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La tomba porfirea di Re Ruggero II  
Michele Guarneri
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 139 (10 marzo 1997)
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Nel corso del Medioevo, l'impiego del monumento e dell'architettura sepolcrale, come forma di autorappresentazione sociale tipica dell'antichità, ricomincia, seppur gradualmente, a prendere piede in un'area geografica comprendente, grosso modo, tutta l'Europa Occidentale. Durante l'espansione normanna in Francia, i primi passi in questa direzione vengono compiuti grazie alla decisione presa dal vichingo Rollone (+ 932) e da suo figlio Guglielmo Lunga Spada (+ 943) di farsi seppellire entrambi, nella cattedrale di Rouen 1 . A distanza di una generazione, sulla scia di tale esempio, la chiesa abbaziale della Trinitè a Fecànt diventa luogo di sepoltura per numerosi duchi normanni.

Nel caso più specifico dell'Italia meridionale, l'abbazia della SS. Trinità di Venosa, punto cardine per la devozione religiosa degli Altavilla, viene prescelta, nel 1069, da Roberto il Guiscardo 2 come luogo deputato ad accogliere la sua tomba e quella dei suoi discendenti. L'importanza di tale iniziativa diventa più rilevante se consideriamo anche il fatto che, proprio a partire da questo momento, la rappresentazione sepolcrale diventa un indispensabile strumento di autocelebrazione per le generazioni seguenti.

La conquista della Sicilia, i dissapori del Conte Ruggero con i suoi fratelli ed infine il forte desiderio di prestigio e di affermazione del potere nei confronti degli altri regnanti europei, inducono Ruggero II ad edificare il duomo di Cefalù con lo scopo di farne un sepolcreto reale. Tale volontà, espressa nel diploma di fondazione dell'edificio sacro, risalente al 1145 3 , si concretizza con la predisposizione di un apposito spazio nei bracci del transetto e vicino al coro per la sua tomba e per quella identica, ma vuota, messa a disposizione dei suoi successori. Quest'ultima, affidata dal popolo palermitano all'ammiraglio Ruggero di Loria 4 , col compito di farla giungere in Spagna, viene utilizzata, nel 1285, subito dopo il suo arrivo, per accogliere le spoglie dell'appena defunto re di Sicilia, Pietro I d'Aragona.

La decisione di seppellire nella capitale del regno i resti di Ruggero II, morto per febbri il 26 febbraio 1154 5 , infligge un durissimo e inaspettato colpo al duomo di Cefalù che perde definitivamente il suo primato di luogo memoriale e funebre. Tale circostanza si rivela, invece, molto favorevole all'arcivescovo di Palermo Walter of Mill che in questo modo, assicuratosi l'ambita sepoltura, fa acquisire alla cattedrale palermitana una notevole autorevolezza e una posizione di supremazia nei confronti di quella cefaludense. La salma del sovrano siciliano viene, quindi, tumulata in un'urna, di cui si sconoscono forma e ubicazione. Si tratta chiaramente di una sistemazione provvisoria, utilizzata presumibilmente sino al 1170 data in cui il tempio viene riedificato ed ampliato dall'arcivescovo Walter of the Mill 6 . Purtroppo, ancora oggi, si ignora, pure se nel periodo in cui si compiono i lavori, il corpo di Ruggero II rimane al suo posto oppure se viene portato altrove.

Si deve attribuire all'imperatore Federico II di Svevia 7 il merito di essere riuscito, durante il 1209, nell'impresa di far trasferire i due sarcofagi dal duomo di Cefalù a quello di Palermo e di avere ottenuto, nello stesso tempo, in cambio della cessione alla Chiesa cefaludense del feudo di Coltura, l'annullamento della scomunica inflittagli dal vescovo, per punire quel gesto alquanto spregiudicato.

Dopo circa un cinquantennio, con la dislocazione dei sarcofagi porfirei nella navata di destra, vicino al coro e di fronte alla corrispondente abside denominata Cappella del Sacramento 8 , Manfredi pone termine, almeno per qualche secolo, alle travagliate vicende che hanno accompagnato la sepoltura del suo trisavolo. Rispetto al nuovo sito, il sacello di Ruggero II si trova posizionato di lato e di seguito a quello di Costanza I, in modo tale da far risultare le due urne disposte sotto un unico baldacchino, sostenuto da sei colonne e accomunate, nel contempo, dallo stesso basamento marmoreo di colore bianco munito di tre gradini di accesso. Se poi leggiamo la descrizione fatta da Mongitore 9 a proposito del luogo funebre, apprendiamo anche la notizia dell'esistenza di una cancellata di protezione in ferro e delle preziosissime tende in seta, con ricami aurei, agganciate ad anelli mobili, lungo aste di metallo, a loro vota, fissate tra i capitelli e la copertura.

E' difficile stabilire se i motivi che determinano la scelta del porfido siano dovuti ad un grande desiderio di emulazione del sacello di papa Innocenzo II 10 o più semplicemente, ai suggerimenti dei consiglieri greci al sovrano siciliano, di certo non possiamo ignorare che questo tipo di marmo trova largo impiego, in particolar modo, nei sepolcri del regno insulare fino allo scorcio del XII secolo.

L'evidente richiamo della sepoltura ad una certa aulicità, di sapore classico, si può cogliere appieno nella sua copertura a baldacchino, la cui conformazione a sei colonne costituisce senza dubbio, un elemento inusuale nel contesto dell'arte medievale sepolcrale 11 . La possibilità di vedere, intorno alla metà dell' XI secolo, a Roma, tombe come quella che si conserva nel nartece della basilica di S. Lorenzo fuori le mura, con tetto a forma di tempio classico e il Chantarus sormontato dalla grossa pigna bronzea, nell'atrio dell'antica basilica di S. Pietro, non esclude l'ipotesi di una loro significativa influenza sugli artisti siciliani 12 . L'esempio più calzante sembra però essere costituito da un disegno raffigurante la sepoltura di Goffredo di Buglione (+1100), nella Cappella del Calvario a Gerusalemme 13 , inequivocabile testimonianza della presenza del baldacchino libero sorretto da sei colonne. Alla luce dell'importanza attribuita, per citare qualche esempio, nei dittici del console Boezio 14 e nei rispettivi troni reali della Cappella Palatina di Palermo e del duomo di Monreale, anche il timpano, componente peculiare di questa struttura, vuole rappresentare, in quel contesto, un evidente riferimento alla simbologia del potere imperiale.

Nel 1713, la parte dell'arca sepolcrale, che ne chiude il suo lato posteriore, viene prelevata e portata a Torino su disposizione di Vittorio Amedeo di Savoia giunto a Palermo per essere incoronato re di Sicilia. Al suo posto, si installa una tavola di legno 15 che vi rimane sino ad un periodo di tempo compreso tra il 1781 e il 1816, quando riappare la sponda mancante 16 . In occasione dei lavori di ammodernamento della cattedrale di Palermo, iniziati nel 1871 e affidati al Fuga, la tomba di Ruggero II viene ancora una volta rimossa e sistemata nella campata della navata laterale destra tra l'ingresso principale e il portico meridionale adiacente ad essa.

Da un suo primo esame, nei sostegni di marmo bianco dell'urna, scorgiamo la presenza di quattro figure umane inginocchiate, nell'atto di sostenere un enorme peso ( fig. 1). Queste sculture, della stessa fattura dei capitelli del duomo di Cefalù, mostrano anche stretti legami tematici e stilistici con quelle della cosiddetta Cattedra dell'abate Elia, nella chiesa di S. Nicola a Bari 17 . I due supporti, arbitrariamente collocati dal Fuga alle due estremità del sarcofago e quindi soggetti a sopportare un peso maggiore, hanno subìto lo sgretolamento di alcune loro parti andate perdute. I disegni di Danieli 18 e l'esistenza di quattro fori, tracce dell'antica collocazione dei sostegni, provano la maggiore vicinanza verso il centro delle due basi. Al di sopra di esse, poggia una bianca e massiccia lastra marmorea, dal bordo decorato a foglie in rilievo entro formelle geometriche, sulla quale si ergono le rosse sponde porfiree del sarcofago chiuse da un coperchio spiovente. Il sacello si trova al centro di un basamento, rivestito da lastre levigate e lucidate di lumachella grigia proveniente da Cefalù, sul quale si innalzano sei colonne di marmo bianco, tre per ciascuno dei lati maggiori del baldacchino. Quattro di esse, sono ornate da fasce a zig-zag alternate da musivi intrecci geometrici, le restanti due, invece, mostrano motivi romboidali

( fig. 2). Capitelli corinzi di gusto classicheggiante, ma di epoca posteriore, sorreggono l'architrave anch'esso impreziosito da decorazioni musive e sovrastato da una cornice dalla quale si affacciano sporgenti foglie di acanto ( fig. 3). La copertura a baldacchino è costituita da robuste lastre di marmo bianco a due falde, sostenute da travi inclinate e divise all'interno da quattro scomparti per lato, con mosaici raffiguranti eleganti disegni geometrici.




NOTE

1 HERKLOTZ I., Lo spazio della morte e lo spazio della sovranità, in I Normanni. Popolo d'Europa 1030 -1200, catalogo della mostra a cura di D'Onofrio M., (Roma 1994), pp. 321-330.

2 HERKLOTZ I., Lo spazio della morte e lo spazio della sovranità, op. cit., p. 321.

3 PERRICONE E., La tomba porfirea di Ruggiero II, Palermo 1916, p. 16; PIRRI R., Sicilia Sacra, vol., II, Palermo 1733, p. 800.

4 ZANCA A., La cattedrale di Palermo, Palermo 1952, p. 126.

5 CASPAR E., Roger II (1101-1157), Innsbruck 1904, reg. n. 255 a.

6 PERRICONE E., La tomba porfirea di Ruggiero II, op. cit., p. 9.

7 MONGITORE A., Bullae, privilegia et instrumenta panormitanae ecclesiae, Palermo 1734, p. 72.

8 PERRICONE E., La tomba porfirea diRuggiero II, op, cit., p. 21.

9 MONGITORE A., La Cattedrale di Palermo, Ms. della Biblioteca Comunale di Palermo ai segni Qq. E. 3., p. 415.

10 DEER J., The dynastic porphiry tombs of the norman period in Sicily, Cambridge (Massachusetts) 1939, pp. 154-165.

11 HERKLOTZ I., Lo spazio della morte e lo spazio della sovranità., op. cit., p. 326.

12 DEER J., The dynastic porphiry tombs of the norman period in Sicily, op. cit., p. 35.

13 LIBRERIA VATICANA, Ms. Latino 9233, f. 103.

14 MUSEO CRISTIANO di BRESCIA.

15 MONGITORE A., La Cattedrale di Palermo, Ms. cit., p. 115.

16 PALERMO G., Guida di Palermo, Palermo 1858, p. 296.

17 ROMANINI M A., ANDALORO M., CADEI A., GANDOLFO F., RIGHETTI TOSTI CROCE M., L'Arte Medievale in Italia, Firenze 1988, p. 357.

18 DANIELI F., I Regali sepolcri del Duomo di Palermo riconosciuti e illustrati, Napoli 1784, p. 147 e sgg.



	

fig. 1

fig. 2

fig. 3

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