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Un altro Le Corbusier ? Lissone - Milano, Civica Gall. d'Arte Contemporanea
23 mar. - 15 giu. 2003
Marco Enrico Giacomelli
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 31 Maggio 2004, n. 367.
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Area Mostre

Progettata da Marco Terenghi e inaugurata il 19 novembre 2000, la Civica Galleria d'Arte Contemporanea di Lissone è inserita nel contesto di una cittadina che gode di grande nomea architetturale, grazie a un capolavoro del razionalismo italiano (Palazzo Terragni, 1938-39, precedente sede della galleria) e al Premio Lissone, svoltosi dal 1946 al 1967 e ripreso nel 2000.

Questa mostra non avrebbe dunque potuto trovare una location più adatta. L'obiettivo è l'esplorazione dell'altro Le Corbusier (La Chaux-de-Fonds, 1887 - Cap Martin, 1965), colmando un gap di quindici anni dall'ultima esposizione dedicata al maestro, risalente al 1988. Ma si tratta effettivamente di un alter ? Pare smentirlo la seguente dichiarazione: «Dessins, tableaux, sculptures, maisons et projets ne sont, pour ce qui me concerne personnellement, qu'une seule et unique manifestation créatrice s'adressant à différentes formes de phénomènes». La frase risale al 1953 e può essere assunta come cifra distintiva corbusiana: la direzione assunta sin dall'approdo a Parigi, nel 1917, è quella d'un moderno Gesamtkunstwerke.

La mostra è suddivisa in tre sezioni, costellate prevalentemente da pitture a olio. La prima (1918-1928) è dedicata al periodo purista: nei lavori presentati, spiccano oggetti di produzione industriale, sorta di nature morte fordiste. Charles-Edouard Jeanneret-Gris, come ancora si faceva chiamare Le Corbusier, si avvicina all'avanguardia grazie alla Parigi di Picasso e Braque: il Cubismo ha rifondato l'arte plastica e la nouvelle vague, capitanata dall'Ozenfant delle Notes sur le cubisme (1916), mira a fare del Cubismo un "pensiero totale", smussandone al contempo il teoricismo e l'avanguardismo più ingenui. In questo senso si comincia a parlare di purisme: la coppia Ozenfant-Jeanneret ritiene necessario «tout recommencer à zéro». La definizione programmatica ed esecutiva del purismo segue tappe forzate: nel 1918, alla Galerie Thomas, è allestita la prima mostra e viene pubblicato Après le Cubisme; nel 1920 esce il primo numero di Esprit nouveau, pubblicazione diretta dalla coppia e proseguita fino al 1924 (nel numero 4, datato gennaio 1921, uscirà l'articolo Purisme); nel 1921, alla Galerie Druet, i due espongono ancora le proprie peintures puristes; nel 1923, Le Corbusier pubblica l'ormai classico Vers une Architecture; nel 1925, alla parigina Exposition Internationale des Arts Décoratifs, Le Corbusier presenta il padiglione dell'Esprit nouveau.

Senza volersi addentrare in relazioni che, con il trascorrere degli anni, si fanno sempre più complesse e intrecciate, nell'ambito di una stagione artistica mai ripetuta, va compreso come il purismo corbusiano non smentisca il Cubismo, ma lo renda in un certo senso minimale, etimologicamente as-tratto. Dal punto di vista cromatico, mentre Ozenfant opta per la trasparenza, Le Corbusier privilegia le tinte brune e il vert-de-gris - anche se un'opera come Nature morte pâle à la lanterne (1922) pare  smussare tale rigido discrimine.

(Una direzione di ricerca che potrebbe rivelarsi interessante: Nature morte au violon rouge (1920) di Le Corbusier accostato a Musica di Marc Chagall (1920), per il motivo del violino, e a Natura morta. Estensioni e piani cromatici (1918) di Natan Al'tman, per il motivo delle bottiglie.)

La seconda sezione (1928-1940) corrisponde agli Object à Réaction Poetique e coincide col passionale studio del nudo femminile e delle mani intrecciate (per cui rimandiamo anche alla scultura Petite confidence, 1962), secondo un motivo che assumerà valenze sempre più simboliche e comporterà lo schiarimento della gamma cromatica. La sezione è arricchita da una serie di disegni rappresentanti donne "mediterranee", frutto dell'esperienza corbusiana degli anni Trenta maturata in Nordafrica e nella Spagna meridionale.

Il 1929 è l'anno della villa Savoye a Poissy: si comprende così la ragione per cui la pittura accentua la propria attenzione nei confronti dell'ordine. Ma lo specifico campo pittorico consente una ricerca che pare preclusa all'architettura: gli object trouvés irrompono nella logica articolazione dello spazio pittorico, «agendo come un grumo genetico radiante del quale va trovata la ragione formativa interna, per equilibri successivi, per processi di stabilizzazione e purificazione formale». Dunque, a uno sguardo più smaliziato si rende evidente come architettura e pittura non procedano separatamente e come la seconda non funga da traino per le innovazioni della seconda. Al contrario, si può sostenere che la pittura mostri una processualità risolta nell'architettura (si veda in particolare Saint Sulpice, 1929-31). In questo senso, è chiara la ricezione corbusiana della lezione surrealista ma, come nel caso del Cubismo, è resa ordinata.

Questo periodo comporta anche un côté dedicato al design: concentrata negli anni 1925-30, quest'esperienza vede il suo acme nel 1929, quando al Salon d'Automne Le Corbusier presenta alcuni mobili realizzati in collaborazione con Pierre Jeanneret e Charlotte Perriand (la poltroncina con schienale basculante con struttura in acciaio cromato lucido (1928) è assai simile, nella struttura tubolare come nella scelta del rivestimento maculato, allo sgabello realizzato negli stessi anni da Francis Bacon).

La terza sezione (1940-1965) è intitolata Ozon-Ubu-Tori. L'influsso surrealista è ancor più evidente: il tema dei tori è un omaggio a Picasso (già in Deux femmes fantasques (1937) [CAT 21]), mentre il richiamo all'Ubu patafisico di Jarry compare come titolo di alcuni disegni preparatorî di sculture (l'olio su compensato Ubu (totem) (1929-44) prelude alla scultura Totem (1950) in legno naturale e ferro). Per ciò che concerne Ozon, ci si riferisce all'omonima cittadina pirenaica, ove Le Corbusier trovò rifugio dal 1940 sino alla fine del conflitto mondiale. Il cromatismo di questa fase accentua la propria violenza e densità, mentre i piani si intersecano e si sovrappongono, degni corrispettivi delle figure oniriche rappresentate.

Oltre alla triplice scansione pittorica, la mostra prevede una parte dedicata a Le sculture plastiche acustiche: nove lavori in legno che datano dal 1945, talvolta parzialmente dipinti, frutto della collaborazione con Joseph Savina, ebanista bretone conosciuto nel 1935 e che aveva già lavorato al fianco di Le Corbusier nella realizzazione di alcuni mobili.

Queste opere non vanno sottovalutate, se lo stesso architetto ebbe a dire: «[Ma] recherche est achevée: la sculpture polycrome permet des larges libertés et s'offre à l'architecture». Il lavoro di staff prosegue a Parigi con i collaboratori dello studio corbusiano e, nel 1950, l'architetto scrive del proprio progetto della cappella di Notre-Dame-du-Haut a Rochamp: «Une espèce de sculpture de nature acoustique qui projette loin l'effet de ses formes et reçoit en échange la poussée de l'espace environnant».

Due arazzi di grandi dimensioni, eseguiti su disegno di Le Corbusier, costituiscono una particolare sezione denominata Mural Nomad: la collaborazione a questo fine con Pierre Baudouin risale al 1949 (Trois femmes sur fond blanc,1950 e Bonjour Calder, 1958).

L'ultima tranche è intitolata alla Main Ouverte. La vicenda è nota: nel 1951, l'architetto viene incaricato di concepire il piano urbanistico di Chandigarh e propone la costruzione, nella piazza centrale, di una scultura-simbolo rappresentante una mano aperta pivotante sul proprio asse, così da seguire la direzione del vento e dunque fronteggiare lo Himalaya.

Un video di Paolo Gagliardi completa una mostra che va giudicata ottimamente per ogni suo aspetto: dalla scelta delle opere all'allestimento degli spazi, dalla disponibilità degli organizzatori alla competenza dei curatori.

L'unica critica che ci sentiamo di rivolgere - non certo alla galleria, quanto alle politiche economiche concernenti i beni culturali - riguarda un incidente spiacevole: in un'afosa giornata di giugno, una volta che l'impianto di condizionamento va en panne, come reagiscono i dipinti a olio che hanno quasi un secolo? Ci si potrebbe consolare con una frase di père Corbu: «L'art du décorateur consiste à faire dans les maisons des autres ce qu'il ne ferait jamais chez lui».




La Mostra

Le Corbusier - Pittore Scultore Designer

Civica Galleria d'Arte Contemporanea (Lissone - Milano)
In collaborazione con la Fondation Le Corbusier (Paris)
A cura di Giovanni Ronzoni
23 marzo - 15 giugno 2003
http://www.lecorbusier-lissone.it

Catalogo bilingue italiano-francese, Città di Lissone, € 20
Testi di Giovanni Ronzoni e Flaminio Gualdoni.






 
 

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