Quest' intervista ad Attilio Pierelli non è sicuramente esaustiva
del suo pensiero e della sua ricerca decennale; del resto riguardo
le sculture iperspaziali molto è stato detto, non solo da critici
dell'arte, ma anche e soprattutto da scienziati e matematici.
Giuseppe Arcidiacono srive: "Pierelli, con le sue sculture, è riuscito a rappresentare il sottile, profondo legame tra la realtà
e la sua immagine più o meno deformata che a noi appare mediante
la luce. Infatti, l'idea della fisica relativistica di Einstein
che la luce, a causa della sua velocità finita di propagazione,
produce tutta una serie di deformazione nelle misure spaziali e
temporali, viene espessa da Pierelli mediante le sculture nelle
quali le immagini riflesse e moltiplicate dalle concavità e
convessità, producono un continuo mutamento nella loro forma".
L'intervista che segue mette in evidenza solo superficialmente la
complessità dello studio artistico-scientifico di Attilio
Pierelli, rimandando ad una visita al Museo-Laboratorio di Bomarzo
una analisi più attenta della sua Cosmologia.
domanda:
qualcuno ha detto: " essere del proprio tempo vuol dire utilizzare
mezzi e cose della propria epoca ". Cosa l'ha spinta ad utilizzare
un materiale così contemporaneo e ricco di forza e spessore come
l'acciaio-inox?
risposta
Non sono del tutto d'accordo con questa frase perchè oltre ai
materiali che sono determinanti per le soluzioni tecniche bisogna
utilizzare le idee del proprio tenpo, il materiale è importante
solo per la realizzazione delle idee. Si può anche usare un
materiale tradizionale con idee nuove. Nel mio caso è pur vero
che realizzo solo idee nuove con un materiale e una tecnica
estremamente attuali. Ho scelto l'acciaio, infatti, perchè meglio
di ogni altro materiale realizza le mie idee, infatti è resistente
nel tempo, è uno specchio che dà sensazioni, che dà
l'idea di
spazio. Lo specchio di vetro è meno flessibile e non fa capire
cosa voglio dire sullo spazio.
D. Il trinomio suono-luce-movimento che possiamo vedere attraverso
le forme quasi immateriali delle sue opere è legato ad un senso di
precarietà e/o di relatività ?
R. Il 1994 è stato il centenario della nascita di Guglielmo
Marconi, che da giovanissimo intuì la possibilità di comunicare
a distanza senza l'uso di conduttori, sfruttando le onde elettro-
magnetiche scoperte da Hertz. Marconi per tutto il resto della
vita ha approfondito gli studi sulle radio-comunicazioni,
realizzando le proprie teorie. Quindi proprio quando io ero
piccolo si è passati a un nuovo tipo di scienza, ad una terza
fase: quella delle onde. Ecco perchè nella mia arte confluiscono
suono-luce-movimento. Voglio far comprendere il passaggio storico,
l'inaugurazione della fase della conoscenza umana verso
l'infinitesimo. C'è relatività ma non precarità, il mio
ruolo è di
anticipare ed evidenziare i fenomeni scientifici dando loro un
aspetto poetico.
D. La sua opera è la dimostrazione di un rinnovato rapporto tra
arte e scienza. Perchè, a suo avviso, negli ultimi decenni
c'è stato un avvicinamento sempre maggiore dell'arte alla ricerca
scientifica?
R. Ho letto di uno scienzato che ha evidenziato cellule ingrandite
e di un artista che aveva realizzato la stessa cosa nei suoi
quadri. Ciò dimostra che ci sono forme che possono essere
scambiate tra arte e scienza. Per me l'arte è stata sempre vicino
alla scienza, non si può parlare nel corso della storia di una
scissione, semmai di un allontanamento tra il Seicento e
l'Ottocento (sebbene anche anche in quei secoli è possibile
trovare legami) . Se l'arte infatti si staccasse dalla scienza ci
sarebbe una reiterazione vana di fatti estetici che non hanno
relazione con la conoscenza generale.
D. Nella sua arte c'è ricerca di convergenza tra bello e
razionale, tra estetica e scienza ?
R. Se ci fosse solo scienza sarei un tecnico e non ci sarebbe
arte, ciò che è bello in Van Gogh oltre che le sue
qualità artistiche è la sua malattia la sua visione esistenziale, il suo
essere artistico. L'arte non può essere solo estetica del bello,
deve avere anche una base razionale; ma non può essere nemmeno
solo scienza, deve essere anche poetica.
D. Gli affreschi medioevali avevano un linguaggio e un messaggio
specifico, oggi l'arte cerca ancora messaggi da comunicare, o è
fine a se stessa ?
R. Il messaggio prima era legato alla volontà dei potenti, ora
questo ruolo è passato ai mezzi di comunicazione. Il messaggio o
il linguaggio artistico oggi dovrebbero spingerci ad una presa di
coscienza interiore che ci permetta di superare la nostra
condizione umana. L'estetica è ancora l'unico posto tramite il
quale combattere la presunzione e il potere che ci schiaccia, è un
allenamento che dà la possibilità di riscattarci. Arte e
scienza
evidenziano la mancanza di conoscenza del reale e danno la
possibilità di capire se stessi e di superarsi.
D. Il rifiuto dell'informale e quindi della causalità e
dell'entropia è stato anche a favore di una indagine sulla
percezione del movimento: ora, i meccanismi della percezione,
oltre a rimandare al problema tra arte e scienza, pongono quello
della partecipazione dello spettatore. In che modo la sua opera
deve coinvolgere il fruitore ?
R. Ogni volta devo affrontare il problema di far comprendere le
mie sculture non solo attraverso quello che io chiamo il "plesso
solare", cioè l'emozione che viene nel vedere un qualcosa
d'istinto senza logica, ma anche tramite una preparazione
artistica e scientifica. L'arte contemporanea può essere difficile
da decifrare per chi non ha una preparazione estetica, ed il
rischio dell'arte è quello di diventare solo per élite. Chi
ha
studiato la storia dell'arte può forse capire in modo
più
approfondito la mia ricerca, non nego però l'importanza
dell'entusiasmo di chi non ha mezzi artistici a disposizione.
Alcune volte capita che la sensibilità di un artista e di uno
scienziato si incontrino e si sovrappongano perfettamente
ignorando o meno l'uno l'esistenza dell'altro. E' il caso di
Attilio Pierelli che "ha colto nel suo immaginario poetico una
ricchezza figurativa, un salto dimensionale che apre le sue porte
su un universo geometrico straordinariamente ricco e,
paradossalmente, più intelleggibile" (Franco Ghione).
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