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La Sinopia Topografica dell'antica Forma Urbis e la Pianta di Roma del 1748  
Piero Meogrossi
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 22 Marzo 2004, n. 359.
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La topografia pone a registro i luoghi del territorio e li rende orientabili rispetto alle emergenze di terra come a quelle d'acqua tramite l'essenziale segno di riferimento della Tramontana, la declinazione strategica che talvolta si dimentica di citare finanche sui documenti di archeologia.

La pianta di Nolli invece, per la prima volta nella storia della rappresentazione cartografica, esplicita tale direzione e pone a riconoscimento la misura che sostanziando la differenza tra Nord magnetico e Nord astronomico ha permesso di trasmettere a imperitura memoria gli orientamenti della sua pianta.

In tale modo i segni del labirinto composto in antico tra terra e cielo possono ritrovare le complesse interrelazioni del racconto antico specie quando ragioniamo con l'ordine di misure del cielo ribaltate in terra mediante calcoli semplici che però oggi si mostrano ancora assai utili.

La città antica strutturava la misura dell'esistere, rappresentava cioè l'oikos-nomos, la misura della casa che Piranesi trasforma in un ludus magnus fatto di pezzi tipologici, topologici, un grande gioco topografico insomma, un topos per i bisogni collettivi a cui bisognava restituire senso e significato.

I frammenti della Forma della Roma d'epoca Severiana ben si prestarono a simili interpretazioni e quel ricomporre codici marmorei avrebbe indirizzato proprio Piranesi ad approfondire la natura dello spazio urbano, lo stesso che nel 1748 Nolli  andava a rivisitare e rappresentare.

Mentre i tracciati simbolicamente precostituiti venivano ripercorsi misurazioni di modernità impostavano ancora l'ordine ed il peso di una Roma consacrata ab antiquo come luogo in cui il rituale topografico era stato concepito come atto sinergico di religio a religando.

Ancor prima di concepire con le geometrie gli ordini qualitativi del calcolo di misura l'architettura monumentale rimandava al monitum della storia e le stratigrafie materiali ereditate continuavano a proporre al secolo dei lumi il disegno antico da eseguire ancora una volta ma con estrema precisione.

I ruderi scenografici ed il racconto urbano accompagnano la rivisitazione del Nolli  che muovendosi tra i luoghi prestigiosi disegnati da Piranesi non sempre li trova del tutto dissepolti anche se ormai la moderna scienza topografica è matura per agire con metodo per il registro delle antiche connessioni.

Il territorio si rende finalmente comprensibile e la complessità della sua traduzione planimetrica mostra regole capaci di sfruttare le emergenze antiche che, delineato il piano generale coi disegni di invenzione, iniziano i topografi alla comprensione delle posizioni dominanti dei traguardi recuperati.

I nuovi caposaldi impiantati svolgono misurazioni accurate dentro e fuori le rovine andando a comparare gli studi dei primi veri topografi di Roma, gli illustri eruditi come Raffaele Fabretti l'abate Bianchini che appena pochi anni prima disegnavano e studiavano gli stessi siti prestigiosi.

Eppure solo verso la metà del secolo XVIII Nolli, agevolato dall'enorme sviluppo delle scoperte scientifiche del suo tempo, saprà come rendere la pianta di Roma vero documento di modernità e, probabilmente senza precisa cognizione, fa riemergere gli studi per il sapere topografico antico.

Il riposizionamento dell'urbs antica su quella moderna viene espresso in rapporti perfetti e ciò agevola il viaggio di chi studiando intende riscoprire la storia topografica di Roma, un'azione maieutica praticata con la cartografia rimette dunque in movimento il progetto della conoscenza.

Di fronte alla mappa del Nolli ci rendiamo conto che idealmente quanto fisicamente essa si rivela strumento utile per lo studioso come per il viaggiatore del gran tour romano, e l'aver superato essa i confini del tradizionale rilievo col calcolo trigonometrico ridimensiona finalmente il registro tecnico.

Mentre ancora si attrezzava il campo dell'archeologia la mappa diventava guida e catalogo per una disciplina ancora giovane e nel mentre aiutava l'erudito come gli appassionati di Roma antica a mantenere viva la memoria dei luoghi grazie alla sua estrema chiarezza nella rappresentazione.

Ogni testimonianza fisica diventa soggetto di una politica conservativa che si integra col racconto topografico della storia così che la stessa orografia, preservata da misurazioni essenziali e da un disegno scientifico, riesce ad esprimere per la prima volta forme essenziali per una tutela privata.

Sebbene privata delle quote altimetriche la pianta del Nolli offre un quadro catastale estremamente dettagliato e l'inserimento innovativo dei simbolismi grafici completa le informazioni aggiungendo alla forma del territorio misurazioni la cui diversa lettura ci ha portati alla comprensione della città.

Palazzi, strade, monumenti e finanche i campi coltivati con gli alberi disegnati uno ad uno concorrono a costruire forma unitaria, ma il quadro impostato seppur unitariamente da Nolli non riesce del tutto a palesare la verità del codice  urbano a causa della sua mancata evidenziazione.

La sinopia della forma urbana rimane insospettata, essa resta sommersa nel vasto quadro delle informazioni che Nolli impianta sopra il campo di una Roma del settecento a cui si impongono strumentazioni in perfetto equilibrio di calcolo senza riuscire a cogliere la topografia ab origine.

Sono i livelli della rappresentazione topografica ad imporre l'ambiente antropizzato, a documentare il paesaggio urbano e, nonostante il momento storico fosse quello della ricerca della classicità, a materializzare in concreto memorie dell'antico senza però riuscire ad istruire il disegno antico.

Forme spaziali scomparse, differenze tipologiche ancora in grado di stabilire livelli di continuità scientifica col proprio passato, innescano però il processo di visibilità ed attorno alla comunicazione grafica del Nolli ruota un mondo in apparenza perduto le cui forme si vogliono preservare.

Così la pyramidis Scipionis del campo Vaticano, la famosa meta Romuli lungo la via Triumphalis, un tempo si confrontava col tracciato del Borgo Vaticano per legarsi al castello della mole Adriana adesso si delinea solo come direttrice che dal versante trans Tiberim scende fino al Campo Marzio.

Senza poter ridare visibilità e sequenza ai monumenti di Augusto del campo Marzio Nolli però riesce a recuperare luoghi e monumenti perduti rendendo riconoscibile la grandiosità del tracciato urbano misurabile attraverso la legge del N astronomico e del suo riferimento lungo l'est-ovest.

Quel simbolico axis equinoctialis urbis, sequenza ed ordine piramidale descritto nella scultura bronzea della porta di S.Pietro cesellata dal Filerete che a suo modo associava la città alla croce del martirio di S.Pietro, tornava di nuovo alla vista ricreando il senso di una topografia sacra ed antica.

La scienza topografica del Nolli permette di associarci a quel documento al pari della suggestione grafica di Piranesi che, al momento di trattare la sua Icnhographiam Campi Martii , aggiorna i luoghi in modo da farli apparire mondi di pianeti, orbite, geometrie tutte animate con precisa regola.

I tanti luoghi del medesimo labirinto sacrale componibile tra terra e cielo avrebbero potuto rappresentare le tante rifondazioni operate nella città ragione questa in più per Nolli e Piranesi a proseguire il progetto topografico impostato col piano di Sisto V per la tutela all'antico.

Segno di arrivo per i simboli giudaico cristiani di Roma si rappresenta tramite la via Triumphalis che sceso il monte Gioia, l'odierno monte Mario, raggiungeva in antico il caposaldo della meta Romuli che in Vaticano poneva il segno di partenza per dare orientamento all'axis equinoctialis urbis.

L'impianto topografico, regolamentato dall'obelisco innalzato dal Fontana nella piazza S. Pietro, nel passato aveva avuto riferimenti precisi con il mausoleo di Augusto e col famoso orologio connesso all'Ara Pacis, un Campo Martio legato in perfetto accordo col tracciato della via Lata.

Obelischi come quello ritrovato nello scavo di Monte Citorio, tessuti delimitati e delimitanti i maggiori monumenti di Roma sembravano indicare un magico accordo nella rete topografica antica, tanto che quella grandiosità imponeva a Nolli di operare per via topografica con l' astronomia.

Pochi decenni prima del lavoro del Nolli peraltro l'abate Bianchini, soprintendente alle antichità del Palatino, archeologo-topografo ed astronomo si sarebbe adoperato a tarare il cielo ed il tempo dovendo valutare su Roma i ritardi maturatisi in ragione della Pasqua.

Nel 1582 i calcoli avevano stabilito in circa dieci giorni la discrepanza temporale accumulatasi con il calendario cesariano ed ora, il bisogno di nuove misurazioni per porre a registro l'asse equinoziale di Roma, e di conseguenza il Nord astronomico, diveniva riferimento pratico e non solo per Bianchini.

Il fatto che il Nord fungesse dagli inizi del secolo come riferimento stabile per ogni calcolo topografico ed astronomico la dice lunga sulle ragioni che spinsero Nolli a riferirsi alla posizione del cielo fissata nel 1702 proprio da Bianchini con la meridiana da lui impiantata a S. Maria degli Angeli.

La pianta di Nolli nel 1748 diventava ancor più significativa avendo ricevuta motivazione dal calcolo astronomico che spiegava come compiere la renovatio urbis del tempo dei lumi, come celebrare il connubio perfetto e proporre rivisitazione della topografica con l'astronomia di Newton.

La città e la sua mappa, entrambe rappresentazioni delle novità di scienza aprivano al riconoscimento di una forma per Roma antica, futuro carattere unitario da assegnare a misure di ordine scientifico, misure riproducibili sotto gli auspici di una nuova scienza cartografica.

La narrazione dei tessuti romani coordinati alle misure di un allineamento strategico prefissato sul piano della città (si pensi esemplarmente al ruolo direttore assegnato alla meridiana del Bianchini prima ricordata) avrebbe quindi dato supporto e non occasione al disegno cartografico del Nolli.

Senza poter tener conto della effettiva presenza di un codice di sistema a rete, una sinopia antica a quel tempo inimmaginabile per Nolli, egli dava riassetto integrale alla città ed al tempo stesso, seppure involontariamente, gettava le premesse per ottenere la  chiave della reale Forma Urbis.

La nostra ricerca, tutta orientata al riconoscimento assiomatico di un Axis perpendicolare alla giacitura della antica via Lata (la moderna via del Corso), è il filo d'Arianna che penetra l'intero labirinto urbano ricercando persino nell'orientamento delle dodici tavole della pianta del Nolli.

La tesi, un assioma al limite del credibile, si caratterizza in ragione di quell'univoca direttrice rilevata come giacitura di massima precisione sul campo urbano, una misura che emerge chiara anche dalla pianta del Nolli e dà riscontro ai centri di nodi importanti della Roma imperiale.

Tali caposaldi antichissimi sono posti non casualmente sul Palatino, dentro la valle del Colosseo, sul colle Oppio e vennero tutti resi commensurabili grazie al Nolli quando nella topografia tecnica adottata si poteva già al suo tempo, leggere il senso diacronico del divenire storico urbano.

Quel valore di sinopia misteriosa svela la continuità nell'urbanistica di Roma testimoniata anche nel piano Sistino messo in atto dal Fontana la qual cosa rende quel modello di topografia incunabolo antichissimo che, almeno per la via topografica, non poteva di certo sfuggire a Nolli.

La matrice misurabile è da far risalire addirittura all'età romulea e dalla mappa del Nolli essa traspare come vero e proprio DNA topografico della città, mentre la ricerca di oggi si avvale dei dati dell'astronomia che dominava il cielo di Roma dell' VIII secolo.

L'azimuth per quell'Axis che attraversa il campo della città è pari a 70º 24' gradi Nord (mutando convenzione il valore può riscontrarsi come 18º 37' N-NE) e la sua misura sul planimetrico sembrerebbe coincidere col calcolo dell'amplitudine astronomica riferita alla levata eliaca.

Tale orientamento sembrerebbe rimandare inoltre al famoso periodo vernale dell'ultima decade di Aprile, un preciso tracciato riferibile alla misura del sole di un arcaico XXI Aprile, ricordato come giorno della fondazione della città.

In quel momento specifico un altro processo astronomico si manifestava sopra l'orizzonte del cielo di Roma in quanto axis immateriale derivato dall'allineamento in cielo dei sette pianeti conosciuti.

L'evento, desunto da software astronomico mandato a ritroso nel tempo fino al XXI Aprile del 753 a.C. esplicita e testimonia quindi dell'esistenza del codice topografico, lo stesso che ci rimanda il ricordo delle famose XI calendas Maias narrate da Varrone a proposito del dies natalis di Roma.

Il lavoro di Nolli, quasi fosse la sinopia di modernità per un grande affresco della storia antica della città, riesce a far trasparire la precisione di quel tracciato che emerge imperioso dalla scienza del passato di Roma e ci fornisce la chiave per interpretare meglio il futuro.



Nota

Codesto intervento è stato letto nel convegno Giambattista Nolli, Imago Urbis and Rome, Roma, The Studium Urbis, Palazzo della Cancelleria, John Cabot University, 31 maggio - 3 giugno 2003.






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