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Ogni cosa è illuminata: un'indagine surrealista  

Eleonora Rovida
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 21 Febbraio 2015, n. 757
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Jonathan Safran Foer è uno dei più conosciuti scrittori viventi di lingua inglese. Il suo romanzo-esordio, Everything is illuminated (Ogni cosa è illuminata)1 del 2002,è un ponte tra la sua formazione, tradizione, cultura e le opere successive, una chiave di volta che racchiude presente e passato artistico dello scrittore.

Ogni cosa è illuminata è una ricerca profonda sulla memoria personale e collettiva che mischia il privato con la grande storia in un'intricata rete di rimandi che si reificano negli oggetti-ricordo. Il protagonista della vicenda è un giovane ebreo, un collezionista di oggetti di famiglia, che intraprende un viaggio in Ucraina per trovare la donna che ha salvato suo nonno dai Nazisti.

L'anima collezionistica, l'attenzione al dettaglio, il filtro personale e il meccanismo di scelta degli oggetti da imbustare ed esporre come rarità preziose sono temi molto cari a Joseph Cornell.

Foer conosce bene il “cacciatore di immagini”2 tanto da dedicare all'artista A Convergence of Birds: Original Fiction and Poetry inspired by Joseph Cornell3. É un'antologia di testi come risposta alla richiesta di ricervere “a story or a poem that uses Joseph Cornell's bird boxes as the source of imaginative inspiration..(but) which need not make any explicit reference to either Cornell or the art itself”4.

La raccolta ruota intorno al dono-omaggio, un concetto essenziale dell'arte di Cornell: “The gift, of a gift, of a gift”.5 Le Shadow Boxes sono doni per il fratello Robert, omaggi alle dive e agli artisti per i quali ha un'ammirazione maniacale tanto da raccogliere pagine, ritagli di giornale, fotografie volti a comporre dossiers tematici da archivista visionario. La corrispondenza personale dell'artista, inoltre, è piena di cartes-de-visite, ritagli, immagini spediti come dono-souvenir.

Ogni cosa è illuminata porta l'eco dell'arte di Joseph Cornell: è una reinterpretazione del viaggio come ricerca delle proprie radici e raccolta di oggetti che allestiscono una parete espositiva della memoria familiare. Il filtro dell'autore non ha solo un taglio personale, ma porta con sé la tradizione e la storia ebraica della famiglia: gli elenchi, le liste, la classificazione, l'ordine rievocano inevitabilmente la Shoah. Basti pensare a Schindler's List.

Cornell era un adepto della Christian Science, ma in alcune pagine dei diari conservati negli Smithsonian Institution Archives compaiono simboli utilizzati come segna-testo che hanno la forma della Stella di David6.

I temi del viaggio, del girovagare e del flâneur costituiscono la matrice di un errare alla ricerca di un fortuito incontro casuale che faccia incontrare due oggetti, due mondi, due realtà. Anche Molto forte, incredibilmente vicino7, opera successiva di Foer, continua a condurre il lettore in un viaggio di ricerca che ha il sapore dell'indagine poliziesca.

Il velo investigativo appartiene alle opere del fotografo francese Eugène Atget, predecessore ante-litteram del Surrealismo: la sua arte viene promossa negli Usa grazie a Man Ray, Berenice Abbott e Julien Levy, gallerista molto vicino a Joseph Cornell.

La componente personale che filtra la realtà nei romanzi di Foer è la dimostrazione di una meditazione profonda sull'arte di Cornell.

Dal testo di Ogni cosa è illuminata è stato tratto l'omonimo film-esordio di Liev Schreiber del 2005 che risulta ancora più vicino al concetto di personalizzazione dell'opera. Schreiber, infatti, crea una specie di collage di elementi attinti al testo di Foer tagliando il continuo spostamento tra i due piani temporali del presente e del passato, due vicende che si alternano nel libro originale. Il regista focalizza l'attenzione dello spettatore sul presente e lascia all'oggetto o al luogo il potere di far affiorare la memoria non come narrazione prolungata, ma come breve flash del ricordo che “abita” in un certo senso l'oggetto stesso. É una specie di found footage della visione di Foer.

Questo scritto ripercorre per tappe la trama-viaggio del film senza perdere di vista il testo nel tentativo di trovare, attraverso un'indagine surrealista, le tracce di Joseph Cornell. La scelta di concentrare l'attenzione sull'interpretazione filmica è data dalla passione dell'artista per la pellicola: il film per Cornell non è solo uno strumento per la ricerca di un metodo che gli permetta di avvicinarsi al reale, ma risulta un'esperienza eternamente ripetibile. “For Cornell, movies were not wholly dissimilar from religion. While plays, operas and ballets held a veritable magic for him, their thrill was short-lived; an opera or a theatrical production is necessarily transitory, since each performance lasts only as long as the hour or two it takes to perform it. A movie, by contrast, is more like a Bible: it’s enduring work that can be experienced and re-experienced over time, with everything about it staying exactly the same”8.

Cornell è un artista religioso: le scatole hanno, nella maggior parte dei casi, la forma di cubi e parallelepipedi rettangoli che, scomposti e sviluppati, danno la forma di una croce.



Opening

Strane macchie lunari introducono lo scenario dell'avventura: un'immagine ibrida, difficile da decifrare, come apertura all'immaginazione. É il genio di Matthew Libatique, direttore della fotografia, che delinea da subito l'ambiguità visiva e la doppia valenza delle immagini del film, echi semantici di forme che si rispondono e si specchiano in un richiamo continuo portando lo spettatore a decifrare il fotogramma come se fosse un gioco visivo. Le “macchie” non sono altro che bolle d'aria nell'ambra che immobilizza un insetto, un cavalletta incastonata in un gioiello prezioso per la memoria posto all'inizio di ogni capitolo.

La camera da presa si concentra su una serie di fotografie puntate ad una cartina dell'Ucraina in corrispondenza delle città come se fossero bandierine di conquista della zona. Sono souvenirs delle tappe di un'avventura vissuta secondo una ricerca continua finalizzata al ritrovamento dei parenti di ricche famiglie ebree americane che ripercorrono l'Ucraina nella speranza di rintracciare una testimonianza viva delle proprie origini. É questa l'attività della famiglia di Alex, il narratore della storia: un'agenzia di viaggi tradizione, la Heritage Tours di Odessa. La cartina, arricchita dagli oggetti trovati, diventa una vera e propria nube semantica.

Le immagini della mappa scorrono sul video mentre Alex spiega come, a suo avviso, il passato sia passato e come tale debba rimanere sepolto lungo il fianco dei propri ricordi. Ma questo è stato prima di incontrare il collezionista: Jonathan Safran Foer.



Chapter 1: An ouverture to the commencement of a very rigid search

Ogni parte dell'avventura si apre con la scrittura a mano dei titoli dei capitoli, un omaggio che richiama l'idea del libro, dell'appunto, della bozza, ma anche del filtro personale dell'esperienza. Tutto è appuntato secondo le consonanze del narratore che accompagnano lo spettatore nella ricerca.

L'idea echeggia delle opere di Cornell, ma anche dell'arte “narrativa” di Duane Michals9, genio fotografico che vede nella scrittura come nella fotografia la sua bozza/prova (proof). “Photograph is my proof10.

Lo sguardo di Jonathan, è fisso sulla tomba del nonno. Il regista, con un solo passaggio, catapulta lo spettatore all'altro capo del globo, dall'Ucraina agli Stati Uniti, nella realtà dell'eroe di questa storia, il collezionista.

Il protagonista è un ragazzo ebreo, riservato e silenzioso, grande osservatore da dietro le lenti spessissime degli occhiali. L'apertura della sua presentazione è data dal luogo principe della memoria, un cimitero dove si dispone la geometria delle tombe spezzata soltanto da una figura che passa al centro per togliere le foglie secche: è il vero Jonathan Safran Foer, l'autore del libro, che appare con un cameo11.

Anche Cornell, in fondo, è un artista funereo: nella sua arte la memoria ha qualcosa che ricorda un reliquiario dove l'istante-eternità è bloccato dalle pareti della scatola-capsula temporale. La terminologia che indica le sue opere, le Shadow Boxes, ricorda la morte e il regno delle ombre.

Il collezionista si reca in ospedale dove lo aspetta la nonna, avvolta da lenzuola bianchissime, per consegnargli, con l'ultimo respiro, dei doni del nonno che custodiscono un segreto: una Stella di David e una vecchia fotografia ingiallita dal tempo dove compare suo nonno, da giovane, in compagnia di una ragazza. Dietro la fotografia c'è una didascalia “Augustine and me. Trachimbrod 1940”. Più che un souvenir per la collezione personale di Safran, la fotografia-oggetto trovato è un indizio per cominciare una ricerca che ha lo scopo di chiarire “chi è Augustine”.

Jonathan si rivede come la miniatura di se stesso, da bambino, allo stesso capezzale del letto, ma davanti al corpo del nonno quando prende il suo primo oggetto da collezione, il ciondolo con l'insetto lasciato sul comodino. É il suo primo reperto sistemato con cura in un sacchetto da freezer come se volesse “congelarne” la memoria. Jonathan si dirige verso la stanza della collezione, la sua Wunderkammer personale.

La porta che accede alle meraviglie crea un salto temporale che riporta Safran al presente: tra le mani ha un sacchetto con l'ultima conquista collezionistica, la dentiera della nonna presa in ospedale. L'oggetto, carico di un valore affettivo e mnemonico, è pronto per essere aggiunto al cabinet de curiosités, una parete che si presenta come accumulo di oggetti conservati in buste trasparenti.

Safran ha negli occhi lo stesso sguardo che aveva da bambino: ha conservato, insieme a quei ricordi, la stessa curiosità per il fascino della scoperta. Il bambino-artista-vate è celebrato dal Romanticismo, eredità che passa al Simbolismo e al Novecento. Nell'arte di Cornell la visione infantile permette di creare giocando: l'oggetto diventa uno strumento per dare libero sfogo alla fantasia associativa.

I gesti del collezionista che imbusta i suoi mirabilia ricordano un investigatore che fa dell'oggetto trovato un indizio che traccia la ricerca. Cornell utilizza mezzi tradizionali e ottiene l'effetto antitradizionale, “come l'assassino che rassicura la vittima” sulla scia di De Chirico. Atget, allo stesso modo, fotografa le vie come si fotografa un delitto.

La collezione di Safran è fatta di oggetti di famiglia classificati ed etichettati sotto la fotografia del parente a cui appartiene il souvenir. É il catalogo personale di Safran in esposizione, uno scenario per un solo spettatore12, ma anche un dossier tematico alla Cornell.

La morte del nonno coincide con l'inizio della collezione: sotto la fotografia che lo ritrae, infatti, c'è un unico oggetto, il ciondolo con l'insetto. L'immagine di Safran che osserva il reperto ricorda il ritratto di Cornell scattato da Michals negli anni Settanta: in Joseph Cornell holding an Untitled Bottled Object l'artista è immortalato mentre tiene tra le dita un barattolo di vetro che contiene proprio una cavalletta.

Il collezionista osserva con attenzione dai suoi occhiali spessi, protesi del miope-mistico come direbbe Magrelli13. Il termine “miope” appartiene alla stessa famiglia di “mistero” e “mistica”. “Miopia, mistica, mistero hanno tutti come origine il termine ‘mystes’, un vocabolo greco che sta a indicare ‘colui che stringe gli occhi per vedere lontano’. Cercavo, cioè un’interpretazione capace di collocare un difetto fisico, una patologia, all’interno di un quadro più ampio: la commistione di malattia e visione, la ricchezza percettiva prodotta da una mancanza”14.

Safran ha bisogno di un supporto più efficace per vedere al di là dei suoi occhi (ali): una lente d'ingrandimento (magnifyieng glass tipica dell'ambiente poliziesco) gli permette di scoprire la provenienza del ciondolo individuato al collo di Augustine nella fotografia-dono-reperto.

Le lenti e il vetro hanno un fascino unico su Cornell e i Surrealisti grazie al loro potere illusionistico proprio come le vetrine immortalate negli scatti di Atget.



Chapter 2: The commencement of a very rigid search

La presentazione dei protagonisti dell'avventura si sposta nuovamente in Ucraina nella casa dei Perchov dove Alex delinea una caricatura esilarante della sua famiglia: una serie di Alex in accumulo (nonno, padre e figlio), la madre, la “miniatura” del fratello e Sammy Davis Jr. Jr., una cagnolina “degenerata” che serve da guida al nonno convintosi di essere cieco dopo la morte della moglie.. La descrizione sa molto di vate mistico.

Alex e suo nonno vengono informati della nuova “missione”: accompagnare l'ennesimo ebreo a cercare qualcuno in un posto sperduto dell'Ucraina, più precisamente a Trachimbrod, un villaggio che non compare nemmeno sulle cartine. Il nonno- autista naturalmente ha assoluto bisogno della sua cagnolina guida che, per l'occasione, viene dotata di divisa ufficiale, niente più che una t-shirt etichettata.

Il trio della Heritage Tours è pronto ad accogliere il collezionista in arrivo: Alex è il traduttore ufficiale che cerca di rassicurare Safran dell'attendibilità del guidatore dagli occhiali scuri appisolato al “timone” di una vecchia Rabant azzurra a sua volta etichettata con la “didascalia” dell'agenzia.

Gli argonauti pronti per la ricerca come il “Quartetto di Kundera” iniziano il loro viaggio, un road movie costellato di fraintendimenti ed episodi divertenti originati dal contatto tra culture totalmente diverse, opposte... al rovescio.

L'avventura offre a Safran nuovi oggetti per la collezione e spunti per il suo diario di viaggio, un catalogo dove scrive annotazioni secondo le sue consonanze interiori. L'appunto viene scritto di getto appena vede un pannello pubblicitario con una cavalletta, eco del ciondolo, ephemera, ma anche memoria di una delle piaghe d'Egitto.

La sera a cena Safran mostra ad Alex la fotografia che ha con sé parlandogli del passato della sua famiglia che inevitabilmente si mischia alla storia ucraina, a quella di Alex e di suo nonno: sono due lati opposti della stessa medaglia, al rovescio. La componente emotiva della ricerca e la profonda educazione del collezionista spingono Alex e il nonno ad impegnarsi per aiutare realmente Safran a trovare Augustine.



Chapter 3: The very rigid search

La ricerca si rivela da subito molto “rigida”. Gli spazi e le distese infinite sui fotogrammi sono eco della ricerca stessa, vuota e interminabile. Non c'è nessuna traccia di Trachimbrod: nessuno sembra conoscerne l'esistenza per dare un orientamento al viaggio dei quattro argonauti solitari. Arriva una sola indicazione “a nord per la superstrada fino ai campi di grano e poi ad est verso la campagna” per raggiungere almeno la zona localizzata sulla mappa del collezionista.

La domanda di un bambino, incontrato per caso durante il percorso, è la metafora stessa del senso della ricerca: “se non c'è niente a Trachimbrod perché lo state cercando?”. É una ricerca caotica, senza una meta certa, un errare o un inseguire qualcosa, un po' come L'uomo della folla di Edgar Allan Poe.

Il vuoto di parole, segnali, persone getta nello sconforto i viaggiatori erranti. Il tempo si dilata eternamente e si deforma come negli orologi di Dalì. La luna, come la stella polare per i navigatori smarriti, guida il nonno di Alex fino ad una costruzione risalente alla Seconda Guerra Mondiale: c'è una conca nel terreno, baratro tracciato da filo spinato, dove resti di armamenti arrugginiti e ruderi di pietre allestiscono uno scenario ormai dimenticato dal mondo. É qui che la memoria del nonno di Alex riaffiora come illuminata da un flash, un lampo che riporta alla mente il suo passato: si rivede allineato ad una fila di condannati davanti al plotone di esecuzione con una Stella di David cucita al petto della giacca. Sono pensieri segreti, ricordi offuscati volutamente dal nonno di Alex che stranamente si finge cieco.

Nessuna parola viene detta ai compagni di viaggio che, accampati per la notte, esprimono le loro perplessità. Alex capisce che c'è qualcosa che non va: è come se suo nonno “sognasse continuamente anche quando non è in requiem”.

Anche Safran ha un'illuminazione in sogno: vede se stesso al fiume Brod. Sul fianco opposto c'è un altro se stesso che lo guarda. Nel letto del fiume, l'acqua che scorre porta con sé tante buste di plastica che vociferano nel silenzio della notte sotto lo sguardo vigile della luna, “l'assistente dello stregone”15.



Chapter 4: An ouverture to illumination

Il risveglio interrompe la visione di Safran. L'atmosfera è distesa e i quattro argonauti si godono il paesaggio della “terra più fertile di tutta l'Europa dell'est”. Il nonno di Alex tradisce appena il suo tormento dicendo che prima della guerra quello era il posto più bello del mondo. Alex capisce che suo nonno è stato lì tanto tempo fa e che ha qualcosa da nascondere.

Il posto perfetto per l'illuminazione è lungo il fianco della strada, un tempio di pace dove un piccolo sentiero traccia il percorso per la rivelazione. Ai lati e tutt'intorno i girasoli si ergono e guardano verso il sole. Nel campo si apre un piccolo spazio lineare che lascia intravedere una casa: il bucato bianchissimo sventola su fili lunghi e ordinati, geometria che ricorda le tombe del cimitero dove appare il vero Safran Foer. Anche questo è un luogo della memoria.

Vista la quantità di panni stesi, sembrerebbe abitato da un intero villaggio. In realtà c'è solo una donna, Lista nel libro di Foer, dedita alla cura del bucato sotto un sole splendente. Nessuno può disturbarla in una giornata simile, ma le domande di Alex su Trachimbrod le incupiscono il viso: è paura del presente e del passato per qualcuno che non ha mai dimenticato. Solo la fotografia di Augustine e del nonno di Safran mostrata da Alex la convince a rivelarsi: Trachimbrod è lei.


Chapter 5: Illumination

La casa di Lista è una Wunderkammer: ovunque si trovano scatole etichettate contenenti oggetti accuratamente classificati per categorie (Matrimoni e altri festeggiamenti; Argento , Girandole, Profumo; Diari, Blocchi per gli schizzi, Mutande; Morte del Primogenito; Giocattoli di Legno; Statuette, Occhiali; Menorah; Polvere). Anche lei è una “collezionista” ed è impossibile non pensare alla scatola come alla Shadow Box cornelliana.

Lista si mostra ospitale con i viaggiatori: vorrebbe preparare qualcosa per loro anche se non ha carne, poco male per un vegetariano come Safran. Il tema della carne naturalmente rimanda alla memoria ebraica: la storia ci insegna che gli ebrei, durante la Seconda Guerra Mondiale, si rifiutarono di mangiare la carne di maiale, la più economica vista la situazione di profonda crisi e disagio, ma cibo proibito.

Il tema torna in modo più forte in Se niente importa16, altro testo di Foer. É vivo in lui il ricordo della nonna: per lei il cibo, è “terrore, dignità, gratitudine, vendetta, gioia, umiliazione, religione, storia e, ovviamente, amore”. Il rifiuto della carne per la generazione di Foer è legato alla consapevolezza del meccanismo brutale della macellazione e del consumismo, ma echeggia delle sue radici: basti vedere la copertina di Se niente importa raffigurante una mucca in primo piano con il codice attaccato all'orecchio, una classificazione, un numero, così come è stato per gli ebrei durante il Nazismo.

Lista spiega ai viaggiatori che non è sola: dice che “ha tutti loro” indicando le scatole. Sono accumuli di oggetti classificati. Ne apre una con etichetta “Casomai” per mostrarla ai viaggiatori. É un reliquiario di famiglia contenente l'anello di nozze che sorella aveva messo in un barattolo e sotterrato prima della sua morte. Era un'abitudine frequente in quell'epoca: la terra lungo il fiume, secondo Lista, è piena di oggetti preziosi anelli, soldi, gioielli, fotografie. Come una rabdomante ne ha trovate solo alcune, ma tuttora riempiono la terra. Ecco spiegate le voci provenienti dalle buste nella visione di Safran.

Il collezionista estrae una busta: sono soldi, un dono per Lista da parte della famiglia Foer “nel caso” Safran trovi la donna che ha salvato il nonno dai Nazisti.

Augustine è la sorella di Lista. La donna si avvicina a Safran e, togliendogli gli occhiali (che rappresentano lenti ingannevoli), riconosce i tratti del nonno lasciando affiorare i ricordi che illustra ai viaggiatori con una serie di vecchie fotografie, souvenirs visivi della memoria: è una storia per immagini.

C'è una foto raffigurante un abitante di Trachimbrod: Baruch, ovvero il nonno di Alex. Lista racconta che “stava seduto tutto il giorno davanti alla biblioteca. Prendeva più libri di tutti nello shtetl e non sapeva neanche leggere. Gli piaceva pensare ai libri: ci pensava senza leggerli. Dicevano che era matto”, esattamente come Lista: avevano questo in comune.

A Convergence of Birds (casualmente) è stato creato come antologia di storie liberamente ispirate alle scatole di Cornell: sono storie pensate non lette. É il fascino delle Shadow Boxes, opere aperte a molteplici interpretazioni grazie agli enigmatici accostamenti degli oggetti.

Alex e Safran lasciano il nonno solo con Lista e si spostano sotto il portico. Alex è sempre più perplesso: suo nonno è una brava persona. Solo il libro di Foer svela il tradimento di Baruch.

Safran si accorge che la canottiera di Alex è al rovescio: l'interno è all'esterno e l'esterno è all'interno. L'etichetta della canottiera è ciò che determina il verso, l'orientamento, il senso, la posizione. Così l'etichetta delle buste indica la posizione temporale, la data, ma anche il senso, significato. É curioso che la forma canottiera ricordi una busta con i manici. Allo stesso modo, la scatola cornelliana contiene oggetti provenienti dall'esterno: c'è uno specchio semantico tra il microcosmo della Shadow Box e il macrocosmo della realtà.

Safran raccoglie un insetto dal campo, un ephemera che ripone nella custodia degli occhiali e spiega ad Alex il motivo della sua collezione: la paura di dimenticare.

I viaggiatori vengono guidati da Lista a Trachimbrod dove è rimasta solo una lastra di pietra in memoria dei 1024 abitanti morti per mano del fascismo tedesco nel 1942. Intorno alla targa c'è un cerchio creato con le pietre: la pietra sulle tombe nella loro cultura è un segno-dono. Nella lingua ebraica “Pietra” di dice Eben e si scrive con tre lettere: alef, bet, nun. Le stesse lettere si possono combinare in: alef e bet che danno: Av, cioè padre, bet e nun che formano Ben, cioè figlio. Eben nasce dalla fusione di Av e Ben. La pietra è una metafora della memoria, il continuo passaggio della tradizione dal padre al figlio.

Il sasso può essere inteso come minutia, ma anche come una specie di biglia-moneta che innesca un meccanismo: ricorda il gioco e il funzionamento della slot machine, ma anche una componente mistico-religiosa. “Anticamente il gioco simboleggiava il labirinto in cui si spingeva a calci un sassolino bianco e piatto- l'anima- verso l'uscita, il punto di fuga con il suo cielo senza nubi”17.

La rivelazione di Lista e la scoperta di Trachimbrod avvengono sotto la luce della luna: i fotogrammi sono coperti da un velo bluastro dovuto al buio. “Azzurro è il colore dei tuoi capelli gialli - diceva Schwitters”18. C'è un'eco di impotenza e di immaterialità sulla scena, quel vuoto tradotto da Kandinskij proprio con il blu. Le immagini, coperte dal velo scuro, ricordano il primo found footage di Cornell, Rose Hobart, cortometraggio contenente estratti di East of Borneo e un documentario scientifico con l'eclissi: “he also added other film clips including the climatic sequence: a lunar eclipse, after which the moon falls out of the sky and into a pool, creating ripples on the surface”19. Un filtro di vetro blu applicato in fase di proiezione rende Rose Hobart un found footage triste, termine che, in inglese come in francese, si traduce come “blu” (blue, bleu). Cornell aggiunge un secondo titolo al film, Tristes Tropiques, che ricorda il duchampiano “tr” c'èst très important.

La fine di Trachimbrod è avvenuta in modo “molto organizzato” a dire di Lista: tutti vengono disposti in file con l'ordine di sputare sulla torah. Tutti eseguono gli ordini, eccetto suo padre che faceva baciare ai suoi figli tutti i libri: “libri di cucina, libri per bambini, commedie, anche i diari”.

I ricordi del nonno di Alex riaffiorano: rivive l'esecuzione, il suo risveglio miracoloso tra i corpi sotto la luce di una luna pallida, la visione di Lista con la cesta sotto il braccio per raccogliere gli oggetti, la sua partenza silenziosa dopo aver abbandonato la giacca con la Stella di David a terra.

Safran raccoglie il reperto più pesante della sua collezione: una manciata di terra del Brod e la mette in due buste donandone una al nonno di Alex.

Lista spiega ai viaggiatori che il nonno di Safan era partito per l'America alla ricerca di una casa per lui ed Augustine una settimana prima che lei venisse uccisa. Il collezionista, toccato dalla vicenda che mischia il suo passato a quello di Lista, dona alla donna il ciondolo con l'insetto appartenente alla sorella. Lista ricambia lasciandogli portare con sé la scatola “Casomai”.

Augustine aveva sepolto l'anello nel barattolo dicendo a Lista “casomai” non perché sapeva che l'avrebbero uccisa, come sostiene Alex, e nemmeno come prova della sua esistenza, come pensa Safran, ma “nel caso” qualcuno venisse a cercare. L'oggetto, secondo Lista, non esiste per qualcuno. I viaggiatori sono lì per l'anello: è la ricerca che ha dato a quell'anello un valore, un'esistenza, così come a Trachimbrod.

Lista, vissuta tra le scatole di Trachimbrod, chiede ai viaggiatori se la guerra è finita. La rievocazione di una memoria sepolta lungo il fianco dei propri ricordi è troppo dolorosa per il nonno di Alex. Schreiber allestisce una scena simbolica, il suicidio di Baruch nella vasca da bagno che mischia acqua e sangue rievocando una delle piaghe d'Egitto. L'evento serve a fare riflettere lo spettatore: l'attenzione storica è rivolta alle vittime dell'Olocausto, ma, secondo il regista, si dovrebbe ricordare la difficoltà di coloro che sono sopravvissuti.

L'avventura è finita, la ricerca ha risolto il “caso” del collezionista- investigatore. Safran torna alla stazione con Alex: gli lascia un ricordo di sé, un dono, il ciondolo con la Stella di David appartenente al nonno. A gift of a gift of a gift.

Alex ha modo di riflettere sulla loro “molto rigida ricerca”: è la dimostrazione che ogni cosa è illuminata dalla luce del passato. É sempre lungo il fianco dei propri ricordi. Dall'interno guarda l'esterno e viceversa, al rovescio, come due frecce di direzione opposta, due triangoli rivolti in due versi opposti che, in qualche modo, si combinano e si compenetrano, proprio come i due triangoli che compongono la Stella David.

L'espressione-titolo del libro (come del film) è tratta da L'insostenibile leggerezza dell'essere di Milan Kundera che associa la luce rossastra del tramonto che illumina ogni cosa alla nostalgia.

L'avventura dei viaggiatori non resta un accumulo di ricordi isolati: Alex ne farà un libro, un memoriale, dono per il collezionista perché hanno condiviso qualcosa per cui vale la pena esistere e “nel caso” qualcuno venga a fare una ricerca. La loro avventura è nata da un “incontro casuale”20, ma ha assunto un significato incancellabile.

Al suo rientro in Usa Safran riconosce nei volti delle persone che vede gli stessi visi incontrati in Ucraina, come se il suo mondo fosse lo specchio del regno dell'avventura, al rovescio. Le due realtà si rispondono a suon di immagini: Alex sparge la terra del Brod contenuta nella busta sulla tomba del nonno suicida, così come farà Safran sulla lapide di suo nonno in Usa.

L'incanto del riflesso ha affascinato intere generazioni di artisti, ma è nella vetrina di Atget che la doppia visione assume il significato più ludico: per questo gli scatti del fotografo francese più apprezzati dal Surrealismo sono proprio quelli delle vetrine. La fotografia-vetro-obiettivo riesce ad avvalorare l'inganno: è lo strumento con cui i Surrealisti creano una parificazione magica degli elementi che compongono i loro collages.

Ogni cosa è illuminata dalla luce del passato, rivelata dall'oggetto perché scritta nella memoria. “Scrivere con la luce” letteralmente si dice “foto-grafare”. La ricerca di Safran parte proprio da una vecchia fotografia.

Il film si chiude con una dedica: “for Alex”. Tutto è un dono per la memoria come nella perfetta tradizione di Cornell: a gift of a gift of a gift.







NOTE

1 J. S. FOER, Everything is illuminated, (tr. It a cura di M. Bocchiola, Ogni cosa è illuminata) Milano 2004².

2 C. SIMIC, J CORNELL, Dime-Store Alchemy. The Art of Joseph Cornell, (tr. it. a cura di A. Cattaneo, Il cacciatore di immagini. Larte di Joseph Cornell) Milano 2005².

3 J. S. FOER, A Convergence of Birds: Original Fiction and Poetry inspired by Joseph Cornell , New York 2007³.

4 Ivi, p. XIII.

5 Ivi, p. XII.

6 Smithsonian Archives, Joseph Cornell Papers; Diary Enries, 1948; Box 6, Folder 5, pp. 45-52-54-55.

7 J. S. FOER, Extremely Loud & Incredibly Close, (tr. it. A cura di M. Bocchiola, Molto forte, incredibilmente vicino), Milano 2009².

8 D. SOLOMON, Utopia Parkway : the life and work of Joseph Cornell, Boston 2004, pp. 76-77.

9 M. LIVINGSTONE, The Essential Duane Michals, Boston 1997.

10 D. MICHALS, Real Dreams, Danbury (New Hampshire) 1976.

11 Nel linguaggio cinematografico e teatrale indica un' apparizione breve del personaggio che interpreta se stesso.

12 SIMIC 2005, p. 85.

13 V. MAGRELLI, Ora serrata retinae, Milano 1980, Pea 37, “La miopia si fa quindi poesia, / dovendosi avvicinare al mondo per separarlo dalla luce.. l'unica cosa che si profila nitida / è la prodigiosa difficoltà della visione”.

14 Bianco e nero. Nero su bianco. Tra fotografia e scrittura (a cura di B. Donatelli), Napoli 2005, p. 32.

15 SIMIC 2005, p. 91.

16 J. S. FOER, Eating Animals, (tr. it. A cura di M. Bocchiola, Se niente importa) Milano 2010.

17 O. V. DE L. MILOSZ, Solitudine, madre mia, raccontami ancora la mia vita" cit. SIMIC 2005, p. 67.

18 SIMIC 2005, p. 91.

19 D. WALDMAN, Joseph Cornell : Master of dreams, New York 2002, p. 124.

20 R. COHEN, A Chance Meeting: Intertwined Lives of American Writers and Artists, 1854-1967, (tr. It. a cura di S. Manferlotti, Un incontro casuale. Le vite intrecciate di scrittori e artisti americani, 1845-1967) Milano 2006.






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Contributo valutato da due referees anonimi nel rispetto delle finalità scientifiche, informative, creative e culturali storico-artistiche della rivista

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