Questione di simmetria
Un'inquietante simmetria
è l'ultima perla
targata Audrey Niffenegger,
autrice di fama mondiale per il bestseller La moglie dell'uomo che viaggiava
nel tempo.
La trama ruota intorno ad una dimora londinese lasciata in eredità dalla
defunta Elspeth Noblin alle nipoti gemelle, Julia e Valentina. Le due ragazze,
cresciute negli Stati Uniti, non hanno mai conosciuto la zia; sanno solo che è
la gemella della loro mamma.
L'anima di Elspeth, incastrata tra
due realtà, vaga ancora per quelle stanze ingombre di arredi e miriadi di
libri. La casa è proprio accanto al cimitero di Highgate: la vita e la morte
creano un parallelismo continuo, uno specchio che riflette la narrazione come
doppio binario simbolico.
Il romanzo è molto più che una
semplice storia di presenze spettrali del XXI secolo: quando l'autrice è Audrey
Niffenegger niente è dato al caso. La linfa artistica e letteraria a cui
attinge la scrittrice spazia da William Blake a Joseph Cornell, da Edgar Allan
Poe a Emily Dickinson in un continuo dominio delle immagini che costruiscono il
mosaico della trama senza mai trascurare la componente affettiva di ciascuno
dei suoi personaggi.
L'attenzione al sentimento stringe qualsiasi
stranezza paranormale nella morsa del quotidiano, della riflessione e della
straordinaria intensità della vita sulla scia cornelliana. “Forse in Cornell
era proprio la tendenza a misurare il tempo sulle proprie percezioni che gli
permetteva di creare una moltitudine di atmosfere in uno spazio ristretto, il
che è una delle caratteristiche più accattivanti della sua opera” [4] .
Il “cacciatore di immagini” ha avuto grande influenza su Audrey Niffenegger che
ha dedicato all'artista pagine splendide nel bestseller La moglie dell'uomo
che viaggiava nel tempo.
I riferimenti del romanzo sono le
pedine del gioco dell'autrice che crea, anche in questo libro, un'avventura per
il lettore che raccoglie le citazioni letterarie disseminate nel testo
come souvenirs evocativi .
Il titolo è già poesia densa di
significato, un chiaro omaggio a William Blake: Her fearful Symmetry è
un'espressione che appartiene ai versi di The Tyger:
“Tyger, tyger, burning bright / In
the forests of the night, / What immortal hand or eye / Could frame thy fearful
symmetry?”.
Il poema blakiano appartiene ai Songs
of Experience del 1794: il titolo sfrutta un termine arcaico tyger
rispetto al più noto tiger per esprimere l'aspetto esotico-alieno della
fiera in tono metaforico. Il testo è l'esatto opposto di The Lamb,
contenuto nei Songs of Innocence del 1789. Sono poemi ossimorici, a
specchio, sister poems, esattamente come le raccolte riunite in un unico
volume Songs of Innocence and of
Experience: Shewing the Two Contrary States of the Human Soul (1794), un chiaro rimando al binario
miltoniano tra Paradise e the Fall.
La simmetria del romanzo irretisce il
lettore fin dal titolo in una serie di opposti che si attraggono e si
completano mostrando i due volti di ogni cosa, le facce della stessa medaglia,
due realtà che convivono. Il binomio principale riguarda la vita e la morte:
così la casa di Elspeth è la simmetria del contiguo cimitero di Highgate. C'è
un pun evidentissimo tra Symmetry e Cemetery nella
pronuncia tipicamente british dei due termini.
Un serbatoio letterario
L'atmosfera “inquietante” richiama le
figure spettrali che popolano “il vuoto, divina condizione, scuola di
metafisica”
di dechirichiana memoria.
L'ambientazione riporta alla
fotografia presurrealista di Eugène Atget, una serie di immagini che lo stesso
Walter Benjamin
definisce “curiosamente vuote. Vuota è la Porte d'Arcueil, vuoti gli scaloni
d'onore, vuoti i cortili, vuote le terrazze dei caffè, vuota come si conviene,
la Place du Teatre. Tutti questi luoghi non sono solitari, bensì privi di
animazione; in queste immagini la città è deserta come un appartamento che non
ha ancora trovato gli inquilini nuovi”.
Non è un caso che gli scatti più amati di Atget dalla cerchia surrealista siano
proprio le vetrine: sono teatri espositivi di manichini in accumulo che
ricordano le opere dechirichiane.
La simmetria, il doppio e l'inganno
visivo derivano dal potere del vetro, capace di riflettere lo spettatore che si
avvicina per osservare l'interno.
L'arte in vetrina naturalmente è la
condizione delle Shadow Boxes cornelliane, scatole ombra/delle ombre che
rievocano il regno degli spettri in reliquie-monumenti. “The densely associative vitrine constructions of Joseph Cornell, in
more recent times, captured the roamable spaces of human consciousness: ever
present and ever in the past” [12] .
Un'inquietante simmetria è denso di riferimenti all'epoca più
amata da Joseph Cornell, l'età vittoriana con le sue chincaglierie da Wunderkammern.
Il culto vernacolare dell'artista
rispecchia tanto la sua vena collezionistica quanto il fascino dei collage
di Max Ernst : “Ernst’s collages,
however, were not just inspirational in their own right. They also resonated
with Cornell because his familiarity with the cult of vernacular images that he
had grown up with and then encountered in mountains of discarded,
out-of-fashion Victorian ephemera during the 1920s” [15] .
La Niffenegger non ha mai nascosto la
sua passione per i romanzi-collage di Ernst [16] .
Le opere dell'artista hanno qualcosa di
ludico e misterioso, giochi di parole nascosti nei titoli stranianti che
evocano valenze diverse rispetto all'impatto visivo. Il Surrealismo, sulla scia
del Dada, ricerca nuovi escamotages espressivi per tradurre la libertà
del pensiero in arte.
Il giocatore principe, dominatore
assoluto delle parole nell'età vittoriana, è Lewis Carroll, inserito da André
Breton nell'Antologia dello humor nero del 1939 come precursore del
Surrealismo. Il creatore di Wonderland è il referente perfetto per la
Niffenegger che, con omaggi continui anche nel suo primo testo,
si riallaccia sempre al mondo della fantasia carrolliana.
Il regno dell'immaginazione domina il
mondo rievocato dall'autrice: il romanzo deve molto ai fairy tales. La fairy
painting diventerà un genere specifico della pittura vittoriana sulla scia
dei dipinti romantici di Johann Heinrich Füssli (Fuseli per gli anglofili) e
William Blake.
Il tema viene ripreso grazie alla
contemporanea diffusione della fotografia:
lo scatto si rivela su lastra come una
vera e propria apparizione fissata da una magica alchimia. L'idea dell'immagine
che “si manifesta” è ancora più forte in ambito anglosassone. Se il
dagherrotipo ha dato origine ad immagini definite, il calotipo di Fox Talbot si
sposa con la visione romantica in uno scatto tecnicamente imperfetto, ma
attraversato da un forte fascino emotivo. L'immagine poco definita è
un'apparizione, uno spettro, un equivalente visivo della realtà al di là dello
specchio, simmetria scritta con la luce.
Lo scenario vittoriano
Il romanzo comincia con “la fine”, un
indizio per sottolineare che la morte è solo l'inizio come nella perfetta
tradizione popolare. “Elspeth era passata nel regno degli oggetti inanimati”.
La Niffenegger vede il passato
nell'immagine presente attraverso il potere evocativo dell'oggetto sulla scia
cornelliana. Le Shadow Boxes sono monumenti mnemonici [20]
dove gli oggetti sono indizi e testimonianze del passato, objets trouvés.
“Cornell si è sforzato di realizzare l’eternità nella effettiva esecuzione
delle sue costruzioni: eseguiva dei collages con pagine di vecchi libri su fondi di scatola per ottenere
l’apparenza del vecchio. Nelle sue costruzioni tralasciava alcuni elementi in
modo che potessero assumere un aspetto malridotto: certe volte metteva perfino
una scatola nel forno perché la vernice interna si screpolasse e si staccasse,
accrescendo così la suggestione di oggetto dei tempi passati. Mediante
lavorazioni di questo tipo otteneva colorazioni particolari” [21] .
L’oggetto sembra portare con sé un
suo vortice temporale, una sua storia, una sua vita. Il corpo di Elspeth compie
l'ultimo viaggio scortata da mercanti di libri rari, come se fossero portatori
di “correlativi oggettivi” della defunta, rievocazione dei riti funebri
egiziani: “Il corteo attraversò i cancelli del cimitero di Highgate in
silenzio, il carro funebre seguito da dieci macchine piene di amici e mercanti
di libri rari”.
L'atmosfera echeggia di quel silenzio
dei primi film muti collezionati da Joseph Cornell e di quella lentezza che
caratterizza i found footages con le scene rallentate: “sembrava che
ogni rumore fosse scomparso, come se fosse saltata la colonna sonora di un
film”.
Le statue del cimitero sono testimoni
del tempo, guardiani che custodiscono l'eterno riposo: “le cappelle (un tempo
descritte come 'gotico funerario'), i cancelli di ferro, il monumento ai caduti
in guerra, la statua della Fortuna che guardava con occhi vuoti sotto il cielo
plumbeo”sono l'equivalente di Angel, la
statua immortalata nell'omonimo cortometraggio cornelliano del 1957.
Il cimitero, monumento vittoriano a
cielo aperto, è come un teatro abbandonato dove compare da anni la stessa
locandina: tutt'intorno la vita continua. “Le nere carrozze vittoriane tirate
dai cavalli ornati di piume di struzzo, i dolenti professionali e le
periferiche dal volto inespressivo avevano ceduto il passo a questo disparato
insieme di automobili, ombrelli e amici ammutoliti”.
La memoria vittoriana del libro, allo stesso modo, è simmetria della visione
contemporanea: sono due mondi opposti che coesistono e si rispondono.
La coppia: Le Muse inquietanti
Le due gemelle ereditiere, Julia e Valentina, sono l'esempio principe dell'inquietante simmetria del romanzo: “Le
gemelle non erano semplicemente identiche, erano gemelle speculari. La
specularità non era limitata al loro aspetto, ma coinvolgeva ogni cellula dei
loro corpi. Così il piccolo neo sul lato destro della bocca di Julia era sul
lato sinistro di quella di Valentina; Valentina era mancina, Julia destra.
Nessuna delle due sembrava strana da sola. Il fenomeno era evidente soprattutto
dalle radiografie: mentre Julia aveva tutti gli organi al posto giusto,
Valentina era al contrario. Aveva il cuore a destra, con ventricoli e cavità
invertiti. Valentina aveva difetti cardiaci che avevano richiesto un intervento
chirurgico quando era nata. Il chirurgo aveva usato uno specchio per vedere il
suo cuoricino nel modo in cui era abituato a vedere un cuore normale. Valentina
aveva l'asma, Julia al massimo un raffreddore. Le impronte digitali di
Valentina erano quasi l'opposto di quelle di Julia (persino i gemelli identici
non hanno impronte digitali del tutto corrispondenti). In sostanza erano
un'unica creatura, con delle contraddizioni interne”.
La descrizione ricorda moltissimo Identical
Twins, una fotografia di Diane Arbus del 1967 dove due sorelle identiche
sono ritratte con due stati emotivi opposti, una sorridente e l'altra
imbronciata, per evocare la caratteristica bipolare della fotografia stessa. Le
gemelle sembrano un'unica ragazza a due teste:
“avrebbero potuto essere scritturate come orfane vittoriane in un film per la
TV. I loro occhi erano grandi, grigi e così distanziati da farle sembrare quasi
strabiche”.
Julia e Valentina sono il
prolungamento ideale della zia Elspeth: hanno la stessa passione per gli
oggetti antichi. “La loro camera da letto sembrava sbucata da una casa di
un'altra epoca, come se si fosse smarrita e fosse stata adottata per pietà da
qualche ranch dall'aspetto comune. A tredici anni, le gemelle avevano strappato
dai muri la scialba carta da parati a fiori, avevano spedito tutte le loro
bambole e gli animali di pezza all'AMEVET, il sindacato dei veterani
d'America,e avevano dichiarato la loro stanza un museo”.
La “sala espositiva” è uno spazio
ricavato all'interno di un ambiente personale proprio come la cantina di Utopia
Parkway di Cornell dove vengono custoditi dossiers tematici, collages,
assemblages con pipe, bambole, bicchieri e uccelli impagliati. “The bird is one of the most common
themes in Cornell’s dreams. Birds are often enclosed, but not in conventional
birdcages. They are trapped in a neighbour’s basement or on the page of
magazines. They are associated with children and toys. Only twice do birds
appear flying free. Both times Cornell finds his ominous, calling their flight
dangerous” [30] .
Nella stanza delle ragazze “l'attuale
oggetto d'esposizione era una vecchia gabbia per uccelli riempita di crocifissi
di plastica, posata su un centrino all'uncinetto drappeggiato su un tavolino
interamente coperto di adesivi di Hello Kitty. Tutto il resto nella stanza era
bianco. Era una camera per sorelle Des Esseintes”.
Nelle opere di Cornell le consonanze
interiori che determinano la scelta e l'assemblaggio delle immagini sono di
eredità simbolista.
La passione per le “cianfrusaglie”
vittoriane spinge le ragazze ad accettare l'eredità della zia. La possibilità
di un'esperienza londinese può restituire loro quell'indipendenza e quello
spazio che avevano conquistato quando erano iscritte al Cornell.
L'enigma dell'arrivo: Mobili nella
valle
Il fascino europeo per due ragazze
americane ha il sapore della miniatura: “per gli standard americani delle
gemelle, erano da casa di bambola. Tutto era compresso in uno spazio minimo,
funzionale, bianco”.
Anche Cornell ha la stessa
sensazione: le chincaglierie europee sono giochi per la sua prospettiva
americana abituata alle grandi dimensioni [35] . Le sue opere sono regni del piccolo
dominati dalla poetica della meraviglia.
L'inganno percettivo richiama la
favola di Alice e la Niffenegger non esita a regalare citazioni evidentissime
del testo carrolliano: “Valentina pensò che da qualche parte avrebbe dovuto
esserci una bottiglietta con l'etichetta che diceva BEVIMI, ma non c'era”.
Il disorientamento nel nuovo spazio
viene enfatizzato dall'accumulo di immagini riflesse dagli specchi: “L'atrio
era pieno di ombrelli e specchi. Le gemelle si videro riflesse diciotto volte
in altrettanti specchi, e i loro riflessi venivano riflessi a loro volta, e
così via. Rimasero sbigottite dallo spettacolo; entrambe si immobilizzarono e
nessuna delle due era sicura di quale riflesso appartenesse a chi”.
Ė lo stesso inganno che affascina i Surrealisti davanti agli enigmatici scatti
delle vetrine parigine realizzati da Atget.
L'interno della casa, invece, ha
tutto il fascino degli ingombri vittoriani: “Tutti i mobili erano pesanti,
ricercati, vecchi. I divani erano in velluto di un pallido color malva, avevano
i piedi a zampa e una quantità di bottoni. C'era un pianoforte a coda di misure
ridotte (le gemelle erano decisamente poco portate per la musica) e un ampio
tappeto persiano, morbido al tatto, che aveva i disegni di crisantemi e un
tempo era di un rosso intenso, adesso sbiadito in più punti in un rosa scialbo.
Tutto nella stanza sembrava essere stato prosciugato del suo colore”.
L'immagine ricorda tanto l'accumulo di Mobili nella valle
di De Chirico del 1927 quanto la cantina di Utopia Parkway. Il passato
prosciugato dal colore risponde al fascino dei primi film muti, ma anche alla
parificazione degli elementi data dall'uso del monocromo nelle opere di
Cornell.
Il pianoforte impolverato, già
utilizzato anche ne La moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo,
richiama alla mente Untitled (Le piano), Shadow Box cornelliana
del 1948: “anche questo pianoforte è magico. Ha un cupido dal volto azzurro e
quello che sembra un campanello elettrico. Ha uno spartito – qualche cosa di
romantico – ma non ha i tasti. Ci sono anche due scatole di fiammiferi
ricoperte di note musicali, e questo è tutto. Nella villa sul mare Seraphina
suonava il pianoforte muto. Una 'piccola musica notturna' per gli occhi”.
Il grande Metafisico: Il sogno
trasformato
Le due gemelle cominciano a
incontrare i vicini di casa: sono personaggi alquanto strani...inquietanti.
Al piano superiore abita Martin, un
brillante studioso che si diletta in “una forma artistica sottovalutata”,
la creazione di giochi enigmistici per il Guardian. Talvolta prepara veri
rompicapo nel ricordo della moglie come “un cruciverba criptico e
spaventosamente complesso in cui le prime e le ultime lettere di ciascun
quesito creavano anagrammi multipli del suo nome completo e la soluzione era
l'anagramma di un verso della poesia di John Donne Congedo, a vietarle il
lamento”. É un mago nei giochi di parole !
Come ogni genio, ha le sue
fissazioni: è affetto da una grande forma di nevrosi che gli impedisce di
uscire di casa. “Molti dei rituali di lavaggio di Martin erano organizzati
intorno all'idea della simmetria: un colpo di rasoio sulla sinistra richiedeva
un colpo identico sulla destra”.
Passa tutta la sua giornata alle prese con prodotti per l'igiene ordinati per
corrispondenza: la sua compagnia è un accumulo infinito di scatoloni.
La moglie Marijke, sentendosi
intrappolata dalla malattia del marito, è partita per sempre per l'Olanda.
Martin fantastica spesso immaginandola mentre gironzola “per i mercati
all'aperto di Amsterdam”.
Le immagini nella sua mente vengono
ricostruite dai pensieri-flash nel ricordo della vacanza fatta insieme alla
moglie: è come se nella sua testa ci fosse una serie di piccole registrazioni
di barche, gabbiani e case seicentesche. Nell'arte di Cornell compaiono tantissimi
riferimenti al Seicento olandese, alla pittura di Vermeer,
agli interni intimi dei suoi dipinti e a quella terra di navigatori
che ha dato i natali alla sua famiglia.
Con il passare del tempo, i
“cortometraggi” nella memoria di Martin si affievoliscono in lampi,
quadri, oggetti: “I ricordi autentici
cominciano ad essere rimpiazzati dalle immagini; sua moglie, un essere umano
completo, si stava trasformando in una serie di tinte su piccoli ritagli di
carta. Anche le fotografie non avevano più i colori intensi di una volta, e si
vedeva. Lavarle non servì a niente. Marijke stava svanendo, candeggiata, dalla
sua memoria. Più provava a trattenerla, più sembrava affrettarsi a svanire”.
Il tema della memoria è molto diffuso
nel testo: anche Elspeth, lasciando la casa in eredità alle nipoti, vuole andare oltre la morte intesa come dimenticanza:
“Sto cercando di proteggere la mia storia. Una brutta cosa della morte è che
sento che sto per essere cancellata”.
Allo stesso modo il collezionista di
oggetti di famiglia Jonathan Safran Foer
imbusta i reperti per “paura di dimenticare”.
Martin, con le sue stranezze
nevrotiche, conquista Julia: passa ore ed ore con lei di fronte a tazze di tè e
fette di torta in un'atmosfera che ricorda i festeggiamenti da non-compleanno
nella favola di Alice.
“La sua è una specie di follia
lucida, come un sogno”:
Martin è una specie di Cappellaio Matto carrolliano.
A poco a poco, Julia scopre se
stessa, capisce le sue passioni, la sua esistenza indipendentemente dalla
gemella. La ragazza ha una vera passione per le “cose che la gente non dovrebbe
vedere”,
scantinati, magazzini, luoghi cornelliani e carrolliani praticamente. La sua
attenzione è sempre concentrata sul labirinto di scatoloni nell'appartamento di
Martin.
Psicogeografia londinese: Metafisica
interiore
“Londra era il posto perfetto per
smarrirsi. Le strade curve cambiavano nome ogni pochi isolati, convergevano e
divergevano, finivano bruscamente in slarghi senza sbocco, si aprivano in
grandi piazze”.
Julia è la più affascinata da quel
labirinto di strade e decide di giocare con la mappa della metropolitana
londinese come una specie di gioco dell'oca: “Julia cominciò a fare un gioco
che comportava prendere il metrò e scendere a caso in stazioni dai nomi
interessanti..I nomi sulla mappa del metrò evocano un paesaggio urbano da Mamma
Oca, accogliente e minuscolo”.
La London Underground non è un
semplice mezzo di spostamento e di scoperta. La Niffenegger crea una simmetria
tra il contemporaneo e il vittoriano: la metropolitana londinese, inaugurata
nel 1863, è la più antica del mondo. É un chiaro riferimento al mondo
sotterraneo, alla morte, alle tombe nel cimitero di Highgate, ma anche alla
favola di Alice che, nella prima versione, è intitolata Alice's Adventures
Under Ground.
Il fascino del nuovo e della scoperta
richiama alla mente il moderno flâneur: è una passeggiata disimpegnata
per le strade. Gli incontri, le piazze, gli spazi vengono filtrati dagli occhi
di Julia come in una caccia alle immagini. “La mappa di Londra nella mente di
Julia iniziò a riempirsi di stranezze: gli elefanti e altri esotici animali da
fatica dell'Albert Memorial; il negozio del Bloomsbury che vendeva solo spade e
bastoni da passeggio; il ristorante nella cripta della chiesa di St.
Mary-le-Bow. Andò all'Hunterian Museum e trascorse un pomeriggio a guardare
vasi appannati pieni di organi, un'esposizione di sostanze antisettiche e lo
scheletro di un dodo”.
Non è casuale che la Niffenegger citi il Dodo: nella favola di Alice
rappresenta il balbuziente Lewis Carroll, pseudonimo di Charles Dodgson.
Valentina, invece, non riesce ad
interiorizzare i luoghi: “Valentina vide negozi, piazze, nomi di strade
familiari, ma non aveva una mappa interiore di Londra, non era in grado di
organizzare l'ambiente circostante; quello era compito di Julia”.
Ė una psicogeografia interiore molto
simile a quella realizzata da Joseph Cornell nel suo “Wanderer a New
York”.
Vagabondando per Londra, Julia raccoglie le immagini della città: “Tornava a
casa ogni giorno con la mente di vedute di Londra, brandelli di conversazione,
idee per le avventure del giorno dopo”.
Lo stesso vale per le Shadow Boxes e i collages cornelliani:
“l'artista usciva ogni giorno dalla porta del tempo per esplorare le magiche
prospettive dell’immaginazione associativa e, come un bimbo che incolla le
figurine la sera, lavorava sul tavolo della cucina della modesta casa di Long
Island sepolto in un mondo di piccoli oggetti, ritagli di stampe, biglietti di
viaggio scaduti, angeli di bisquit e
di carta ricamata, bicchierini, palle di vetro colorate, etichette, piccoli
flaconi, carte del cielo e del mare, fotografie, frammenti di specchio, rami
secchi e infiniti relitti del tempo”.
Il tempio fatale
Il referente principale per le
gemelle è Robert, compagno della zia Elspeth e guida turistica del cimitero per
gruppi di antiquari.
Il suo lavoro gli permette di raccogliere materiale di studio sui riti funebri
vittoriani:
“La tesi di dottorato di ricerca all'inizio doveva essere un saggio storico;
Robert immaginava il cimitero come un prisma attraverso il quale poteva vedere
la società vittoriana al massimo dello splendore e della spettacolarità dei
suoi eccessi irrazionali. Nella loro combinazione di riforma igienica e
innovazione prestigiosa, i vittoriani avevano creato il mito di Highgate come
un teatro del lutto, un apparato scenico dell'eterno riposo”.
Il tema della morte torna di
continuo: cipressi e cespugli di agrifoglio, sparsi per il cimitero, sono
simboli della vita eterna per i vittoriani
che riposano “silenziosi nelle loro piccole camere”.
Nella cultura vittoriana la morte era
quasi un'ossessione: “Penserete che la morte sia piuttosto evidente, ma ci
furono alcuni casi famosi in cui un cadavere si rizzò a sedere e continuò a
vivere, e a molti vittoriani veniva la tremarella al solo pensiero di essere
sepolti vivi”.
La paura del risveglio nella tombaaveva portato alla sistemazione di “un
sistema di campanelli attaccati a dei cordini che passavano attraverso il terreno e dentro la bara modo
che se ti svegliavi sotto terra potevi tirare il cordino dei campanelli finché
qualcuno veniva a dissotterrarti”.
Le credenze popolari che emergono
dallo studio dell'Highgate spingono Robert verso uno studio più attento alle
personalità dei defunti: la tesi viene dirottata su un'analisi biografica.
“Sedeva spesso con Michael Faraday, il famoso scienziato; con Eliza Barrow, che
era stata una delle vittime del famigerato serial killer Frederick Seddon;
passava del tempo a rimuginare sulle tombe anonime dei trovatelli”. La biografia più affascinante è doppia: la
storia tra il preraffaellita Dante Gabiele Rossetti e la modella-artista Eliza
Siddal.
Robert ha una profonda formazione
anglicana, ma crescendo le sue credenze si sono volte allo spiritismo.
L'enigma dell'oracolo: Il ritornante
Elspeth scopre presto il modo di comunicare
con le due nipoti ricordando una scia lasciata dal dito di Julia sul
pianoforte: la polvere, ephemera per eccellenza, è il suo canale
espressivo, una scrittura fantasma. “Elspeth stava lavorando con la polvere.
Non riusciva a spiegarsi come mai non avesse capito prima il potere
comunicativo della polvere. Era leggera e lei poteva spostarla con facilità.
Era l'elemento ideale per i messaggi”.
Con questo stratagemma la defunta ha
la possibilità di esprimere a Robert e alle gemelle i suoi desideri “LIBRI.
GIOCHI. ATTENZIONE ... PARLATE CON ME, GIOCATE CON ME”.
I tre interlocutori sono felicissimi
di poterle parlare e decidono di trovare qualcosa di più semplice per scambiare
messaggi con Elspeth: le tavolette Ouija. “I vittoriani si valevano delle tavolette
Ouija, dotate di lettere e di un puntatore. E della scrittura automatica, gli
spiriti invasavano i medium e parlavano attraverso di loro”.
Il trio ha bisogno di pochi oggetti: “un quaderno, una biro e un bicchiere come
puntatore”.
Ci si potrebbe fare una scatola cornelliana!
Quella strana “scrittura automatica”
richiama alla mente il Surrealismo: l'interesse per l'aldilà, i tarocchi, la
comunicazione tra vivi e morti riporta alla cartomanzia de Le Jeu de
Marseille del 1940.
Elspeth è uno spettro: non è visibile
né si riflette negli specchi. Julia e Robert avrebbero bisogno di un paio di
“OCCHIALI PER I FANTASMI”,
ma Valentina stranamente riesce a vedere Elspeth. La gemella ha qualcosa che la
lega misteriosamente alla zia. Robert è affascinato dalla ragazza che, in
qualche modo, ricorda la sua defunta compagna.
Valentina è la gemella più debole, ha
una salute cagionevole, vive all'ombra di Julia che la chiama “topolino” per il
suo essere timorosa nei confronti della vita. Rappresenta The Lamb in
opposizione a The Tyger. La ragazza è incuriosita dallo status della
zia Elspeth: è come una nuvola leggera senza legami. Il vincolo con la gemella
ha impedito a Valentina di avere una sua vita: vuole diventare libera come la
zia.
Solo la morte le concede di provare
la sensazione di quella dimensione: “è come un sogno interminabile”.
Valentina entra nel regno degli oggetti inanimati come la zia: “quando cominciò
a intuire cosa poteva esserle accaduto, il tempo rallentò al punto che l'aria
nell'appartamento parve essersi trasformata in vetro”.
Il vetro racchiude, circonda e protegge gli oggetti proprio come nelle Shadow
Boxes cornelliane, capsule temporali
e monumenti mnemonici realizzati da un artista funereo, Joseph Cornell.
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