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Tra parola e immagine: l'eredità delle avanguardie artistiche in Giosetta Fioroni  
Sara Pochini
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 16 Maggio 2006, n. 430
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Area Artisti

Fin dai primi disegni a china della fine degli anni cinquanta del Novecento Giosetta Fioroni ha intrattenuto nella sua arte un sentito legame con la scrittura, con la possibilità di muoversi in quella sottile linea che separa il segno grafico, che viene tracciato sul foglio di carta, dalla parola scritta. Essendo vissuta tra il 1958 e il 1963 tra Parigi e Roma, la lunga tradizione parigina di collaborazioni tra artisti e scrittori, come vedremo qui di seguito, deve certamente aver avuto un ruolo determinante nella formazione dell'artista romana.

Negli anni trenta del Novecento intensi e svariati erano i contatti tra pittori e scrittori, soprattutto nell'ambito delle riviste culturali. Parlando della pittura surrealista Marcel Jean così scrive: «Dappertutto, nel mondo, i pittori e poeti mantengono i collegamenti tra di loro e con il gruppo di Parigi grazie a innumerevoli riviste e pubblicazioni ... . La lussuosa rivista "Minotaure" diretta da Albert Skira offre ospitalità fin dalla sua prima uscita avvenuta nel 1933 agli scrittori e ai pittori del movimento ... » 1.

Questa breve parentesi sulla pittura surrealista, di cui si parlerà più avanti, serve qui per introdurre alcune osservazioni: le sperimentazioni che hanno visto unire la parola e l'immagine, nel corso della storia dell'arte, hanno avuto come autori poeti e artisti, ma non sempre è facile stabilire se essi siano solo l'uno o l'altro, oppure se, in un'unica persona, convivano entrambe le personalità. A tale questione si riferiscono le parole di Lamberto Pignotti: «È tutt'altro che agevole infatti stabilire chi nelle operazioni estetiche implicanti l'uso dei codici visivi e verbali sia prima poeta o pittore ... . Mi sono affidato allora ... non tanto alla drastica concezione binaria del e del no, quanto a un più flessibile criterio impostato sul più e sul meno. Per una mostra intitolata Calligrafia. La pittura scritta, mi sono apparsi allora più "pittori" che "poeti" i seguenti artisti: - segue l'elenco degli artisti tra cui compare il nome di Giosetta Fioroni - Si tratta di artisti che con un'opera a testa ... testimoniano di una pittura la quale assume o evoca in vario modo e all'interno del proprio specifico, il codice della scrittura. Si tratta di opere che costituiscono non "pagine da vedere", ma almeno emblematicamente "quadri da leggere" » 2.
Non si può parlare di un preciso inizio di tali esperienze, in quanto è proprio la natura della parola scritta ad aver avuto, fin dalla sua nascita, un aspetto iconico insito nei suoi segni. Nel suo libro La parola dipinta 3 Giovanni Pozzi spiega le possibilità figurative insite nella scrittura: « ... l'iconismo poetico nasce da una serie di relazioni che intercorrono fra la lingua e il disegno mediante il tramite della scrittura» e ancora «L'intermediario che mette in contatto le marche della quantità che lingua e disegno posseggono in comune è la scrittura, intesa come modo di fissare il linguaggio: le masse e le posizioni dell'entità linguistica, divenendo masse e posizioni scritte, divengono per ciò stesso linee e superfici» 4.

La tradizione della parola utilizzata a fini iconici è lontana nel tempo 5: «Del resto, forse per nascita e in ogni suo periodo, la scrittura ha costituito qualcosa "da vedere" oltre che "da leggere" » 6. Giosetta Fioroni sembra rientrare in quella tradizione antica di una figuralità propria della parola scritta guardando le parole scritte o stampate come fossero linee e superfici, forme e immagini. Lo dimostrano le parole di Pozzi, che nonostante si riferiscano al technopaegnion, ben si adattano sia ai primi disegni degli anni cinquanta dell'artista, sia alle sue successive opere: «Supponendo invece la trascrizione per linee sovrapposte sul supporto bidimensionale della pagina (che è un fatto iconico che non rappresenta nulla della lingua), allora le linee sovrapposte di lunghezza diversa vengono a creare dei tracciati irregolari, i quali, se opportunamente regolati, creano contorni, dai quali nasce il disegno » 7. Giovanni Pozzi, nel suo libro, giunge a parlare dei "calligrammi", nei quali è l'uso delle linee verticali e curve a tracciare delle figure: «L'artificio nasce nell'alto medioevo con Eugenio Vulgare, è ripreso qua e là nei secoli XVI-XVII, e sta fiorendo ancora dopo lo splendido riavvio datogli da Apollinaire » 8.

L'autore cita più volte le esperienze di Stéphane Mallarmé 9, Guillame Apollinaire 10, e dei futuristi, esperienze che presentano molteplici punti di tangenza con il lavoro di Giosetta Fioroni e che potrebbero considerarsi, dunque, importanti precedenti storici per l'artista, appassionata lettrice del libro di Pozzi.

« ... con l'avvento delle avanguardie storiche del nostro secolo ... inizia ... la consapevolezza che fra Letteratura e Arti visive, fra Pagine e Quadro, fra Parola e Immagine, non ci sono frontiere precise e neppure occasionali sconfinamenti, ma piuttosto sistematiche sovrapposizioni e integrazioni nel segno della continuità ... . Uno dei temi ricorrenti all'interno dei manifesti di tutti i maggiori movimenti delle avanguardie storiche è quello della riflessione sui linguaggi - verbali, visivi o di altro tipo - in relazione sia alle loro potenzialità espressive vecchie e nuove, sia alle loro possibilità di interrelazione reciproca. È appunto in queste occasioni che si avanzano le prime ipotesi di una ricerca sistematica sui rapporti tra aspetto verbale e aspetto visivo in un testo artistico, all'interno di una più generale concezione dell'arte come momento di conoscenza totale e integrale ». 11 È grazie a queste intense ricerche, di una sempre più legittima unione tra la parola e l'immagine, che dalla seconda metà del Novecento, momento storico a cui appartiene Giosetta, si è acquisita la consapevolezza della loro importanza e ci si è proposti di recuperare quegli studi.

Nel 1964, nel numero 16 de "Il Verri", viene pubblicato un articolo di Helmut Heissenbuttel dal titolo Per una storia della poesia visiva nel XX secolo 12: al di là dei contenuti dello scritto, l'artista romana, a contatto col mondo letterario, in particolare quello del "Gruppo '63" gravitante attorno alla rivista "Il Verri", poteva ben venire a conoscenza dei nomi degli artisti e scrittori che si riferiscono alla poesia visiva e delle loro opere, in particolare, appunto, quelli di Mallarmé ed Apollinaire.

Quello di Mallarmé, è definito come « ... l'esempio più interessante di esperienza della visualizzazione poetica ». 13 Un elemento innovativo contenuto nel poemetto di Mallarmé dal titolo Un coup de dés jamais n'abolira le Hasard è descritto da Vincenzo Accame: « L'elemento primo che Mallarmé acquisisce alla poesia è lo spazio. Uno spazio delimitato, come quello del pittore, se vogliamo, ma sostanzialmente diverso nell'ordine del "segno". Il "segno grafico" del pittore occupa uno spazio di per sé esistente, mentre il "segno poetico" di Mallarmé determina lo spazio, lo gestisce linguisticamente; anzi, spesso è lo spazio stesso, nella sua poesia, che si fa segno ». 14 Ciò che viene messo in rilievo col poemetto di Mallarmé è l'aspetto spaziale, dunque visivo, della parola poetica: lo spazio ha certamente la sua importanza in Mallarmé, il quale, tra le parole del suo Un coup de dés lascia ampi spazi bianchi, assai significativi quanto le parole. « Nel ritmico equilibrio delle strutture del testo di Un coup de dés sono gli spazi e i motivi dei caratteri tipografici che diventano significato stesso della poesia e confluiscono nell'eleganza di una sintesi costruita sulla potenza metafisica dei silenzi bianchi della carta e sul significativo linguaggio delle presenze tipografiche » 15; quella « potenza metafisica dei silenzi bianchi della carta », di cui parla Morrocchi a proposito de Un coup de dés di Mallarmé, si può riscontrare anche in Giosetta Fioroni. L'abbiamo visto nei suoi primi disegni a china dove i sottili segni dell'inchiostro nero sembrano entrare in una stretta relazione col fondo bianco del foglio di carta. Nulla in questi fogli sembra essere lasciato al caso, né gli spazi bianchi, né le piccole tracce di inchiostro: ogni parte si fa portatrice di un messaggio. Così scrive Morrocchi: « L'armatura della composizione prende forma via via che la scrittura, scoprendo improvvisamente la sua importanza, si svincola dalla dipendenza del contenuto teorico per interagire con il movimento dei vuoti e dei pieni, di silenzi e di vibrazioni ... » 16.

L'importanza data all'aspetto grafico della parola, presente in Mallarmé, è la stessa che si riscontra in Giosetta Fioroni: anche in diverse opere dell'artista la scrittura si muove all'interno dello spazio pittorico interagendo con le immagini. Gli acquerelli dedicati dall'artista alla "Fiaba di Magia" si accompagnano a pagine e pagine di appunti da lei scritte a mano, che riportano le varie fasi rintracciabili all'interno della struttura della fiaba, fogli che, secondo la Pirani, costituiscono lo « ... studio e l'elaborazione di una sintesi, prima intellettuale e poi visiva ... » 17. Le pagine che recano la scrittura dell'artista, sono intervallate da suoi interventi artistici, attraverso tratti di china che lasciano tracce figurative. Lo stesso uso della china, attraverso tracce nere, linee, qualche scritta, qualche piccola immagine riconoscibile, compare anche nei fogli della serie "Gli Spiriti Silvani" realizzati ispirandosi alle storie di fate, gnomi ed elfi ascoltate durante il periodo di soggiorno con Goffredo Parise a Salgareda, nel Veneto. Nelle parole di Federica Pirani a proposito di questa serie ritroviamo molti degli elementi di cui si è parlato nel primo capitolo e che, dunque, si possono ormai considerare come quelle che saranno delle costanti nel lavoro di Giosetta Fioroni: « ... una linea sottile attorcigliata ed energica forma dei ghirigori sulla superficie bianca del foglio. Sembra essere la traccia grafica del passaggio di quelle magiche creature, trascrizione veloce di un'apparizione fuggevole. A volte questi disegni astratti, simili agli esperimenti delle scritture automatiche di ambito surrealista ... sono illuminati da trasparenti macchie di colori ad acqua o da un alfabeto formale di segni ... . Analogamente, come in alcuni lavori dei primissimi anni Sessanta, ritorna ad avere grande rilievo la scrittura. ... nelle chine l'esercizio di una calligrafia bella e leggibile diviene vera e propria didascalia e complemento all'immagine. Peraltro, questa attenzione alla titolazione dei dipinti, che accomuna Giosetta Fioroni ai pittori-poeti come Klee e Licini, non rappresenta solo una suggestione letteraria nella lettura dell'opera ma modifica sensibilmente il tempo di osservazione e percezione del dipinto. Chi guarda un'immagine nella quale la scrittura - ben leggibile - ha molto rilievo, è implicitamente invitato ad avvicinarsi, sostare, leggere, e finanche risolvere e interpretare, una sorta di cabala fonetica che Fioroni introduce indistintamente nei quadri come nelle lettere agli amici. ... Materie diverse, aloni colorati, creano forme fluttuanti, sospese in uno spazio vuoto, mentre il gusto calligrafico, la scrittura all'interno della teca ... accentua la dimensione temporale dell'opera, ne scandisce il tempo di lettura. ... il quadro si avvicina alla pagina di un diario, è parte di un insieme, diviene capitolo di un racconto » 18

Se in Mallarmé Giosetta Fioroni ha potuto scoprire le suggestioni grafiche e visive proprie della pagina scritta, con Apollinaire il passo in avanti è compiuto verso l'integrazione di quella suggestione con il contenuto poetico. Morrocchi descrive il lavoro di Apollinaire: « Nella sua ricca serie di lavori sperimentali si devono distinguere essenzialmente due aspetti: la composizione manoscritta e quella tipografica. Nel primo, che userà in buona parte dei suoi esperimenti, la sua strategia sta nell'affidare il messaggio al codice convenzionale della scrittura, che però assomma tutte le caratteristiche di una unità segnica ... . Questa maniera viva di evidenziare i significanti attraverso il segno grafico, prima attuata dalla tipografia di Mallarmé, ora viene abilmente e intelligentemente rinnovata, non solo avvalendosi delle proprietà implicite della grafia stessa, ma soprattutto usando le funzioni del segno e dell'idea in modo che possano dare un risultato perfettamente integrante ... ». 19 Come in Giosetta Fioroni « ... ci troviamo in una fase della ricerca sperimentale che ... ci ripropone tutta l'importanza dell'interazione fra contenuto poetico e azione poetica, fra parola e figura, fra segno e verso ». 20
Attenta alla visività della scrittura Giosetta Fioroni ne coglie anche la specificità del contenuto.

Gloria Bianchino scrive di Giosetta Fioroni quasi fosse una scrittrice: « La Fioroni ... ha saputo anche costruirsi una lingua, una scrittura letteraria ... . Così ecco che Gli Spiriti di campagna (1970-71) appaiono prima di ogni altra cosa il recupero di Paul Klee e del suo modo di rendere essenziali, col segno, le sue stesse invenzioni, i suoi racconti; costruire un racconto con pochi tratti ... . Così nelle opere prodotte durante questo partecipe ritorno alla campagna, e nei disegni che sono soprattutto un diario diretto, vibrante, immediato ... . Del resto le parole-immagine che la Fioroni scrive accanto a questi disegni ... non sono davvero un inventario di gnomi ed elfi o di altro genere, ma, semmai, sono la scoperta del particolare raggiunta attraverso un occhio che osserva da vicino ... le sue fitte pagine-immagine, nelle quali lei ha inventato un modo nuovo di fare i libri scrivendoli con calligrafia regolare, ma sempre pulsante, interrotta ma sempre continua, dove appaiono le figure, ma dove il contenuto è importante ... . La Fioroni, se la consideriamo come scrittrice, mescola consapevolmente le tracce, incide sulla realtà dello scrivere mutando carattere e quindi comunicando con questo una figurazione significante, frammentando, inserendo disegni, insomma trasformando la scrittura, attraverso la grafia, in un ipertesto letterario quindi e di immagine ». 21

Proprio a Roma, tra la fine degli anni cinquanta e l'inizio dei sessanta, si tennero due mostre, entrambe al Palazzo Barberini, intitolate Il Futurismo e Omaggio ad Apollinaire, la prima nel 1959, l'altra nel 1960 22, stimoli che potrebbero essere giunti alla giovane romana.

L'esperienza futurista costituisce uno dei momenti più ricchi di esperienze volte alla riscoperta dell'aspetto figurativo della parola, aspetto che tanto ha interessato Giosetta Fioroni. Si potrebbe ipotizzare una confluenza di alcuni tratti del movimento futurista nella sua arte: l'interesse nei confronti delle potenzialità iconiche insite nella scrittura, il prevalere della scrittura nelle tavole di Balla, il frequente uso della scrittura manuale, in Govoni ad esempio, ed in generale un parallelo procedere dell'interesse verbale e di quello visivo, le linee, i colori, le forme e gli spazi, che divengono mezzi di comunicazione al pari delle parole o delle note musicali, sono elementi che si ritrovano anche nell'artista romana e se nelle esperienze di Govoni e di Soffici, « è difficile distinguere tra interesse verbale e interesse visuale » 23, anche nelle opere di Giosetta Fioroni non prevale né solo la parola né solo l'immagine, ma l'una e l'altra hanno lo stesso rilievo.

In una già citata mostra tenutasi a Faenza nel 1999, dal titolo La parola dipinta. Versi ... con immagini di Giosetta Fioroni, l'artista ha esposto una serie di opere in cui i versi di alcuni poeti da lei riscritti in bella calligrafia, si sovrappongono a delle immagini da lei stessa realizzate. Incantata dal mondo poetico e dalle capacità espressive della parola Giosetta Fioroni utilizza ciò che a lei è più consono e innato: l'immagine, i segni e i colori, propri delle parole scritte, per creare un mondo di sentimenti che sia parallelo a quello della comunicazione verbale. L'artista deve quindi aver colto questo carattere figurale, della scrittura, il suo farsi immagine tra le immagini, una scrittura che, oltre che accompagnare forme e colori si fa essa stessa linea e superficie.

Giorgia Erani, nel suo scritto contenuto nel catalogo dell'esposizione, pone l'accento sull'aspetto visivo, oltre che contenutistico, che assumono le parole scritte da Giosetta Fioroni all'interno delle opere: « ... Pittura e poesia non predominano mai l'una sull'altra; disegno e scrittura hanno equivalente rilevanza all'interno del foglio, sia nel contenuto sia nell'impostazione grafica, in un interscambio tra le funzioni dell'uno e dell'altra. L'immagine infatti, come espressione visiva di sentimenti, affetti ed emozioni interiori, assume valore di testo poetico; lo scritto, a sua volta, sembra in alcuni casi sfuggire la sua originale destinazione sonora per emergere prevalentemente quale celebrazione del segno, grafia che diviene intervento grafico e parte integrante dell'immagine ... . Il segno grafico non contribuisce a delimitare e a definire figure ed oggetti, bensì costituisce un mezzo espressivo supplementare che interviene spesso sopra il colore con un segno rapido, duro e nervoso contrastante con l'ovattato e pacato ritmo cromatico ». 25

La scrittura automatica surrealista si compone di un segno che segue l'andamento della psiche: il segno grafico che si viene a creare diviene espressione dell'interiorità, dei propri sentimenti: « ... interessa al surrealismo mettere a fuoco sia il problema del linguaggio che quello dell'immagine e dunque, con riferimento alle nuove scoperte scientifiche, i meccanismi sottesi alla produzione segnica, sia linguistica che iconica » Da sottolineare è l'importanza che la calligrafia assume in seno al movimento. La tipografia, tanto utilizzata in ambito dada, viene abbandonata a favore della calligrafia dell'autore. Il motivo di ciò è nella dimensione più interiorizzata che caratterizza il movimento surrealista, differenziandolo dalle avanguardie che lo precedettero. Molti furono gli artisti che utilizzarono la scrittura autografa posta in relazione ad elementi figurativi.

Nel 1929, sull'ultimo numero della rivista "La Révolution Surréaliste" Magritte pubblica il testo dal titolo Les mots et les images: l'artista, oltre a mettere in discussione i rapporti, fino a quel momento indiscussi, tra oggetto reale e cosa rappresentata, tra linguaggio iconico e linguaggio verbale, tra realtà e linguaggio, affrontando così il tema dell'arbitrarietà e convenzionalità del segno rispetto all'oggetto rappresentato, realizza un manoscritto in cui disegni di oggetti si alternano ad una scrittura calligrafica perfettamente leggibile. Lo stile è estremamente semplificato, somigliante a quello dei sillabari infantili. Dunque « Magritte arriva a dimostrare il parallelismo esistente tra segno verbale e segno iconico; le possibilità di reciproca sostituzione tra una parola dotata di un significato e l'immagine che rappresenta ... ; le equivalenze funzionali che si stabiliscono tra parola e immagine all'interno del quadro ... il rapporto che si istituisce tra le frasi trascritte tipograficamente e le singole parti disegnate non è di didascalia all'immagine o, viceversa, di illustrazione al testo verbale. Si tratta piuttosto di due discorsi organizzatisi autonomamente, dove il discorso in caratteri tipografici (verbale) assume come proprio oggetto il discorso disegnato (verbo-visivo), senza che tale assunzione implichi una identità di significato tra i due piani (come nel caso della didascalia) ». 26

Il pittore aveva più volte affiancato le sue opere alle parole dei poeti. Nel 1934 realizza la copertina del libro Qu'est-ce que le surréalisme ? di André Breton, per l'Editeur René Henriquez; un'opera di Magritte compare sulla copertina della rivista surrealista "Minotaure". Nel 1959, anno in cui Giosetta Fioroni si trova a Parigi, viene pubblicato, dall'editore Le Terrain Vague, Poèmes 1923-1958, di E.L.T. Mesens, con dieci disegni di René Magritte.

Laddove Giosetta Fioroni interviene nelle proprie opere con la propria calligrafia, il suo procedimento è quello di creare un parallelismo tra due linguaggi, visivo e verbale, e nei casi in cui compare la scrittura autografa, questa assume una veste visiva.

L'artista ha realizzato opere in cui alle immagini si uniscono le parole dei versi dei poeti che l'artista riscrive con la propria calligrafia: sono le opere presentate, nel 1998, alla Galleria Corraini di Mantova, in occasione del Festivaletteratura, e raccolte col titolo Scritte a mano. Poesie del cuore, del gioco e del dolore. La prefazione è di Elisabetta Rasy, la quale scrive della « danzante e solare grafia - come se da ogni lettera sprizzasse una precisa forma in movimento e un certo colore ... : la bella scrittura di Giosetta ». 27 L'artista ha sempre avuto un grande interesse per la calligrafia, soprattutto per le forme che ne derivano, che si creano dai segni delle parole. Elisabetta Rasy così continua: « ... nella sua opera la scrittura a mano ha un posto del tutto privilegiato. È come se scrivere a mano fosse per lei l'appassionata esplorazione dell'altra faccia delle parole: allontanarne l'anima sonora, perché l'arbitrio sovrano del segno, che iscrive nella preistoria dei significati i ritmi e le aritmie del cuore, possa celebrare la sua sacra apparizione. La mano che scrive è un agente del mondo infero e celestiale del cuore. Per questo, credo, il legame di Giosetta Fioroni con la poesia è da sempre saldo e stretto: non (solo) perché la poesia sia una misteriosa suscitatrice di immagini, ma perché ai suoi occhi la poesia è un paesaggio, un vasto, animato, variegato paesaggio. Le opere di Scritte a mano lo rivelano interamente: paesaggista delle parole, Giosetta le disegna tra le altre figure, come fossero alberi e uccelli in volo, perché ci insegnino il clima, la collocazione geografica, le caratteristiche geologiche, la temperatura emotiva e rammemorante del mondo naturale che la scena rappresenta ». 28

La profondità del rapporto tra la parola e l'immagine, sostenuta dai surrealisti, è testimoniata da un altro artista, Alberto Giacometti, che Giosetta ebbe modo di conoscere durante il suo soggiorno parigino. È la stessa artista a raccontare il suo primo incontro con lo scultore, avvenuto mentre si trovava insieme a Tristan Tzara al Café de Flore di Parigi: « Il Café de Flore a Parigi ha i sedili da sempre ricoperti di cuoio rosso e tutto intorno oltre la spalliera ci sono specchi. Io ero seduta al Flore con un uomo piccolo, dai bianchi capelli lisci pettinati all'indietro gli occhi piccoli e acuti infossati, lo sguardo pungente e una smorfia che dalle labbra passava a tutto il volto, di perenne insofferenza ... una specie di lieve costante sprezzo per tutto quanto lo circondava. Quest'uomo era T. Tzara. Il fondatore nel lontano (1917) del movimento DADA a Zurigo e da moltissimi anni parigino. Mentre lui mi parlava di una scultura africana e con pedante descrizione ne raccontava l'appartenenza a una certa corrente di Arte Negra, io alzai gli occhi e nello specchio alla nostra sinistra vidi il volto di un uomo che in quell'istante aveva aperto uno dei battenti che dalla terrasse portava all'interno del Flore. Per sempre ricorderò il tuffo al cuore al solo apparire di quell'immagine. Era il volto di Alberto Giacometti. Le caratteristiche, i connotati del volto e della persona di Giacometti sono note e più volte descritti ma lo sguardo errabondo che in quel pomeriggio di un inverno parigino del 1958 egli trascorse [sui] non molti clienti del caffè, era così lontano, distaccato e insieme teneramente attento che io mi girai verso la porta d'ingresso e insieme mi alzai dalla sedia come comandata da ipnosi. A questo mio fare Tzara si voltò anche lui e fece un gesto di saluti e vago invito al nuovo venuto. Giacometti si avvicinò e in modo lieve con un fare precario e rapido che già definiva breve il suo "soggiorno" con noi si sedette di fronte a me su una sedia accanto a Tristan ». 29 Giosetta Fioroni ha espresso il suo interesse per Giacometti in una conversazione con Claudio Spadoni. Raccontando delle sue conoscenze fatte nella capitale francese così parla l'artista: « L'artista che più amavo era Giacometti ... Il suo volto, solcato da rughe profonde come calanchi, era di una straordinaria mobilità, ricordava i suoi quadri, dove la figura nasceva da un inestricabile groviglio di segni ». 30

Nel 1931, sulle pagine della rivista "Le surréalisme au service de la révolution", compare una serie di disegni dell'artista dal titolo Oggetti mobili e muti: a questi oggetti astratti disegnati viene affiancata una composizione verbale molto vicina agli esempi di scrittura automatica. L'astrattismo presente tanto negli Oggetti tanto nelle composizioni poetiche, è indicativo « ... dell'esigenza che i surrealisti avvertono di una ricerca più approfondita sui punti di contatto esistenti a un livello più profondo tra linguaggio verbale e linguaggio visivo ... » 31, la stessa esigenza avvertita da Giosetta.

Nei lavori di Giosetta Fioroni un codice espressivo, usando le parole di Pozzi, "si aggiunge" all'altro, senza sovrapposizioni e un parallelismo costante mette in mostra due diverse modalità comunicative. Usando ancora le parole di Pozzi, ciò che si viene a creare « ... Non è quindi una semplice coabitazione, ma una simbiosi ... ». 32

Fu il ruolo svolto da alcuni mercanti d'arte, giunti a Parigi negli anni venti, a contribuire, nella seconda metà del secolo, alla corposa realizzazione di libri volti ad unire componimenti poetici con le opere degli artisti. Sono mercanti come Ilja Zdanevich 33, il greco Efstratios Eleftheriades, subito ribattezzatosi Tériade, il poeta-editore Pierre Lecuire 34, che, divenuti editori a Parigi ottengono la collaborazione degli artisti presenti nella città.

Negli anni più vicini alla presenza di Giosetta Fioroni a Parigi, dunque, nella città compaiono numerose pubblicazioni che vedono immagini accanto a poesie. In particolare devono essere proprio le incisioni di Chagall, con il loro carattere fiabesco, fantastico ed immaginario ad aver colpito l'artista romana, che nel corso della sua carriera artistica ha mostrato sensibilità verso un mondo magico e misterioso. Questo mondo rimanda l'attenzione alla figura di Victor Brauner, che pure era a Parigi in quegli anni e, come già detto, frequentato da Giosetta Fioroni: l'artista romana deve essere rimasta affascinata dalla provenienza del romeno Brauner dalla terra dei Carpazi, luogo per eccellenza di leggende e storie fantastiche.

Negli anni quaranta, nella capitale francese, compaiono due edizioni recanti il nome di Victor Brauner: nel 1946 l'artista ha illustrato Main forte di Benjamin Péret, per le Edition de la revue "Fontaine", mentre nel 1949 compare La char triomphal de l'antimonie di Iwan Goll con le illustrazioni di Brauner per le edizioni francesi "Hémisphères".

Nel 1962, sempre Brauner illustra con sei acqueforti Tire a l'arc di Alain Jouffroy. André Masson, nel 1957, realizza Féminaire, con ventuno acqueforti. Nel 1949 viene realizzato, per l'editore J. Damase, un libro con le parole di Sartre e opere di Wols. Anche Henry Michaux realizza Meidosems, del 1948.

Nel 1958, dunque siamo negli anni in cui l'artista arriva nella città, nella Galerie Louise Leiris si tiene un'esposizione dal titolo 50 ans d'édition de D.-H. Kahnweiler 35 in cui furono esposti i libri editi dal mercante ed editore Kahnweiler. Un'occasione, per gli artisti presenti in città, tra cui Giosetta Fioroni, di prendere atto della varietà ed ampiezza di proposte che, fin dalla Parigi d'inizio secolo, furono rivolte all'accostamento della parola all'immagine.





NOTE

1 Marcel Jean, Nota sulla pittura surrealista, in Maurice Nadeau, Storia e Antologia del Surrealismo, traduzione di Marcello Militello, Ed. Mondadori, Milano 1972, pag. 433. Titolo originale dell'opera: Maurice Nadeau, Historie du Surrealisme suivi de Documents surréalistes, Paris, Editions du Seuil, 1964.

2 Da Lamberto Pignotti (a cura di), Calligrafia. La pittura scritta, catalogo della mostra, Roma, Centro Morandi, 1981.

3 Giovanni Pozzi, La parola dipinta, Milano, Ed. Adelphi, 1981, terza edizione ottobre 2002.

4 G. Pozzi, La parola dipinta, cit., pp. 26, 32.

5 Dai technopaegnion alessandrini, di cui i primi esempi appartengono a Simma di Rodi (tra la fine del IV secolo e l'inizio del III secolo a. C.), e in cui i versi delle poesie, di lunghezza diversa, sono sovrapposti in modo da ottenere il contorno di una figura, si giunge ai "carmina figurata" dei poeti latini medievali (Optaziano Porfirio, IV secolo d.C., Venanzio Fortunato, 540-600 d.C., Rabano Mauro, 780-856 d.C.), i cui componimenti presentano una pagina scritta sulla quale vengono evidenziate figure di diverso tipo.

6 In Lamberto Pignotti, Stefania Stefanelli, La scrittura verbo-visiva. Le avanguardie del Novecento tra parola e immagine, Ed. L'Espresso, 1980, pag. 10.

7 G. Pozzi, La parola dipinta, cit., pag. 37.

8 G. Pozzi, La parola dipinta, cit., pag. 39.

9 Lamberto Pignotti e Stefania Stefanelli, nel loro libro, già citato, La scrittura verbo-visiva, così scrivono: «Un coup de dés (1987) di Mallarmé, si dice è una pietra miliare per il complesso di esperienze qui in esame ...; L'importanza del Coup de dés è inconfutabile, anche perché esso, scompaginata la linea gutenberghiana ed esaltato il corpo e l'isolamento delle parole e dei versi nello spazio della pagina, si è posto a un tempo come stella polare e come bussola per più di un'impresa verbo-visiva posteriore». L. Pignotti, S. Stefanelli, La scrittura verbo-visiva, cit., pp. 14-15. Un coup de dés (il cui titolo per esteso è Un coup de dés jamais n'abolira le Hasard), apparve per la prima volta sulla rivista "Cosmopolis" nel 1897, per essere poi pubblicato in volume dall'editore Gallimard nel 1916. «Nella poesia di Mallarmé c'è un progressivo sfaldamento delle strutture grammaticali e sintattiche, un abbandono dei valori lessicali comuni». Da Vincenzo Accame, Il segno poetico. Riferimenti per una storia della ricerca poetico-visuale e interdisciplinare, Ed. Munt Press, Samedan 1977, pag. 32.

10 Diversi sono gli esempi di opere di tale autore riportate da Giovanni Pozzi. Nei Calligrammes (1918) di Apollinaire, raccolta che include circa venti poesie dalla struttura tipografica non tradizionale, la scrittura, assunta come puro fatto iconico, non linguistico, produce comunque significati linguistici. Il poeta, quindi, nei suoi calligrammi, punta alla sospensione del significante a favore dell'elemento visivo. «Molti calligrammi di Apollinaire possono ritenersi veri geroglifici dell'uomo moderno». In G. Pozzi, La parola dipinta, pag. 124. A proposito delle scritture geroglifiche, Vincenzo Accame, nella prima nota del suo Il segno poetico, così scrive, riferendosi ad una storia delle esperienze poetico-figurali: «Ma è proprio legittimo, in tale amplificato contesto, disinteressarci di forme di scrittura figurale come quella geroglifica ecc. ? Tutte le antiche scritture, probabilmente, andrebbero confrontate sul piano della segnicità». Da V. Accame, Il segno poetico, cit., pag. 15.

11 L. Pignotti, S. Stefanelli, La scrittura verbo-visiva. Le avanguardie del Novecento tra parola e immagine, cit., pag. 20.

12 Helmut Heissenbuttel, Per una storia della poesia visiva nel XX secolo, in "Il Verri", nr. 16, 1964.

13 Da Giuseppe Morrocchi, Scrittura visuale. Ricerche ed esperienze nelle avanguardie letterarie, Messina-Firenze, Ed. G. D'Anna, 1978, pag. 68.

14 Da Vincenzo Accame, Il segno poetico. Riferimenti per una storia della ricerca poetico-visuale e interdisciplinare, cit., pag. 34.

15 Da G. Morrocchi, Scrittura visuale, cit., pag. 69.

16 Cfr. Op. cit., pag. 70.

17 Da Federica Pirani, Al centro del mio cuore tempo e spazio nel percorso artistico di Giosetta Fioroni, in Daniela Lancioni, Federica Pirani (a cura di), La Beltà Giosetta Fioroni opere dal 1963 al 2003, catalogo della mostra, Roma, Mercati di Traiano, 18 marzo-27 aprile 2003, Roma 2003, Ed. Viviani arte, pag. 24.

18 Da Federica Pirani, "Al centro del mio cuore" tempo e spazio nel percorso artistico di Giosetta Fioroni, in D. Lancioni, F. Pirani (a cura di), "La Beltà" Giosetta Fioroni opere dal 1963 al 2003, catalogo della mostra, cit., pp. 22-23.

19 G. Morrocchi, Scrittura visuale, cit., pp. 86-88.

20 G. Morrocchi, Scrittura visuale, cit., pag. 88.

21 Da Gloria Bianchino, Giosetta Fioroni: Casa "la vita", in Gloria Bianchino (a cura di), Giosetta Fioroni, catalogo della mostra, Parma, Salone delle Scuderie in Pilotta, 6 marzo-18 aprile 2004, Ed. SKIRA, Milano 2004, pp. 45, 46.

22 La mostra "Il Futurismo", del 1959, fu curata da Giorgio Castelfranco e Jacopo Recupero il quale curò anche l'esposizione "Omaggio ad Apollinaire", del 1960, insieme a Giovanni Sangiorgi.

23 L. Pignotti, S. Stefanelli, La scrittura verbo-visiva. Le avanguardie del Novecento tra parola e immagine, cit., pag. 51.

24 Giorgia Erani, La pittura incontra la letteratura. Il segno incontra la parola, in La parola dipinta. Versi ... con immagini di Giosetta Fioroni, catalogo della mostra, Faenza, Circolo degli Artisti, 31 ottobre-12 dicembre 1999, Faenza 1999, pp. 12, 15.

25 Da L. Pignotti, S. Stefanelli, La scrittura verbo-visiva, cit., pag. 81.

26 Da La scrittura verbo-visiva, cit., pp. 87-88.

27 Elisabetta Rasy, s.t., in Giosetta Fioroni. Scritte a mano. Poesie del cuore, del gioco e del dolore, catalogo della mostra, Mantova, Galleria Maurizio Corraini, Mantova 1998.

28 E. Rasy, s.t., in Giosetta Fioroni. Scritte a mano. Poesie del cuore, del gioco e del dolore, cit.

29 L'Apparizione di Giacometti al Flore (Ricordo parigino) (Roma 1994), in Scritti autografi e inediti di Giosetta Fioroni, in G. Bianchino (a cura di), Giosetta Fioroni, cit., pag. 198.

30 Da Conversazione tra Giosetta Fioroni e Claudio Spadoni, in C. Spadoni (a cura di), Giosetta Fioroni, catalogo della mostra, Ravenna, Loggetta Lombardesca, 1999, Ed. Mazzotta, Milano 1999.

31 L. Pignotti, S. Stefanelli, La scrittura verbo-visiva, cit., pag. 90.

32 G. Pozzi, La parola dipinta, cit., pag. 25.

33 Divenuto editore nel 1940, Iliazd ottiene la collaborazione di artisti come Picasso, Joan Mirò, Braque, Giacometti, Max Ernst. Il suo primo libro è una raccolta di settantasei sonetti scritti in russo dal titolo Afat. Picasso ha illustrato l'opera con sei incisioni. Nel 1949 Iliazd realizza Poésie de mots inconnus, raccolta di poesie e di incisioni di quei suoi amici che dettero vita alle avanguardie artistiche, come Braque, Chagall, Giacometti, Léger, Matisse, Mirò, Picasso.

34 Pierre Lecuire fu una figura di poeta-editore che creò da sé i suoi propri libri. Anche i suoi libri, come quelli realizzati dagli editori che a Parigi lo precedettero, uniscono la poesia con la pittura.

35    50 ans d'édition de D.-H. Kanhweiler, introduction et catalogue rédigés par Jaen Hugues, Paris, Galerie Louise Leiris, 1959.





Gli Spiriti di campagna

Fig. 1
GIOSETTA FIORONI,
Gli Spiriti di campagna, 1970
china su carta
Collezione dell'artista

Gli Spiriti di campagna

Fig. 2
GIOSETTA FIORONI,
Gli Spiriti di campagna, 1970
china su carta
Collezione dell'artista

Senza titolo

Fig. 3
GIOSETTA FIORONI
Senza titolo, 1999
tecnica mista su cartoncino
Collezione dell'artista

Senza titolo

Fig. 4
GIOSETTA FIORONI
Senza titolo, 1999
tecnica mista su cartoncino
Collezione dell'artista

Senza titolo

Fig. 5
GIOSETTA FIORONI,
Senza titolo,
tecnica mista su carta
Collezione dell'artista


	

Fotografie cortesia Giosetta Fioroni.

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