Il titolo di questa biografia - la dorata vita da bassifondi di
Francis Bacon- fa pensare ad uno di quei bestsellers in cui si
leggono succulenti dettagli privati di celebrità, magari falsi, ma
non per questo meno appetitosi. Anche la grafica della copertina
fa pensare ad un libro del genere. Gli ingredienti per costruire
una storia a fosche tinte ci sono : la Soho degli anni cinquanta,
con i suoi traffici, la prostituzione, il gioco d'azzardo fa da
fondale e poi c'è la vita di un artista che ha fatto pochi
compromessi nella vita come nell'arte. Una vita in realtà
tranquilla e senza troppi eventi, ma estremamente facile da
rappresentare come "trasgressiva" o "al limite". Per fortuna la
parola "trasgressione" non compare mai nel libro e non si parla
neanche di "limiti" che Bacon avrebbe pericolosamente superato.
Daniel Farson si rivela nelle pagine di questo libro, oltre che
insider estremamente informato anche sensibile conoscitore d'arte
contemporanea e storico accorto.
Farson, che tra altre cose è noto per essere il pronipote di Bram
Stoker, è stato a diciassette anni il più giovane reporter
alla
House of Commons ed è un' eccentrica figura di poligrafo: ha
scritto ricostruzioni storiche (Soho in the fifties) e si è
occupato di arte inglese contemporanea (Gilbert & George in
Moscow.).
Questo libro pur essendo essenzialmente una biografia e come tale
incentrata su una ricostruzione cronologica della vita di per sè
non appassionante di Francis Bacon, offre delle interessanti
chiavi di lettura del lavoro di questo artista e apre problemi
appassionanti.
La personalità di Bacon viene ricostruita con grande sensibilità e spesso con affetto; le sue numerose idiosincrasie, le sue
insofferenze ma anche i suoi incontenibili entusiasmi. C'è una
parola che ricorre nella biografia di Bacon: lavoro. Bacon viveva
per il suo lavoro, la pittura occupava ogni minuto della sua vita
cosciente: qualsiasi cosa che colpiva la sua vista veniva pensata
in termini di resa pittorica. Una foto su una rivista, una macchia
di umidità sulla parete, un animale... tutto veniva convogliato
nel meccanismo nervoso ed eccitato della sua pittura. Il caos che
regnava sempre nel suo studio, che Farson descrive in modo così
efficace, era una sorta di precondizione necessaria alla
creazione: nell'affollamento di immagini, di fotografie, di
oggetti Bacon trovava, in modo casuale, medianico forse, il
pretesto iconico da cui partire. Il resto del lavoro continuava in
preda ad un furor, spesso alcoolico, che lo portava a plasmare il
colore con violenza o a colpi di pennello o con la spatola oppure
ancora con un panno veloce come una sciabola.
Tra gli spunti interessanti che questo libro offre ce ne è uno che
senz'altro meriterebbe di essere approfondito. Farson riporta una
conversazione avvenuta tra Burroughs e Francis Bacon in occasione
di una trasmissione televisiva della BBC insieme al suggerimento
di Allen Ginsberg secondo cui Bacon dipingeva come Burroughs
scriveva. Effettivamente l'iconografia nervosa, disturbante dei
quadri di Bacon, la libertà con la quale tratta la figura e lo
spazio offrono un efficace parallelo pittorico alla allucinata
scrittura di Burroughs, in cui ogni regola di verosimiglianza
viene spazzata via da una vena torrenziale e delirante.
Per finire, The gilded gutter life non è da considerarsi un testo
di riferimento sulla pittura di Bacon; offre tuttavia
un'angolazione nuova al problema: poco accademica ma allo stesso
tempo lucida ed autorevole.
Vintage paperbacks 1994
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