La Sicilia, da sempre crocevia di popoli e civiltà, anche durante il Medioevo ha assunto un ruolo di grande rilievo ed interesse nella storia del cosiddetto mondo latino.
Con l'espansione degli Arabi sia in Medio Oriente sia in Africa settentrionale ed in Spagna, la nuova sfida a cui è chiamato il mondo Cristiano è la lotta contro l'infedele che occupa e profana quei luoghi santi a cui sono legate le vicende di Nostro Signore Gesù Cristo.
Per tale ragione papa Urbano II indice la Prima Crociata, a cui ne seguiranno presto delle altre.
I Normanni, seppure considerati i liberatori della Sicilia, continuano a fare i conti con gli Arabi: non riescono, ancora, ad avere il pieno controllo sul territorio e, pertanto, vengono esposti a frequenti scorrerie ed incursioni.
Esistono, quindi, sacche di resistenza che rendono insicure le vie a coloro i quali le percorrono.
Vaste aree a vocazione agricola risultano essere ancora profondamente islamizzate per via delle popolose colonie di musulmani che coltivano quelle terre generose e, soprattutto, abbondanti di grano.
Tale situazione spinge i nuovi conquistatori ad operare una efficace politica di controllo del territorio che, nel caso dell'entroterra siciliano, troverà emblematica concretizzazione in Piazza Armerina.
A quel tempo, infatti, come ha avuto modo di precisare Litterio Villari, la città risultava essere: «... centro di attività commerciali e di frequenti mercati, centro principale delle colonie lombarde di Sicilia, riceveva maggior lustro e decoro dalla presenza nel suo distretto di Crociati ed acquistava quel titolo di città militare ...» ed inoltre come ancora egli aggiunge: «bisogna riconoscere che convergeva in quel tempo a Piazza il fior fiore della gioventù e della nobiltà d'Europa, prima di passare in Terra Santa per combattere gli infedeli».
Secondo Litterio Villari la città rappresenta, indubbiamente, un importante punto di confluenza e di sosta dei crociati, un centro fortificato e, pertanto, fortemente militarizzato. Altre fondazioni sorgono anche a Butera, Caltagirone, Aidone.
Una realtà, questa, che si deve soprattutto all'intensa opera di patrocinio e di elargizione da parte della famiglia degli Aleramici a favore degli ordini monastico - cavallereschi che cominciano a costruire, come prevede la regola, le loro sedi poco fuori l'abitato.
Vengono eretti, pertanto, il Gran Priorato di Sant'Andrea dell'Ordine del Santo Sepolcro, una commenda sul colle dell'Altacura, appartenuta probabilmente ai Templari o ai Teutonici e la chiesa di San Giovanni Battista dei Cavalieri di San Giovanni.
L'Ordine degli Ospedalieri (denominato, successivamente, di San Giovanni, di Rodi e poi di Malta), così detto per via dello "Spedale", costruito in Gerusalemme, per i pellegrini, dai mercanti amalfitani, viene ufficialmente riconosciuto da papa Pasquale II nel 1113.
Malgrado la fondazione sia antecedente rispetto a quella dell'Ordine dei Templari introduce il voto "delle armi" soltanto in un periodo più tardo. I loro abiti, con i colori bianco e nero, di palese derivazione benedettina, sono contrassegnati da una croce bianca ad otto punte, uguale a quella che compare nell'emblema della città di Amalfi.
Dal punto di vista storico le fonti, sino ad ora, ci aiutano ben poco nel fornire precisi riferimenti in merito all'anno in cui i Cavalieri di San Giovanni sarebbero giunti a Piazza Armerina. Si dispone, a riguardo, solo di una notizia sicura sulla loro presenza risalente al 1299 in occasione di uno scontro armato avvenuto nel corso della guerra dei Vespri siciliani, in cui si parla dei Cavalieri di San Giovanni impegnati in combattimento nel tentativo di respingere gli assalti dei soldati Francesi 1.
La chiesa piazzese presso cui essi si sono insediati sorge ad Occidente e, per molto tempo, prospicientemente all'antica Piazza, fino a quando l'espansione edilizia che ha investito l'area l'ha assorbita all'interno del proprio tessuto urbano, includendola, quindi, entro il circuito delle mura cittadine 2.
Non è, infatti, un caso che nelle sue immediate vicinanze si innalzava una porta, ormai non più esistente a causa del suo crollo avvenuto nel 1852, il cui toponimo si sarebbe fatto derivare, non a caso, dalla chiesa stessa 3.
In merito alla datazione della Commenda, permangono parecchi dubbi e la questione risulta essere, sino ai nostri giorni, ancora insoluta e molto dibattuta per via della mancanza di fonti storiche più precise e meno laconiche. Tra le probabili ipotesi cronologiche avanzate, emergono due direttrici fondamentali portate avanti da altrettanti illustri studiosi. La prima è quella propugnata da Leopold che, sulla base di riscontri stilistici, costruttivi ed architettonici effettuati sull'abside, la considera di stile arabo - normanno e di conseguenza risalente al un periodo molto vicino al 1200 4. L'altra, di tendenza nettamente opposta, è quella proposta da Valenti, il quale sposta ulteriormente in avanti, di oltre un secolo e mezzo, quella data ponendola al 1361 5. Di fronte all'impossibilità di non potere negare l'esistenza di alcuni tratti architettonici peculiari antecedenti a questa ipotesi cronologica, lo studioso suppone che il Priorato di Sant'Andrea abbia costituito una sorta di modello dal quale avrebbero attinto i futuri edifici sacri, tra cui, non a caso, la commenda di San Giovanni: «A testimoniare l'antica grandezza rimase probabilmente sola la basilica di Sant'Andrea risparmiata dal furore delle milizie certamente per sentimento religioso. Essa fu quindi l'unico modello per le costruzioni religiose della nuova città, ed è perciò che vediamo sino alla fine del XIV riprodursi nella nostra Chiesa di San Giovanni Battista quei particolari architettonici ispirati a forme più antiche ...» 6.
Come ulteriore argomentazione a sostegno della postdatazione, egli, inoltre, cita il caso di una chiesetta, per via delle strettissime rassomiglianze intercorrenti con la commenda. Questo piccolo edificio, situato in territorio di Grammichele (Caltagirone), soprannominato dalla popolazione locale "chiesazza", sarebbe stata costruito, a suo dire, nel XIV secolo 7.
In sintesi, secondo Valenti, San Giovanni Battista non sarebbe stato altro che una fondazione di epoca posteriore, sorta su un precedente oratorio dedicato a San Giovanni Evangelista, del periodo normanno, demolito perchè diventato, ormai, troppo angusto per i fedeli ed un culto in continua crescita 8.
Tralasciando la sua complessa vicenda cronologica, occorre, inoltre, aggiungere che la chiesa, dal ruolo di Precettoria, assurge a quello più importante e più prestigioso di Commenda, assegnatole ad opera di Battista Caldarera, nell'anno 1420 9.
L'edificio, per certi versi raffrontabile al Gran Priorato di Sant'Andrea, presenta alcuni punti di comunanza. Non è un caso, ad esempio, che ambedue gli edifici sacri presentino, sulle pareti di navata, delle lunghe e strette feritoie che conferiscono loro un aspetto fortilizio.
Stringente appare, anche, la rassomiglianza dei rispettivi muri di prospetto, a capanna, privi di decorazioni, con portale archiacuto a ghiere rientranti, entrambi sovrastati da una finestra circolare contornata da una cornice radiale in conci.
Comune pure la radice storica che le vede entrambi presenti nello stesso territorio, con le stesse finalità, con lo scopo di garantire sicurezza, affidate e gestite, tra l'altro, ad ordini monastico - militari impegnati nella lotta contro i Musulmani in nome della difesa del Cristianesimo e dei luoghi santi in Terra Santa.
Dal punto di vista prettamente planimetrico, l'edificio, invece, presenta uno sviluppo semplice, essenziale, strutturato soltanto da una lunga mononave, priva di nicchie e conclusa da un'ampia abside accentuata dalla consueta forma semicircolare.
La parete di prospetto della chiesa, preceduta da alcuni gradini, un tempo, si affacciava su un vasto spazio denominato "Pian di San Giovanni Battista" 10, ridotto, oggi, a poco meno di uno spiazzo per via delle numerose abitazioni sorte su quell'area.
Il portale, preceduto da alcuni gradini (foto 1), si presenta sobrio, ad archi ogivali
digradanti con strombature verso lo spessore di muro. Poco più sopra, una finestra cruciforme, di epoca posteriore, buca il muro costituito da conci squadrati di pietra arenaria. Valenti 11 la reputa "insolita", attribuendole una valenza simbolica, una sorta di segno distintivo e di riconoscimento dell'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni.
Ben più pratico e di tutt'altro avviso appare, invece, Leopold 12 che la reputa posticcia e ne giustifica la sua presenza con l'esigenza di illuminare la cantoria lignea. Risulta però alquanto strano ed inspiegabile che tale struttura, come, non a torto, rileva Nigrelli 13, sia stata del tutto dimenticata nei suoi rilievi.
Sullo stesso asse, ancora più in alto, si vede una finestra circolare tompagnata che, quasi timidamente, si nasconde tra i conci dell'austera facciata.
All'esterno, i fianchi laterali dell'edificio, in opera incerta, mostrano su ogni loro superficie tre feritoie. Sul lato meridionale (foto 2) si trova una seconda apertura, ad una quota più alta rispetto al piano attuale. Ciò si deve, come pure l'aggiunta dei gradini sull'ingresso principale, ad un imponente sbancamento che ha, di conseguenza, irreversibilmente, stravolto l'assetto originario sia geologico sia urbanistico del sito. Il piccolo portale (foto 3) in questione sfoggia un archivolto che ha il pregio di creare un gradevole effetto visivo grazie alla bicromia ottenuta tramite l'inserimento alternato di pietre arenarie squadrate di colore giallo e bianco, concluse, in alto, da una esile cornice scolpita la quale, nello stesso tempo, risulta essere leggermente aggettante dalla parete. Non si dispone di alcuna fonte tale da potere ipotizzare l'eventuale esistenza di una decorazione scultorea o pittorica nella lunetta.
Bisogna, inoltre, aggiungere un altro particolare descrittivo che lo stesso Valenti 14 reputa interessante, ovvero l'intelaiatura interna, ancora esistente, necessaria per incardinare le ante lignee della porta, presente, tra l'altro, pure nell'accesso occidentale.
L'interno, privo di ogni ornamentazione, è attraversato da una luce molto tenue, illuminante il vano della navata per mezzo di una finestra cruciforme che si apre nella facciata di prospetto. Vi è poi una seconda apertura, quella centrale ed ogivale, nell'abside, mentre, lateralmente, da ambedue i fianchi, i raggi solari penetrano dall'esterno attraverso feritoie lunghe e molto anguste, sebbene più larghe all'interno per via degli ampi sguanci che vi sono stati praticati 15.
La copertura è lignea e, stando a quanto riporta Valenti nella sua perizia del 1921, sin da allora in gran parte integra.
Il tetto era: «sostenuto da 15 incavallature, con mensole agli appoggi, il quale, con la struttura visibile riquadrata da cassettoni, formava anche un elemento decorativo» 16.
Leopold 17, a differenza di Valenti che tace sull'argomento, riporta nei sui rilievi, un dettaglio molto importante, il disegno di una torre posta sul fianco Nord - Occidentale dell'abside, il cui ingresso sarebbe stato reso possibile tramite il collegamento con la sacrestia.
Di forma cilindrica, al suo interno avrebbe ospitato una scala elicoidale a quel tempo ancora visibile sino al cornicione terminale dell'abside stessa. Ancora oggi, fortunosamente, tracce di questa struttura difensiva, almeno nella parte sottostante, sono visibili tra i muri di un'abitazione 18.
La sua presenza induce ad una spontanea e scontata conclusione, ovvero quella secondo cui la chiesa, posta al di fuori delle mura cittadine, con le sue feritoie e la torre, dovesse svolgere un ruolo difensivo. Se però, si tiene conto di un altro particolare, mi riferisco alla vicinanza di San Giovanni Battista con una importante strada collegante i centri di Butera, Gela ed Enna, le cose assumono decisamente un altro aspetto, poiché la torre, sotto quest'ottica, diventa funzionale al controllo del territorio circostante e soprattutto al traffico di merci e pellegrini transitanti per quella via.
BIBLIOGRAFIA
AMICO V., Dizionario topografico della Sicilia - tradotto dal latino ed annotato da Gioacchino di Marzo, Palermo, 1855.
BASILE F., L'architettura della Sicilia Normanna, Caltanissetta-Catania-Roma, 1975.
BELLAFIORE G., Architettura in Sicilia nelle età islamica e normanna (827-1194), Palermo, 1990.
CAGNI DI PIETRA M.C., Piazza Armerina nelle alterne vicende della storia di Sicilia, Barrafranca, 1989.
CALANDRA E., Chiese siciliane del periodo normanno, in: "Palladio", anno V, MCMXLIXIX.
CAPIZZI C., Piazza Armerina, Enna, 1989.
CIOTTA G., La cultura architettonica normanna in Sicilia, Messina, 1992.
CONTRAFATTO G., Memorie Armerie, Palermo, 1991.
COLLURA P., Le più antiche carte dell'Archivio Capitolare di Agrigento (1092-1282), vol. XXV, Palermo, 1960.
CASATA G., CICCARELLI D., COSTANTINO G., Italia romanica. La Sicilia, Milano, 1986.
DELOGU R., La Diocesi di Piazza Armerina, Caltagirone, 1967.
DI MARZO G., Delle Belle arti in Sicilia dai Normanni alla fine del sec. XIV, Palermo, 1859.
DI STEFANO G., Monumenti della Sicilia normanna, Palermo, 1955.
- Monumenti della Sicilia normanna, (II edizione aggiornata ed ampliata da Krönig W.), Palermo, 1979.
FALCANDUS U., De Calamitate Siciliæ scriptores, in "Rerum sicularum", MDLXXI.
FALCANDO U., Rerum Italicarum Scriptores, a cura di L. A. Muratori, col. 293, Milano, 1724.
FAZELLO T., Della storia di Sicilia, Traduzione di R. Fiorentino, Palermo, 1817.
FRANCHINO E., Piazza Armerina. Cuore della Sicilia, in "Cento città d'Italia illustrate", Milano, 1929.
GARUFI C.A., Adelaide nipote di Bonifazio del Vasto e Goffredo figliuolo del Gran Conte Ruggiero, in: "Rendiconti e Memorie della Real Accademia di Scienze Lettere ed Arti degli Zelanti", s. 3, vol. IV (1904 - 1905).
- Per la storia dei monasteri di Sicilia nel tempo Normanno, Palermo, 1940.
- Per la storia dei secc. XI e XII, in Archivio Storico Siciliano (1912- 1913), vol. VI.
- Gli Aleramici e i Normanni in Sicilia e nelle Puglie, in: "Centenario della nascita di M. Amari", vol. I, Palermo, 1910.
GAUDIOSO M., Feudi e casali, castelli, baroni, dal XIII al XV sec., Catania, 1926.
KUBACH H. E., Architettura romanica, Milano, 1978.
KRÖNIG W., Monumenti d'arte in Sicilia, Palermo, 1989.
LANZA S., Guida del viaggiatore in Sicilia, Palermo, 1859.
LEOPOLD W., Sicilianische Bauten des Mittelalters in Castrogiovanni, Piazza Armerina, Nicosia und Randazzo, Berlin, 1917.
LIONS CLUB INTERNATIONAL, Comitato Distrettuale beni Culturali del Mezzogiorno, Vestigia di Sicilia, Enna, 1990.
LIONS CLUB INTERNATIONAL, Alla riscoperta di quattro contrade siciliane, Caltanissetta, 1987.
LÜNIG J.C., Codex Italiæ diplomaticus, Francoforte, 1726.
MALATERRA G., De Rebus gestis Rogerii comitis et Roberto Wiscardi ducis fratis eius, libro I, cap XIII.
MANGANUCO E., Opere d'arte in Sicilia inedite e malnote, Torino, 1944.
MESSINA E., Quattro passi a Piazza Armerina, Enna, 1991.
MIRAZITA I., Trecento siciliano, Napoli, 2003.
NIGRELLI I., Piazza Armerina medievale. Note di vita sociale, artistica e culturale dal XII al XV secolo, Milano, 1983.
- Piazza Armerina, l'ambiente naturale, la storia, la vita economica e sociale, Palermo,
1991.
PERI I., Uomini, città e campagne in Sicilia dall'XI al XIII secolo, Bari, 1978.
PIRRI R., Sicilia Sacra, 1. III edizione a cura di Antonio Mongitore e con aggiunte di Vito Maria Amico, Palermo, 1733.
- Sicilia Sacra, Palermo, 1722.
- Sicilia Sacra, disquisitionibus et notis illustrata, con uno scritto di Francesco Giunta sul Pirri, ristampa del 1733, Palermo, 1987.
PONTIERI E., La madre di re Ruggero: Adelaide del Vasto contessa di Sicilia regina di Gerusalemme (? - 1118), in: "Atti del Convegno Internazionale di Studi Ruggeriani", vol. II, Palermo, 1955.
SCASSO BORRELLO M., Descrizione geografica dell'isola di Sicilia e delle altre sue isole adiacenti, III edizione , Palermo, 1798.
STERCKX S., G. DE CAMPEAUX, I simboli del Medioevo, Milano, 1997.
STORIA UNIVERSALE DELL'ARTE, Il Basso Medioevo. Il Romanico. Il Gotico, Novara, 1990.
TOURING CLUB ITALIANO, Sicilia, Milano, 1989.
VALENTI F., L'arte nell'era normanna, in: Il Regno Normanno "Conferenze tenute in Palermo per l'VIII Centenario dell'incoronazione di Ruggero a Re di Sicilia a cura dell'Istituto Nazionale Fascista di Cultura, Milano - Messina, 1932.
VILLARI G. F., Primati siciliani. La corte Aleramica, Palermo, 1991.
VILLARI L., Storia della città di Piazza Armerina (l'antica Ibla Erea), Piacenza, 1981.
- La chiesa di S. Giovanni di Malta in Piazza Armerina, in "Annales del l'Ordre
Souverain de Malte", nº IV, Roma, ottobre-dicembre 1963.
- Storia della città di Piazza Armerina (l'antica Ibla Erea), Piacenza, 1987.
- Storia della città di Piazza Armerina, capitale dei Lombardi in Sicilia (Dalle origini ai
giorni d'oggi), III ediz., riveduta ed ampliata, Piacenza, 1987.
- Storia Ecclesiastica della città di Piazza Armerina, Messina, 1988.
USSEGLIO L., I Marchesi di Monferrato in Italia ed in Oriente durante i secoli XII e XIII, Casale Monferrato, 1926.
WHITE L. J., Il monachesimo latino nella Sicilia normanna, Catania, 1984.
NOTE
1
NIGRELLI I., Piazza Armerina medievale, p. 68.
2
NIGRELLI I., Piazza Armerina medievale, p. 69.
3
Ibidem.
4
Ibidem.
5
VALENTI F., Biblioteca Comunale di Palermo, Fondo Valenti Ms. 5Qq. E. 148 n°3 a, p. 5.
6
VALENTI F., op. cit., pp. 5 - 7.
7
VALENTI F., op. cit., p. 9.
8
VALENTI F., op. cit., p. 3.
9
PIRRI R., op. cit., p. 994; VILLARI L., Storia Ecclesiastica della città di Piazza Armerina, Messina
1988, p. 169.
10
NIGRELLI I., op. cit., p. 69.
11
VALENTI F., op. cit., p. 7 - 8.
12
Ibidem.
13
Ibidem.
14
VALENTI F., op. cit., p. 8.
15
Ibidem.
16
Ibidem.
17
NIGRELLI I., op. cit., p. 69.
18
Ibidem.
|