contenente il dipinto di Rembrandt [5] . Grazie a lettere successive sappiamo che si trattava dell’Aristotele con il busto di Omero (New York, Metropolitan Museum) [6] . Il 30 luglio 1661 un’altra lettera da Amsterdam rivela che altri due dipinti di Rembrandt  vennero inviati ad Antonio Ruffo per mezzo della nave Gran Croenenburgh e che l’acquisto era stato ordinato da Isaac Just tramite «Carlo Bacchini e Gio. Batt. Vandambro» che agivano per conto di Ruffo. Più tardi, il primo novembre 1662, «Giovanbatista Vallembrot», definito «console», veniva incaricato da Ruffo di consegnare una sua lettera ad Amsterdam ad Isaac Just per manifestargli il suo disappunto circa l’Alessandro Magno dipinto da Rembrandt su quattro pezzi di tela grossolanamente cuciti insieme. Questa storia, già nota alla letteratura artistica [7] , può essere sviluppata in relazione ai mercanti menzionati: Giacomo Ablin, Giacomo di Battista, «Carlo Bacchini e Gio. Battista Vandambro» . A questi nomi va aggiunto quello di Enrico Lenaerts il Giovane il quale nel 1664 vende a Ruffo gli arazzi di Rubens tramite il mercante di Amsterdam Cornelis Gijsbertsz van Goor [8] . Le mie ricerche negli archivi di Messina, Livorno e Firenze mi hanno permesso di scoprire che tutti questi personaggi erano mercanti e che erano direttamente coinvolti nel traffico di merci provenienti dalle Fiandre che aveva in Messina uno dei principali porti di destinazione.

In molti atti legali conservati nell’archivio di Livorno, Giacomo Ablin è definito mercante per conto di «Ruggier van Wert et Gio. van Winckel fiamminghi»: ad esempio, nel 1658 presenta un ricorso contro «Giacomo di Battista di Palermo o suoi eredi», che erano debitori di Van Wert e Van Winckel ed erano rappresentati dalla ditta Saminiati & Ambrogi, una delle più importanti società di mercanti lucchesi attivi nel commercio della seta tra Lucca e Anversa nella prima metà del XVII secolo [9] . Plausibilmente questo Giacomo di Battista è la stessa persona a cui nel 1654 Cornelis Gijsbertsz van Goor di Amsterdam aveva indirizzato la lettera menzionata prima, relativa alla spedizione dellAristotele con il busto di Omero di Rembrandt comprato da Antonio Ruffo. Nella stessa lettera era nominato anche Ablin, al quale Van Goor inviava la cassa con il quadro [10] . Ruggieri van Weert forse era fratello di Henrico van Weert, console di Genova dal 1673 al 1685. Non è certa la loro relazione con Jan van Weert, uno dei creditori dell’olandese Gerrit Uylemburgh, importante mercante d’arte di Amsterdam, figlio di Hendrick, a sua volta mercante e agente di Rembrandt. Il rapporto con Uylemburgh riguarda anche la famiglia Van Goor, poiché Gerryt Uylemburgh aveva preso a prestito denaro da Gijsbert van Goor, figlio di Cornelis [11] . Il nome di Giacomo Ablin si ritrova anche in una causa per l’eredità del mercante fiammingo attivo a Livorno Pietro Schuijs, morto nel 1656. E’ interessante notare che tra i dipinti elencati nell’inventario di quest’ultimo c’è un grande quadro rappresentante la Città di Messina [12] . Pietro rappresentava la ditta di Henrico & Giacomo Schuijs (o Schuijt), la cui sede principale si trovava nelle Fiandre (la città non è specificata); nelle carte della causa sono elencati i mercanti con cui la ditta era in affari. Uno di questi era proprio Ablin, che doveva avere dei soldi per «diversi mobili». A quell’epoca il termine «mobili» era molto ampio, potendo comprendere anche quadri. Nell’elenco si incontrano altri nomi interessanti, come Cornelis Gijsbertsz van Goor e la società Isaac Gio. Nijs & Giacomo Moluiers. Isaac Gio. Nijs era un mercante attivo sia in Italia che nel Levante; negli anni Cinquanta aveva abitato a Livorno per trasferirsi poi ad Amsterdam. Era uno dei clienti di Uylenburg, per il quale importava dipinti dall’Italia. Nato a Venezia, era il figlio di Daniel Nijs, mercante e banchiere che possedeva una grande collezione d’arte e vendeva opere a diversi collezionisti fra i quali Lord Arundel   [13] .

«Carlo Bacchini e Gio. Battista Vandambro», che avevano fatto da intermediari nella vendita dell’Alessandro Magno di Rembrandt ad Antonio Ruffo, sono documentati in altre carte da me scoperte negli archivi di Messina e Livorno dalle quali risulta chiaramente che erano mercanti di seta di stanza a Messina e in affari con città italiane ed europeee. Nell’archivio di Livorno ho infatti rinvenuto una polizza di carico datata Messina 28 marzo 1658, redatta dai mercanti «Gio Battista Van den Broech - Carlo Battichisi» (fig. 4). Il carico della nave erano balle di seta operata, ordinata da «Jo Druinesteijn di Venetia», e spedita da Messina via Livorno, dove doveva essere ritirata da Cornelio Vannech [14] . La polizza di carico è allegata ad altra documentazione, datata 3 luglio 1658, che fornisce ulteriori informazioni utili a gettare luce sulla rete dei mercanti fiamminghi attivi in Italia. E’ il ricorso presentato da Cornelio Vannech contro Giacomo Ablin il quale, al momento dell’arrivo del carico a Livorno l’aveva sequestrato perché l’acquirente non voleva pagare. Nonostante la polizza dichiarasse che l’acquirente era Jo Druinesteijn di Venezia, nelle carte della causa si dice che questi faceva da intermediario per «Antonio Addelbauelt» di Lille. Sappiamo così che la seta da Messina aveva come destinazione Lille, passando per Livorno e Venezia.

La ditta Van den Broech - Carlo Bathin è menzionata anche nel Libro di conti mercantili dell’anno 1660-1662 dei mercanti lucchesi Girolamo e Pompeo Parensi stabilitisi ad Amsterdam, ancora in relazione al commercio della seta: «sete di conto dei signori Giovan Battista Vanderbroech, Carlo Bathin et Henrico Lenam [sic] il giovane di Messina … mandate a signori Francesco Viali e fratelli di Genova con due galee di quella repubblica» [15] .

Molti documenti messinesi rivelano che le spedizioni da o per Messina passavano via Livorno. Nell’archivio di questa città ho ritrovato il nome di Jacinto Simonelli (elencato nell’alberano) e scoperto che era un assicuratore [16] . Per quanto riguarda Giovanni Arnolfini (anch’egli nell’alberano), è registrato tra gli acquirenti di alcuni dipinti (20 su lino) spediti nel 1659 da Musson da Anversa a Messina via Livorno, con la nave San Giobattista [17] . Arnolfini era un mercante lucchese che negli anni 1655-59 aveva costituito a Messina una società per il commercio della seta con Orsuccio Orsucci; tra i soci c’era anche Carlo Parensi, mercante lucchese di stanza a Palermo. La ditta Parensi aveva la sede principale, condotta da Girolamo e Pompeo Parensi, ad Amsterdam [18] . Verso la fine del XVII secolo il commercio della seta da parte dei lucchesi a Messina diminuisce  e rimangono attive solo due ditte, la “Arnolfini-Micheli” nel 1679-85 e la “Bambacari-Fiorentini” nel 1688-99.  Anche quest’ultima era tra i firmatari dell’alberano.

Gli intermediari dell’alberano, Gio. Battista van den Broech, Carlo Bathin & Enrico Lenaerts il Giovane, sono i principali protagonisti di questo gruppo di mercanti a Messina. Come si è visto, ognuno di loro venne coinvolto nell’acquisto e spedizione delle tele di Rembrandt e degli arazzi di Rubens per conto di Antonio Ruffo. L’unico già noto alla letteratura artistica è Gio. Battista van den Broech: è menzionato come allievo di Jacob Jordaens e iscritto come pittore alla gilda di S. Luca di Anversa nel 1641-42 [19] . Lo stesso nome è registrato in un contratto messinese del 1653 tra «Jo.n. Batt.am van der Brach» e Abraham Casembrot. Casembrot era un pittore nederlandese attivo a Messina probabilmente dagli anni Trenta del Seicento, dopo un possibile soggiorno a Livorno. L’inventario di Antonio Ruffo elenca dieci paesaggi di Abraham Casembrot (fig. 5) [20] . Era anche autore di stampe: una serie con Vedute del porto di Messina formava un album che l’artista dedicò al mercante, armatore e collezionista Lucas van Uffel, vissuto a Venezia tra 1616 and 1630 [21] . Lucas van Uffel era figlio di Hans, un mercante di Anversa che, in conseguenza delle guerre di religione, fu costretto a trasferirsi ad Amsterdam nel 1591. Lucas si stabilì a Venezia dove formò una grande compagnia commerciale attiva nel mercato internazionale, che gli portò guadagni tali da collezionare capolavori di artisti quali Raffaello, Duquesnoy, Rubens. Dopo la sua morte la sua intera collezione fu venduta all’asta ad Amsterdam nel 1639 raggiungendo la somma di 60.000 fiorini [22] .

Casembrot fu console delle Province unite olandesi a Messina dal 1649 al 1658, anno della sua morte. In veste di console si occupava del commercio marittimo. Una lettera da lui indirizzata agli Stati generali nel 1654 rivela che ebbe a che fare anche con la nave S. Bartolomeo nel cui carico c’era l’ Aristotele con il busto di Omero di Rembrandt acquistato da Ruffo [23] . Almeno dal 1653 Casembrot era in relazione con Van den Broech, come attesta il contratto fra lui e «Jo.n. Batt.am van der Brach» citato in precedenza.  Sebastiano Di Bella suggerisce che il contratto poteva riguardare questioni relative al ruolo di console svolto da Casembrot, che alla morte di questi passerà a Van den Broech [24] . Nella collezione di Ruffo c’era una Veduta di Messina descritta nell’inventario come «ricevuta da Gio. Battista van den Broech dall’eredità di Abraham Casembrot», dunque plausibilmente venduta al collezionista da Van den Broech [25] . Potrebbe essere un’altra testimonianza del coinvolgimento di quest’ultimo nel mercato dell’arte.

Come riferisce Gijltaj, Van den Broech sposò la figlia del suo socio Carlo Bathin: questa notizia è confermata da una lettera di Abraham Brueghel a Ruffo del 1664 nella quale si dice che Van den Broech aveva sposato la figlia di «Carlo» [26] . Nel 1664, un anno prima la morte di Van den Broech, Carlo Bathin fu nominato vice-console [27] .

La ditta Van den Broech & Bathin sembra dunque una vera protagonista a Messina e inserita nel commercio internazionale, che spaziava dal commercio della seta – senza dubbio quello preminente nel traffico internazionale dalla Sicilia -  alla spedizione  di altri prodotti fra cui le opere d’arte. In questo caso il ruolo di console giocato da entrambi rivestiva importanza nel contesto del commercio internazionale. E’ interessante notare che alcuni di questi consoli erano anche pittori: Casembrot e Van den Broech a Messina, Jacob Strijcker a Venezia (1648), Johan van Dael a Livorno, Jacomo van Drielenburgh a Malaga [28] .

Nei documenti messinesi spicca il nome di Hector van Achthoven. Egli è definito da Susinno «il più ricco mercante di Messina» e un collezionista raffinato, che commissionò ad Anton van Dyck un ritratto per se’ e per la moglie [29] . Il suo ruolo di mercante attivo nel mercato internazionale viene alla luce anche dalla documentazione della ditta di Bernard van den Broecke & Joris Jansen, una delle maggiori compagnie fiamminghe degli anni ’20 e ’30 del Seicento, di stanza a Livorno [30] . Nel loro libro mastro del 1629, risulta che Van Achtoven, a Palermo in quel momento, comprò alcuni arazzi da Gaspar de Roomer & Jacomo van Raj in Napoli: questa notizia è importante in quanto prova del suo coinvolgimento anche nel mercato dell’arte [31] . Van Achthoven è documentato a Palermo nel  1625-29, dove era in contatto con pittori e con il console: fece da procuratore al console Hendrick Dijck, il quale doveva dare del denaro ad Anton van Dyck. Inoltre, nel 1642 era in relazione con il pittore e mercante originario di Anversa Geronimo Gerardi, stabilitosi a Palermo, il quale, probabilmente grazie ai suoi rapporti con Cornelis de Wael, fece da intermediario per l'arrivo di Mathias Stomer a Palermo e per la commissione della pala per l'Oratorio del Rosario in S. Domenico. Il suo nome compare anche in un documento datato 1628 riguardante la consegna della Madonna del Rosario di Van Dyck da Genova allo stesso Oratorio, alla quale presero parte anche i mercanti Antonio Della Torre e Bartolomeo Rossetti. Nel 1638 Van Achtoven era «Consul general de las naciones flamenca y alemana enste Reyno» [32] . Dal 1630 al 1662 almeno, è documentato a Messina. Come risulta da un’interessante lettera del 1630, che ho rinvenuto nella documentazione  della ditta di Bernard van den Broecke & Joris Jansen, in quell’anno il ruolo di agente a Messina sia per questa società sia per quella di Lucas van Uffel & Jan van Mere a Venezia, passò da Rudolf Olofs a Hector van Achthoven perché questi aveva sposato una parente di Van Uffel, Maria. Come emerge da molti documenti del locale archivio, a Messina egli operava come procuratore e banchiere.

Il ruolo svolto da tutti questi personaggi quali agenti, mercanti e talvolta consuli spesso si sovrappone, agendo all’interno di un mercato internazionale nel quale le opere d’arte erano trattate parallelamente a una ampia gamma di attività e prodotti.



[1] Il presente articolo è stato presentato nell’aprile 2010 a Venezia, all’annuale congresso della Renaissance Society of America, nella sessione “Northern Artists and Italy IV: Agents and Dealers”, sponsorizzata da Historians of Netherlandish Art e organizzata da Stephanie S. Dickey (Queen’s University) e Amy Golahny (Lycoming College).

[2] Questo progetto, che vede la partecipazione di studiosi dalla Francia, dal Belgio, dai Paesi Bassi, dall’Italia e dagli Stati Uniti (Duke University e Getty Research Institute), terminerà con un volume che sarà edito da Brepols nel 2011.

[3] Archivio di Stato di Messina (d’ora in poi ASM), Fondo notarile, Notaio Placido Laino Testananti, vol. 221 parte I, cc. 164r-165v, Minuta transupti alborani.

[4] V. Ruffo, Galleria Ruffo nel secolo XVII in Messina : (con lettere di pittori ed altri documenti inediti), in Bollettino d'arte, 10, 1916, p. 39.

[5] Ruffo, p. 127.

[6] G. J. Hoogewerff, Rembrandt, en een Italiaansche maecenas, in Oud-Holland, 35.1917, pp. 129-148.

[7] V. Ruffo, cit.; C. Ricci, Rembrandt in Italia, Alfieri & Lacroix, Milano 1918; R. De Gennaro, Per il collezionismo del Seicento in Sicilia : l'inventario di Antonio Ruffo principe della Scaletta, Pisa, Scuola Normale Superiore, 2003; J. Giltaij, Antonio Ruffo e Rembrandt, in Percorsi d'arte, cat. mostra, Salerno 2005, pp. 51-63.

[8] E. Haverkamp-Begemann, The Achilles series, in Corpus Rubeianum Ludwig Burchard, parte X, Bruxelles, 1975; R. De Gennaro, Per il collezionismo ..., 2003, p. XXXVII. E. Duverger, Tapijten naar Rubens en Jordaens in het bezit van het Antwerps handelsvennootschap Fourment-Van Hecke, in Artes textiles, 7.1971, p. 157-158; J. Blazková, E. Duverger, Les tapisseries d'Octavio Piccolomini et le marchand anversois Louis Malo, Centre Interuniversitaire d'Etude de l'Histoire de la Tapisserie Flamande, St.-Amandsberg, St.-Amandsberg, 1970, p. 99; K. Brosens, A contextual study of Brussels tapestry, 1670 - 1770 : the dye works and tapestry workshop of Urbanus Leyniers (1674 - 1747), Brussels 2004, p. 71.

[9] Archivio di Stato di Livorno (d’ora in poi ASL), Serie I: Atti civili, vol. 184 (1658-59), n° 40, c. 164. Su Saminiati vedi C. Cesari, Mercanti lucchesi ad Amsterdam nel ‘600. Girolamo e Pompeo Parensi, Facini Pazzi, Lucca 1989.

[10] Ruffo, p. 127.

[11] F. Lammertse, J. van der Veen, Uylemburgh & Son. Art and commerce from Rembrandt to De Lairesse 1625-1675, Waanders Publishers, Zwolle, The Rembrandthouse Museum, Amsterdam 2006, pp. 276-279.

[12] M.T. Lazzarini, La battaglia di Fanale nella pittura di mare in Toscana, in Nuovi studi livornesi, 3.1995(1996), p. 171. Vale anche la pena di notare che nell’inventario del livornese Lorenzo Muzio è registrato un dipinto raffigurante La città di Anversa. ASL, Serie II: Atti civili spezzati e lettere (1629-1815), vol. 2187, c. 358.

[13] F. Lammertse, J. van der Veen, 2006, pp. 280-281. Altri nomi sono quelli di Gio. van Achere (alias Gio. de Waal), Gillio Rubben, Giorgio Eberz il Vecchio, mercante a Firenze.

[14] ASL, Atti civili, vol. 179 (1657-58), n° 491, c. 249. Giovanni Druyvesteyn era il console nederlandese a Venezia nel 1647-48. O. Schutte, Repertorium der Nederlandse vertegenwoordigers residerende in het buitenland 1584-1810, ‘s-Gravenhage, 1986, p. 463.

[15] Archivio di Stato di Lucca, Archivio Mansi, Amministrazione e terrilogi, 389, cc. 3-4. Riportato da C. Cesari, 1989, p. 71 (il nome di Carlo Bathin è scritto "Carlo Batmin").

[16] ASL, Serie I: Atti civili (1550-1808), vol. 185, n. 252, c. 369.

[17] J. Denucé (a cura di), Na Peter Pauwel Rubens. Documenten uit den kunsthandel te Antwerpen in de XVIIe eeuw van Matthijs Musson (Antwerp, 1949), pp. 216-17. Archivi della città di Anversa, Insolvente Boedelkamer, Musson, busta 2024.

[18] C. Cesari, 1989, pp. 59, 86.

[19] R-A. d’Hulst e N. De Poorter, in Jordaens (1593-1678), cat. mostra, Antwerp, 1993, p. 12.

[20] R. De Gennaro, 2003, p. 73.

[21] R. De Gennaro, Un fiammingo a Messina: Abraham Casembrot, in Prospettiva, n., 93-94, 1999, p. 189-99; F. W.H. Hollstein, Dutch and Flemish Etchings Engravings and Woodcuts, ca. 1450-1700, vol. IV, Amsterdam, 1949.

[22] M. van Gelder, scheda Lucas van Uffel, in Il collezionismo d'arte a Venezia : il Seicento, Fondazione di Venezia, a cura di S. Mason e L. Borean, Venezia, Marsilio, 2007. R. De Gennaro suggerisce che la collezione di Van Uffel possa aver stimolato lo sviluppo del collezionismo a Messina: Da Rubens a Jordaens d'Anversa, presenze fiamminghe nella collezione messinese di Antonio Ruffo principe della Scaletta, 2006, in La 'Konstkamer' italiana : i "Fiamminghi" nelle collezione italiane all'età di Rubens ,  atti delle Giornate di studio, Roma, Academia Belgica, 9-10 dicembre 2004, a cura di P. Anastasio and W. Geerts, in Bulletin de l'Institut Historique Belge de Rome, (2006), p. 42.

[23] A. Beunen, Abraham Casembrot een Nederlandse schilder in het Sicilië van de zeventiende eeuw, in Oud Holland, 1995, pp. 32-62.

[24] Il contratto è in ASM, Fondo notarile, notaio Maiorana, vol. 225, fol. 42v; purtroppo si conserva solo il sommario e non viene specificata la materia del contratto.

S. Di Bella, Documenti su alcuni artisti a Messina nei secc XVII e XVIII, in Quaderni dell’Istituto di Storia dell’arte medievale e moderna, Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Messina, 13, 1989, pp. 50, 52; K. Heeringa indica la data esatta in cui Van den Broech divenne console dopo la morte di Casembrot, il 18 novembre 1658: K. Heeringa, Bronnen tot Geschiedenis van den Levantschen Handel 1590-1660, La Haye, 1910, pp. 54-55.

[25] R. De Gennaro, 1999, p. 190.

[26] Ruffo, p. 174; O. Schutte, Repertorium der Nederlandse vertegenwoordigers residerende in het buitenland 1584-1810, ‘s-Gravenhage, 1986, p. 45.

[27] Schutte, 1986, pp. 454-455.

[28] K. Heeringa, 1910; pp. 89-109.

[29] F. Susinno, Le vite de’ pittori messinesi, 1724, p. 166.

[30] M.-C. E. Engels, Merchants, interlopers, seamen and corsairs : the 'Flemish' community in Livorno and Genoa (1615-1635), Hilversum : Verloren, 1997, p. 193.

[31] Archivio di Stato di Firenze, Società mercantile olandese residente a Livorno, b. 20, Compagnia olandese. Ordini e commissioni (1627-30), c. 73.

[32] A. Zalapì, Il soggiorno siciliano di Matthias Stom tra neostoicismo e "dissenso". Nuove acquisizioni documentarie sull'ambiente artistico straniero a Palermo, in V. Abbate (a cura di), Porto di mare. Pittori e pittura a Palermo tra memoria e recupero. 1570-1670, Napoli 1999, p. 148; G. Mendola, Un approdo sicuro. Nuovi documenti per Van Dyck e Gerardi a Palermo, ivi, p. 97; M. G. Paolini, Preistoria di Pietro Novelli: proposte per la formazione, in Pietro Novelli e il suo ambiente, cat. mostra, Palermo 1990, p. 506.

 

 








Trittico

Fig. 1
FILIPPO GIANNETTI,
Veduta di Messina durante la rivolta del 1674-78
Napoli, Museo di Capodimonte

Trittico

Fig. 2
JACOB JORDAENS,
Satiro con contadini
Munich, Alte Pinakothek

Trittico

Fig. 3
REMBRANDT,
Artistotele con il busto di Omero
New York, Metropolitan Museum

Trittico

Fig. 4
4. Polizza di carico della ditta Gio. Battista van den Broech - Carlo Bathin, Messina, 28 marzo 1658
Archivio di stato di Livorno, Atti civili, vol. 179

Trittico

Fig. 5
ABRAHAM CASEMBROT,
Veduta di Messina
Messina, Museo regionale

	
	

Foto cortesia di Natalia Gozzano

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