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Santa Maria Antiqua: Chiesa Bizantina a Roma 1  
Loredana Angiolino
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 23 Aprile 2004, n. 363.
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Area Restauro

L'intraprendenza e la competenza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e di istituzioni private, nel presupposto di un eccezionale disegno promozionale, hanno determinato la riapertura, in corso di restauri, di Santa Maria Antiqua, la più importante chiesa del Foro, preclusa all'attenzione del pubblico da circa 20 anni.
La valenza di tale evento è determinata dal fatto che l'edificio è uno dei più antichi monumenti cristiani del Foro Romano e conseguentemente, ai suoi elementi strutturanti e decorativi, che ne segnano e scandiscono lo spazio, è affidata la funzione emotiva e il compito di guida alla comprensione dell'azione religiosa e culturale cui era finalizzata la costruzione. La scelta del come intervenire su di essi - anche se il tempo, i crolli, l'umidità e l'abbandono hanno provocato gravosi danni -  riveste quindi un'importanza decisiva per il godimento pieno dell'ambiente e per il coinvolgimento totale del frequentatore.

L'occupazione bizantina di Roma del 552 d.C. comporta la istantanea restituzione alla città di opere pubbliche di più immediata necessità: risorgono le mura, vengono riparati i principali acquedotti e i ponti direttamente collegati a importanti vie consolari. In seguito al processo di cristianizzazione già iniziato da Felice IV (526-530) inoltre, i luoghi di culto sorti fino ad allora in quartieri periferici vengono ora a concentrarsi nel cuore di Roma antica con la riutilizzazione di parte di edifici preesistenti. I segni di questo accrescimento urbanistico sollecitano l'attenzione dei Bizantini, sotto il regno dell'imperatore Giustino II,  per Santa Maria Antiqua, che ricavata dal nobile ambiente dell'aula di rappresentanza dei palazzi imperiali di Domiziano (81-96 a. C.) - uno spazio composto da un atrio, da un'ampia aula a nord e da un quadriportico attorno a un vano scoperto, oltre a tre ulteriori stanze-  alla metà del VI secolo d. C. fu adibita a sede di culto della Vergine ad opera di una colonia di monaci basiliani in fuga da Bisanzio, con l'aggiunta dell'abside a chiudere il preesistente tablinum.

Il senso dell'iniziativa sancisce la continuità tra tradizione classica  e Cristianesimo e il tentativo da parte dei Pontefici di Roma di esorcizzare la credenza popolare della permanenza di presenze malefiche nel Foro, cuore della città pagana, dopo il progressivo degrado che la città subisce in seguito alle invasioni barbariche. E resta in funzione per almeno tre secoli grazie alla cura di vari Pontefici fino a quando viene completamente interrata dalla frana dell'847 d. C., che spinge Leone IV a trasferire il titolo in un luogo più sicuro, l'attuale Santa Francesca Romana o Santa Maria Nova. Ridotta a un rudere e interratasi per l'innalzamento del terreno, sul suo sito sorge nel XIII secolo la chiesa di Santa Maria Liberatrice, rimaneggiata nel 1617 da Onorio Longhi che cancellò ogni traccia di Santa Maria Antiqua. Il suo rinvenimento avviene alla fine del 1700 dal proprietario che usava l'area come cava di pozzolana e poi definitivamente liberata sin 2 all'inzio del 1900, quando viene scoperta nell'ambito dei grandi scavi post-unitari promossi da Giacomo Boni.

L'edificio ha svelato duecentocinquanta mq. di affreschi - sui circa mille originari - dipinti in un arco di tempo di circa tre secoli, dalla metà del VI alla metà del IX secolo. Una testimonianza eccezionale per gli studi storico-artistici in quanto ha rappresentato un unicum per la conoscenza e lo sviluppo dell'arte medievale e bizantina, se si considera che il patrimonio pittorico coevo è andato distrutto dal movimento iconoclasta, nato in seno alla chiesa orientale, che nell'VIII secolo provocò la repressione del culto delle immagini. La pittura diventa così il mezzo con cui i Papi rinnovano e promuovono con nuove immagini i singoli programmi religiosi o politici, evidentemente attirati dalla possibilità di lasciare un segno della propria attività in un monumento già allora famoso.

Il percorso della calibrata sintesi del susseguirsi degli interventi decorativi  e dell'assestamento dei moventi culturali è la cosidetta "parete-palinsesto" 3 che conserva, sovrapposte, le sette fasi decorative cui venne sottoposta la chiesa. Alla prima a diretto contatto con il muro laterizio e con una decorazione di epoca tardo-antica (IV-V secolo), che probabilmente sostituì l'incrostazione marmorea dell'epoca di Domiziano, ne segue una seconda dipinta con una fascia bicroma di età precristiana.
Fra questi affreschi, quello raffigurante Maria Regina in trono risale alla fase figurativa più antica e costituisce la prima rappresentanzione a noi nota della Vergine Regina. Alla prima metà del VII secolo sarebbe riferibile, invece, l'Annunciazione con il famoso Angelo Bello, nel secondo strato figurato, la cui morbidità e gentilezza di tocco denotano uno stile fortemente "impressionistico", ove preme più vivo il modo di una pittura maggiormente fluente. E se lo strato successivo presenta solo qualche frammento di colore, tratti di spiccata espressività caratterizzano le successive figure dei Santi Basilio e Giovanni che reggono un cartiglio - nel sesto strato - icone affrescate durante il pontificato di Papa Martino I (649-653): Basilio, uomo di egregie virtù, fu fatto vescovo anche se amava la vita eremitica e visse e morì da povero, praticando la carità e l'aiuto ai bisognosi.

Sotto Papa Giovanni VII, fra il 705 e il 707 - sullo strato di intonaco più recente - è rappresentato San Gregorio Nazianzeno, arcivescovo di Costantinopoli, amico di Basilio, con cui condivideva l'esercizio alla pratica della virtù e che per la sua eccellente eloquenza riceve l'appellativo di teologo. Anche le pareti del presbiterio, come altre zone della navata centrale, si devono alla fase del pontificato di Martino I.

Qui meglio che altrove, la consuetudine dell'elezione al soglio pontifico di Papi provenienti dalla provincia bizantina, rende possibile una ricezione quanto mai articolata dei  fermenti artistici là maturati. I brani di affresco nella parete in alto a destra infatti, nei caratteri figurativi, nella iconografia e con l' iscrizione vergata con lettere bianche scritte in greco, su fondo rosso, denotano un carattere che diventa genetico della cultura romana e che fa di Santa Maria Antiqua la "chiesa bizantina per eccellenza" di Roma. Nella navata di sinistra invece l'affresco di Cristo in trono con Santi, risale alla fase decorativa della chiesa eseguita sotto il pontificato di Paolo I (757-767), periodo a cui si attribuiscono anche l'ultima decorazione dell'abside e gli estesi cicli pittorici della navata opposta.

Nella cappella di Teodoto, a sinistra del presbiterio, si trovano gli affreschi in migliore stato di conservazione: colori e forma risalgono al pontificato di Papa Zaccaria (741-752), ed hanno per soggetto, oltre alla Crocifissione -nella nicchia centrale- le Storie di San Quirico e di sua madre Santa Giulitta, martirizzati sotto l'imperatore Diocleziano. Quirico viene ucciso con violenza contro i gradini del tribunale a soli tre anni mentre piange la madre torturata. Il loro stile e l'iconografia prendono forma entro un repertorio figurativo inerente ancora al mondo orientale di accezione provinciale e che nasce come tentativo del Papa di rinvenire la precisa identità di una pittura da sottrarre alla distruzione iconoclasta. Nella cappella di destra, dei SS. Medici, le pitture risalgono a papa Giovanni VII (705-707), particolarmente legato al luogo perchè figlio del curatore dei palazzi imperiali durante l'epoca bizantina. Sul pilastro sud-occidentale del quadriportico spicca la figura di Salomone con i Maccabei, strenui oppositori della ellenizzazione della Palestina, uccisi con l'inganno dopo essere stati invitati a un banchetto da Tolomeo, governatore di Gerico. L'ultima fase pittorica della chiesa, precedente all'abbandono, si fa risalire al pontificato di Adriano I (772-795), ma gran parte della pellicola pittorica di questo momento è stata già staccata dalle pareti e posta su un pannello per essere preservata e conservata in migliori condizioni. Nell'atrio si trovano invece i dipinti più recenti di tutto il complesso medioevale, cioè le decorazioni di una cappella dedicata a S. Antonio Abate e rimasta in uso, dopo l'abbandono di S. Maria Antiqua, fino all'XI secolo.

Il progetto di recupero e conservazione che vede ora il riepilogo delle complesse indagini preliminari e dei primi pronti interventi su dipinti e intonaci è stato lanciato nel 2001 dalla Soprintendenza Archeologica di Roma con la collaborazione del World Monuments Founds e della Samuel H. Cress Foundation di New York e con il contributo della fondazione Sigval Bergesen d.y. og Hustru Naki's almennyttige Stiftelse di Oslo. Inoltre collaborano varie istituzioni italiane ed internazionali: l'Enea, l'Università della Tuscia di Viterbo, l'Istituto di Norvegia di Roma, e l'ICCROM.

Il progetto è strutturato in tre fasi: diagnosi e progettazione hanno avuto luogo fra settembre 2001 e aprile 2002 e gli interventi prioritari da settembre 2002 a giugno 2004. La terza fase, con il completamento dei restauri e la riapertura al pubblico, dovrà iniziare prossimamente. Entro il 2007 dovranno concludersi gli interventi per il miglioramento delle condizioni microclimatiche, il restauro completo dei dipinti murali e delle altre superfici architettoniche e dovranno essere realizzate tettoie nell'atrio. Dalle indagini preliminari che si sono concluse nell'aprile 2002 è emerso che circa il 60 % dei dipinti murali e degli intonaci erano fortemente distaccati e indeboliti, in molte zone completamente separati dagli strati sottostanti.

Aree estese presentavano un degrado attivo dovuto alla forte umidità nelle murature e ai continui cicli di cristallizzazione di sali solubili. Solo alcuni dipinti interessati da interventi di restauro negli anni '80 presentavano una stato di conservazione ancora soddisfacente. Oggi sono in corso attività di restauro delle pitture le cui operazioni riguardano: il consolidamento delle zone relative a strati di intonaco distaccati, la pulitura come nell'intervento in corso nella Cappella dei Santi Medici, lo studio sui materiali costitutivi - malte, pigmenti, leganti e sulle tecniche di esecuzione.

La riapertura alle visite ai restauri in corso, oltre a permettere di vedere la chiesa, sollecita la ricerca di altri fondi per terminare l'operazione di recupero; dall' 8 aprile fino al 30 maggio, in ogni mattina di martedì, giovedì, sabato e domenica, sarà così possibile entrare nel tempio e godere di uno spettacolo comunque emozionante e affascinante.



NOTE

1 Così è stata definita la chiesa dalla Prof. ssa Maria Andaloro nell'incontro di presentazione dell'evento con la stampa di giovedì 8 aprile.  

2 La chiesa di Santa Maria Liberatrice fu completamente demolita nell'anno 1900 rimettendo in luce la chiesa precedente. Il titolo di Santa Maria Liberatrice passò all'omonima chiesa di Testaccio, sorta in quegli anni.

3 Così denominata per i diversi strati pittorici sovrapposti, visibili contemporaneamente per la caduta o l'asportazione di parti di quelli sovrastanti.




Le fotografie sono state realizzate da Ada Leonarda Frittoli.






S. Maria Antiqua
fig. 1
Roma, Chiesa di S. Maria Antiqua
Parete Palinsesto

S. Maria Antiqua
fig. 2
Roma, Chiesa di S. Maria Antiqua
Parete della navata sinistra

S. Maria Antiqua
fig. 3
Roma, Chiesa di S. Maria Antiqua
Abside e, sulla destra, parete palinsesto

 

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