«Il significato del mio lavoro sta tra quello che è leggibile e quello che non è leggibile». La lettura, appunto, punta della scrittura, ma che nulla ha a che vedere con lo scritto, con quanto si espone nella pagina e attende di essere tradotto in un'altra lingua. A una lettera non corrisponde un suono e a un segno non corrisponde una lettera. Ma se infiniti elementi si combinano fra loro, se gli strumenti della scrittura si trovano lungo un itinerario, si raccolgono durante il viaggio, si compongono sulla carta - che sia pagina, foglio, tela è una variazione - se si fanno di parole, di lettere, di simboli, di segni, di mappe, di architettura, di costruzione, di accostamenti, di integrazioni, di richiami, di annotazioni, forse, la parola trova il modo di scriversi, trova la sua struttura, approda alla sua qualità.
«Tra il momento in cui uno pensa e quello in cui scrive appaiono interferenze notevoli. Mi preme (...) il passaggio che avviene allorché il pensiero si traduce in un segno grafico». Questo è quanto dice Vincenzo Accame, con alcune sfumature, negli anni, del suo lavoro. Gli preme formalizzare una logica, intendere la struttura, disegnare la mappa di quel che accade nel processo della scrittura. Come ? Basta uno scritto ? Basta un disegno ? Sono sufficienti i simboli e lettere di cui convenzionalmente ci serviamo per scrivere pensieri convenzionali ? E tutto quanto non è scrivibile dove va ? Resta nell'aria o si scrive in un modo altro. Qual è questo modo ? Il "passaggio" è scritto «allorché il pensiero si traduce in segno grafico» ? Il segno grafico costituisce la scrittura che si vede o è la traccia da cui procede il pensiero che opera alla scrittura ? E come si scrive la parola ?
Prima, dopo e accanto a Accame scrittori, poeti, artisti scienziati hanno cercato di scrivere l'indescrivibile, di leggere l'illeggibile, di trasformare una cosa nell'altra, di dare forma e sostanza a una cosa e all'altra. E sempre riportandola su un piano, sempre rendendo visibile un piano rispetto all'altro, sempre pensando lo strato come piano e procedendo per sovrapposizione piuttosto che constatando per stratificazione. Testo o tavola: sempre per sovrapposizione, che sia visibile e comunque toccabile, comprensibile, che costituisca quello scritto, quel dipinto. Sottoposto a commenti, critiche, interpretazioni. Poiché la stratificazione, invece, non determina gli interstizi, non chiarisce e non spiega le combinazioni, non si svolge in orizzontale, ma si sviluppa in verticale e secondo un tracciato che segue curve, ellissi, iperboli, fino a disegnare una spirale.
E comincia così Vincenzo Accame. Per esempio, nell'opera n. 1 dal titolo Puntualizzazioni esistenziali, uno strato dove soltanto un punto diviene condizione di quanto, da ora, avrà modo di svolgersi. Poi, l'impossibile grafica dell'apertura, che noi solo per adesso penseremo come un angolo per dire che essa è giuntura e separazione, non potrà chiudersi la separazione perché avremmo la linea, come nella n. 7, e non potrà aprirsi la giuntura, perché avremmo le paralellele, come nella n. 4, né potrà congiungersi la giuntura con la separazione, se non per ritrovarsi poi nella perfetta padronanza del cerchio come nella figura n. 6. Ma già una traccia ironica nella n. 13, Sovrapposizioni, dove il sopra, il sotto, il dentro (oppure il sotto, il dentro, il sopra), non si sovrappongono coprendosi, ma si combinano integrandosi.
Un altro capitolo. Un'altra pagina. Le opere che vanno dal n. 19 al n. 24. Vincenzo Accame si è formato come redattore. Ha lavorato per molti anni nelle case editrici. Due Pagine, Frammenti di pagine, Pagine nella n. 24, impaginazione, pagine stampate, in attesa della piega, del taglio, della legatoria.
Ma, per sua la scrittura, Accame prova un'altra combinazione. La trovata di Leonardo da Vinci era stata quella di scrivere da destra verso sinistra, la nota scrittura a specchio. Specchio s'intitola l'opera n. 14 di Accame: come una cosa che si specchia nell'acqua, diritto e rovescio, sopra e sotto, e il margine è la riva o la piegatura del foglio con la scrittura a impressione. Specchio, piega, strati, combinazioni, l'opera n. 16 li comprende tutti in un'articolazione ancora più complessa e tuttavia ordinata, regolare, precisa: quasi lo schema di una logica.
«Che cosa differenzia l'idea di un colore dall'idea di una parola ? Come trascrivere in parola, come realizzare sulla carta questa idea che non sappiamo?». Se la scrittura non si muove tra le facoltà del volere, potere, sapere, dovere, quanto passa nella scrittura non è scritto perché non abbiamo potuto né voluto scrivere. Passa tra le righe, tra una parola e l'altra, nelle pause, nella pagina, «è il modo stesso di disporre i vari tipi di segni (linguistici e no) sulla carta e sulla tela, i vari interventi di colore, le varie modulazioni degli spazi». Come ? Per esempio, come nell'opera n. 30 dal titolo Tre capitoli. Oppure nella n. 38 Nove metafore come scrittura. Passa attraverso il numero. Tre o nove indicano qui una partitura, una integrazione, un'indicazione di lettura. Non vogliono significare niente, se non una serie che svolge una struttura linguistica.
Il libro
Vincenzo Accame: Pittura come scrittura, catalogo delle opere, Milano, Spirali, 2003.
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