I festeggiamenti del carnevale nella Roma del Rinascimento erano un'occasione per misurare la ricchezza e l'opulenza della città e mostrare la grandezza del papa che la governava. L'abbondanza e la munificenza mostrate in occasione dei festeggiamenti di carnevale potevano dare al giudizio popolare l'impressione di una diffusa prosperità della città eterna.
Non a caso, infatti, dopo le felici parentesi di papi come Giulio II e Leone X, nella Roma traumatizzata dalle tristi vicende del Sacco, il carnevale non venne quasi più festeggiato fino all'elezione di Papa Paolo III Farnese, papa dal 1534 al 1549, che venne salutato come iniziatore di un nuovo " secol d'oro ", di un'età di pace, giustizia e abbondanza.
Paolo III, seguendo l'esempio dei suoi più splendidi predecessori, durante il suo pontificato colse per tre volte (nel 1536, nel 1539 e nel 1545) l'occasione di dare sfoggio di magnificenza in occasione dei festeggiamenti di carnevale utilizzando alcuni tra i migliori artisti del tempo per realizzare apparati e carri trionfali decorati con pitture e sculture, capolavori effimeri di cui ci resta solo qualche progetto grafico.
I festeggiamenti si tenevano in due luoghi ben precisi: piazza Navona, dove venivano fatti sfilare i carri trionfali (come succede ancora oggi a Viareggio e in altre città ) e Testaccio (che però nel 1539 venne sostituito da piazza San Pietro), dove si teneva la tradizionale festa con il palio delle carrozze e la giostra dei tori
Paolo III, al secolo Alessandro Farnese, pontefice di grande cultura, nato nel 1468, allievo dell'umanista Pomponio Leto ed educato alla corte di Lorenzo il Magnifico, amava le commistioni colte tra il mondo classico e il mondo cristiano ed era uno dei più tenaci difensori dell'idea della continuità della grandezza della Roma dei Cesari e della Roma dei papi. Le sfilate dei carri trionfali, come già era successo durante i pontificati di Alessandro VI, di Giulio II e di Leone X, fornivano molti spunti per esaltare il papa, la sua famiglia e la sua politica con riferimenti biblici, allusioni alla storia antica e citazioni dalla mitologia.
Le sfilate erano organizzate come dei veri e propri trionfi antichi e presentavano in ordine di parata il Capitano del Campidoglio, i Conservatori, I Caporioni, i rappresentanti delle diverse arti e le rappresentanze dei rioni della città.
I riferimenti simbolici destinati a ricorrere costantemente in tutti gli apparati trionfali dei carnevali di Paolo III erano quelli alla lotta contro i turchi che minacciavano le coste italiane e la stessa Roma, alla lotta contro i luterani che minacciavano l'unità della Chiesa e alla politica papale di mediazioni e di pacificazione tra il re di Francia e l'imperatore.
Il carnevale del 1536 fu dedicato alle gesta dell'antico console romano Paolo Emilio sia per alludere al nome del papa, sia perché (come riporta una cronaca dell'epoca) era uno dei primi grandi uomini dell'antica e vittoriosa Roma che si apprestava a dominare il mondo.
Nel 1539, invece, il carnevale venne dedicato ai festeggiamenti per il recente matrimonio tra Margherita d'Austria, figlia dell'imperatore Carlo V e Ottavio nipote del Papa, matrimonio da cui i Farnese speravano di ottenere un principato che li facesse entrare tra le grandi famiglie regnanti d'Europa.
A Margherita era dedicato il carro del rione Ripa, dove compariva un suo ritratto, alcune statue di imperatori della casa d'Austria e una grande luna che coronava tutto l'apparato. A Ottavio Farnese, in atto di ricevere Margherita, era dedicato il carro del Rione della Regola (carro del papa) dove erano rappresentati Orazio Coclite, Muzio Scevola, Clelia, insieme a personaggi della casa Farnese. Il carro della Regola era sormontato da un gran sole che alludeva direttamente al papa così come la luna alludeva all'imperatore.
La volontà simbolica era quella di riferirsi all'antica teoria del sole e della luna (già criticata da Dante) che accreditava la superiorità del papa sull'imperatore; secondo questa teoria, infatti, l'imperatore riceveva il proprio potere dal papa come la luna riceve la sua luce dal sole. Paolo III, dunque, celebrava le nozze del nipote ma non perdeva l'occasione (anche durante i festeggiamenti del carnevale) per ribadire l'importanza del suo ruolo di arbitro della politica europea e di capo della Chiesa.
Gli altri carri mostravano la statua della Fortuna, Saturno che accolto da Giano portava nel Lazio un'età dell'oro (allusiva al felice regno di papa Paolo), i templi di Bellona e del Buon Evento, Ercole e il Leone Nemeo e altre scene tratte dalla storia romana e dalla mitologia con costanti riferimenti simbolici alla lotta contro i turchi, agli eretici e alla pace tra i re cristiani. L'ultimo carro era quello del rione Monti, che rappresentava la Roma trionfante, seduta sui sette colli.
L'ultimo grande carnevale del pontificato di Paolo III fu quello del 1545, in cui sfilarono quattordici carri, (quelli di tutti i rioni della città e quello del papa), ancora una volta tutti dedicati alla pace tra i principi cristiani, e alla lotta contro i turchi e gli eretici.
Più di centomila scudi vennero spesi per questa festa che si mosse dal Campidoglio per arrivare a Piazza Navona; Paolo III, che nel 1536 e nel 1539 aveva assistito alle sfilate da Castel Sant'Angelo, ammirò questa da Palazzo Farnese, ormai a buon punto di costruzione. Lo stesso pontefice volle partecipare simbolicamente alla parata con il carro conclusivo, in cui, a suggello celebrativo della festa, era posto un suo ritratto nelle vesti di pacificatore.
Dal 1545, fino alla morte di Paolo III, il carnevale non venne più festeggiato con lo stesso splendore, con quella magnificenza che aveva fatto scrivere, all'anonimo autore di una cronaca del 1536, di una nuova primavera, scaturita sotto il pontificato del papa Farnese, momento di gioia per tutta la cristianità e per la città di Roma che gli appariva come un campo riscaldato dal sole, dopo i rigori del trascorso inverno.
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