Accademia di Francia, Villa Medici
17 Gennaio - 26 Febbraio 1995
Quello di Boltanski è un lavoro sul ricordo. Alcuni oggetti della
vita di tutti i giorni sembrano addensare intorno a sè delle memorie, le rendono visibili, tangibili; l'artista estrapola questi oggetti dal loro contesto, li trasforma, li reinventa e li rende monumenti. Monumento vuol dire lasciare una traccia di sè, della propria civiltà, del proprio mondo interiore e strappare qualcosa all' oblio del non-essere, alla morte.
L'arte di Boltanski è in questo senso primitiva, rituale: le sue
installazioni sono oggettivazioni della memoria, sono un tentativo di bloccare il flusso del tempo, una diga per arginare il nulla straripante della morte. Il linguaggio artistico di Boltanski è concettuale come è concettuale l'arte funeraria di tutte le
culture : un sistema di segni per dare una forma al nulla che atterrisce.
Gli oggetti che Boltanski impiega nelle sue installazioni
(fotografie sopratutto) sono trattate come feticci, non sono usati
per se stessi, per la loro forma o per ciò che rappresentano ma
piuttosto per la loro capacità magica di evocare... grimaldelli
per forzare le porte dell'oltre. Il modo che l'artista usa per
organizzare i suoi segni-feticci è quello tipicamente primitivo
della reiterazione, dell'elenco infinito, della litania.
Les enfants de Dijon è un' installazione del 1986 che Boltanski
ha voluto riproporre lungo le pareti dello scalone di Villa
Medici. Una lunga infilata di fotografie di bambini circondate da
tenui lumini... una teoria infinita di loculi, ricordo di chissà
quale terribile strage degli innocenti. In realtà, spiega
Boltanski, la strage c'è stata e Erode altri non è che il
tempo che ha ucciso tutti quei bambini rendendoli adulti.
L'iconografia funebre si ripropone ovunque sotto le volte di Villa
Medici: L'ange de mort è un' ombra che scorre lungo le pareti,
secondo l'antico principio della lanterna magica.
Una minuscola figurina di rame sagomato con due piume per ali che
proietta un'ombra tremolante e spettrale. Les Ombres (1995) è
ancora un gioco di ombre in movimento, piccole sagome simili ad ex
voto sudamericani pendono come un sinistro mobile e un fascio di
luce proietta la loro immagine ingrandita sulle pareti.
Un'iconografia religiosa che richiama alla mente il santuario do
Bomfim a Bahia, affollato di ex voto, spesso poverissimi nei
materiali ma dotati di una potente carica evocatrice : arti,
orecchie, teste, denti, stampelle, protesi di ogni genere
reinventate con ogni tipo di materiale, mescolando alla devozione
verso il Dio cattolico una più antica devozione animista e
feticista.
Lo studiolo di Ferdinando de Medici, in fondo al giardino
all'italiana, ospita un' installazione ideata da Boltanski
appositamente per Villa Medici: sotto la volta decorata a finti
pergolati da Jacopo Zucchi, l'artista francese ha voluto
ricostruire un archivio di tutti i borsisti dell'accademia di
Francia dal 1803 ad oggi. Il sistema è ancora quello della
ripetizione, del catalogo: una serie di scatole di cartone,
disposte ordinatamente lungo le pareti recano su un'etichetta il
nome dell'artista che ha risieduto a Villa Medici, in qualche caso
compare anche la fotografia.
Capsule del tempo, cartelle d'archivio polverose o loculi
allineati, le scatole che compongono Pensionnaires, peintres et
sculpteurs chiudono una mostra che è un invito alla riflessione
non solo sull'arte.
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