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Il concetto di estetica nell'opera di Leroi-Gourhan  
Calogera Di Miceli Muscarella
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 26 Aprile 2005, n. 396
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Area Estetica

Premessa

Estetica termine che deriva dal greco "aisthetikos", da sempre ha per oggetto l'indagine filosofica del bello e dell'arte, e riguarda tutto ciò che concerne la percezione, cioè il cogliere la realtà tramite i sensi.

Il significato corrente di scienza del bello e dell'arte è stato attribuito al termine estetica dal filosofo leibniziano Baumgarten, nell'opera intitolata Aestetica. In quest'opera questi si occupò soprattutto di quelle che Leibniz aveva definito «le percezioni oscure», cioè le sensazioni irrazionali, facendo derivare il senso estetico da una attività prelogica. L'arte, cioè, sarebbe il risultato di una sorella minore della ragione, la sensazione, e l'estetica, quindi, sarebbe una sorta di gnoseologia inferior.

Sebbene l'estetica come disciplina sia un fatto moderno, le origini si possono rintracciare nella tradizione più antica del pensiero filosofico europeo, che fin dagli albori della filosofia greca ha elaborato sia una dottrina della bellezza sia un insieme di riflessioni sulle arti. Una storia dell'estetica deve necessariamente prendere le mosse da Platone, del quale è nota la distinzione tra arte e il bello. Platone assume nei confronti dell'arte una posizione negativa: egli osserva che l'arte è imitazione della natura, la quale è a sua volta imitazione delle idee e viene a essere, in definitiva, un'imitazione dell'imitazione tale da allontanarsi sempre più dalla vera realtà. A questa svalutazione dell'arte fa contrasto la concezione del bello, quale bello sensibile considerato come mezzo per elevarsi alla contemplazione del bello in sé, un mezzo di elevazione morale, data l'identità tra bene e bello. Aristotele invece osserva che l'artista prende ispirazione dalla natura, per cui l'arte è sì imitazione della natura, ma tende a idealizzarla, a valorizzarne alcuni valori.

Nella unificazione tra teoria del bello e teoria dell'arte si muove il pensiero cristiano della tarda antichità e del medioevo. Da un lato, infatti nel pensiero medievale si propone e si prosegue la distinzione di due linee contrapposte: una metafisica del bello come luminosità, proposta da San Bonaventura e una teoria del bello come "numero", misura e proporzione, proposta da San Tommaso, le due tendenze sembrano riprendere l'opposizione tra teoria del bello e teoria dell'arte, muovendosi tra l'eredità platonica e quella aristotelica. Tuttavia, mentre nel Medioevo tutte le cose sono opera di Dio, nel Rinascimento l'arte viene considerata una produzione propria dell'uomo-artista e di conseguenza si rivaluta la sua consapevolezza tecnica. Alla crescente autonomia della figura dell'artista si accompagna quel grande evento della storia delle arti e della spiritualità europea che è il passaggio dal Rinascimento al Manierismo e al Barocco. Sul piano dello sviluppo delle idee estetiche, tutto ciò comporta l'emergere del limite della libertà inventiva dell'artista, che si intreccia con quello, altrettanto determinante per l'estetica moderna, del nesso tra teoria del bello e dell'arte.

Bacone distingue la poesia dalla scienza e dalla storia perché la scienza si basa sul raziocinio, la storia sulla memoria e la poesia è opera della fantasia. La tendenza all'unificazione del bello e dell'arte ha inizio nel Settecento attraverso l'affermarsi del concetto di «gusto» inteso come capacità di distinguere il bello sia nella natura sia nell'arte. L'introduzione della nozione di gusto è stata peraltro molto di più di una semplice innovazione terminologica. Infatti l'affermazione che il bello è percepito e valutato da una sorta di funzione prerazionale, se non proprio irrazionale, ha segnato il tramonto, almeno fino all'età contemporanea, delle estetiche intellettualistiche, cioè dei tentativi di costruire razionalmente il canone della bellezza e della perfezione artistica. Il secondo dopo guerra ha messo in crisi la filosofia idealista e Dewey batte l'accento sul carattere di costruzione dell'opera d'arte e, in parte, almeno certi suoi motivi sono ereditati dai cosiddetti strutturalisti. Dewey ritiene che l'arte sia un'espressione dell'interazione dell'uomo con l'ambiente, per cui vi è una continuità ininterrotta tra arte e fatti, azioni e passioni di tutti i giorni.

Estetica in antropologia ha certamente un'altra valenza e limitando il campo di indagine all'Estetica arcaica, antropologi come Boas hanno visto nell'arte il prodotto di una attività creatrice individuale dove «il piacere dell'arte, tuttavia, è basato essenzialmente sulle reazioni delle nostre menti di fronte a una forma» (F. Boas, 1980, p. 90).

Antropologi come Lowie riscontrano nell'estetica forti implicazioni a carattere sociale e etico «nel campo dell'arte caratteristica di ogni popolo, il godimento della bellezza è del tutto simile a quello che esiste presso di noi. [...] Ciò che distingue il nostro sentimento estetico da quello dei primitivi è il carattere molteplice delle manifestazioni. [...] La complessità rigida della nostra struttura sociale e la maggiore varietà dei nostri interessi ci permette di vedere bellezze che sono precluse ai sensi di popolazioni che vivono in una cultura più limitata» (R. H. Lowie, 1980, p. 96).

Carcia ha mostrato come l'estetica «partendo dalle forme e dai ritmi che specificano la vita fisiologica, arriva fino alle immagini e alla stessa simbolizzazione figurativa» (G. Carchia, Torino, 1980, p. 21). L'estetica è innanzitutto un fatto di percezione legato intrinsecamente ai sensi che ci permettono di cogliere la realtà, rielabolandola successivamente tramite un processo intellettivo. L'estetica non è studio del «bello», ma organizzazione della vita produttiva e sociale, e Leroi-Gourhan, diventa così scienza dei rapporti di una collettività nello spazio e nel tempo.




ESTETICA COME BASE FISIOLOGICA

LA PERCEZIONE TRAMITE I SENSI

Oggi quando si parla di estetica si tende a considerare solo l'aspetto esteriore di un oggetto o di un animale, rapportandolo alla concezione di bello che la società o il gruppo ci impone e non si guarda ad una estetica a tutto tondo, dove i parametri da considerare sono, oltre all'aspetto visivo, anche l'aspetto funzionale e il modo di fruire l'oggetto. Un esempio pratico di questo modo di percepire la realtà ci viene da alcuni oggetti di moderno design: la sedia di Rietveld ne è un esempio lampante, in essa si tende ad accontentare soprattutto l'aspetto estetico e, anche se a prima vista l'oggetto sembra funzionale, ci si accorge che in realtà non riesce più a svolgere la sua funzione primaria, e se si sorvola sull'impatto visivo immediato e si prova ad usarla per quello per il quale sembra essere stata progettata (sedersi) ci si accorge che l'oggetto necessita di molte migliorie per poter essere fruibile e quindi raggiungere un'"estetica" ottimale dell'oggetto. A questo punto potremmo quasi dire che gli oggetti usati dall'uomo hanno due anime, una prettamente visiva, che appaga il senso estetico della vista, e una eminentemente pratica, che deve appagare tutti gli altri sensi.

In antropologia le cose sono diverse, così come diverse e varie sono le concezioni sul concetto di Estetica; di sicuro la tesi più accurata ed accreditata è quella di Leroi-Gourhan.

In Leroi-Gourhan il termine estetica viene utilizzato nel suo valore filosofico di percezione e sta ad indicare l'avvertimento della realtà esterna tramite i sensi e indica la funzionalità di un oggetto da parte di chi ne usufruisce, il tutto inserito in un contesto sociale che varia in base allo spazio e al tempo. Leroi-Gourhan si pone in una prospettiva paleontologica, valuta cioè come vengono percepite, nello spazio e nel tempo, le emozioni, proprie del soggetto, riguardanti gli oggetti che lo circondano e di come l'uso continuo e l'elaborazione culturale, li facciano diventare tipici di un'etnia. Egli considera la realtà colta percettivamente tramite i cinque sensi che partecipano, quindi, alla costruzione di un senso estetico il quale trova il suo equilibrio dalla percezione di tutti i sensi; questo non solo per l'animale uomo, ma per tutti gli animali a partire dagli invertebrati più semplici.
Trova così che l'estetica ha una sua base nell'apparato fisiologico, in questo caso si parte dalla sensibilità viscerale, muscolare, e anche dalla sensibilità dermica come pure dei sensi dell'olfatto e del gusto, dell'udito e della vista e ha, quindi, una visione estetica viva e dinamica, non una mera idealizzazione che non trova applicazione nella realtà.

Per quanto riguarda la vita di tutti i giorni, l'estetica ci fa vedere le forme utili degli attrezzi considerati nella loro valenza tecnica, filtrati attraverso gli elementi ambientali che partecipano alla costruzione del tessuto sociale. L'ordine fisiologico-tecnico-sociale costituisce lo schema generale su cui Leroi-Gourhan basa il suo sistema estetico, che abbraccia a tutto tondo il lavoro umano e trova il suo vertice nell'arte figurativa.

Per Leroi-Gourhan l'estetica si basa, dunque, sulla consapevolezza della percezione della realtà esterna tramite i sensi, i quali partecipano in varia misura alla costruzione dell'apparato estetico, ma tutto ciò non distingue l'uomo dagli animali, c'è quindi bisogno di un qualcosa in più che dia la misura dell'intervento dell'uomo, si deve guardare alla costruzione dei vari oggetti: l'intellettualizzazione di ciò che ci circonda. L'uomo ha gli stessi organi sensoriali degli animali per cui analogo è il suo modo di sentire le sensazioni e di percepire in modo meccanico ciò che lo circonda, ma a differenza di questi, è in grado di rielaborare le sensazioni, di immagazzinarle e soprattutto, di comunicarle, tramite un grande apparato cerebrale che oltre a quanto già detto, gli consente di simbolizzare tutto ciò che gli sta intorno, in modo da poter reinterpretare meglio la realtà.

Anche Aristotele ritiene che «l'uomo solo tra tutti gli animali ha la parola. La voce può esprimere dolore e piacere, perciò l'hanno anche gli animali; la parola poi ha il fine di manifestare ciò che è utile e ciò che è dannoso e per conseguenza anche ciò che ingiusto». (Aristotele, Politica, trad. V. Costanzi, p. 5.)

Leroi-Gourhan individua tre tipi di comportamenti sensoriali fisiologici propri dell'uomo e dell'animale:

1. comportamento nutritivo, il comportamento che permette il funzionamento del corpo tramite la nutrizione, questo avviene attraverso l'olfatto, il gusto, il tatto e si basa sui ritmi viscerali. Questo comportamento, nell'uomo non serve solo come mero comportamento di sopravvivenza, ma è il primo mezzo con il quale interagisce con l'ambiente. Il neonato, cucciolo d'uomo, inizia a conoscere il mondo assaggiandolo, cioè portandosi alla bocca tutto ciò con cui viene a contatto, i moderni pediatri hanno più volte ribadito la fondamentale importanza di questo comportamento, che permette al bambino di cominciare a distinguere gli oggetti che lo circondano e contribuisce alla formazione del mondo esterno rispetto a sé, simbolizzandolo;

2. comportamento affettivo, il comportamento che oltre a permettere  la riproduzione della specie, consente all'uomo di cominciare a percepire il gruppo che lo circonda attraverso vincoli non puramente meccanici ma anche affettivi, e anche questo comportamento si basa sull'integrazione nello spazio attraverso il tatto, l'olfatto, la vista. Il primo esempio di questo comportamento nell'uomo lo si ha quando, appena nato, viene avvicinato al seno della madre: egli dapprima la percepisce con l'olfatto, successivamente con il tatto, e dopo comincia a vedere macchie sfocate davanti agli occhi, è il primo grande sforzo di socializzazione che compie e, attraverso la ripetizione di questo contatto, stabilisce un legame affettivo con la madre;

3. comportamento dell'integrazione spaziale, il comportamento che permette agli altri due di realizzarsi; questo si ha solo quando l'uomo o l'animale percepisce l'ambiente, i due comportamenti sopra detti infatti sono nulla se l'individuo non riesce a inquadrarli in un contesto più ampio; l'integrazione spaziale permette all'individuo di trovare la propria collocazione e di vedere la collocazione degli altri individui, dandogli così modo di agire in gruppo. I sensi che entrano in gioco in questo caso sono la sensibilità viscerale, olfattiva, tattile, uditiva e visiva e ognuno di questi piani si integra con gli altri in maniera dinamica permettendo agli individui di integrarsi fra di loro e con l'ambiente.

Nell'uomo l'esperienza estetica si attua soprattutto grazie alla vista e l'udito i quali sono anche i sensi di riferimento spaziale. Aristotele ha più volte ribadito l'importanza della vista considerandolo il principale tra i sensi «noi preferiamo, per così dire, la vista a tutte le altre sensazioni, non solo quando miriamo a uno scopo pratico, ma anche quando non intendiamo compiere nessuna azione. E il motivo sta nel fatto che questa sensazione, più di ogni altra, ci fa acquistare conoscenza e ci presenta con immediatezza una molteplicità di differenze» (Aristotele, La Metafisica, 1973, p. 3.) La vista è fondamentale per la conoscenza perchè permette di cogliere in maniere immediata differenze e analogie.



IL LEGAME TRA ESTETICA E RITMO

La base fisiologica estetica si svolge innanzitutto a livello viscerale ed è legata ai ritmi quali quelli della fame e della sazietà, della veglia e del sonno, questi sono i primi ritmi a cui l'uomo si sottopone, che gli consentono la percezione temporale e la percezione di ritmi legati a loro volta a ritmi più ampi come l'alternarsi e del giorno e della notte o dell'inverno e dell'estate; questi ritmi condizionano fortemente il funzionamento del corpo umano e la sua attività, addirittura questa ciclicità incide anche sul sistema di sopravvivenza delle specie, dell'uomo e degli animali nei quali è così fortemente sentita da sfociare in alcuni casi nel letargo.

Il comportamento viscerale influenza notevolmente la percezione individuale tramite le sensazioni di benessere e malessere. È noto come gli stati di benessere o di malessere influiscono fortemente nella percezione della realtà e sui comportamenti umani: un individuo affamato posto in un ambiente povero di cibo è meno propenso a socializzare con estranei e la necessità di procurarsi il cibo per sé e per l'eventuale gruppo di appartenenza può sfociare in aggressività, in una marcatura netta del territorio per impedire agli altri di erodere le scorte di cibo, viceversa l'individuo o il gruppo posti in un ambiente ricco di cibo tenderanno a intrattenere rapporti sociali più amichevoli con eventuali estranei, per poter estendere la rete di protezione sociale.

La psicanalisi mostra chiaramente come il bisogno, la fame o il sonno influenzino tutte le capacità umane anche le più elevate. Nelle religioni o nei rituali e dove si cerca l'affermazione di un potere sulla personalità degli individui, per avere una maggiore carica soprannaturale si impone la rottura dei ritmi naturali: digiuni e veglie diventano così mezzi per poter passare la soglia della percezione fisica e poter ascendere alla percezione metafisica, ciò comporta una forte eccitazione psichica, che stravolge il mondo intorno all'individuo e se a questo si aggiunge anche il corollario tipico delle cerimonie, cioè il gruppo che produce ritmi tesi ad esaltare o a calmare i sensi, incensi o droghe rituali, vediamo come tutto il modo di percepire se stessi e l'ambiente circostante risulti quantomeno alterato. Negli anni settanta del Novecento gruppi di idealisti, fra i quali molti artisti, cercavano di trovare nuovi modi percepire la realtà tramite l'LSD, anche la cosa non dava riscontri oggettivi negli individui che la assumevano, anche se facenti parte dello stesso gruppo, e quindi con conoscenza di base simili, in quanto si aveva una rielaborazione delle percezioni strettamente personale.

Però c'è da dire che, da un punto di vista sociale, uscire dai ritmi di vita quotidiani equivale a causare un rallentamento se non addirittura una perdita economica all'intera società, ovvero un rallentamento delle attività fisiologiche causa inevitabilmente un rallentamento delle attività socioeconomiche, infatti un gruppo grande o piccolo che sia non può permettersi a lungo di restare improduttivo pena la sopravvivenza del gruppo, e lo stravolgimento dei ritmi prima o poi porta a questo. Ciò è stato capito, ad esempio, dai Paesi musulmani (i più laici) che hanno deciso di sopprimere il digiuno del Ramadan considerato un ostacolo alla produttività. Le grandi scuole mistiche nel medio e estremo oriente tendono al controllo fisiologico del corpo tramite la contemplazione e il controllo dell'apparato viscerale dove per mezzo della meditazione e dell'autocontrollo si ottiene il completo controllo del proprio corpo e si riesce quindi a governare tutti gli organi compreso il cuore «l'asceta perfetto si inserisce in un universo estatico di estasi, tutti gli organi placati, tutti i ritmi del tempo e dello spazio esterni aboliti» (Leroi-Gourhan, 1977, p. 333).

Secondo Leroi-Gourhan i MUSCOLI POSSONO ESSERE CONSIDERATI UN ELEMENTO FONTAMENTALE PER L'INSERIMENTO DELL'INDIVIDUO NELLO SPAZIO. C'è un legame tra l'orecchio interno e l'apparato osteo-muscolare che consente il movimento nello spazio e nell'ambiente, un disturbo alla ritmicità uditiva o muscolare procura disturbi neuropsichici. I condizionamenti muscolari si riscontrano a vari livelli: i movimenti ritmici, ad esempio, sostenuti dalla musica, provocano processi di estraneamento dalla realtà, fenomeno sfruttato fin dalla sua scoperta nelle manifestazioni religiose o profane in tutti i luoghi e in tutti i tempi; quando a musiche si accompagnano processioni, danze o marce, si riesce ad ottenere il controllo di grandi masse di individui che non hanno legami tra di loro. In tempi recenti questo fenomeno si può osservare nelle discoteche o nei rave-party, dove grandi masse di individui, a volte alcune migliaia, ballano incessantemente per periodi molto lunghi a volte più di un giorno. La musica è sicuramente importante per ogni cultura anzi «ogni universo culturale ha una sua specifica dimensione sonora. Essa, per quanto fortemente disposta sul piano simbolico, nasce da una precisa organizzazione delle strutture economiche e sociali e dalla diverse modalità della comunicazione» (G. Pennino, 1990, p. 415). Per un'etnia produce una musica che la caratterizza ma all'interno stesso del suo popolo si riscontrano musiche diverse a seconda delle classi sociali o economiche nonché del sesso o dell'età. In ogni società l'uomo sente il bisogno di comporre musica ed è condizionato dalla stessa società. La musica viene talvolta adoperata per favorire lo svolgimento di un lavoro, il movimento ritmico del lavoro scandito e ritmato dalla musica si può avere a vari livelli: nelle società contadine legate ai ritmi collettivi della trebbiatura o dell'aratura si trovano molti esempi di canti tradizionali che accompagnano le attività, tutto ciò per creare una maggiore coesione del gruppo favorendo una maggiore produttività per la collettività, ma anche un modo per uniformare i movimenti di tutti i lavoratori senza avere il bisogno di un "capovoga", come succedeva sulle galere dove il ritmo della giornata di voga veniva scandito dal tamburo che il "capovoga" batteva. Tale ritmicità, però, applicata nel lavoro industriale provoca talvolta effetti devastanti quali l'alienazione teorizzata da Marx, causati dalla "forzatura" ritmica industriale, ne da una descrizione magistrale Charlie Chaplin in Tempi Moderni.

Leroi-Gourhan sostiene che qualsiasi attività muscolare o qualsiasi esperienza sensibile si svolge sempre in uno spazio e in un tempo, entità astratte o concrete che da sempre l'uomo cerca di controllare, anzi appare spesso ossessionato da esse: «se la percezione del carattere fuggevole del tempo e del moto ha invaso il pensiero dell'uomo, è semplicemente perché la vita sulla terra è posta all'intersezione del tempo e dello spazio » (Leroi-Gourhan, 1977, p. 337).
Leroi-Gourhan riprende così la teoria cartesiana dove tutta la realtà è spiegata attraverso le leggi meccaniche del movimento, traducibili in rigorose formule matematiche. L'orientamento quantitativo e meccanico conduce Cartesio ad accettare la distinzione propria della fisica quantistica tra qualità primarie e qualità secondarie dei corpi: se i corpi sono riducibili all'estensione, la divisibilità, la mobilità saranno qualità oggettive, mentre tutte le altre, il sapore, il colore, l'odore, saranno riferibili più al soggetto che sente che all'oggetto. La realtà può essere spiegata attraverso leggi meccaniche del movimento. Cartesio ha inoltre un'interpretazione dualistica della realtà costituita da una sostanza materiale estesa e una sostanza spirituale pensante; da un lato la natura estesa, dominata solo ed esclusivamente dalle leggi meccaniche del movimento, dell'aggregazione e disgregazione delle parti; dall'altro il mondo dello spirito, che si manifesta attraverso l'attività pensante dell'uomo.



CONOSCENZA DELLA REALTÀ TRAMITE I SENSI

Secondo Leroi-Gourhan le funzioni fisiologiche svolte dall'apparato viscerale e muscolare sono basilari per consentire lo svolgimento delle funzioni superiori quali il tatto, l'olfatto, l'udito, gusto e la vista. Tra i cinque sensi il gusto è quello che svolge una funzione difensiva contro le sostanze nocive, infatti le papille gustative che rivestono la cavità orale percepiscono gli acidi e tutte le sostanze tossiche. Ma non solo, se è vero che il primo cibo che tutti gli uomini ricevo appena nati è il latte, questo arriva mutuato dalle abitudini alimentari della madre, gettando così le basi future per le preferenze di gusto, preferenze che si accentueranno e si definiranno durante lo svezzamento, quando il bambino comincerà ad assaggiare il cibo del gruppo e formerà così il proprio gusto e le proprie preferenze alimentari, il salato piuttosto che il dolce, il molle piuttosto che il duro e viceversa, successivamente interverranno i tabù alimentari del gruppo a formare definitivamente il gusto.
Inoltre soprattutto i primi mesi di vita, i bambini mettono in bocca tutto quello che trovano, l'assaggiare è un modo per esplorare l'ambiente e conoscere tutto ciò che incontrano. «La cucina rappresenta propriamente una delle attività essenziali dell'uomo, e la gastronomia costituisce uno dei rami più fecondi dell'estetica. Sì deve anche a questo carattere essenzialmente estetico, il fatto che i viaggiatori solo raramente valutano con precisione la cucina locale» (Leroi-Gourhan, 1977, p. 120).

Dal gusto deriva l'estetica gastronomica che consente l'identificazione dei vari alimenti. Questa si basa sulla vista e sull'olfatto unite al gusto e al tatto, anche se il gusto, spesso, è condizionato da preferenze giovanili, da abitudini alimentari derivate a loro volta da fattori etnici.

«Le cucine regionali tracciano i contorni delle suddivisioni della distesa umana [...] in funzione delle preferenze del complesso di preferenze gastronomiche che utilizzano risorse alimentari locali o importate» (Leroi-Gourhan, 1977, p. 339).
Tutto ciò contribuisce a creare le tradizioni regionali, ma anche a creare un senso di appartenenza ad un certo gruppo, per esempio gli immigrati italiani in America continuano a cercare un legame con le proprie origini anche attraverso il modo in cui si nutrono, anche se successivamente mutano la loro cucina assimilandosi ai gusti locali. Ma anche il tatto, l'odorato e la vista svolgono una funzione importante nella gastronomia tramite la temperatura e la consistenza dei cibi, l'uso di spezie o verdure più o meno decorative, queste ultime infatti nelle cucine più elaborate hanno un'importanza pari ai sapori.

Alle volte alcuni modi di condire una pietanza possono avere origini legate alla conservazione dei vari alimenti, ne è un esempio l'uso smodato di salse varie che si fa in Francia, dove in origine tutte queste salse, dal sapore molto forte, servivano a coprire il sapore di cibi non particolarmente freschi. «Sensibilità gustativa e tatto orale costituiscono così la parte profonda dell'estetica culinaria, sulla quale si basano i ricami della gastronomia olfattica» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 341).

Occorre sottolineare l'importanza della vista nella formazione di un'estetica del gusto, il modo in cui si presenta un cibo può essere determinante per spingere un individuo a mangiarlo o meno, basti pensare come una pietanza possa risultare appetitosa già alla vista ed attragga molto più un cibo ben decorato che dall'aspetto insipido.
Inoltre incidono molto sul palato le abitudini alimentari sociali: molti individui non assaggerebbero mai delle cavallette o altri insetti proprio perché non sono mai stati abituati a considerarli cibo.

Per Leroi-Gourhan l'olfatto ha una funzione particolare tra gli organi di senso, mentre la vista e l'udito sono impegnati come la mano nell'emettere messaggi e nel riceverli, l'olfatto ha solo una capacità recettiva. Anche l'olfatto ha un valore etnico, infatti alcuni odori sono tipici di alcune società. «Il gusto l'odore, la consistenza formano teoricamente la base reale di questa estetica senza linguaggio» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 343).

Strettamente legati all'odorato sono la vista e l'udito, un odore non percepito da molti anni, può far riaffiorare alla memoria momenti passati e assopiti nella memoria poiché riesce a svegliare zone profonde dell'immaginazione.
Gli odori inoltre hanno il potere di creare stati di serenità e situazioni rilassanti e, per converso, possono essere un elemento di rottura o sovreccitazione.

Secondo Leroi-Gourhan il TATTO è UNO DEI SENSI CHE favorisce L'INTEGRAZIONE SPAZIO-TEMPORALE DELL'INDIVIDUO NELLA realtà, addirittura nei ciechi il tatto, insieme all'udito, permette una resa estetica maggiore. Mentre la vista è soprattutto sintetica, il tatto conosce per analisi, grazie a un uso strumentale della mano inoltre «il tatto corporeo si riferisce al benessere e all'inserimento nello spazio e non esiste estetica tattile se non nel campo manuale» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 346).
Il tatto è connesso soprattutto all'attività muscolare della mano e alcuni gesti tattili, ripetuti ritmicamente, come sgranare il rosario o impastare un corpo elastico, favoriscono fantasticherie e meditazioni. Al tatto si collega l'attività manuale sulla quale si basano alcuni lavori artigianali quale ad esempio quello del calzolaio.

«La limitatezza dell'apparato strumentale mette in maggiore risalto, nel mestiere di calzolaio, come altri, le abilità manuali. Il suo declino è perciò emblematico di uno degli aspetti più preoccupanti del nostro tempo: il non fare nulla con le proprie mani, che equivale a una perdita di facoltà intellettuali per acquisire le quali si è impiegata una grande quantità di tempo e che tralasciare porta ad un vero e proprio impoverimento culturale. L'attività della mano è correlata infatti non soltanto con l'equilibrio delle zone cerebrali che interessano ma con lo «stile etnico» ad esso connesso. La «regressione della mano» è quindi indizio, a un tempo, di «regressione della ragione» e di dispersione delle culture particolari (S. D'Onofrio, 1990, p. 226).

Notevole è quindi il ruolo svolto dal tatto proprio per la sua capacità di sviluppare anche capacità intellettive ad esso connesse. C'è un pregiudizio diffuso che vuole le attività intellettive contrapposte alle attività manuali, ma tale pregiudizio non solo mortifica il lavoro artigianale, ma non gli riconosce il valore razionale che sta alla base. Tra le attività tattili quella labiale merita un posto a sè perché tramite le labbra, che sono dei muscoli, si svolge la nutrizione fondamentale per la sopravvivenza e si manifesta a volte l'affettività tra gli individui.



IL RITMO

Lo spazio, il tempo e le forme sono create dal ritmo. Sia il variare ritmico delle stagioni e del giorno e della notte, sia movimenti muscolari ripetuti nelle attività lavorative creano il tempo al soggetto che lo interiorizza e lo ricrea. «Fin dall'inizio le tecniche di fabbricazione si collocano in ambienti ritmi, a un tempo muscolari, uditivi e visivi, derivati dalla ripetizione di gesti di urto» (Leroi-Gourhan, 1977, p. 362). Il ritmo dato dalla musica o dalla danza è un ritmo che estrania l'uomo dal mondo naturale per collocarlo in un ambito simbolico e immaginario, invece, il ritmo dato dal martello o dalla sega realizzano forme materiali e sono fondamentali per ogni tecnica, anche se questi due tipi di ritmo sono da considerarsi complementari. Ogni giorno l'uomo è invaso dal ritmo tecnico che mette in crisi la sua immaginazione fino ad indurlo a una vera e propria meccanizzazione. Nella Fisica Aristotele definisce il tempo «il numero del movimento secondo il prima e il poi» (Aristotele, 1992, p. 25): il tempo è quindi il numerato e il numerabile, e ciò rinvia però al numerante, ciò che numera, infatti risulta impossibile l'esistenza del tempo senza quella dell'anima.

La nozione di tempo si collega alla nozione di spazio in Leroi-Gourhan, secondo il quale il POSSESSO DELLO SPAZIO E DEL TEMPO COMPORTA IL PASSAGGIO DALLA RITMICITÀ naturale delle stagioni del giorno e della notte, a quella del calendario, dell'orologio «che fanno del tempo e dello spazio umanizzati la scena su cui l'uomo domina la natura»(A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 466). L'uomo è un mammifero che trascorre la maggior parte della sua vita in uno spazio costruito artificialmente e l'utilizzo dello spazio abitato rappresenta un comportamento tipicamente umano.

Il concetto di spazio come luogo è tipico di Aristotele: ogni corpo ha un limite entro cui è contenuto e questo limite corrisponde al suo spazio, per cui lo spazio si identifica con il luogo o con il limite dei corpi.



ESTETICA FUNZIONALE

UTENSILI E TECNOLOGIA

Per capire il concetto di estetica bisogna innanzitutto considerare un oggetto di uso pratico e valutarne il valore estetico: un utensile è esteticamente valido quando è funzionale anzi quanto più è funzionale tanto più ha una valenza estetica. L'estetica funzionale è data, secondo Leroi-Gourhan, dalla capacità della forma di permettere all'oggetto di compiere il lavoro per cui è stato realizzato. Leroi-Gourhan studia l'evoluzione estetica degli utensili e degli oggetti in diversi luoghi della terra e in diversi periodi storici, inoltre analizza come cambia la loro funzionalità in base alla forma che essi assumono. La creazione di utensili ha consentito all'uomo di assicurarsi la soddisfazione dei suoi bisogni primari e un miglioramento della qualità della sua vita.

Secondo Leroi-Gourhan l'uomo inizia a comportarsi da uomo quando inizia a "creare" un tempo e uno "spazio" umano e ciò avviene con la costruzione di un luogo circoscritto poiché "alla base del suo benessere morale e fisico, sta la percezione assolutamente animale del perimetro di sicurezza, del rifugio chiuso"(A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 365): gli utensili gli permettono quindi la costruzione di una casa ma anche di procacciarsi il cibo con maggiore efficienza o di incrementare anche la propria produzione di indumenti derivanti dalle pelli, indumenti che gli permetteranno di espandersi anche verso quei territori che prima gli erano preclusi per il clima troppo freddo; senza accorgersene questa sua nuova capacità di produrre utensili non sarà solo mirata a proteggersi dal freddo o a procacciare il cibo ma anche a distinguersi ed ampliare i propri confini conoscitivi.

Lo strumento si definisce come quell'alcunché che produce un risultato del quale però non entra a far parte [...] Anche a tavola abbiamo il coltello, la forchetta ed i piatti che non entrano a far parte del risultato» (A. M. Cirese, 1989, p. 36 ). L'uomo comincia a costruire gli utensili in base al suo livello tecnologico trasformando i vari materiali di cui dispone in utensili di forma sempre più perfezionata. Per Leroi-Gourhan l'utensile non è né la causa né l'effetto della tecnica, ma va visto «nella concatenazione: forza-utensile -materia, è solo il testimone dell'esteriorizzazione di un gesto efficace». (A. Leroi-Gourhan, 1993, p.224) poiché l'utensile, costituito dalla materia, esiste grazie al gesto che lo rende valido.
Leroi-Gourhan ritiene che gli utensili abbiano un linguaggio, anzi il gesto e la parola si sviluppano parallelamente, infatti, gli oggetti ci comunicano le esigenze di un'etnia, il suo livello tecnologico e il loro livello culturale. Gli oggetti della vita materiale di una società «si presentano come documenti di primario interesse: la loro forma, i loro modi d'impiego, gli usi cui sono destinati (recipienti per l'acqua, strumenti da taglio, mezzi di trasporto) aiutano l'osservatore ancora ignaro della lingua e dei costumi a gettare un ponte di conoscenza verso la cultura che vuol comprendere» (L. Solinas, 1989, p. 5) essendo chiara testimonianza della società da cui sono prodotto del livello tecnologico da questa raggiunto e dell'economia da essa svolta. La funzione degli oggetti dipende da quella che Leroi-Gourhan considera tendenza tecnica, dove per tendenza intende «fenomeni di tendenza che dipendono dalla natura stessa dell'evoluzione»(A. Leroi-Gourhan, 1993, p. 21 ), cioè gli utensili hanno talvolta la tendenza ad essere quello che sono e non possono essere altrimenti e si evolvono necessariamente in un modo per una sorta di determinismo evolutivo.

Per Leroi-Gourhan la natura dell'estetica è soggetta al determinismo meccanico della materia più che a quello del mondo vivente. L'uso e la fabbricazione di utensili essenziali, nelle civiltà preindustriali sono limitate all'uso di materiali reperibili in loco ma questo non è un grande limite allo sviluppo tecnico: gli eschimesi, sia pure con una scarsa varietà di materiali reperibili nell'ambiente dove sono soliti operare con, soprattutto, pietra dolce, con ossi e pelli di animali, riescono a costruire una grande varietà di utensili, con i quali, a loro volta, riescono a costruire tutti ciò che serve loro e Leroi-Gourhan ritiene che «è la materia che condiziona ogni tecnica e non già i mezzi o le forze» (A. Leroi-Gourhan, 1993, p.17). Se si considera l'evoluzione funzionale di un utensile nel tempo si nota come la funzione rimane la stessa ma cambia la forma, perfezionandosi. Inizia così quella che molti antropologi considerano l'evoluzione tecnica dell'uomo, che costruisce gli utensili in base al suo livello tecnologico, in un'azione mirata alla trasformazione dei vari materiali in utensili di forma sempre più perfezionata.

Fra le varie cose che le società, nel corso dei secoli, ha sviluppato maggiormente vi è la tecnologia, non intesa solamente come capacità di costruire macchine complesse, ma soprattutto come ideazione, costruzione e uso di attrezzi ed utensili essenziali. Per Leroi-Gourhan la tecnica è l'insieme dei gesti compiuti e degli oggetti creati da un'etnia. La tecnologia, infatti, considera gli strumenti adoperati per compiere un determinato lavoro e, analizzando i questi ci si può permettere «di cogliere i primi atti propriamente umani e di seguirli di millennio in millennio fino al loro affacciarsi alla soglia dei tempi moderni» (A. Leroi-Gourhan, 1993, p. 11) oppure di compiere un percorso a retroso e di risalire a molti anni fa. Leroi-Gourhan, ha sostenuto che le tecnologie si sviluppano e cambiano in base al processo evolutivo. Ed è vero che la maggior parte delle società, sia pure lentamente, aumenta con il tempo il proprio bagaglio di cognizioni tecnologiche; ne sono prova le scoperte archeologiche che fanno pensare a tale sviluppo progredito, con molti indugi nel corso di decina di migliaia di anni, grazie a una mente cosciente che porta al risultato voluto.

È proprio la presenza del pensiero cosciente e della previsione che distingue lo sviluppo della tecnologia dall'evoluzione biologica poiché «il pensiero può effettivamente assicurare una certa coscienza di ciò che è vissuto» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p.329) e creare una simbolizzazione preclusa agli animali perché dotati solo di una vita sensitiva e non intellettiva.
Piccoli miglioramenti possono, in un lungo decorso di tempo, trasformare un utensile; e un'idea completamente nuova, come la ruota del vasaio, può sostituire del tutto vecchie tecniche. «Gli antropologi [...] ci hanno messo di fronte al fatto che, dopo la rivoluzione industriale, le scienze e le tecniche si sono sviluppate in modo parallelo, e che quindi le scienze hanno contribuito all'elaborazione delle tecniche moderne; ma ciò non deve fare dimenticare che per centinaia e centinaia di anni le tecniche sono state elaborate e hanno progredito per tendenza propria, come direbbe Leroi-Gourhan, che sono andate avanti per un processo di razionalità successiva lungo un processo di invenzione e di acquisizione accumulate e cumulative.

Ecco perché ogni tecnica ha una sua razionalità. [...] nulla di ciò che ci caratterizza come portatori di abilità tecniche è stato appreso ed è conosciuto in noi senza intelligenza; e che in modo correlato, l'agire tecnico è pensiero concreto, o per lo meno concretizzare il pensiero astratto in forme più efficaci in una sua qualche espressione solamente comunicativa. [...] l'agire tecnico di ogni gruppo umano lungi dall'essere è un agire che dà senso, insieme alla concreta utilità, alle cose di cui si occupa, e quindi all'operatore stesso, che rappresenta e si rappresenta.#187; (G. Angioni, 1989, pp. 44-45).

Anche un minimo cambiamento nella tecnologia può avere effetti sociali di grande portata, ad esempio il filo spinato utilizzato nella recinzione delle proprietà, ha mutato la vita delle praterie americane. Leroi-Gourhan mostra come, grazie un diverso utilizzo del fuoco e alla padronanza della diversa temperatura, l'uomo riesce a produrre materiali sempre più perfezionati e diversificati: ceramiche, vetro, coloranti, calce, gesso, rame, bronzo e ferro «il tecnico è quindi padrone della civiltà perché è padrone delle arti del fuoco.» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 209). Non solo, ma le tecnologie si sviluppano e cambiano perché popoli con tecniche differenti sono venute a contatto e hanno imparato l'uno dall'altro. «Le acquisizioni tecniche tendono a diffondersi da un gruppo all'altro a coprire progressivamente zone sempre più estese e, per strati successivi, le si vede segnare con un aureola tutti i centri in cui il progresso si è materializzato» (A. Leroi-Gourhan, 1994, p. 290).

Tali contatti possono possono essere provocati dal commercio, che fa conoscere tecniche e materiali nuovi, dalla guerra, che porta a imitare armi e armature, dall'espansione e da centinaia di altri circostanze. Questo apprendimento per contatto non avviene per stadi fissi: un contadino di una società africana che sia dell'età del ferro può, dandogliene l'opportunità, diventare un medico o un architetto eccellente senza dover passare prima dalle tecniche medievali di queste due professioni. Il passaggio di cognizioni e di tecniche fra una società e l'altra è stato chiamato, agli inizi del secolo, diffusione. Ma questo termine fa pensare a qualcosa di lento e graduale e oggi è poco usato, dal momento che la moderna rivoluzione nelle comunicazioni mondiali ha messo ogni parte dell'umanità in condizioni di entrare in contatto CON OGNI ALTRA PARTE DI ESSA, e quindi di arrivare all'unità tecnologica.

Alcuni tipi di istituzioni sociali offrono però una grande resistenza all'introduzione di nuove tecniche: in passato, ad esempio, era assai comune che una società raggiungesse un certo equilibrio fra tecnologia e risorse e che quindi non sentisse la necessità di migliorare o mutare i propri sistemi tecnici; e dove mancava uno stimolo, interno o esterno, la tecnologia poteva segnare il passo per secoli.



ESTETICA COME FUNZIONALITÀ

L'estetica funzionale è data, secondo Leroi-Gourhan, dalla capacità della forma di permettere all'oggetto di compiere il lavoro per cui è stato costruito, anche se formule funzionali perfette non esistono, «l'analisi dell'estetica funzionale è dunque il più delle volte la misura dell'approssimazione funzionale» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 352).

Nella natura e negli uomini trovare una funzione perfetta è difficile perché la funzione perfetta è specifica di un'unica ed esclusiva funzione, invece nella realtà un utensile è impiegato per una molteplicità di funzioni, adoperato da tante persone e ciò non gli consente il raggiungimento di un'unica forma funzionale perfetta.
L'esempio è dato tanto dall'abbigliamento, che deve adattarsi a tante persone in diversi climi e situazione lavorative, quanto, ad esempio, da un vaso che deve essere utilizzato per contenere diversi liquidi in quantità variabili.
Ma non dobbiamo dimenticare che la perfezione specifica di un oggetto ne limita la funzione, infatti un oggetto che si evolve per un'unica funzione anche se raggiunge la perfetta funzionalità diventa di colpo obsoleto ed inutile se la funzione per il quale è stato creato non dovesse più essere svolta, ne sono un esempio alcune macchine industriali che si sono rivelate inutili quando non è stato più necessario il lavoro che svolgevano, quindi saremo sempre in bilico tra perfezione dell'oggetto e sua adattabilità.

Le varie etnie coprono gli oggetti e gli utensili con immagini decorative che soffocano la forma, anche se ciò è dovuto alla diversificazione propria dell'etnia degli uomini. Di norma la funzione non è perfetta ma approssimativa, la causa di tale approssimazione sembra essere dovuta anche agli stadi progressivi delle varie tecniche che, a loro volta, variano nello spazio e nel tempo, oppure all'interpretazione della forma e della funzione, cioè all'abilità personale dell'artigiano o creatore di un oggetto. Talvolta la funzione è rivestita dalla cultura del gruppo o etnia «la funzione ideale è spesso molto vicina alla sua realizzazione in numerosi oggetti i quali mantengono tuttavia uno stile che si insinua nello stretto margine lasciato disponibile dalla forma per la funzione»(A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 358 ).
Forme perfette "monouso" le cominciamo a trovare nelle società stanziali più ricche dove l'artigiano per svolgere un determinato lavoro dispone di più spazio, può dotarsi di più utensili, e usare utensili specifici per determinati lavori.
Un falegname può usare la stessa sega per tagliare in tutti i modi, ma usando seghe specifiche ottiene risultati migliori, ciò comporta che al posto di un unico utensile dovrà usarne cinque o sei. Uno stesso oggetto può da un gruppo etnico all'altro assumere forme diverse pur svolgendo la stessa funzione. Un esempio tipico in tutte le culture è rappresentato dalle armi da taglio, in particolare dalle spade che, nate tutte per portare colpi di taglio e di punta, tuttavia differiscono in maniera evidente a seconda di dove sono state fabbricate e, anche ad un occhio poco esperto, danno subito un'idea dell'etnia da cui derivano.

Secondo Cusimano l'insieme degli artefatti che costituisce la cultura materiale è addirittura chiara testimonianza della storia sociale ed economica dell'uomo "Non più semplici espressione dell'adattamento dell'uomo sulla natura, né semplici strumenti di dominio dell'uomo sulla natura, gli oggetti, gli artefatti, le loro tecniche d'uso possono condurre al problema essenziale di ogni scienza umana, e cioè allo studio delle formazioni socio-economiche, dei rapporti quindi attraverso cui gli uomini hanno mediato culturalmente l'attuazione storica del loro essere nel mondo" (G. Cusimano, 1990, p. 28).

Se si considera che il termine economia indica anche organizzazione, sistema, si ha così che gli oggetti permettono all'uomo di evolversi e addirittura di costruire società più o meno progredite. L'estetica funzionale è data dall'intricato rapporto che si stabilisce tra diversi elementi, quali l'analisi evolutiva della funzione, forma, materia, ritmo. L'uomo in un momento imprecisato inizia ad affermare «la sua specificità di essere produttore di cultura, era la prassi nella sua articolazione di fare e di rappresentare, che intanto si poneva come condizione della socialità in quanto produceva l'universo della comunicazione» (A. Buttitta, 1980, p. XI). La funzionalità degli oggetti è rapportata alla tecnica che permette di perfezionare nel tempo le forme: «La tecnologia [...] è l'unica che mostra una totale continuità nel tempo, l'unica che permette di cogliere i primi atti propriamente umani e di seguirli da millennio in millennio fino all'affacciarsi dei tempi odierni» (A. Leroi-Gourhan, 1993, 11). La qualità estetica di un oggetto o di un utensile è dato dall'incontro tra la funzione e la forma, ma deve tenere conto anche della materia.

La forma di un utensile è condizionata infatti da tre elementi:
1. funzione meccanica ideale che si vuole raggiungere;
2. materia adoperata che, secondo Leroi-Gourhan, dipende a sua volta anche dal livello tecnologico;
3. stile del gruppo etnico.

«È difficile sostenere una separazione tra materia e forma, tanto sul piano funzionale quanto su quello figurativo, semplicemente perché le forme razionali e le forme giudicate belle si valgono spesso delle stesse formule fisiche» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 300).

Del resto il rapporto dialettico tra materia e forma che determina l'estetica varia in misura diversa a seconda dell'oggetto. In alcuni casi quali il martello, che «è certamente uno dei più importanti mezzi elementari d'azione sulla materia» (A. Leroi-Gourhan, 1993, p. 40), la forma viene realizzata di colpo e si ha solo un adattamento a materie diverse sempre più resistenti. Nel caso dei metalli molto malleabili «la lavorazione consiste precisamente nell'oltrepassare il margine di elasticità per deformare o intaccare la materia» (A. Leroi-Gourhan, 1993, p. 138) e ciò comporta una lavorazione lunga che varia nei secoli in base alle conoscenze tecniche e alla scoperta dei vari metalli quali bronzo, rame, ferro.

La materia può essere determinante per la funzione che deve svolgere un oggetto, questo è il caso di oggetti di rivestimenti quali le stoffe, ad esempio lana, seta, cotone perché cambiano a seconda l'utilizzo a cui sono destinate, per cui l'estetica fisiologica diventa prioritaria in alcuni casi rispetto ad altri.

"A partire dal tardo Medioevo in Sicilia, come in altre regioni dell'Europa e del Mediterraneo, la pietra è andata soppiantando il legno nelle opere architettoniche. Lentamente ma inesorabilmente. [...] In numerose società le costruzione hanno una vita assai breve e sono spesso abbandonate e distrutte quando il proprietario muore. All'inevitabile e umano trasalimento di fronte il grande mistero che avanza, alla linea d'ombra che tutto tende ad abbracciare, l'uomo del Mediterraneo ha risposto, cercando di rendere visibile il tempo e i sentimenti, di costringerli a assumere dimensioni spaziali, di dare alle proprie relazioni con il mondo le forme della pietra». (V. Guarrasi, 1990, pp. 24-25).

In questo caso il materiale pietra consente alla casa di essere funzionale come abitazione e inoltre per la sua resistenza agli agenti atmosferici si carica di valori simbolici e sociali permettendo all'uomo di avere il senso della durata di contro alla caducità della vita. Spesso l'estetica fisiologica, l'estetica funzionale e l'estetica figurativa si intrecciano vicendevolmente nella vita dell'uomo dove ora prevale l'uno ora l'altro aspetto.

Secondo Leroi-Gourhan ogni oggetto di uso comune ha certamente delle qualità estetiche particolari strettamente legate alla sua funzione e quando si formula una valutazione sulla bontà di tale oggetto riferendosi alla sua funzionalità, si formula quindi un giudizio estetico, per cui «il valore estetico assoluto è direttamente proporzionale all'adeguamento della forma alla funzione» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 349), cioè tanto più una forma permette all'oggetto di svolgere la sua funzione tanto più l'oggetto è esteticamente valido. Però un oggetto è tanto più funzionale quanto meno è figurativo: la maggiore funzionalità è data dagli elementi non figurativi, dove per elemento figurativo Leroi-Gourhan intende elementi decorativi che sono legati all'etnia e alla società di appartenenza. La validità funzionale di un oggetto non è, quindi, legata al suo aspetto decorativo, questo è il risultato dall'esame di oggetti di uguale funzione ma appartenenti a culture diverse.

Se analizziamo ad esempio i bracieri della Spagna e del Giappone, le forme funzionali traspaiono attraverso il rivestimento decorativo, e spogliando l'oggetto di questo rivestimento, resta solo una formula funzionale: un sistema di riscaldamento all'interno di una abitazione. Talvolta una netta separazione tra materia e forma non è possibile perché sia a livello funzionale sia a livello figurativo anche forme piacevoli rispondono a una precisa necessità funzionale.



ANALOGIE TRA ARISTOTELE E LEROI-GOURHAN

Leroi-Gourhan studia l'evoluzione estetica degli utensili e degli oggetti nel corso dello spazio e del tempo, inoltre analizza come cambia la loro funzionalità in base alla forma che essi assumono. Leroi-Gourhan si può inserire in uno schema aristotelico di causa efficiente, causa formale, causa materiale e causa finale.

Per Aristotele la realtà è costituita da individui, dove l'individuo è tutto ciò che ha una esistenza propria: vari sono gli individui che costituiscono la realtà concreta e diversa è la loro natura, eppure esiste una caratteristica comune a tutti gli individui, i quali nascono, crescono e muoiono, sono soggetti, cioè, al processo del divenire. L'analisi del movimento conduce Aristotele a sostenere che quattro sono le cause del divenire nell'individuo: causa iniziale, causa materiale, causa formale e causa finale.

Aristotele osserva come ogni essere abbia una funzione che corrisponde alla causa finale, cioè lo scopo per il quale sarà adoperato, una causa efficiente cioè il costruttore, una causa materiale cioè il materiale di cui è costituito e una causa formale cioè una forma senza la quale non sarebbe ciò che è. Mentre Aristotele compie tale analisi da un punto di vista ontologico, Leroi-Gourhan la compie da un punto di vista antropologico. Egli guarda l'utilizzo degli utensili e il loro valore estetico che non viene misurato sotto un aspetto prettamente visivo, ma viene analizzato soprattutto in base alla funzione che l'oggetto assolve, al materiale con il quale è costruito, alla forma che esso assume e il suo stesso artefice.
Funzione e forma sono in reciproca dipendenza, dove la forma si adegua alle esigenze della funzione ma questa per potersi realizzare deve necessariamente avere una forma.

Leroi-Gourhan, come Aristotele, considera l'individuo nel corso del divenire, nel suo tendere sempre ad assumere una determinata e precisa forma, parla di evoluzione e riafferma l'importanza della forma: ogni oggetto o utensile segue un'evoluzione progressiva per raggiungere una forma quanto più possibile funzionale. Come Aristotele ritiene che vi sia nell'individuo una forza, una causa formale che faccia sì che si svolga sempre verso la realizzazione di una forma specifica, anche Leroi-Gourhan pensa che la forma di un utensile è soggetta alle stessi leggi evolutive del vegetale o dell'animale. L'utensile deve avere la forma più consona al suo inserimento ambientale che ne assicuri la riproduzione e la sopravvivenza; la forma quindi varia nel tempo per adattarsi al luogo. La qualità estetica di ogni oggetto vale per ogni momento del cambiamento della sua forma nello spazio e nel tempo.

Così come per Aristotele esiste una causa finale per cui ogni individuo è costituito da parti, da vari organi, i quali assolvono ciascuna ad una ben determinata specifica funzione, anche per Leroi-Gourhan l'utensile è creato proprio in vista della funzione che deve assolvere. Come Aristotele che tratta il concetto di causa efficiente, anche Leroi-Gourhan parla proprio dell'artefice: Aristotele ritiene che, poiché l'individuo diviene e dal momento che il divenire deve aver avuto un inizio, dobbiamo ammettere che esiste una causa, una forza, la quale abbia dato inizio al movimento, dunque una causa efficiente, e Leroi-Gourahn ritiene che esista l'homo faber che crea soggettivamente in base alla sua interpretazione, rielaborando in maniera personale il rapporto tra materia e forma.

Considerando analiticamente le quattro cause, Aristotele afferma che possono essere ridotte, per semplificazione a due: una causa materiale e una causa formale, cioè tutte le cose hanno una forma senza la quale non sarebbero quello che sono. La forma di una realtà materiale concreta e sostanziale non può mai esistere realmente, per Aristotele, se è separata dalla materia. Per Aristotele se l'individuo diviene, deve pur esistere una materia che divenga, un quid che si trasformi.
Il substrato materiale sul quale la causa iniziale si applica costituisce, appunto, la causa materiale e anche se, a sua volta, la materia è l'intima struttura interna, l'essenza delle cose è la forma.
La materia è la possibilità di essere quella o altra cosa, che viene resa reale dal momento in cui riceve una forma particolare «la sostanza suole essere identificata in primo luogo con la materia, in secondo luogo con la forma e in terzo luogo con il composto di entrambe, intendo indicare, ad esempio, come materia il bronzo, come forma la figura rappresentata, come composto di entrambe la statua cioè il sinolo» (Aristotele, 1973, p. 83).
La causa efficiente è lo scultore, la causa finale è la destinazione della statua.

Ogni oggetto è sempre dato dall'incontro della materia e dell'artefice che l'ha costruito, considerando inoltre le tecniche che permettono la lavorazione della materia e la funzione che deve assolvere. «Nel mondo vivente umanità compresa, la realizzazione di formule funzionali perfette è rara» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 351) perché molti oggetti o utensili sono utilizzabili per più funzioni mentre la forma ottimale di un oggetto viene ad essere utilizzata solo per un utilizzo specifico ed unico, «ciascuno degli strumenti raggiungerebbe la perfezione, qualora non fosse destinato ad una molteplicità di funzioni, ma fosse conformato e adoperato per una sola » (Aristotele, 1985, pp. 2-3) Aristotele ritiene che uno strumento per essere perfetto deve servire a una sola funzione.

Per Leroi-Gourhan, inoltre, forme perfette sono talvolta trascurate per la loro banalità, per cui l'approssimazione funzionale viene quasi sempre ad affermarsi e questo è dovuto sia all'influenza che l'ambiente esercita sull'utensile in base alle tecniche nel tempo e nello spazio, sia alla inventiva creatrice dell'artefice condizionato a sua volta dal contesto etnico di provenienza.




LEROI-GOURHAN E LA CULTURA MATERIALE

È ovvio che l'uomo, per potere vivere nel mondo ed interagire su di esso, ha bisogno di analizzarlo nelle sue parti e osservare le sue componenti. «Ed è in questo senso che si dice che ogni conoscenza è strutturazione e classificazione, ogni linguaggio, in quando messa in corrispondenza di classi e suoni e classi di sensi, è esso stesso una strutturazione, una classificazione e dunque una forma di conoscenza» ( S. Miceli, 1978, pp. 13).

Le notizie che si possono desumere dall'evoluzione degli oggetti oltre ad essere numerose permettono di cogliere un repertorio di informazioni utilissime: innanzitutto come gli uomini si sono sviluppati e hanno sviluppato le tecniche adoperate inoltre sono portatori della mentalità del popolo «Essi si fanno portatori di una vasta serie di scelte e potenzialità conoscitive e comportamentali, economiche e etiche [...] Apparirà ovvio e necessario il modo stesso di intervento sul mondo che essi presuppongono, il modo di produzione che consentono e incrementano, le pratiche sociali a tutto questo connesse. Un intero modo di concepire la realtà: ritmi vitali, concezione del tempo e dello spazio, rapporti con la natura e con gli altri esseri» (S. Miceli, 1978, pp. 13-14).

Secondo Leroi-Gourhan gli utensili sono chiara testimonianza del livello tecnico dell'uomo in un determinato periodo storico e in una determinata regione della terra. Essi ci parlano di sé comunicandoci il valore sociale che hanno, per cui necessitano un'analisi approfondita alla quale poi segua un'organizzazione in sistemi strutturati.

Per Leroi-Gourhan un oggetto è tanto più funzionale quanto più è esteticamente valido: «Un terreno ben arato o ben seminato, un carico di covoni o di sacchi architettonicamente ben assestato, una bella coppia di buoi docili e curati, un mucchio di grano spogliato sull'aia ornato con decorazioni geometriche, ecc., son tutte cose che diventano anche oggetto di apprezzamento estetico e di esibizione». (G. Angioni, 1974, p. 90). Quasi a dire il ben fatto, ben costruito, ben riuscito è sicuramente valido è pregevole sia a livello percettivo, sia a livello tecnico e sia a livello sociale.

Lo studio della tecnica e degli utensili ci aiuta a una migliore conoscenza della vita sociale dei diversi popoli e ciò è ancor più valido se lo studioso si pone dal punto di vista della società che li ha prodotti e non dal proprio modo, cioè gli utensili, dal loro punto di vista, parlano della loro civiltà e comunicano usi e costumi sia a livello tecnico sia a livello ideologico per il valore simbolico che assolvono.

Con il design industriale si è riusciti ad ottenere la produzione di nuovi utensili o attrezzature sfruttando nuove tecniche di costruzione. I mobili di Thonet hanno origine da una invenzione tecnica, che consiste nell'inumidire elementi di legno per poterli piegare. L'idea dell'inventore fu quella di restituire al legno, grazie al vapore, l'elasticità iniziale, di sagomare i pezzi in cassaforme metalliche e quindi lasciarle essiccare in modo da fissarne definitivamente la conformazione.
Questa tecnica, tuttavia per quanto innovativa, ingegnosa e di grande utilità ai fini della quantificazione dei prodotti, non avrebbe dato quei risultati figurativi che hanno reso inconfondibile lo stile di Thonet, se non fossero intervenuti altri fattori che associavano al dato costruttivo una valenza estetica e che rispondevano oltre a una esigenza pratica, al gusto di ogni classe sociale.
Così infatti il critico Lux considera all'inizio del Novecento i prodotti della ditta cooperativa austriaca di design fondata dall'architetto Joseph Hoffmannel 1903: "Ogni oggetto esprime il massimo livello di capacità tecnica e artistica, ed il suo valore artistico sta proprio laddove raramente lo si trova e dove in realtà andrebbe cercato non esclusivamente nell'esteriorità decorativa, negli orpelli formali, ma nel contenuto ideativo e nella serietà del lavoro manuale» (J. A. Lux, 1904, p.88).

Nel design si assiste al passaggio dall'artigianato produttore di un solo oggetto all'operaio produttore di oggetti in serie, che rende possibile la produzione industriale dell'oggetto utile.
Il valore estetico totale di un utensile è dato dalla somma della funzionalità delle formule meccaniche e fisiche e dal rivestimento decorativo.

Per Leroi-Gourhan l'estetica funzionale è spesso l'insieme di diversi fattori quali l'evoluzione di ogni funzione verso forme più adeguate, il compromesso tra funzione e forma, e l'insieme decorativo risultato della tradizione biologica negli animali o etnica negli uomini.



IL LINGUAGGIO DELLE FORME

LO SPAZIO E IL TEMPO

Caratteristica dell'uomo è l'addomesticamento dello spazio e del tempo. Addomesticare significa letteralmente volgersi verso casa ad domus, passando così da una condizione di vita all'aperto a una vita svolta all'interno delle mura che delimitano uno spazio. Per l'uomo è di fondamentale importanza il suo inserimento nella società in cui vive, infatti «l'uomo è uomo solamente se lo è fra gli altri, rivestito dei simboli della sua ragion d'essere» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 364) e svolge in essa il suo ruolo sociale connesso alla sua attività lavorativa.

Anche per Aristotele essere uomo significa fare parte attiva nella Polis: «L'uomo è un animale politico ed è portato per natura alla vita di società» (Aristotele, 1990, p. 72). Secondo Leroi-Gourhan ciò che ha permesso all'uomo di essere uomo e di inserirsi in una società è prima di tutto, non solo l'uso dell'utensile e del linguaggio ma l'umanizzazione del tempo e dello spazio: l'uomo, per compiere l'addomesticamento del tempo e dello spazio, ha dovuto costruirsi un rifugio chiuso e inserirsi nei ritmi della sua società, passando così dallo spazio aperto a quello delimitato che rappresenta un perimetro di sicurezza, e dal tempo naturale delle stagioni e dei giorni, a un tempo ritmicamente condizionato dal suo dominio sulla natura con il lavoro. Secondo Leroi-Gourhan più l'uomo si impadronisce del tempo, più entra in un'organizzazione sociale, passando così da un tempo naturale ad un tempo simbolico.



LA CASA COME SPAZIO DELIMITATO

La casa è per ogni individuo un luogo di primaria importanza per la sua vita anzi l'uomo tende a riconoscersi tale in un ambiente circoscritto che sente di sua appartenenza "La casa è come la città. E non a caso, perché pur nelle innumerevoli varianti culturali è tale da inserire un elemento inconfondibilmente umano, totalmente costruito, nel paesaggio. Agglomerata con altre  nei centri abitati o sparsa, isolata nei campi; elevata verso il cielo nella tensione arrogante di un grattacielo o rasa al suolo fin dalle fondamenta, la casa rappresenta comunque e dovunque la sigla umana del mondo" ( V. Guarrasi, 1990, p.33).

La costruzione di uno spazio abitato per Leroi-Gourhan risponde a tre esigenze:

1.Costruire un luogo funzionale da un punto di vista tecnico: qualsiasi costruzione è infatti dato dall'incontro tra la materia e la forma;
2.permettere all'individuo di far parte di un determinato gruppo sociale;
3.riorganizzare lo spazio circostante partendo da un preciso punto.

Nel costruire la casa di importanza fondamentale è il materiale con il quale è costituita. «La civiltà mediterranea non è certamente la sola ad attribuire importanza all'idea di durata, ma forse è quella che con più consequenzialità ha posto a fondamento di tale valore delle strutture materiali. Nella vita quotidiana, al di là dello spazio sacro, ha associato l'idea di durata alle costruzione di pietra. Ha voluto sottrarsi a una regola che vuole che l'uomo con lo sviluppo tecnologico assuma una posizione di dominio nei confronti dello spazio, ma uno scarso controllo sulla durata della sua vita [...]. La società mediterranea si è sforzata di assegnare alla memoria, se non alla esistenza umana, un surplus di durata. Per fare tutto questo è alla pietra che ha fatto ricorso» ( V. Guarrasi, 1990, p. 32).

Leroi-Gourhan divide lo spazio che ci circonda in spazio itinerante e spazio radiante, dove il primo è uno spazio dinamico perché percorso dall'uomo, il secondo è uno spazio statico che l'uomo percepisce stando fermo quali spazi concentrici che si vanno allargando fino all'ignoto.

«Il cacciatore-raccoglitore nomade arriva a conoscere la superficie del proprio territorio attraverso i suoi spostamenti; l'agricoltore sedentario costruisce il mondo in circoli concentrici intorno al granaio», (A. Leroi-Gourhan, 1977, p.380) per cui i cacciatori-raccoglitori vivono lo spazio itinerante, gli agricoltori conoscono solo lo spazio radiante.

Da sempre la sociologia ha dimostrato come le abitazioni abbiano un forte valore sociale dove intere città sono state costruite in base a quartieri popolari o residenziali creando, cioè, delle zone in cui abitassero classi sociali diverse e dove l'assetto stesso della città variava in base all'organizzazione socio-spaziale e all'evoluzione tecno-economica.




DALLA CASA ALLA CITTÀ

Per Leroi-Gourhan, da sempre, i centri urbani, grandi o piccoli, rappresentano dei microcosmi che tentano di inserirsi in maniera armonica nel macrocosmo. Così, dall'integrazione spaziale degli individui, si passa all'integrazione della collettività nello spazio tramite ritmi che permettono il movimento dove «il tempo urbano è un tempo umanizzato per eccellenza» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 384.) L'inserimento del nucleo urbanizzato con il mondo naturale che lo circonda si può ottenere con i riferimenti astrali, con la volta celeste e con i punti cardinali. La città può essere orientata in modo da diventare il punto centrale del cielo e della terra e la sua struttura riflettere quella dell'universo. Anticamente le città avevano le porte in corrispondenza ai punti cardinali.

«Il suo ovest e il suo est sono l'est e l'ovest per eccellenza perché segnano l'entrata e l'uscita dell'astro in un microcosmo totalmente umanizzato e simbolico» (A. Leroi-Gourhan, 1977, pp. 384-485). La città è uno spazio ordinato con l'universo dove «l'ordine vi è introdotto con la geometricità e con la misura del tempo e dello spazio». (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 386).

Le città greche e romane avevano un'impostazione geometrica direttamente ispirate alle città arcaiche dove la capitale è il centro del mondo e tutto l'universo convergeva verso essa. Nell'antichità la città conservava il suo carattere cosmogonico anche se oggi le diverse motivazioni ideologiche e i diversi fattori storici hanno cambiato il modo di rapportare la città all'universo. «La città ha origine da un segno tracciato sul terreno, che divide ciò che è dentro da ciò che rimane fuori. In questo la città è come il tempio, il recinto sacro, il cui nome significativamente deriva dal verbo greco «temno»: tagliare, fendere, ferire» (V. Guarrasi, 1990, p. 33).
Se la città rappresenta il controllo dell'uomo sulla natura, sorge il problema di reintrodurre la natura nella città stessa, dove città e natura rappresentano i due poli opposti della libertà e dell'aggressione.

La città greca «evitava  l'imponenza delle grandi mole e cercava l'armonia delle proporzioni, commisurando le forme alla funzione statica, cioè il sostegno al peso e il pieno al vuoto, il volume dell'edificio allo spazio naturale» (C. G. Argan, 1980, p. 27).

Nel mondo classico la città, come si sa, si allarga intorno alla collina dell'acropoli, dove sorgono i templi e, più in basso, le case dei ricchi. Di qui si passa alle case popolari. È proprio in mezzo a queste che si trova l'agorà, in cui ferve la vita commerciale e politica. Nelle immediate vicinanze si trovavano i terreni coltivati. I movimenti di popoli dalla campagna alla città erano direttamente collegate al ritmo delle stagioni e al lavoro dei campi.

Nel Medioevo le case sono addossate l'una all'altra, all'interno di una cinta muraria o su un promontorio, divise da due grandi strade disposte ortogonalmente che rappresentano una grande croce secondo la tradizione religiosa medievale. La croce riveste tutto lo spazio umanizzato così come la cartografia medioevale, infatti «Il Medioevo è ricco di ecumeni circolari, per lo più della forma di «T in O», dove O è l'oceano circonfluente, l'asta verticale della T è il mare Mediterraneo, con a sinistra l'Europa e a destra l'Africa; mentre la parte sinistra il Tanias e la destra il Nilo, [...]. Questo schema geometrico, [...] è la carta immagine fondamentale al cui centro è posta Gerusalemme» (R. Messina, 1991, p. 131).

Nel Rinascimento l'urbanistica propone lunghe vie prospettiche dove nella razionalizzazione degli spazi si riafferma lo schema delle città classiche. Nel XVIII sec. riscoprendo il valore della natura si ricerca un neocosmogonismo che prelude allo schema delle città industrializzate.

Con l'industrializzazione le città cambiano completamente volto, «la città diventa un agglomerato di edifici utilitari in cui le arterie sono tracciate secondo necessità» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 398 ). Le abitazioni perdono il loro aspetto umano, l'armonia della città con l'universo è completamente inesistente e l'individuo ha perso la sua dimensione spazio-tempo a causa del problema dei trasporti che rivoluzionano i valori sociali ed economici. Le distanze percorribili in tempi relativamente brevi sono più numerose grazie a nuove reti ferroviarie, così uno spazio tollerabile è uno spazio percorribile dalle operazioni quotidiane che permettono di rispondere ai bisogni estetici fondamentali.




I SIMBOLI DELL'UOMO

Per Leroi-Gourhan la vita dell'individuo è salvaguardata nella sua integrazione con l'ambiente, nel quale trova tutto il necessario per la sua sopravvivenza e in questo le sue necessità si equivalgono a quelle dell'animale. Da un punto di vista estetico invece l'uomo ricerca nella società di appartenenza tutta una serie di simboli quali l'abbigliamento, gli atteggiamenti, il linguaggio e l'ambiente sociale che gli consentano l'accettazione da parte della società e lo svolgimento di un suo ruolo in essa.

L'abbigliamento nell'uomo ha  un valore sociale, serve certamente per coprire e proteggerlo dal freddo ma, soprattutto, a localizzarlo in un preciso contesto sociale «l'abbigliamento ha un valore etnico» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 407).

Questa regola vale anche per gli animali i quali si distinguono da una specie rispetto ad un'altra proprio per l'aspetto del pelo maculato dai diversi colori dei piumaggi. Negli uomini, inoltre a questo si aggiunge uno straordinario repertorio di ornamenti, accessori atti a indicare tutti il gruppo di appartenenza e «la perdita dei costumi tipici nazionali e professionali è il segno più evidente della disintegrazione etnica» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 409).

Anche Simmel ritiene che «la moda significa da un lato coesione dei pari grado, unità di una cerchia sociale che si caratterizza per mezzo suo, e dall'altro chiusura di questo gruppo verso coloro che stanno più in basso e vengono caratterizzati come non appartenenti a esso» (G. Simmel, 1985, p.31).
Oggi, oramai, nel mondo occidentale, l'abbigliamento è quasi uguale nelle diverse classi sociali e si differenzia solo perché più costoso e per l'adattamento alla moda. Un caso a sé sono gli abiti dei religiosi perché non solo devono indicare simbolicamente il gruppo di appartenenza ma anche devono, anche esprimere, con tutta l'enfasi possibile, il dominio del tempo. L'abito ha per il religioso un valore fortemente distintivo rispetto al gruppo di appartenenza. Oltre all'abbigliamento, c'è tutta una serie di atteggiamenti e gesti che comunicano, in un vero e proprio linguaggio, il gruppo sociale di appartenenza e il proprio ruolo che si ricopre in esso: il modo di salutare, le buone maniere, il tono di voce sono tutti indicatori della propria vita di relazione «atteggiamenti e linguaggio di relazione sono ai limiti del campo figurativo. [...] La vita etnica è tutta figurazione» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 413). Ciò vale anche per gli oggetti e gli utensili: «Il discorso sugli oggetti suole articolarsi su due piani ben distinti: l'uno relativo alla capacità che hanno di servire a qualcosa, di funzionare, di essere cioè oggetti di uso; l'altro relativo alla capacità che hanno di comunicare, di dire qualcosa, di essere cioè oggetti-segno.» (S. Miceli, 1978, p. 11). Gli oggetti devono essere utilizzati alcuni per un fine pratico immediato altri assumono valore sociale e simbolico. Ogni individuo che compie certi gesti, si veste in un determinato modo è membro di una determinata etnia.

Elemento fondamentale dei rapporti sociali negli uomini come negli animali è la gerarchia degli individui e i rapporti che si stabiliscono tra i due sessi. «Le parti immateriali degli eventi tecnici, anche dei costumi e delle norme del corpo e dello spazio: le posture e i gesti, non si colgono solamente nelle forme espresse così come si manifestano nella facciata, nei movimenti prodotti» (L. Solinas, 1989, pp. 9-10).

Ma anzi «Oltre a questa dimensione d'apparenza bisogna cercare quei dei più inafferrabili che la sorreggono: le abilità, gli ideali di stile, i codici di controllo, tutto ciò che gli oggetti d'uso danno per scontato, il coordinamento muscolare e percettivo che integra i movimenti in programmi motorie preesiste all'uso applicato di questo o quello strumento.

Specialità personali e maestria assumono frequentemente il valore di simboli esclusivi d'una categoria di mestiere e di rango professionale, come il vetrino al cobalto nelle acciaierie Martin-Siemens, fungeva da distintivo del primo fonditore perché solo a lui competeva l'incarico e la capacità di controllare la correttezza della fusione osservandone, attraverso il vetrino, le variazione cromatiche». ( L. Solinas, 1989, pp. 9-10).

Il comportamento figurativo è legato al linguaggio così come il linguaggio è legato alla cultura materiale e allo strumento che diventa il simbolo di classe lavoratrici.



ARTE FIGURATIVA

Per arte figurativa si intende l'insieme delle emozioni che hanno origine dai sensi e diventano successivamente simboli tramite un processo intellettivo ma soprattutto è espressione di un'etnia: «Il linguaggio delle parole e delle forme, dei ritmi, delle contrapposizioni simmetriche di frequenza o di intensità è il campo della libertà umana; [...] parola e figurazione sono il cemento che lega gli elementi della cellula etnica.» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 423).
Ovviamente l'arte è comunicazione vera e propria perché possiede un vero e proprio linguaggio, inoltre «La figurazione si inserisce direttamente nel sistema di relazioni attraverso i sensi di riferimento dominanti e attraverso la motilità» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 423). Gli uomini tramite la vista e il movimento, che portano una comunanza fra tecnica, linguaggio e figurazione, entrano in relazione tra di loro, ma mentre c'è una corrispondenza immediata tra parole e oggetti, la figurazione si basa sulla percezione dei ritmi e dei valori, comuni a tutti gli esseri viventi. La produzione materiale, il linguaggio, la figurazione sono dei processi legati l'uno all'altro «la ritmicità figurativa del suono e del gesto è comparsa probabilmente lungo il filo dello svolgimento geologico, come il linguaggio, in sincronia con lo sviluppo delle tecniche.» ( A. Leroi-Gourhan, 1977, p.425).

Come ogni oggetto si è sviluppato in base allo sviluppo delle tecnica anche l'arte risente chiaramente delle competenze e delle tecnica che un'artista, portavoce di un'etnia utilizzava.

«La distinzione dell'artistico dalla tecnica [...] si è originata in una precisa situazione storica in conseguenza dei cambiamenti economici e sociali in questa intervenuti.
Nel Medioevo non si era affermata la concezione dell'opera d'arte come espressione personale dell'artista. [...] Sta di fatto, comunque che possiamo anche immaginare una tecnica senza "arte", ma non sappiamo a che cosa riferire il nostro pensiero quando ci proviamo a pensare a un'arte senza tecnica" (A. Buttitta, 1980, p. XIII).

L'arte della pittura, della scultura e dell'incisione ha origine nel Paleolitico superiore. Intorno al 50000 a. C. sono sono state rinvenute delle pietre sferiche come testimonianza di un interesse per la forma, forse quale prova dell'interesse per la natura o magari di una ricercare di poteri magici. «L'arte figurativa propriamente detta è preceduta da qualcosa di più oscuro o di più generale che corrisponde alla visione ragionata delle forme» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 427), così l'individuo inizia a percepire e a distinguere le forme. Nelle prime raffigurazioni preistoriche ciò che si trovano sono raffigurazioni proposte in maniera ritmica quali bastoncini o frammenti di osso «Fra il trentacinquesimo e il ventesimo millennio l'uomo era sicuramente già riuscito a impadronirsi della rappresentazione del ritmo» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 430).

La denominazione delle prime manifestazioni d'arte è quella di "primitiva" e comincia con l'astratto e il prefigurato. L'arte rappresenta soprattutto figure femminili, maschili e animali, tra i quali il cavallo e il bisonte. Posteriori al periodo prefigurativo, caratterizzato da segni incisi paralleli, linee a cupola su delle lastre di calcare, sono opere dell'esordio dove i segni ritmici prevalgono sulle figure nitide. L'arte astratta isola alcuni elementi più significativi quali la testa e li traduce in simboli e si sviluppa come movimento che va dal simbolismo astratto al realismo. Per realismo Leroi-Gourhan intende la raffigurazione sempre più esatta delle forme, nel movimento e nei particolari, questa sarà raggiunta anche nel Paleolitico superiore ma richiederà un lungo percorso formativo. Da notare come in tutta la sua evoluzione l'arte si avvii verso formule realistiche. Esisterebbe per l'arte lo stesso processo dell'approssimazione funzionale nelle tecniche anche se queste ultime si perfezionano con l'aiuto di scambi, mentre nell'arte la materia e la tecnica intervengono in maniera marginale e i veri cambiamenti sono causati da fattori socio-economici.

Leroi-Gourhan distingue vari stili nel Paleolitico:
Lo stile I dove prevalgono forme astratte e schematiche, anche se ci sono raffigurazioni di organi maschili o femminili raffigurati in modo realistico.
Lo stile II, 20000 prima della nostra era, poco realistico, anche se non si avverte nessun movimento, non c'è un'effettiva differenza con lo stile I.
Lo stile III, 15000 prima della nostra era, gli animali raffigurati danno un'immagine di grande vigore, il realismo non è ancora raggiunto anche se l'artista mostra di possedere una notevole padronanza tecnica nel dipingere.
Lo stile IV, 13000-8000 prima della nostra era, il realismo delle forma comincia a farsi strada anche se gli elementi della scena non sono armonizzati né gli uni con gli altri né nell'insieme della composizione.

L'arte paleolitica si conclude 8000 anni prima della nostra era, a causa di forti cambiamenti economici e sociali «L'evoluzione del realismo nell'arte paleolitica mostra [...] che la figurazione matura per tappe che sono legate a un fenomeno simile a quello dell'invenzione tecnica» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 443), quando migliora il realismo ma talvolta l'opera perde di efficacia e di espressività.

Molte raffigurazioni preistoriche risultano essere geometrizzate e le immagini ridotte a linee che «esprimono l'essenza formale del soggetto» (Leroi-Gourhan, 1980, p. 17). La geometrizzazione è dovuta sia a cause materiali quali i fili dei tessuti o degli oggetti in vimini sia all'adattamento dei  disegni alla forma vari utensili, ad esempio nella ceramica  i disegni girano intorno al vaso tanto che le figure si perdono in immagini geometriche. «Questa evoluzione ha interessato in generale solo i procedimenti a carattere decorativo, nei quali il ritmo è più importante del soggetto» (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 443).

Secondo Hauser la geometrizzazione delle figure è «dipende da una svolta della civiltà [...] dal passaggio dalla civiltà dei raccoglitori e dei cacciatori a quello dei pastori e dei piantatori muta non solo il contenuto ma tutto il ritmo della vita» (A. Hauser, Storia sociale dell'arte, Torino, 1955, p. 32)

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La composizione è legata al significato delle figure e all'equilibrio dello spazio. Fin dal comparire di un sistema figurativo c'è la composizione delle immagini «Se lo stadio della composizione è raggiunto solo in modo frammentario attraverso la stessa evoluzione che libera il realismo delle forme e del movimento, la prospettiva segue esattamente la medesima strada perché in effetti il realismo delle forme, composizione e prospettiva sono strettamente legati». (A. Leroi-Gourhan, 1977, p. 452). Inoltre se «Consideriamo un qualsiasi vaso di terracotta decorata. La sua forma dipende da esigenze oggettive: resistenza, durata, maneggiabilità, peso e densità della materia che dovrà contenere. Sulla superficie il vasaio ha tracciato segni che non soltanto hanno un significato simbolico, ma che modificano la forma visibile del vaso perché attraggono lo sguardo su altre immagini, sul loro contrasto coloristico rispetto al fondo, sul ritmo dei loro contorni». (C. G. Argan, 1980, p. 9). Una prospettiva è presente mediante una convenzione di fuga nel disegno delle corna, nella sistemazione delle orecchie, nelle forme arrotondate dei corpi.

Nelle raffigurazioni preistoriche ci sono pochi casi in cui è stato raffigurato il fantastico, raramente si trovano, infatti, personaggi immaginari. Più che altro si trovano aggiunti elementi decorativi in immagini normali come ad esempio corna o denti da leone in figure umane oppure creazione di raffigurazione di animali mitologici quali il grifone o la chimera.



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