Ettore De Franchi, nato a Fiume nel 1933, laureato in lettere
classiche presso l' Università di Padova, ha frequentato i corsi
liberi di pittura presso l'Accademia delle Belle Arti di Venezia.
Docente di italiano e latino presso il Liceo Classico Statale
Platone di Roma, è attualmente in pensione.
L'abbiamo incontrato a casa per parlare con lui della sua pittura.
Domanda - Professor De Franchi, Lei tiene a sottolineare la sua
origine fiumana . Perchè ?
Risposta - Per sottolineare la specificità di una cultura, quella
giuliano-dalmata, indirizzata verso la captazione di un reale
misterioso avvertito attraverso una sensibilità decadente o post-
decadente in termini simbolistici, caratteristica, questa, propria
di molti artisti e poeti della regione fra cui la pittrice Leo
Norfini, maggior rappresentante del surrealismo tra gli anni '20 e
'40.
D. - Quindi una matrice culturale di stampo decadente. Ma Lei, si
definirebbe un simbolista o un surrealista?
R. - Sicuramente più che surrealista mi sento un simbolista con
caratteri metafisici. Infatti, mentre il surrealismo,
richiamandosi ad una scienza, la psicanalisi, partecipa di una
razionalità di stampo positivistico, il simbolismo rimane invece
una corrente di tipo irrazionale laddove avverte quel "mistero"
profondo che circonda l'uomo e nega ogni validità conoscitiva alla
ragione, termini, questi, propri di quella sensibilità decadente
che induceva Baudelaire a definire la realtà "una fitta trama di
misteriosa corrispondenza".Teniamo comunque presente che su
presupposti simili si fonda anche l'arte metafisica e che De
Chirico vien e considerato il padre spirituale del surrealismo.
D. - In campo pittorico, quali sono i suoi riferimenti?
R. - Come riferimenti immediati, sicuramente Odilon, Redon, De
Chirico, Magritte , il più simbolista dei surrealisti, Tanguy,
sopratutto per quegli spazi sviluppati in lontananza, quel senso
dell'infinito e quel colore fluido che io riprendo nei miei cieli.
In un contesto più ampio mi riferisco alla pittura veneta per
quanto riguarda il cromatismo, in particolar modo Giorgione,
Tiziano, Tintoretto e Francesco Guardi, per quel tocco quasi pre-
impressionista. In ambito romantico, Fussli per la sua percezione
del mistero.
D. - Lei è un uomo di destra. C'è un rapporto tra la sua
ideologia
politica e la sua pittura? E nel caso, di che genere ?
R. - In effetti un legame c'è, ma a livello di idee; non si
può
invece parlare di pittura impegnata. Infatti, seppure l'artista in
quanto uomo possa essere comunque impegnato, l'opera deve
prescindere da ogni finalità che la colleghi a qual cosa che non
sia di ordine estetico: mi riferisco a quella "autonomia dell'arte
come intuizione lirica" di cui parlava Benedetto Croce. Ad
esempio, io ammiro molto Guttuso, certamente non per le sue idee
politiche, ma perchè rende perfettamente il suo modo di intendere
il mondo e la vita attraverso il gioco delle masse, delle
superfici ed attraverso i rapporti cromatici.
D. - Come intende il momento della creazione ?
R. - Ritengo che il momento della creazione non sia un momento
riflessivo, ma istintivo: solo a posteriori è possibile fare
un'analisi dell'opera. Ad esempio, nei miei quadri le figure sono
quasi sempre librate nell'aria, ma neanche io so spiegare il
perchè. Forse, al di là dei condizionamenti ideologici
e culturali, che comunque nel momento della creazione non sono in
primo piano, si può fare un discorso di tipo psicologico senza,
però, portarlo all'eccesso.
A questo punto il professor De Franchi ci indica alcuni motivi
ricorrenti della sua opera quali, ad esempio, candele, finestre
sul cielo, che sono poi elementi fondamentali della sua pittura e
ci mostra alcuni dei suoi quadri preparati per l' ultima
esposizione:
"Arborum Christus", omaggio a Dalì;
"Quasimodea";
"Inquietudine" (1994);
"La caravella, ovvero l'attesa;
"L'eco del mare";
"Serie spazio-temporale: l'enigma egizio" (1994).
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