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Antinoo Hermes del Belvedere: simbologia antiquariale del potere e Controriforma con papa Paolo III Farnese Simbologie Antiquariali

Michela Ramadori
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 3 Novembre 2015, n. 788
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Fig. 1

Fig. 01 - Hermes del Belvedere


L’Hermes del Belvedere è una scultura derivata da una originale greca – lysippesca per Koft 1 - che anticamente ha subito dei restauri. Quando viene scoperto, nel XVI secolo, presenta delle fratture, poi reintegrate, su gambe e glutei 2 . Sulla spalla sinistra ha un drappo, ricadente sulla schiena, che avvolge il braccio corrispondente. Dal lato opposto, è scolpito un tronco di palma, sul quale la figura maschile poggia la propria gamba destra, con funzione statica per l’opera. Il soggetto, un giovane imberbe, attualmente visibile in forma frammentaria è al momento privo di attributi. Per questo, nel tempo, dalla sua scoperta, è stato identificato con una serie di personaggi storici e mitologici.

Fulvio racconta: «Sopra le Terme Titiane vicino à santo Martino in monte, furono gia le Terme di Traiano Imperatore, ove’ poco fa furono ritrovate due statue del fanciullo Antinoo molto amato da Adriano Imperatore, il quale fu di bellezza eccessiva, statevi poste innanzi per comandamento di esso Adriano, tale che anchora hoggidi il detto luogo si chiama Adrianello. Le predette statue furono poste da Leone decimo nel Vaticano, cioè in Belvedere» 3 .

La scultura è ricordata da Nardini che ne colloca il ritrovamento sempre presso S. Martino de’ Monti, al tempo di Leone X, identificandola con una delle due «statue d’Antinoo fanciullo amato da Adriano in un luogo detto Adrianello, le quali hora sono in Belvedere, segue l’inditio, che da Adriano ancora alcuna, ma non molta fabrica vi s’aggiungesse, la quale ritenesse il nome di lui.» 4 .

Vasari, trattando la vita di Bramante, non la segnala tra le statue del Belvedere collocate da Giulio II e da Leone X 5 .

Mercati, pur riferendo le notizie riportate da Nardini, attribuisce il ritrovamento al tempo del pontificato di Paolo III, «in hortis propinquiss moli Adriani Imperatoris, ubi nunc S. Angeli est Arx.» 6 .

Visconti 7 , sulla scorta di Mercati, sostiene la datazione del ritrovamento nel pontificato di Paolo III, considerando anche l’assenza della scultura nel Belvedere durante il pontificato di Leone X, secondo le affermazioni di Vasari.

Nel 1886 Müntz pubblica un documento che, alla data del 27 febbraio 1543, riporta «D. 1000 auri in auro D Nicolao de Palis civi romano… pro quadam statua marmorea perpulchra… S. Sanctitati donata, quam S. S. in viridario Belvederis locari mandavit.» 8 , che ha determinato la collocazione della scoperta della scultura vicino a Castel Sant’Angelo durante il pontificato di Paolo III, legandola all’acquisto del papa per 1000 ducati da Niccolò de Palis nel 1543 9 .

Michaelis afferma l’incompatibilità cronologica dell’identificazione dello stesso Antinoo (Hermes) del Belvedere citato tra le diverse fonti 10 .

Celio riferisce che l’Hermes, già creduto Antinoo, è stato trovato nel 1543 in un giardino presso Castel Sant’Angelo 11 .
Stessa notizia è ripresa da Helbig che colloca il ritrovamento della statua nello stesso 1543, fuori Roma,
tra Castel Sant’Angelo e il giardino di Paolo III 12 .

Successivamente anche Brummer segnala l’Antinoo come un acquisto di Paolo III 13 .

Gerlach, considerando il gran numero di rinvenimenti di sculture identificate con Antinoo, dato che le fonti contestuali vagliate non forniscono dettagli specifici sull’opera del Belvedere, accenna alla possibilità che l’Hermes indicato precedentemente come Antinoo del Belvedere, possa in origine non coincidere con l’attuale scultura, anche perché la stessa scultura sarebbe citata nel testo di Andrea Fulvio del 1543 (che indica la collocazione con Leone X) e nel documento di acquisto dell’opera che risulterebbe comprata da Paolo III nel medesimo anno 14 .

Al di là delle datazioni discordanti sul ritrovamento della scultura, è riconosciuto un ruolo fondamentale a papa Paolo III circa la sistemazione dell’opera nel giardino del Belvedere, operazione che rientra tra i più estesi lavori di sistemazione del luogo 15 voluti dal pontefice a partire da due mesi dopo la sua incoronazione, nell’ottobre 1534. La committenza è assegnata a Baldassarre Peruzzi (1481-1536) 16 che si trova a riparare e completare i lavori iniziati da Donato Bramante (1444-1514) 17 . Le opere che interessano il giardino del Belvedere, in cui in una nicchia nella parete nord della corte delle statue trova collocazione l’Antinoo (Hermes del Belvedere) si interrompono nel 1536 per la morte di Peruzzi e vengono portate avanti da Antonio Cordini, detto Antonio da Sangallo il Giovane (Firenze, 1484 - Terni, 1546) 18 .

Il significato riferibile all’Antinoo (Hermes) del Belvedere, modello ideale di proporzioni del corpo umano adottate nell’antica Grecia 19 , non può essere disgiunto dal suo valore simbolico e politico moderno di oggetto antico utilizzato come legittimazione di determinati valori. La figura di Paolo III è determinante per l’inserimento dell’opera all’interno di un programma artistico e di propaganda politica molto articolato, caricandola di particolari significati.

Papa Paolo III 20 , al secolo Alessandro Farnese (Canino, febbraio 1468 – 10 novembre 1549), figlio di Pier Luigi e Giovannella Caetani, nella sua giovinezza è stato allievo di Pomponio Leto (1428-1498) 21 , figlio illegittimo della casa di S. Severino fondatore della celebre Accademia Romana degli Antiquari. Leto, negli anni ‘50 del XV secolo, era giunto a Roma, dove aveva studiato latino sotto la guida di Lorenzo Valla (1407-1457) 22 ed era diventato professore di retorica all’Università di Roma. Alessandro Farnese ha inoltre studiato gli autori greci sui testi originali, amando la lingua greca al pari della latina, configurando così la sua ideale doppia personalità greco-romana.

L’Accademia Romana che si riuniva presso Pomponio Leto, perseguiva lo studio e la conoscenza dell’antichità classica ed era un gruppo di studio e di confronto in cui si discuteva di storia antica, di rovine archeologiche e di letteratura latina. Gli accademici avevano visitato le catacombe di San Callisto, SS. Pietro e Marcellino, Praetestato e Priscilla. La rinuncia al nome vernacolare a favore di uno latino da parte del fondatore dell’Accademia (Julius Pomponius Laetus) e degli altri accademici, oltre alle frequenti adunanze, «diedero ombra al pontefice» 23 . L’Accademia per questo ha subito le persecuzioni di Paolo II, al secolo Pietro Barbo (Venezia, 1417 – Roma, 1471), pontefice dal 30 agosto 1464 24 , che ha considerato le sue azioni ereticali e perseguitato la maggior parte dei suoi membri come pagani, cospiratori contro il pontefice. Leto ed altri accademici sono quindi stati imprigionati a Castel Sant’Angelo per quasi un anno. Alessandro Farnese presso Pomponio Leto ha coltivato lo studio delle lingue greca e latina, ed è stato abbastanza attivo nelle riunioni dell’Accademia Romana, al punto di poter essere considerato un suo membro. Inoltre è stato uno degli interlocutori nell’autorevole dialogo dell’umanista romano Paolo Cortesi (1465-1510) 25 De hominibus doctis 26 .

In seguito, dal 1487 al 1489, Alessandro Farnese è stato a Firenze per istruirsi nella corte di Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico (1449-1492) 27 .

Intenzionato inizialmente ad intraprendere la carriera diplomatica, ha poi abbracciato quella ecclesiastica, divenendo protonotario apostolico (1491), tesoriere generale (1492), cardinal diacono (1493), legato del Patrimonio (1494), vescovo di Corneto e Montefiascone (1499), legato nella Marca d’Ancona (1502), vescovo di Parma (1509), di Tuscolo (1513), di Benevento (1514), di Ostia (1524) e infine papa (13 ottobre 1534). Nonostante i molteplici mutamenti avvenuti nella sua esistenza, Paolo III non dimentica mai la sua prima educazione umanistica.

Quando era ancora cardinale, Girolamo Fracastoro (1478-1553) 28 gli ha dedicato i suoi libri de Sympathia & Antipathia e, secondo Tiraboschi, «lo esalta con somme lodi, perchè colla benevolenza, col favore, colla liberalità sostiene ed anima gli studiosi, e dice di averne fatta pruova egli stesso, a cui senza esserne chiesto aveva conceduti segnalatissimi benefizj» 29 .

Ariosto presentava il cardinale Alessandro Farnese 30 circondato da celebri eruditi letterati del tempo, tra i quali il futuro cardinale figura chiave della Controriforma Gasparo Contarini (1483-1542) 31 , l’umanista teologo Jacopo Sadoleto (1477-1547) 32 , Rodolfo Pio da Carpi (1500-1564) 33 , Reginald Pole (1500-1558) 34 , il letterato Pietro Bembo (Venezia, 1470 – Roma, 1547) 35 , Marcello Cervini (1501-1555) 36 che sarebbe salito al soglio pontificio per un brevissimo pontificato con il nome di Marcello II nel 1555, ed il giureconsulto Federico Cesi (Roma, 1500 – 1565) 37 .

Paolo III, uomo di larga cultura, attinta in massima parte nella Firenze del Rinascimento, si distingue per la sua posizione neutrale e indipendente, per le sue decisioni ben ponderate, per le tendenze riformatrici e per la volontà di pacificare imperatore e re di Francia, con l’obiettivo di unire le forze contro il Protestantesimo e i Turchi.

Dopo il Sacco del 1527 e la conseguente crisi degli anni successivi, il pontificato di Paolo III segna un momento di profonda trasformazione. Dall’inizio del pontificato, il papa si occupa attivamente della questione religiosa e della lotta alle eresie. Si circonda di dotti e letterati. Tiraboschi riconoscerà al pontefice il merito di dare un contributo ad elevare le sorti letterarie teologiche dell’epoca, affermando: «Il rozzo stile, e le scolastiche sottigliezze de’ Teologi di quel tempo rendevagli oggetto di disprezzo e di scherno agli eretici, a’ quali sembrava di ritrovare nella barbarie degli Scrittori Cattolici un nuovo argomento a difesa delle lor nuove opinioni.» 38 .

Paolo Giovio (Como, 1483 – Firenze, 3 agosto 1552) 39 nell’inverno 1535, trascorrendo il pomeriggio al servizio del papa, riferisce al duca di Milano Francesco II Sforza (Milano, 4 febbraio 1495 – Milano, tra 1° e 2 novembre 1535) 40 che ogni giorno lo trova «più umano, più cortese, più dotto, più alto de concetti, più cristiano e più giusto; e questo è vero, perché io vedo ch’al bene e al proprio ecclesiastico è presto e risoluto, e alle altre cose mondane sa quando vole ponersi un paro d’orechie di mercante genovese, e sputa passate firentine, e tene schinate al muro, da massaro bergamasco» 41 .

Paolo III si trova a fronteggiare l’espansione della Riforma protestante, iniziata da Martin Lutero (Eisleben, 1483 - ivi, 18 febbraio 1546) 42 , religioso tedesco, magister artium, entrato nel 1505 nel convento degli Agostiniani di Erfurt, dal 1513 professore di esegesi biblica, che ha maturato la sua interpretazione del Vangelo, riconoscendo la giustificazione dei peccati per sola fede. Nel 1517 ha pubblicato e affisso alla porta della chiesa del castello di Wittenberg le 95 tesi in cui poneva sotto accusa la prassi ecclesiastica delle indulgenze. Presa coscienza della radicale peccaminosità dell’uomo, Lutero sosteneva che la salvezza si sarebbe ottenuta soltanto attraverso il totale abbandono alla misericordia divina e non per mezzo delle opere. Dichiarato eretico nel 1518 da papa Leone X, al secolo Giovanni de’ Medici (1475-1521) papa dal 1518 43 , non ha ritrattato le proprie convinzioni religiose e nella disputa di Lipsia contro Johannes Eck ha contestato apertamente la supremazia pontificia. Lutero, impegnato nella traduzione in tedesco del Nuovo Testamento, compie prediche e stila opuscoli.

Nonostante Paolo III abbia deciso di convocare tra ottobre e novembre 1534 un concilio generale, a causa delle difficoltà opposte dalla situazione in Germania e in Italia soltanto il 2 giugno 1536 il concilio può essere indetto a Mantova per il 23 maggio dell’anno successivo. Andato a monte per la riluttanza dei Protestanti a recarsi in una città italiana e il rifiuto del duca ad ospitare l’assemblea, si sceglie Vicenza come sede del concilio, rinviandone l’apertura al 1° maggio 1538. Tuttavia, la riluttanza dei Luterani a parteciparvi e la mancanza d’accordo fra gli stessi Cattolici tedeschi costringono a rinviarlo ancora e poi a sospenderlo a tempo indeterminato. Successivamente, al posto del concilio si tenta la via dei colloqui, per portare all’accordo le due confessioni. Dato che il papa vuole che si concludano sulla base delle verità cattoliche, a un’intesa non si giunge a Ratisbona (1542), né si giungerà a Spira (1544) e a Worms (1545). Si convoca un concilio, a Trento, il 22 maggio 1542, sospeso (6 luglio 1543), riconvocato (19 novembre 1544) e infine aperto il 13 dicembre 1545.

Di pari passo col Concilio, per volere del papa, si attua una riforma interna della Chiesa e dal 20 novembre 1534 sono nominate due commissioni di tre cardinali ciascuna con l’incarico di provvedere a una riforma dei costumi e ad un’accurata inchiesta sulle amministrazioni religiose e politiche dello stato. Successivamente i poteri delle commissioni vengono estesi e se ne creano altre.

Aperto il Concilio, sono posti a base della dottrina il Vecchio e il Nuovo Testamento nella versione della Vulgata al pari della tradizione ecclesiastica. Si afferma il dogma del peccato originale, si discute il principio della giustificazione per la fede, si promulga il decreto dei sacramenti. Si affronta inoltre la Riforma ed è deciso l’obbligo della residenza degli ecclesiastici.

La riluttanza dei Protestanti e dei Cattolici ad avvicinarsi alle posizioni dei rispettivi avversari, intralcia i lavori del Concilio. Scoppiata la guerra contro la Lega di Smalcalda, alla quale il papa contribuisce come capo della Cattolicità, il pontefice si ritira quando si rende conto che viene condotta con intenti politici e in seguito al rifiuto da parte dell’imperatore di combattere l’eretico sovrano inglese.

Il Concilio, lasciata la città di Trento, si trasferisce a Bologna ed è sospeso a tempo indeterminato.

La Controriforma riconosce un nuovo ordine religioso, quello dei Gesuiti (27 settembre 1540), e l’organizzazione dell’Inquisizione romana con la bolla Licet ab initio (21 luglio 1542), atti compiuti entrambi da Paolo III. Nasce inoltre la Congregazione dell’Indice, deputata ad aggiornare l’elenco dei libri proibiti, pena la scomunica, perché contenenti idee considerate pericolose per la fede.

Il pontefice, frattanto, contribuisce alla presa di Tunisi (1535) e alla difesa dell’Adriatico meridionale (1537). Inoltre, costituisce una lega, destinata a sgretolarsi dopo aver scongiurato il pericolo immediato, che abbraccia gli stati cristiani, non riuscendo tuttavia a ottenere l’adesione della Francia (settembre 1537 - febbraio 1538).

Il Concilio di Trento, iniziato nel 1545 per volere di Paolo III e che si concluderà nel 1563 sotto il pontificato di Pio IV, al secolo Giovanni Angelo Medici (1499-1565) papa dal 1559 44 , indica per l’arte criteri precisi basati sulla decenza e sulla funzione didascalica dell’immagine sacra. Moltissime delle norme (canoni) stabilite dal Concilio di Trento sono formulate con l’intento di controbattere le tesi protestanti e, per quanto attiene la disciplina, di rendere più efficace e incisivo il governo del territorio ecclesiastico (diocesi e parrocchie), sottolineando i compiti e il potere dei vescovi nei confronti del clero e dei laici.

Durante il pontificato di Paolo III, a partire dal suo immediato inizio, tra il 1535 e il 1540 circa, sono contemporaneamente aperti almeno cinque grandissimi e impegnativi cantieri (il nuovo San Pietro, fondamento ed espressione dell’universale potere religioso romano; i Palazzi Vaticani, con la Sala Regia e la Cappella Paolina, rappresentativa residenza ufficiale pontificia; Castel Sant’Angelo, manifestazione della potenza terrena e garanzia di sicurezza a sbarramento dell’accesso al Vaticano; il complesso capitolino; oltre a Palazzo Farnese, residenza privata del papa e segno del potere della famiglia) che quasi mai sono ristretti ad un singolo edificio ma si estendono al suo contenuto urbano 45 .

Dagli interventi emerge la volontà di evidenziare il legame e la continuità con il passato. Il moderno ingloba l’antico utilizzandolo come forma di legittimazione del presente, attualizzando e dando nuovi significati a valori e messaggi rievocati.

Paolo III, papa di stile prettamente rinascimentale per la sua educazione umanistica, cosciente della gravità del momento storico di transizione che la Chiesa sta attraversando 46 , fin dall’inizio del pontificato fa avviare la riqualificazione del Colle Capitolino 47 con la sistemazione del Campidoglio, luogo dell’autorità civile che diventa il simbolo della presenza del papato all’interno dell’Urbe, simbolo politico di riaffermazione diretta dell’autorità personale e della Chiesa nel luogo del potere dei romani antichi, sull’Arx Capitolina, presso il creduto Palazzo di Augusto e il tempio di Giove Capitolino, dominante sugli antichi Fori. I lavori si svolgono secondo un progetto unitario, in rapporto visivo diretto con il Colosseo ed altre antichità romane. Il palazzo che vi è fatto sorgere su preesistenze romane, fornisce al complesso continuità stilistica tra l’antichità classica e l’intervento papale, ed il progetto generale, comprendente due piazze su livelli diversi, è completato da un accurato programma iconologico e statuario facente riferimento all’antica Roma che comprende il trasporto della statua di Marco Aurelio dal Laterano, la collocazione di due statue di fiumi lungo il fronte del Palazzo Senatorio, la predisposizione della nicchia centrale per la statua di Giove e, davanti all’ingresso del monastero, di due statue di Costantino, poste davanti all’obelisco. L’importanza del Campidoglio viene sottolineata in rapporto a Roma, dal punto di vista urbanistico, divenendo riferimento visivo da Porta del Popolo, dal lato verso il Foro, dall’antica via Lata (via del Corso) all’epoca (1538-1542) in parte regolarizzata, a sua volta asse centrale del grande tridente viario con via Ripetta, verso il Tevere, e via del Babuino (1540), verso il Pincio. Inoltre, la nuova via del Campidoglio, partendo dalla via Papalis, in qualche tratto rettificata, ricollega la zona centrale della città all’allora periferico e isolato Colle Capitolino.

I lavori della fabbrica di San Pietro sono ripresi nel 1538, dopo una pausa di oltre vent’anni, sotto la direzione di Antonio da Sangallo il Giovane e poi di Michelangelo (Caprese, 1475-1564) 48 , attivo per il pontefice anche nella realizzazione degli affreschi del Giudizio universale nella Cappella Sistina e della Conversione di San Paolo e della Crocifissione di San Pietro nella Cappella Paolina. I lavori della fabbrica di San Pietro si collocano nell’ambito delle grandi imprese decorative promosse da Paolo III dopo la stasi susseguita alle tragiche vicende del Sacco, assegnando all’arte un valore di propaganda, attuando una politica culturale ben precisa, pianificata in base ai fini prefissati 49 . La scelta stessa di intervenire sulla basilica di San Pietro, rappresentante l’inizio della Cristianità, è leggibile sempre nell’ottica di esaltare la continuità del papato dalla Chiesa delle origini che ha affermato la sua supremazia sui culti pagani.

Continuità tra la Roma classica e la cristiana, tra la supremazia dell’Impero Romano e del papato con Paolo III sono alla base anche dei programmi iconografici dei grandi apparati decorativi, in cui sono stabiliti i paralleli tra il papa Farnese e uomini illustri dell’antichità e al mito dell’età dell’oro, con le esaltazioni in chiave mitologica (attraverso l’identificazione del pontefice con Giano, Apollo, Giove, Ercole…) o storica (con l’accostamento di Paolo III ad Alessandro Magno e Cesare) 50 . Benché nel tempo gli indirizzi politici del papa si evolvano, resta costante il parallelo stabilito dal pontefice con l’antico, attraverso il mito, utilizzato nei programmi decorativi. Infatti, nella Sala dei Cento Giorni di Palazzo della Cancelleria la figura di Giano che chiudendo la porta del suo tempio simboleggia il ritorno della pace, fornendo un’allusione a Paolo III pacificatore 51 , cede il passo nella Sala di Perseo di Castel Sant’Angelo all’uccisione del serpente Pitone, richiamo alla lotta contro l’eresia protestante 52 .

Quindi stretto è il riferimento a Paolo III nel ciclo di affreschi a Castel Sant’Angelo 53 (la fortezza pontificia costruita sull’antico Mausoleo di Adriano), attraverso le rappresentazioni delle storie di San Paolo, delle quattro virtù cardinali, delle otto Muse, di San Michele Arcangelo, dell’imperatore Adriano e soprattutto con gli episodi storici di Alessandro Magno (virtuoso, destinato alla supremazia nel fare grazia ai sudditi e nel riconciliare le controversie). Anche la stessa rappresentazione di San Michele Arcangelo nell’atto di riporre la spada nella guaina per annunciare la fine della peste costituisce il riferimento all’intenzione di Paolo III di porre fine alle discordie religiose seguite alla Riforma protestante e a quelle politiche dopo il sacco di Roma.

Due colossali busti antichi di Adriano e Antonino Pio, resti di decorazione dell’antico mausoleo, sono inseriti nelle nicchie circolari simmetriche nel cortile d’onore, riutilizzati quindi in chiave simbolica, assumendo il ruolo di metafore del potere e non più quello di indici esponenziali di valori civili e storici secondo la tradizione umanistica 54 .

Anche a Castel Sant’Angelo dal punto di vista urbanistico è attribuito particolare rilievo: sovrastante da ogni lato il tessuto urbano, imponendosi su di esso con assoluto distacco, assumendo una particolare valenza emblematica quale sede e simbolo del potere centrale, è posizionato allo sbocco del ponte Sant’Angelo, dove il Canal di Ponte (via del Banco di Santo Spirito) è completato tra il 1543 ed il 1546 da via Paola e da via di Panico, formando un tridente che da una parte converge visivamente sul Castello e dall’altra si collega direttamente con via Giulia, via dei Banchi, via del Pellegrino e con la via Papalis (le maggiori arterie della città), raggiungendo poi, attraverso via di Tordinona e all’antica via Recta (via dei Coronari), la zona di piazza Navona e del Pantheon, collegato con la via Papalis 55 .

Considerando la complessa figura di Paolo III, alla luce della sua formazione e delle posizioni assunte da pontefice, è possibile individuare molteplici significati riferibili all’Antinoo, oggi conosciuto come l’Hermes del Belvedere.

Il soggetto, identificato nel tempo con Teseo, Ercole imberbe per Mengs 56 e Meleagro, secondo Winckelmann 57 , dal 1818 ha trovato definitiva identificazione in Mercurio (Hermes), con Visconti che ha riferito il tronco di palma da sostegno, all’utilizzo delle foglie da parte del dio per segnarvi le lettere da lui inventate 58 .

Gerlach identifica il soggetto della scultura del Belvedere con un Antinoo divinizzato, collegandolo per motivi iconografici a Mercurio, inteso come Ermete Trismegisto, i cui insegnamenti nel XVI secolo sono ammirati come dottrina teologica, e ne dà un’interpretazione legata alla storia della salvezza, alla diffusione globale del Cristianesimo, riconducendo tale interpretazione a studiosi presenti all’epoca a Roma, come il Commissario Generale delle Antichità della città dal 1534 Latino Giovenale Manetti, Sadoleto, Pietro Bembo, Pighius e Ligorio 59 . Inoltre, Gerlach non accetta la possibilità che ci sia un collegamento tra l’Hermes del Belvedere e Giona, inteso come prefigurazione di Cristo 60 .

Al di là dei dibattiti sull’individuazione del soggetto rappresentato dalla scultura lysippesca alla sua realizzazione, durante il pontificato di Paolo III l’opera risulta prevalentemente identificata con Antinoo, probabilmente a causa del luogo di ritrovamento, prossimo alla Mole di Adriano, a cui si lega il nome del giovane. Tuttavia, con Paolo III Antinoo si carica anche di una serie di significati storici e politici che anticipano temi legati alla Controriforma, emersi con maggiore decisione negli anni successivi, poco esplorati nell’ambito degli studi precedentemente condotti sull’Antinoo (oggi Hermes) del Belvedere.

Antinoo 61 era il giovane conosciuto in Bitinia dall’imperatore Publio Elio Adriano (Italica, Spagna, 76 - 138 d.C.), durante il suo viaggio in Asia Minore nel 123 d. C.. Preso al seguito di Adriano, ufficialmente come servo, in realtà come amante, Antinoo affogò nel Nilo vicino ad Ermopoli, in Egitto, nel 129 o 130 d. C., in circostanze sconosciute. Alcuni quindi hanno supposto che si sia trattato di un incidente o che il giovane si sia immolato in un sacrificio celebrato per prolungare la vita dell’imperatore oppure che si sia trattato di un suicidio per non implicare l’imperatore in uno scandalo, al suo ritorno a Roma, dove non sarebbe stato tollerato il ruolo assunto da Antinoo. Adriano dichiarò Antinoo dio e fondò la città di Antinoopoli, sulla riva opposta a Ermopoli.

Antinoo, associato ad Osiride ed assimilato tra le divinità greche ora a Pan, ora ad Adone (a Cipro) ora ad Apollo (a Delfi e a Nicopoli), ora a Ermes (Hermes), ora a Dioniso, sarebbe apparso in cielo sotto forma di stella. Il suo culto, facente capo ad un’impostazione religiosa di tipo ellenizzante con valenze misteriche 62 , testimoniato da monete e raffigurazioni, doveva essere limitato alle province orientali dell’Impero Romano. A Roma sono ricordati due obelischi con epigrafi dedicate al giovane, provenienti probabilmente da un monumento funebre. Anche il Canopo in Villa Adriana, presso Tivoli, doveva essere un monumento in ricordo di Antinoo.

La rappresentazione di Antinoo, conosciuta attraverso numerose scultore e monete, dal punto di vista iconografico è caratterizzata da volto ideale, espressione classicistica di una giovinezza senza tempo, mento arrotondato, bocca carnosa con il labbro superiore sporgente, naso largo e dritto, sopracciglia rettilinee con leggero inarcamento verso l’esterno, pettinatura formata da una massa disordinata e compatta di ricci, lasciati molto lunghi sulla nuca e ricadenti sulla fronte, incorniciandola con ciocche a virgola 63 .

La tipologia dell’Antinoo nella prima metà del XVI secolo è legata, dal punto di vista figurativo, alla figura del profeta Giona, come è rilevabile dalla letteratura artistica dedicata.
Bellori, infatti, afferma, a proposito del Giona realizzato da Lorenzetto nella Cappella di Agostino Chigi al Popolo, che la sua
«testa ch’è bellissima, si riconosce imitata dall’Antinoo.» 64 .

De’ Ficoroni, in modo analogo, segnala che il profeta Giona della Cappella Chigi nella chiesa di Santa Maria del Popolo, «scultura di Lorenzetto Fiorentino col disegno di Raffaelle» 65 , ha la testa di Antinoo 66 .

Fuesli, riferendosi alle statue moderne di Roma che sono universalmente più stimate, trattando, in primo luogo, quelle di Lorenzetto nella chiesa della Madonna del Popolo, rappresentanti Elia e Giona, segnala che la testa di «Giona è un’imitazione di quella del supposto Antinoo di Belvedere, ed è volgare opinione che questa figura sia stata disegnata da Raffaello, e da lui qua e là ritoccata per far onore al suo favorito allievo Lorenzetto. Certo è, se non altro, che l’artefice profondamente conosceva il far di Raffaello e degli antichi.» 67 . Tuttavia, come segnala Mambella, la testa del profeta Giona della Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo, è ispirata a quella celebre dell’Antinoo Farnese allora a Roma nella galleria di Palazzo Farnese 68 .

Nonostante l’Antinoo – oggi conosciuto come Hermes - del Belvedere non abbia ispirato il profeta Giona, realizzato dopo il 1520 69 , per la Cappella Chigi a Santa Maria del Popolo, lo stretto legame estetico-iconografico e simbolico tra il giovane amato dall’imperatore Adriano ed il profeta è stato stabilito nel tempo che precede il pontificato di Paolo III.

Il profeta Giona (Iona), come è narrato nella Bibbia (Libro di Giona) 70 , era stato chiamato dal Signore a predicare a Ninive ma egli si imbarcò per Tarsi e per questo venne punito con una tempesta. Individuato Giona come causa dell’evento, i marinai gli chiesero che cosa avrebbero dovuto fare per calmarla e Giona rispose loro di gettarlo in mare. I marinai seguirono le sue indicazioni e la tempesta svanì. Giona, inghiottito da un grande pesce, vi trascorse tre giorni e tre notti, pronunciando delle orazioni, poi fu lasciato sull’asciutto ed andò a predicare a Ninive dove, dicendo che la città entro quaranta giorni sarebbe stata sovvertita, i suoi abitanti bandirono il digiuno di cibo ed acqua (che fecero attuare anche agli animali) e si vestirono di sacchi. Il Signore quindi non distrusse Ninive e Giona si adirò. Uscito dalla città e riparatosi all’ombra di una frasca, il Signore fece salire al di sopra di Giona una pianta di zucca per fargli ombra ma il giorno seguente la fece attaccare da un verme che la fece seccare. Quando Giona, colpito dal sole, si sdegnò per la morte della zucca, il Signore gli disse «Tu hai p(er)donato alla zucca, nella quale non t’affaticasti, ne la facesti crescere, la quale in una notte fu, & in una notte perì. Et io non perdonerò à Ninive città magna, nella quale sono piu che dodici volte diece migliaia d’huomini, i quali non sanno [discernere] intra la destra sua, & la sua sinistra, & molti animali?» 71 .

Nel testo è possibile rintracciare dei richiami espliciti alla morte ed alla resurrezione, essendo chiamato Inferno il ventre del pesce e la liberazione di Giona da parte dell’animale è presentata in termini di uscita della vita del profeta dalla fossa per volontà di Dio. «Et orò Iona al suo Signore Dio nel ventre del pesce. Et disse. Chiamai nella mia afflittione al Signore, & esaudimmi. Chiamai nel ventre dell’inferno, efaudi la voce mia. … & ha fatto ascendere della fossa la mia vita Signore mio Dio.» 72 .

È significativo notare che i marinai, secondo la Bibbia, chiesero a Giona come fare per placare la tempesta e, dopo aver ricevuto dal profeta l’indicazione di gettarlo in mare, si rivolsero al Signore dicendo «Preghiamo Signore preghiamo che non periamo per l’anima di questo huomo, & non porre sopra di noi il sangue innocente, perche tu Signore come hai voluto, hai fatto» 73 . Dunque la posizione dei marinai non appare quella di uomini scellerati o violenti, titubanti di fronte alla soluzione offerta loro. Tuttavia, proprio nell’anno della conclusione del Concilio di Trento (1545-1563) 74 , don Antonio di Guevara affermerà: «i crudeli marinari gettarono Giona Profeta nel profondo del mare» 75 e si abbandonerà ad una serie di riflessioni sugli uomini buoni e sui malvagi, presentando una giustapposizione netta degli individui interpretabile come un riferimento alla Chiesa cattolica (rappresentata da Giona) contro i suoi nemici che ne minano l’esistenza (eretici e Turchi): «Di cui è figura Giona, senon di tutti i buoni, & chi figurano i marinari, che lo gittarono in mare senon gli huomini malvagi? I marinari alhora gettano Giona nel mare, quando i cattivi perseguono, & rovinano i buoni, perche non ha il cattivo maggior tormento, che udire commendare i buoni alla sua presenza, Di quanti erano in quella nave, solamente Giona profeta era Santo, & virtoso; il che si vede manifestamente: perche niuno di loro contradisse, quando lo gettarono nel profondo mare, anzi tutti furono d’accordo contra di lui; perche quantunque i cattivi habbiano tra loro qualche distensione, tuttavia al mal fare tutti s’accordano. Quanto màggior pericolo portano i buoni nell’honore stando in compagnia dei cattivi, che la vita, & le facultà nel profondo mare, & questo si vede manifestamente; perche gli huomini gettarono da se Giova & l’acque lo riceverono in se. … il Signore molto avati gli havea apparecchiato il pesce, nel quale si salvasse, che determinassero i marinari d’annegarlo.» 76 .

Nelle parole di don Antonio di Guevara è inoltre possibile rintracciare la fiducia nel passaggio dei “buoni” da una apparente morte ad una rinascita, auspicata dalla Controriforma.

Inoltre, la vicenda di Giona richiama i concetti di redenzione, di evangelizzazione e di intermediazione tra Dio e gli uomini, elementi tanto cari alla Controriforma che alludono all’affermazione del ruolo della Chiesa cattolica, contestato dalla Riforma protestante. Quindi, la figura di Giona si colloca in linea con quelle dei santi che godono di particolare fortuna nell’età della Controriforma 77 , mitizzati attraverso le biografie e l’iconografia agiografica, che esprimono l’ansia dell’evangelizzazione e dell’incontro, detto «immedesimazione» con Cristo.

La figura di Antinoo, inoltre, è strettamente legata a quella di Mercurio, a partire dai toponimi geografici che caratterizzano la sua storia. Infatti, la città di Antinoopoli, edificata nel luogo dove Antinoo sarebbe affogato, si trova vicino a Hermopoli, la città di Hermes, indicata da Torrentino come «città d’Egitto fabbricata da Mercurio» 78 . Quest’ultimo, corrispondente ad Hermes, che letteralmente significa “interprete”, è definito dallo stesso Torrentino come l’«interprete delli Dei» 79 . Hermes è quindi un intermediario, richiamando un tema caro alla Controriforma, in risposta al ruolo di mediazione della Chiesa, messo in discussione dalla Riforma protestante.

Benucci segnala che Mercurio, esiliato dall’Olimpo per lo sdegno paterno di Giove, divenuto sulla Terra guardiano di greggi insieme ad Apollo (anch’egli cacciato dal Cielo), è protettore di viaggiatori, mercanti e ladri, accompagnatore negli Inferi delle anime dei morti, ambasciatore degli dei, è presente quando si concludono trattati di pace o di alleanza ed è colui che stabilisce la pace o intima la guerra 80 . È quindi possibile rintracciare, in questi ultimi due compiti assolti da Mercurio, un riferimento ai delicati equilibri diplomatici e religiosi che Paolo III cerca di mantenere con la sua politica volta a raggiungere la pace.

Mercurio (Hermes) è inoltre associato ad Ermete Trismegisto, figura mitologica nata dalla fusione del Dio egiziano Toth con Hermes greco, detto tre volte grande, che nell’interpretazione razionalistica è diventato una persona fisica, Ermete o Mercurio Trismegisto, considerata un filosofo realmente esistito 81 . Dalfi, in proposito, distinguerà due «Ermeti»: uno divino, quello Trismegisto, celeste, l’intelligenza divina, il segretario degli dei, colui che «scrisse intorno agli dei in lingua divina» 82 ; un altro terrestre, maestro dei mortali che insegnò loro la parola e la scrittura, a riconoscere ed adorare gli dei, la filosofia, le scienze, le arti, e quanto era necessario alla vita 83 .

Benucci, invece, affermerà che esistono molti Mercurio ma che i pagani greci e romani ne adoravano uno solo. Inoltre, ricorderà un terzo Mercurio riconosciuto dagli Egizi «come figliuolo del Nilo; e credevano fosse persino proibito pronunziarne il nome» 84 . Di questa paternità si trovava precedente menzione anche in Boccaccio, il quale riferiva a proposito di un Mercurio, quarto figlio del Nilo, Hermete Trismegisto, uomo pio e molto dotto, avente buona opinione del vero Dio, riverito dagli Egizi che non osavano chiamarlo per nome e che chiamavano figlio del Nilo per innalzare la sua gloria e quella del fiume 85 .

Era considerato dagli Egizi l’inventore dell’alfabeto, della religione, dell’astronomia, della musica, della lotta, dell’aritmetica, della scultura, della lira, dell’uso degli ulivi ed autore di 36.525 libri, «ridotti ragionevolmente da S. Clemente Alessandrino a soli quarantadue, divisi in molte sezioni» 86 .

Dalfi, trattando Toth o Ermete Trismegisto, lo definirà come uno dei semidei d’Egitto, ricordato da Eusebio 87 per la sua celebre sapienza, per aver scritto «secondo i dettati della scienza, le cose che appartenevano al culto e alla religione» 88 , per essere l’«inventore delle lettere e della scrittura, e padre della scienza» 89 e l’associa alla magia buona, «imparata per comunicazione degli dei, per far felici i mortali» 90 .

Mercurio è rappresentato 91 con il caduceo in mano e sul capo il petaso con due piccole ali ai lati. Talvolta anche caduceo e calzari sono alati. In alcuni monumenti antichi Mercurio è rappresentato con una catena d’oro pendente dalla bocca con attaccato alle estremità un orecchio, alludendo alla sua grande facoltà di persuasione, capace di assoggettare tutti gli animi. Rappresentato come un uomo giovane e di belle sembianze, ignudo e con un mantello, raramente seduto per alludere al perenne movimento, costretto a recarsi dal Cielo sulla Terra e agli Inferi, a volte è rappresentato con il volto metà bianco e metà nero.

Caratteristiche iconografiche salienti di Mercurio sono dunque associate alla parola e alla intermediazione, alle quali alludono le ali come verrà sottolineato da Cartari: «Furono poi date le penne a Mercurio, come hò detto, perché nel parlare, di che egli era il Dio, (ò che significava forse anco la cosa stessa) le parole se ne volano per l’aria non atri menti, che se havessero l’ali. Onde Homero chiama quasi sempre le parole veloci, alate, & che hanno penne. Che Mercurio havesse sempre le penne in capo, si vede appresso di Plauto, quando per poco di hora, ch’ei si travestì, non nevolle essere senza, ben che dicesse di farlo, perche gli spettatori conoscessero lui fal servo di Anfitrione, nel quale si era mutato, & queste sono seu parole. … haveva Mercurio il cappello anchor, & à questo erano ancho attaccate l’ali; quantunque Apuleio lo mostri senza, quando racconta il giudicio di Paride rappresentato in scena, facendo che per Mercurio comparisce un giovine tutto bello, e vago nell’aspetto con biondi, & crespi crini, frà liquali erano alcune dorate penne poco da quelle differenti, che in forma d’ali spuntavano fuori, & haveva intorno un panno solamente, che annodato al collo gli pendeva giù dall’homero sinistro, & il caduceo in mano.» 92 .

È inoltre associato a Mercurio, dio della vigilanza, il gallo a cui, sui monumenti, si metteva nel becco una grossa spiga di grano perché il controllo continuo porta la ricchezza della terra. Più raramente Mercurio, come dio dei pastori, è associato all’ariete (Pausania). Talvolta può essere rappresentato con una tartaruga nelle mani, alludendo all’uso che il dio fece del guscio di una tartaruga svuotato ed appeso, ottenendo uno strumento chiamato testudine (Apollodoro e Luciano).

La collocazione dell’Antinoo del Belvedere (oggi identificato come Hermes) nell’omonimo giardino durante il pontificato di Paolo III è riconducibile al programma attuato dallo stesso pontefice attraverso le imprese decorative e di rifacimento di edifici antichi (in primo luogo Castel Sant’Angelo, adattamento del Mausoleo di Adriano), volte a stabilire una continuità simbolica con il passato antico di Roma, quale legittimazione del presente. La scultura del Belvedere, identificata all’epoca con Antinoo, è strettamente legata ad altri soggetti, quali Hermes (Mercurio ed Ermete Trismegisto) ed il profeta Giona. Tale legame deve essere conosciuto e voluto da Paolo III, umanista prima che pontefice.

Antinoo (personaggio storico-mitologico dell’antichità romana e orientale pagana) ed il profeta Giona (figura biblica veterotestamentaria) rappresentano il legame con il passato e sono entrambi protagonisti di un passaggio. Infatti, Antinoo umano, dopo essere affogato, sorge in cielo come stella, mentre il profeta, inghiottito dal pesce, vedrà nuovamente la luce dopo tre giorni per procedere con il suo apostolato. Inoltre, Giona, punito e perdonato come gli abitanti della città di Ninive, richiama il concetto di redenzione, tanto caro alla Controriforma. Alla figura di Antinoo-Giona si giustappone quella di Mercurio (Hermes) che, nonostante ricopra come il profeta il ruolo primario di intermediario, porta con sé l’opposta esperienza in merito al concetto di redenzione e perdono del Cristianesimo. Infatti, Mercurio, a differenza di Giona e degli abitanti di Ninive, non è stato perdonato ma punito con l’esilio dall’Olimpo per lo sdegno del proprio padre Giove. Inoltre, il riferimento di Mercurio Ermete Trismegisto figlio del Nilo e Antinoo, morto affogato nel Nilo, pone entrambe le figure maschili in opposizione tra loro, benché Mercurio non abbia delle caratteristiche negative, essendo un intermediario divino e rappresentando la sapienza rivelata agli uomini.

La scultura oggi conosciuta come l’Hermes del Belvedere, richiamando le figure di Antinoo, Giona e Mercurio, rappresenta quindi per Paolo III l’anima del suo pontificato, a cavallo tra il rinnovato interesse per l’antico con il Rinascimento ed il Concilio di Trento che si configura come un’attenzione per la chiesa delle origini, depurata da tutte le sovrastrutture successive e le deviazioni intercorse nel tempo, leggibile in una chiave non giustapposta allo spirito rinascimentale, e come prefigurazione di una nuova vita. Infatti, non a caso, il Concilio di Trento è indetto da un papa umanista che ben concilia la sua formazione di studioso dell’antico con le azioni volte a ristabilire un equilibrio nel suo tempo, pervaso da spinte politiche e culturali disgreganti. Come Antinoo e Giona dopo una loro apparente fine hanno avuto modo di essere protagonisti di un nuovo inizio, così la Chiesa cattolica, minata dalla Riforma protestante e dai Turchi, può rinascere, trovando la strada per il suo futuro nel passato, fonte autorevole di legittimazione religiosa e politica, pronta ad accogliere e perdonare chi si redime e si pente, con uno spirito opposto a quello delle religioni pagane.




NOTE

1 Cit. in Wolfgang HELBIG, Guida alle collezioni pubbliche antichità klassistischer di Roma, vol. I. Il Vaticano Skulpturensammlung i Musei Capitolini e il Laterano, Lipsia, editore di Karl Baedeker, 1891, p. 91.

2 Cfr. Wolfgang HELBIG, Führer durch die öffentlichen Sammlungen klassistischer Altertümer in Rom, vol. I. Die Vatikanische Skulpturensammlung die Kapitolinischen und das Lateranische Museum, Leipzig, Verlag von Karl Baedeker, 1891, n. 146 (53), pp. 90-92.

3 Andrea FULVIO, Opera di Andrea Fulvio del le antichità della Città di Roma, & delli edificij memorabili di quella. Tradotta nuovamente di latino in lingua toscana, per Paulo dal Rosso cittadino Fiorentino, Venegia, per Michele Tramezino, 1543, p. 109v.

4 Famiano NARDINI, Roma antica di Famiano Nardini alla santità di N. S. Alessandro VII, Roma, Per il Falco, 1666, p. 115.

5 Giorgio VASARI, Delle vite de’ piu eccellenti Pittori Scultori et Architettori Scritte da M. Giorgio Vasari Pittore et Architetto Aretino, Primo Volume della Terza Parte, Fiorenza, Appresso i Giunti, 1568, p. 30.

6 Michele MERCATI, Michaelis Mercati Samminiatensis Metallotheca Opus Posthumum, Auctoritate, & Munificentia Clementis Undecimi Pontificis Maximi E tenebris in lucem eductum; Opera atem, & studio Joannis Mariæ Lancisii Archiatri Pontificii illustratum, Romæ, Ex Officina Jo: Mariæ Salvioni Romani, 1718, pp. 363-365, p. 363.

7 Giambattista VISCONTI – Ennio Quirino VISCONTI, Il Museo Pio Clementino illustrato e descritto da Giambattista ed Ennio Quirino Visconti, vol. I, Milano, per Nicolò Bettoni, 1818, pp. 33-43, p. 40.

8 M. 1540-1543, fol. 149. Cf. T. S. 1542-1543, fol. 38 v°, in Eugène MÜNTZ, Les antiquités de la ville de Rome aux XIVe, XVet XVIe siècle (topographie – monuments – collections) d’après des documents nouveaux par Eugène Müntz conservateur de l’École Nationale des Beaux-arts, Paris, Ernest Leroux, Éditeur, 1886, p. 49.

9 Cfr. James S. ACKERMAN, The Cortile del Belvedere, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1954, p. 65, nota 1.

10 Adolph MICHAELIS, Geschichte des Statuenhofes in vatikanischen Belvedere, in “Jahrbuch des Deutschen Archäologischen Institutes”, 5, 1890, pp. 5-72, pp. 34-35.

11 Gaspare CELIO, Memoria delli nomi dell’artefici delle pitture che sono in alcune chiese, facciate, e palazzi di Roma, (ristampa dell’ediz. Napoli, per Scipione Bonino, 1638), Introduzione e commento critico a cura di Emma ZOCCA, Milano, Electa, 1967, p. 95.

12 HELBIG W. 1891 a, n. 146 (53), pp. 90-92.

13 Hans Henrik BRUMMER, The statue cort in the Vatican Belvedere, Stockholm, Almqvist & Wiksell, 1970, p. 212.

14 Peter GERLACH, Warum hieß der ‘Hermes-Andros’ des vatikanischen Belvedere ‘Antinous’?, in Il Cortile delle Statue. Der Statuenhof des Belvedere im Vatikan, a cura di Julian KLIEMANN – Daniele SCHMIDT – Gernot LORENZ, Akten des internationalen Kongresses zu Ehren von Richard Krautheimer (Rom, 21-23 Oktober 1992), Mainz - Rhein, Bibliotheca Hertziana (Max-Planck-Institut) – Deutsches Archäologisches Institut Rom – Musei Vaticani – Verlag Philipp von Zabern, 1998, pp. 355-377, pp. 358-363.

15 Per le notizie sui lavori del Belvedere commissionati da Paolo III: ACKERMAN J. S. 1954, pp. 60-71.

16 Baldassarre Peruzzi 1481-1536, a cura di Christoph Luitpold FROMMEL - Arnaldo BRUSCHI – Howard BURNS - Francesco Paolo FIORE - Pier Nicola PAGLIARA, atti del seminario internazionale di storia dell’architettura (Vicenza, Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio, maggio 2001), Venezia, Marsilio, 2005.

17 Luciano PATETTA, Bramante architetto e pittore (1444-1514), Edizioni Caracol, Palermo, 2009.

18 Renato DE FUSCO, L’architettura del Cinquecento, Torino, UTET, 1981, p. 233.

19 Cfr. Giovanni POZZOLI - Felice ROMANI - Antonio PERACCHI, Dizionario storico-mitologico di tutti I popoli del mondo compilato dai signori Giovanni Pozzoli, Felice Romani e Antonio Peracchi sulle tracce di Noel, Millin, La Porte, Dupuis, Rabaud S. Etienne &c. &c., Tomo III., Livorno, Tipografia Vignozzi, 1829, ad vocem Meleagro, pp. 1485-1489. Giuseppe Antonio GUATTANI, Lezioni di storia, mitologia e costumi ad uso di coloro che si dedicano alle arti del disegno dettate agli alunni delle scuole della Pontificia Accademia Romana di S. Luca delle Belle Arti dal ch. Giuseppe Antonio Guattani gia’ segretario perpetuo di quell’accademia, e professore, Volume Terzo, Roma, tipografia di Crispino Puccinelli, Roma 1839, p 368.

20 Per le notizie storiche e biografiche di papa Paolo III e sulla Controriforma: Girolamo TIRABOSCHI, Storia della letteratura italiana dell’abate Girolamo Tiraboschi bibliotecario del serenissimo Duca di Modena, Tomo settimo. Dall’Anno MCCCCC, fino all’Anno MDC. Parte prima, Napoli, A Spese di Giovanni Muccis, 1781, pp. 18-20. Giuseppe PALADINO, Paolo III Papa, in Enciclopedia Italiana, 1935, ad vocem <http://www.treccani.it/enciclopedia/paolo-iii-papa_%28Enciclopedia-Italiana%29/> visitata in data 06/09/2015. Richard HARPRATH, La formazione umanistica di papa Paolo III e le sue conseguenze nell’arte romana della metà del Cinquecento, in Roma e l’antico nell’arte e nella cultura del Cinquecento, a cura di Marcello FAGIOLO, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, fondata da Giovanni Treccani, 1985, pp. 63-85. Luciano MARTINI, Cristianesimo. La storia. Chiese e confessioni. Le sfide del III millennio, Firenze, Giunti Gruppo Editoriale, 1998, p. 32. Arnaldo BRUSCHI, Roma farnesiana. Città e architetture al tempo di Paolo III. Il caso del complesso capitolino, in Per Franco Barbieri. Studi di storia dell’arte e dell’architettura, a cura di Elisa AVAGNINA – Guido BELTRAMI, Venezia, Centro Internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio - Marsilio, 2004, pp. 131-153, p. 131. T. C. Price ZIMMERMANN, Paolo Giovio. The Historiam and the Crisis of Sixteenth-Century Italy, Princeton, Princeton University Press, 1995, Traduzione di Franco MINONZIO, Paolo Giovio. Uno storico e la crisi italiana del XVI secolo, Cologno Monzese (MI), Lampi di Stampa, 2012, p. 183.

21 Per le notizie su Pomponio Leto e sull’Accademia Romana degli Antiquari: Lorenzo PIGNOTTI, Storia della Toscana sino al principato con diversi saggi sulle scienze, lettere e arti di Lorenzo Pignotti istoriografo regio, Tomo Quinto, Parte Terza, Firenze, presso Leonardo Marchini, 1821, p. 193. Charles G. NAUERT, The A to Z of the Renaissance, Lanham (Maryland), Scarecrow Press, 2004, ad vocem Leto, Pomponio (1428-1498), pp. 235-236. Commemorating the Dead. Texts and Artifacts in Context, edited by Laurie BRINK, O. P. and Deborah GREEN, Berlin, Walter de Gruyter GmbH & Co., 2008, p. 15.

22 Jerry H. BENTLEY, Politics and Culture in Renaissance Naples, Princeton University Press, 1987, trad. it. Cosima CAMPAGNOLO, Politica e cultura nella Napoli rinascimentale, Introduzione di Giuseppe GALASSO, Napoli, Guida editori, 1995, p. 122.

23 PIGNOTTI L. 1821, p. 193.

24 Per le notizie su Paolo II: Marin SANUDO IL GIOVANE, Le vite dei dogi 1423-1474, I tomo 1423-1457, Introduzione, edizione e note a cura di Angela CARACCIOLO ARICÒ, Trascrizione a cura di Chiara FRISON, Venezia, La Malcontenta, 1999, p. 336.

25 Per le notizie su Paolo Cortesi: One hundred Renaissance Jokes. An Anthology, edited by Barbara C. BOWEN, Birmingham, Summa Publications, 1988, pp. 49-50.

26 Cit. in ZIMMERMANN T. C. P. 2012, p. 183.

27 Nicola SALADINO, Atlante dell’Arte. Lorenzo il Magnifico e il Rinascimento fiorentino. Momenti, figure e ritmi della città protagonista di una vicenda irripetibile, Colognola ai Colli (VR), Demetra, 2001, p. 24.

28 George Hugo TUCKER, Homo Viator. Itineraries of Exile, Displacement and Writing in Renaissance Europe, Genève, Librairie Droz, 2003, p. 9.

29 TIRABOSCHI G. 1781, p. 18.

30 Cfr. TIRABOSCHI G. 1781, pp. 18-19.

31 Per le notizie su Gasparo Contarini: Elisabeth G. GLEASON, Gasparo Contarini. Venice, Rome, and Reform, Berkeley – Los Angeles – Oxford, University of California Press, 1993.

32 Per le notizie su Jacopo Sadoleto: Saverio RITTER, Un umanista teologo: Jacopo Sadoleto (1477-1547), In Appendice il trattato inedito di Sadoleto, De peccati originali, Roma, F. Ferrari, 1912.

33 Fabrizio CAPANNI, Rodolfo Pio da Carpi (1500-1564): diplomatico cardinale collezionista: appunti bio-bibliografici, Meldola, Accademia degli imperfetti di Meldola, 2001.

34 Maria Teresa DAINOTTI, La via media: Reginald Pole (1500-1558), Bologna, EMI, 1987.

35 Per le notizie su Pietro Bembo: Mirko TAVONI, Bembo, Pietro, in Enciclopedia dell’Italiano, 2010, ad vocem <http://www.treccani.it/enciclopedia/pietro-bembo_%28Enciclopedia-dell'Italiano%29/> pagina visitata in data 07/09/2015.

36 Chiara QUARANTA, Marcello II Cervini (1501-1555). Riforma della Chiesa, Concilio, Inquisizione, Bologna, Il mulino, 2010.

37 Cfr. testimonianza di Andrea Alciato, cit. in Filippo RAFFAELLI, Catalogo ragionato ed illustrato della privata raccolta di autografi italiani e stranieri di documenti storici che si posseggono dal marchese Filippo Raffaelli di Cingoli della Comunale Mozziana-Borgetti di Macerata, Parte Prima, Macerata, dalla Tipografia di A. Mancini, 1871, p. 4.

38 TIRABOSCHI G. 1781, p. 18.

39 Stefano GULIZIA, Paolo Giovio (1483-1552), in Encyclopedia of Italian Literary Studies, vol. 1 A-J index, Gaetana Marrone editor, New York – Oxon, Routledge Taylor & Francis Group, 2007, ad vocem, pp. 854-856.

40 Gino BENZONI, Francesco II Sforza, duca di Milano, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 50, 1998, ad vocem <http://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-ii-sforza-duca-di-milano_%28Dizionario-Biografico%29/> visitata in data 07/09/2015.

41 In ZIMMERMANN T. C. P. 2012, p. 183.

42 Per le notizie su Martin Lutero e la Riforma protestante: Martin LUTERO, [Disputatio pro declaratione virtutis indulgentiarum]. De libertate Christiana. De captivitata Babylonica Ecclesiae praeludium, traduzione di Italo PIN, Le 95 tesi, Pordenone, Edizioni Studio Tesi, 1984 (Cfr. Nota biografica).

43 Per le notizie su Leone X: Gloria FOSSI, Il Quattrocento, in L’arte italiana. Pittura, scultura, architettura dalle origini a oggi, a cura di Gloria FOSSI, Testi di Mattia REICHE – Gloria FOSSI – Marco BUSSAGLI, Giunti Editore, Firenze, 2004, pp. 84-239, p. 228.

44 Per le notizie su Pio IV: Salvatore CAPONETTO, La Riforma protestante nell’Italia del Cinquecento, Torino, Claudiana, 1992, p. 475.

45 Cfr. BRUSCHI A. 2004, p. 133.

46 Cfr. Eraldo GAUDIOSO, Paolo III Farnese e la politica delle arti, in Gli affreschi di Paolo III a Castel Sant’Angelo. Progetto ed esecuzione 1543-1548, a cura di Filippa Maria ALIBERTI GAUDIOSO – Eraldo GAUDIOSO, vol I Gli affreschi, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, 16 novembre 1981 – 31 gennaio 1982), Roma, De Luca Editore, 1981, pp. 23-29, p. 23.

47 Per le notizie sulla sistemazione del Colle Capitolino: Marianna BRANCIA DI APRICENA, La committenza edilizia di Paolo III Farnese sul Campidiglio, in “Römisches Jahrbuch der Bibliotheca Hertziana”, 32, 1997 / 98, pp. 409-478. BRUSCHI A. 2004, pp. 131-153.

48 Alessandro PETTI, Guida pittorica ossia analisi intorno lo stile delle diverse scuole di pittura e degli artisti italiani e stranieri antichi e moderni del Barone Alessandro Petti, Napoli, Stabilimento Tipografico di Nicola Fabricatore, 1855, ad vocem «Buonarroti (Michelangelo)», p. 6.

49 Cfr. GAUDIOSO E. 1981 a, pp. 25-26.

50 Cfr. Lorenzo CANOVA, La celebrazione nelle arti del pontificato di Paolo III Farnese come nuova età dell’oro, in “Storia dell’arte”, 93/94, 1998, pp. 217-234.

51 Cfr. CANOVA L. 1998, pp. 217, 219.

52 Cfr. Filippa Maria ALIBERTI GAUDIOSO – Eraldo GAUDIOSO, Catalogo, in Gli affreschi di Paolo III a Castel Sant’Angelo. Progetto ed esecuzione 1543-1548, vol. II I disegni, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, 16 novembre 1981 – 31 gennaio 1982), Roma, De Luca Editore, 1981, pp. 11-206, p. 77. CANOVA L. 1998, p. 223.

53 Per le notizie sulle decorazioni di Castel Sant’Angelo: Gli affreschi di Paolo III a Castel Sant’Angelo. Progetto ed esecuzione 1543-1548, a cura di Filippa Maria ALIBERTI GAUDIOSO, voll. I e II, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, 16 novembre 1981 – 31 gennaio 1982), Roma, De Luca Editore, 1981. HARPRATH R. 1985, pp. 63-85.

54 Cfr. Eraldo GAUDIOSO, La decorazione dell’appartamento farnesiano a Castel Sant’Angelo, in Gli affreschi di Paolo III a Castel Sant’Angelo. Progetto ed esecuzione 1543-1548, a cura di Filippa Maria ALIBERTI GAUDIOSO – Eraldo GAUDIOSO, vol I Gli affreschi, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, 16 novembre 1981 – 31 gennaio 1982), Roma, De Luca Editore, 1981, pp. 31-37, p. 32.

55 Cfr. BRUSCHI A. 2004, p. 134.

56 Cit. in VISCONTI G. 1818, pp. 33-43, p. 36, nota 1.

57 Johann Joachim WINCKELMANN, Storia delle arti del disegno presso gli antichi di Giovanni Winkelmann Tradotta dal Tedesco e in questa edizione corretta e aumentata dall’abate Carlo Fea giureconsulto, tomo terzo, Roma, dalla Stamperia Pagliarini, 1784, p. 264 (L’identificazione è espressa nelle Lettere, Articolo XVI, pp. 262-266). Johann Joachim WINCKELMANN, Opere di G. G. Winckelmann. Prima edizione italiana completa, Tomo II., Prato. Per i fr. Giachetti, 1830, p. 557, nota 92.

58 VISCONTI G. 1818, pp. 33-43.

59 GERLACH P. 1998, pp. 355-377.

60 Ibidem, pp. 356-357.

61 Per le notizie storiche su Antinoo: Giovanni DE’ CONTI BARDI, Della Imp. Villa Adriana e di altre sontuosissime già adiacenti alla città di Tivoli descrizione di Giovanni de’ Conti Bardi antico accademico della Crusca, Firenze, nella Stamperia Magheri, 1825, pp. 24-25. Eric M. MOORMANN - Wilfried UITTERHOEVE, Van Achilleus tot Zeus, Nijmegen, SUN, 1987, trad. it. Luca ANTONELLI - Giandomenico MONTINARI - Davide SPANIO, Miti e personaggi del mondo classico, Dizionario di storia, letteratura, arte, musica a cura di Elisa TETAMO, Milano, Paravia Bruno Mondadori, 2004, ad vocem Adriano, pp. 17-20. Alessandro GALIMBERTI, Adriano e l’ideologia del Principato, Roma, «L’Erma» di Bretschneider, 2007, pp. 142-143.

62 Cfr. GALIMBERTI A. 2007, pp. 142-143.

63 Cfr. Matteo CADARIO, Le molteplici e mutevoli immagini di Antinoo, in Antinoo il fascino della bellezza, a cura di Marina SAPELLI RAGNI, catalogo della mostra (Tivoli, Villa Adriana, Antiquarium del Canopo, 5 aprile – 4 novembre 2012), Milano, Mondadori Electa, 2012, pp. 64-77.

64 Gio. Pietro BELLORI, Descrizzione delle imagini dipinte da Rafaelle d’Urbino Nelle Camere del Palazzo Apostolico Vaticano. Di Gio. Pietro Bellori Alla Santità di Nostro Signore Papa Innocenzo Duodecimo, Roma, Nella Stamparia di Gio: Giacomo Komarek Boëmo alla Fontana di Trevi, 1695, p. 99.

65 Francesco DE’ FICORONI, Le vestigia e rarità di Roma antica ricercate, e spiegate da Francesco de’ Ficoroni Aggregato alla Reale Accademia di Francia, Libro primo, Roma, Nella Stamperia di Girolamo Mainardi, 1744, pp. 38-39.

66 Ibidem.

67 Amico FUESLI, Appendice al sesto volume, I. M. H. Fuessli al traduttore dell’opera di Webb, sul Bello della Pittura, in M. Gio. BOTTARI – Stefano TICOZZI, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura scritte da’ più celebri personaggi dei secoli XV, XVI e XVII pubblicata da M. Gio. Bottari e continuata fino ai nostri giorni da Stefano Ticozzi, Volume sesto, Milano, Per Giovanni Silvestri, 1822, pp. 278-304, pp. 291-292.

68 Raffaele MAMBELLA, Antinoo. “Un Dio malinconico” nella storia e nell’arte, Roma, Colombo, 2008, p. 218, n. 79.


69 Per la datazione del Giona della Cappella Chigi in Santa Maria del Popolo: Cfr. J. SHEARMAN, The Chigi Chapel in Santa Maria del Popolo, in “Journal of the Warburg and Courtald Institutes”, XXIV, 1961, pp. 129-160, cit. in Guido CORNINI, n. 49 Gian Lorenzo Bernini, in I papi della speranza. Arte e religiosità nella Roma del ‘600, a cura di Maria Grazia BERNARDINI – Mario LOLLI GHETTI, catalogo della mostra (Roma, Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo, 16 maggio – 16 novembre 2014), Roma, Gangemi Editore, 2014, p. 140.

70 La Bibbia tradotta in lingua Toscana, di lingua Hebrea, per il Reverendo maestro Santi Marmochini Fiorentino dell’ordine de predicatori, Con molte cose utilissime, & degne di memoria, Come della seguente epistola vederai. Aggiuntovi il terzo libro de Macchabei non piu tradotto in lingua volgare, Vinegia, appresso gli heredi di Luc’antonio Giunti, 1546, pp. 326v-327r.

71 Ibidem, p. 327r.

72 Ibidem, p. 326v.

73 Ibidem, p. 326v.

74 Per le notizie sul Concilio di Trento: Carlo PERINI, Il Concilio di Trento. Riassunto storico 1545-1563 per Carlo D.re Perini, Trento, per Vincenzo Nani Editore, 1863.

75 Antonio DI GUEVARA, La seconda parte del Monte Calvario che espone le sette parole, che disse Christo in su la Croce. Composto dall’illustre s. don Antonio di Guevara, Vescovo di Mondogneto. Tradotto dallo spagnuolo, per M. Pietro Lauro; con le postille nel margine, a cura di M. Pietro LAURO, Venecia, appresso Gabriel Giolito de’ Ferrari, 1563, p. 412.

76 Ibidem, p. 413.

77 Per le notizie sui santi della Controriforma: Romeo DE MAIO, Riforme e miti nella chiesa del Cinquecento, Napoli, Guida editori, 1973, p. 271.

78 Hermano TORRENTINO, Elucidiario poetico, Nel quale sono contenute le Historie, Favole, Isole, Regioni, Città, Fiumi, & i Monti piu famosi con altre cose di questa maniera: opera necessaria à tutti gli studiosi di Poesia. Raccolto per Hermano Torrentino, Et di Latino tradotto in volgare da M. Oratio Toscanella, Venetia, Appresso Nicolò Bevilacqua, 1561, p. 129.

79 Ibidem.

80 Cfr. Camillo BENUCCI, Ristretto analitico del dizionario della favola suddiviso in articoli disposti per ordine alfabetico con notizie, ragguagli ed annotazioni tolte dai piu’ accreditati scrittori storici, cronisti e poeti antichi e moderni. per Camillo Benucci dedicato all’illustrissimo commendatore Antonio Mordini prefetto della provincia di Napoli, Napoli, Stabilimento Tipografico Partenopeo, 1874, ad vocem 2726. Mercurio., pp. 39-41, p. 39.

81 Cfr. S. Francesco DI SALES, Trattato dell’amor di Dio o Teotimo, Milano, Paoline Editoriale Libri, 1989, p. 164.

82 Teodoro DALFI, Viaggio biblico in Oriente. Egitto, Istmo di Suez, Arabia Petrea, Palestina, Siria, Coste dell’Asia Minore, Costantinopoli ed isole fatto Negli Anni 1857, 1865, 1866 dal sacerdote D. Teodoro Dalfi Prevosto di S. Maria di Casanova-Carmagnola e Missionario Apostolico da lui descritto specialmente al giovane clero, vol. Egitto, tomo 2°, Torino, Tipografia Carlo Favale e compagnia, 1870, ad vocem Toth o Ermete trismegisto, pp. 72-73, p. 72.

83 Cfr. DALFI T. 1870, ad vocem Toth o Ermete trismegisto, pp. 72-73.

84 BENUCCI C. 1874, ad vocem 2726. Mercurio., pp. 39-41, p. 41.

85 M. Giovanni BOCCACCIO, Della genealogia degli Dei di M. Giovanni Boccaccio libri quindeci. Ne’ quali si tratta dell’Origine, & discendenza di tutti gli Dei de’ Gentili. Con la spositione de’ sensi allegorici delle Favole: & con la dichiaratione dell’Historie appartenenti à detta materia. Tradotta a già per M. Gioseppe Betussi. Et hora di nuovo con ogni diligenza revista, & corretta. Aggiuntavi la vita di M. Giovanni Boccaccio, con le tavole de’ Capitoli, & di tutte le cose degne di memoria. Al serenissimo S. Guglielmo Gonzaga Duca di Mantova & di Monferr.tt c., Venetia, Appreβo Marc’Antonio Zaltieri, 1588, p. 126.

86 Carlo ROLLIN, Storia antica di Carlo Rollin traduzione dal francese ricorretta Con Aggiunte e Note Storiche Cronologiche Geografiche e Critiche, Tomo Primo, Genova, nella Stamperia di Agostino Olzati, 1792, p. 48.

87 Præparat. Evang., L. I, capo I., cit. in DALFI T. 1870, ad vocem Toth o Ermete trismegisto, pp. 72-73, p. 72, nota 1.

88 DALFI T. 1870, ad vocem Toth o Ermete trismegisto, pp. 72-73, p. 72.

89 Ibidem.

90 Ibidem.

91 Per le notizie sull’iconografia di Mercurio: BENUCCI C. 1874, ad vocem 2726. Mercurio., pp. 39-41, p. 40.

92 Vincenzo CARTARI, Le imagini dei dei de gli antichi nelle quali si contengono gl’Idoli, i Riti, le cerimonie, & altre cose appartenenti alla Religione de gli Antichi. Raccolte dal Sig. Vincenzo Cartari, con la loro espositione, & con bellissime & accommodate figure nuovamente ristampate. Et con molta diligenza reviste, corrette, & in molti luochi ampliate. All’illustriss. Signor Federigo Contarini, Digniss. Procurator Di San Marco, Venetia, Presso Francesco Ziletti, 1587, pp. 261-262.



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Storia della letteratura italiana dell’abate Girolamo Tiraboschi bibliotecario del serenissimo Duca di Modena, Tomo settimo. Dall’Anno MCCCCC, fino all’Anno MDC. Parte prima, Napoli, A Spese di Giovanni Muccis, 1781.

TORRENTINO H. 1561
Hermano TORRENTINO,
Elucidiario poetico, Nel quale sono contenute le Historie, Favole, Isole, Regioni, Città, Fiumi, & i Monti piu famosi con altre cose di questa maniera: opera necessaria à tutti gli studiosi di Poesia. Raccolto per Hermano Torrentino, Et di Latino tradotto in volgare da M. Oratio Toscanella, Venetia, Appresso Nicolò Bevilacqua, 1561.

TUCKER G. H. 2003
George Hugo TUCKER,
Homo Viator. Itineraries of Exile, Displacement and Writing in Renaissance Europe, Genève, Librairie Droz, 2003.

VASARI G. 1568
Giorgio VASARI,
Delle vite de’ piu eccellenti Pittori Scultori et Architettori Scritte da M. Giorgio Vasari Pittore et Architetto Aretino, Primo Volume della Terza Parte, Fiorenza, Appresso i Giunti, 1568.

VISCONTI G. 1818
Giambattista VISCONTI – Ennio Quirino VISCONTI,
Il Museo Pio Clementino illustrato e descritto da Giambattista ed Ennio Quirino Visconti, vol. I, Milano, per Nicolò Bettoni, 1818.

WINCKELMANN J. J. 1784
Johann Joachim WINCKELMANN,
Storia delle arti del disegno presso gli antichi di Giovanni Winkelmann Tradotta dal Tedesco e in questa edizione corretta e aumentata dall’abate Carlo Fea giureconsulto, tomo terzo, Roma, dalla Stamperia Pagliarini, 1784.

WINCKELMANN J. J. 1830
ID.
, Opere di G. G. Winckelmann. Prima edizione italiana completa, Tomo II., Prato. Per i fr. Giachetti, 1830.

ZIMMERMANN T. C. P. 2012
T. C. Price ZIMMERMANN,
Paolo Giovio. The Historiam and the Crisis of Sixteenth-Century Italy, Princeton, Princeton University Press, 1995, Traduzione di Franco MINONZIO, Paolo Giovio. Uno storico e la crisi italiana del XVI secolo, Cologno Monzese (MI), Lampi di Stampa, 2012.






Vedi nel BTA: SIMBOLOGIE ANTIQUARIALI

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