Le difficoltà di attribuzione del termine "pop" all'arte italiana degli anni Sessanta si devono al coinvolgimento sociale di questa. L'arte americana, e in parte quella francese dei Nouveaux Realistes e dell'Independent Group inglese, sono caratterizzate da una forte componente "fredda" che sposta la ricerca artistica sul piano strettamente psico-percettivo. Rublowsky, Finch e Livingstone spiegano il tipico atteggiamento critico nei confronti della società con il ritardo economico e sociale dell'Italia rispetto agli altri paesi europei e agli Stati Uniti, ritardo che ha fatto sentire il fenomeno del consumismo come estraneo alla cultura italiana.
D'altra parte, l'Arte Pop americana deve molto a quella italiana della fine degli anni '50. Calvesi ha messo in evidenza, soprattutto, il tributo che Rauschenberg deve al materismo di Burri, da lui conosciuto durante un suo viaggio in Italia. Particolarmente simili sono alcuni lavori di Manzoni e di Dine che adottano oggetti d'uso quotidiano in un contesto pittorico monocromatico. Anche in questo caso, mentre Dine studia le interferenze tra oggetto-parola e immagine, Manzoni critica l'attribuzione di uno spropositato valore economico all'opera d'arte in quanto tale e quindi l'inglobamento dell'arte nel sistema economico.
La definizione di Nuovo Realismo è attribuita dalla studiosa americana Lucy R. Lippard ad alcuni artisti italiani che, rifacendosi ai codici e agli strumenti di rappresentazione dei mass media, in particolare della pubblicità e dell'illustrazione editoriale, cercano di riformulare e di organizzare la realtà quotidiana in una narrazione facilmente fruibile.
Il Nouveau Réalisme nella versione francese, teorizzato dal critico francese Pierre Restany, critico notoriamente ostile alla Pop Art americana, comprende anche l'italiano Mimmo Rotella. I suoi manifesti strappati continuano la tradizione iniziata dai francesi Raymon Hains e Jacques de la Villeglé ma, mentre questi ne usavano dei frammenti per comporre collage, Rotella li preleva interi, riportandoli su un supporto e lacerandoli ulteriormente, ottenendo così effetti materici di gusto informale. Nel corso degli anni sessanta il suo intervento sul manifesto si limita sempre più per lasciare trasparire l'immagine pubblicitaria sulla quale si concentra l'attenzione dell'artista.
Per Restany il gesto di appropriazione del manifesto ha una "valenza morale": "Ancor più che far emergere nuove forme direttamente sorte dalla realtà sociologica e per questo capaci di trasformare radicalmente la nostra visione dell'universo che ci circonda; ancor più, infine, che ricaricare in senso affettivo e poetico il reale, Rotella ci trasmette un messaggio di cultura, di umanità e di speranza." .
Maurizio Calvesi propone una ulteriore definizione per le espressioni figurative di questo periodo: "arte reportagistica". "L'immagine reportagistica non serve a doppiare l'oggetto o a riversare l'azione sull'oggetto, ma sviluppa essa stessa, nella sua frontalità, nella sua istantaneità o nel suo succedersi il senso dell'oggettività, dell'azione o dell'incontro. Il confronto tra l'io e la realtà è ora posto infatti, invece che in termini di rapporto esistenziale (Informale e Action Painting), in termini di incontro fisico-percettivo".
L'opera "oggettuale" è inoltre "topologica" nel senso attribuito a questo termine dal filosofo tedesco Cassirer, in quanto essa non si limita alla rappresentazione ma occupa uno spazio , così come accade per la famosissima opera da cui si fa risalire tutto il movimento Pop, la Bandiera americana dipinta da Jasper Johns nel 1956, che creava un corto circuito tra la rappresentazione della bandiera e il quadro in quanto bandiera esso stesso.
I quadri di Schifano degli anni 1961-1962, poi riformulati negli anni Ottanta, inquadrano un'insegna commerciale all'interno di uno schermo rettangolare dai contorni arrotondati che rappresenta una sorta di tabula rasa nella quale si inserisce l'intervento di reportage. "Le forme schermiche di Schifano si andavano sempre più precisando come campo; le tele orlate da contorni rettangolari, ad angoli smussati, somigliavano ad uno schermo preparato a ricevere, o ad un video appena acceso, che stia riscaldandosi....Spesso il campo occupava solo parzialmente la superficie del quadro, lasciandone scoperta la parte inferiore, ma penetrata da una frangia di colature, come accennando, invece che ad una opposizione, ad una osmosi di pieno e di vuoto, ad una continuità periferica tra spazio inquadrabile, percepibile e lo spazio dell'inquadratura stessa"
Le immagini di Schifano costituiscono uno studio sulle dinamiche percettive della segnaletica pubblicitaria o stradale tanto da verificare la coincidenza di reazioni percettive tra l'immagine e l'oggetto-immagine, l'insegna appunto. La tecnica fotografica è indispensabile ai fini della oggettività del reportage ma il risultato finale presenta un tratto veloce e impreciso con i colori lasciati sgocciolare. I colori sono a smalto proprio perché "lo strato di smalto è, nello stesso tempo, materia di percezione e percezione di materia".
Titina Maselli dimostra un rinnovato interesse per la realtà quotidiana in opere come Palazzo con neon (1967) e prosegue la consolidata tradizione del tema divistico avviata dai poppist inglesi e ampiamente sviluppata da Warhol nei ritratti di divi come Greta Garbo.
F. Mauri dopo aver operato nel campo della ricerca oggettuale in senso neo-dadaista si avvicina con Marylin e Frank Sinatra alle problematiche pop usando lo schermo cinematografico prima in senso polimaterico poi come puro valore luminoso.
Giosetta Fioroni si occupa per diversi anni di trascrizioni di immagini televisive in uno stile contraddistinto dal forte contrasto tra zone vuote di colore e le pennellate dense, comune anche a molti lavori di Mario Schifano. In questo senso di vedano opere come La ragazza della TV (1964).
Cesare Tacchi ricopia i contorni di figure umane, ricavate da immagini fotografiche, su superfici imbottite (teli da tappezzeria) che sottolineano tattilmente la sensualità dei soggetti. La scelta dei fondi decorativi contribuisce a trasmettere inconsciamente lo stato d'animo dei personaggi, le cui pose rimandano alla iconografia tipica dei fotoromanzi.
Così come per molti artisti della Scuola Romana la fotografia rappresenta uno strumento di oggettivazione dell'immagine, per Mambor si ottiene lo stesso risultato dalla reiterazione di un singolo elemento visivo (gli Uomini timbro) o dalla eliminazione di ogni elemento narrativo naturalistico (Uomini statistici e Airone ferito). Le diverse dimensioni degli elementi nel quadro stabiliscono cosa sia "dietro l'osservatore prima dell'osservatore". Mambor, "cerca di avvicinarsi ad una dimensione più possiblie anonima - negazione dell'artista come individuo privilegiato - e convenzionale - apertura dell'arte all'universo livellante dei media - ; ma poi ha "qualificato" questa visione reintroducendo a livelli come nascosti o ridotti ai minimi termini, o, proprio, subliminali, le suggestioni archetipiche o fisiologiche dell'arte: il colore, la forma (la nitida geometria dei contorni), il bilanciamento della composizione, la sintesi del percorso spaziale (indietro, avanti) e temporale (prima e dopo) che poi è appunto il percorso stesso dell'occhio che guarda, ovvero della percezione (Calvesi).
Bignardi è fortemente influenzato dall'arte americana, soprattutto dalle serigrafie di Rauschenberg, presentate alla Biennale di Venezia nel 1964. Per Boatto, "Bignardi e Schifano puntano sull'evento, creano uno spettacolo nel tempo attraverso rispettivamente un ritmo d'immagini e una sequenza di immagini...Per quanto mediato, riportato al ritmo delle immagini artificiali, il tempo di Schifano è ancora quello dell'io o di un occhio individuale, lirico; per Bignardi il tempo è rigidamente meccanico". Infatti, Bignardi passa da opere su tela (Della serie dell'impegno e del disimpegno, 1965) a installazioni e video. Tra i vari sistemi di comunicazione multi-mediale con i quali Bignardi si confronta, l'Implicor è quello che di più coinvolge lo spettatore in una condizione di environment: "Si tratta di quattro pareti di lastre quadrate di cristallo, da una parte specchi, dall'altra schermi; dietro alle pareti sono installati 36 proiettori automatizzati, il suono è diffuso da quattro punti...E' una installazione costruita per una percezione della comunicazione audiovisiva in relazione allo spazio tridimensionale" (M. Calvesi).
L'interesse per la forza di suggestione delle immagini mass-mediali è presente in Lombardo nei Gesti Tipici (1961-63) con i quali "intende costruire una immagine psico-attiva che stimoli i "nostri segnali scatenati innati provocando, di fronte a suggestioni di autorità, risposte automatiche di dipendenza e di sottomissione". Le informazioni fornite dalla fotografia da cui parte l'artista vengono ridotte attraverso l'ingrandimento di un particolare e l'eliminazione del colore. Nonostante le interruzioni della figura, che viene tagliata all'altezza del collo o delle mani, "il sistema occhio-cervello dell'osservatore riesce però ad immaginarne comunque la prosecuzione completando la silhouette con una linea immaginaria...a livello psico-fisiologico. L'occhio riconosce quindi la sagoma umana proiettandovi immagini note ad essa sovrapponibili, grazie al meccanismo percettivo dell'interpolazione" (Miriam Mirolla). Negli anni successivi Lombardo supererà in modo del tutto personale gli assunti pop, trovando nuove forme di attivazione del ruolo del pubblico attraverso strutture complesse, i Supercomponibili (1965-68) che impegnano tutte le capacità di lettura dell'osservatore e attraverso un coinvolgimento attivo di questi come nelle Situazioni di emergenza (1968-70) e nelle azioni, i Concerti aleatori del 1971-75.
L'interesse per l'arte del passato non rappresenta solo un pretesto iconografico per l'analisi dell'impatto percettivo di immagini note, ma è motivo di riflessioni personali sul valore stesso dell'oggetto artistico. Racconta Tano Festa: "All'inizio del 1962, passando per via Due Macelli, vidi attraverso la vetrina di una libreria la riproduzione del quadro di Van Eyck I coniugi Arnolfini. Osservando a lungo il quadro mi sembrò che il vero protagonista fosse il lampadario, perfettamente immobile, come se nulla, nemmeno un forte vento, potesse farlo oscillare. Questo lampadario incombe sulle figure degli Arnolfini come qualcosa che sta a misurare la durata quindi il limite delle loro esistenze. Pensai con malinconia che gli Arnolfini sarebbero scomparsi molto prima del lampadario...Questa intuizione della sopravvivenza dell'oggetto, della sua possibilità di essere protagonista, mi affascinò."
Franco Angeli sceglie emblemi densi di significati plurimi come l'aquila capitolina riprodotta su banconote americane, insegne neofasciste, la lupa della leggenda romana. Il messaggio politico non é mai invadente "sulla tela, un velo di copertura attutisce l'evidenza assieme visiva e significativa dell'immagine, frapponendosi lo schermo filtra la violenza del simbolo, lo esorcizza, sfocandolo in una indistinta dimensione d'inerzia" (M. Calvesi).
Lucio del Pezzo lavora con il metodo del ready-made per assemblare degli oggetti e creare delle composizioni metafisiche dove gli elementi coloristici ricordano spesso le esperienze optical. Secondo Maurizio Fagiolo dell'Arco, con questi oggetti trovati "Del Pezzo sostituisce l'oggetto artigianalmente costruito. Rifà brano a brano i suoi oggetti perché soltanto di fronte a una bugia a tre dimensioni può squillare il campanello della memoria". Si tratta di frammenti di un tempo perduto, il ricordo della propria infanzia.
Valerio Adami ha come referenti il linguaggio dei fumetti, la scomposizione cubista e le tecniche visive pubblicitarie e realizza degli interni domestici con un disegno fortemente stilizzato che sembra bloccare il tempo e astrarlo proprio grazie alla bidimensionalità creata dai colori piatti e violenti.
di Francesca Romana Orlando