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Opere e notizie inedite su Ricciardo Meacci, un artista della Regina Vittoria  
Francesco Franco
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 15 Aprile 2007, n. 453
http://www.bta.it/txt/a0/04/bta00453.html
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Effettuando alcune ricerche, per l'ampia voce dedicata all'artista da un importante dizionario biografico che uscirà nel 2009, ho pensato di anticipare di due anni alcune notizie inedite, a beneficio dei lettori del BTA e degli studiosi che, ormai sempre più spesso, si avvalgono della rete per le proprie ricerche.

Nella seconda metà del XIX secolo, il Meacci (1856-1938) era un artista molto apprezzato in Toscana, regione che ospitava una numerosa colonia di artisti inglesi. Era la cosiddetta seconda generazione dei Preraffaelliti, nella quale John Roddam Spencer-Stanhope (collaboratore e amico di Dante Gabriele Rossetti, Edward Burne-Jones e William Morris) godeva di un posto di primo piano, anche come committente. Dalla fine degli anni Ottanta del XX secolo, alcune opere del Meacci sono state esposte in mostre collettive e hanno meritato l'attenzione di alcuni storici dell'arte (v. Bibliografia essenziale). Fino a oggi, però, non si conosceva neppure l'esatta data di morte del Meacci, artista ancora presente nella Collezione reale britannica <http://www.royalcollection.org.uk/eGallery/object.asp?maker=MEACCIR&object=933827&row=0>. Avendo contattato personalmente vari eredi del pittore (che non erano mai stati rintracciati dagli studiosi), posso affermare con certezza che la sua scomparsa è avvenuta a Firenze il 15/1/1938. La notizia compare in un manoscritto con un punto interrogativo, ma viene confermata dalla data sulla tomba dell'artista, nel Cimitero della Misericordia di Rifredi.

Alle diverse opere conservate in luoghi pubblici e sacri della Toscana (Spalletti, pp. 457-8, 463-4, 471, 495, 508-9, 531, 536), oggi si devono aggiungere molti altri lavori, alcuni di notevole pregio, ancora da studiare e di cui si dà menzione qui per la prima volta.

In una collezione degli eredi del pittore, a Viterbo, si conservano pochi manoscritti, due fotografie dell'artista, un ritratto a pastello, a mezzo busto, eseguito da Ezio Giovannozzi e alcune opere su carta e su tavola. Ne segnalo alcune, con titoli da me stabiliti in via provvisoria.

Una Scena all'aperto, di ambientazione quattrocentesca, ritrae vari personaggi in arrivo a cavallo presso un'abitazione. La ricchezza dei costumi e la presenza dei servitori indica che si tratta di un incontro ufficiale, il cui soggetto è ancora da identificare con certezza.

In Un concerto in giardino vengono rappresentate tre donne sedute su un prato, accanto ad alcuni strumenti musicali, in dialogo con un uomo e un'altra donna affacciati a una balaustra. In questo acquerello sono numerosi gli elementi simbolici: un pavone sopra una fontana, un cagnolino e un nano intento a mangiare e a bere da solo. Il pavone e il cane sono attributi consueti di Giunone, ma, in mancanza di una precisa documentazione, non ci sono ancora elementi sufficienti per interpretare con esattezza questa scena allegorica.

Un altro acquerello rappresenta la morte di tre personaggi, dipinta in un notturno: il corpo di una donna, con un pugnale conficcato, è riverso sopra quello di un uomo, sotto un'architettura in stile eclettico. Anche qui sono numerosi gli elementi simbolici: un'edera ai piedi di un altro corpo umano e un salice piangente sullo sfondo. È molto probabile che si tratti de La morte di Romeo e Giulietta.

Un terzo acquerello, Una scena di mercato, ritrae un mercato cittadino, dipinto con taglio fotografico e con sveltezza d'esecuzione: vari personaggi in primo piano entrano ed escono dalla scena. È possibile che sia uno studio per un dipinto di maggiore dimensioni, ma la firma in basso a destra, fa ritenere che si tratti di un'opera a sé stante. Il Meacci prova grande piacere nel dipingere personaggi del popolo e, una volta alla settimana, apre il suo studio di via Guelfa nº 67 a Firenze, dedicandosi alla cura dei derelitti, ritraendoli nei loro atteggiamenti quotidiani (fonte: eredi dell'artista).

Due tempere su tavola, nella stessa collezione, raffigurano rispettivamente: una Battaglia di tritoni e una Battaglia di cavalieri e fanti con armature. Il formato delle tavole, due rettangoli bassi e lunghi, a sviluppo orizzontale, fa pensare che dovessero essere inserite in un mobile o in un cofano, come era prassi per molti lavori dell'artista. La pittura a rapide pennellate, soprattutto sullo sfondo, non definisce esattamente le figure e potrebbe far pensare, inizialmente, che le tavolette siano rimaste, parzialmente, in uno stato di "abbozzo". È più probabile, però, che qui l'artista stesse adottando quelle tecniche di "pittura rapida", quel "non-finito", che dalla seconda metà dell'Ottocento era bagaglio tecnico di alcune avanguardie. Questo è certamente un Meacci singolare, che non può non sorprendere gli studiosi, poiché si allontana, per la prima volta, dalla tecnica della pittura accademica, dalla forte influenza dei toscani del Quattrocento e dei soggetti religiosi preraffaelliti.

Nella stessa collezione si conserva un Cofano nuziale, finemente intagliato, dorato e dipinto su tre lati, probabilmente realizzato per un matrimonio di una famiglia dell'aristocrazia inglese. Il Meacci era tenuto in gran considerazione dall'aristocrazia e dalla Regina Vittoria, la quale, quando l'artista ebbe un infortunio a un braccio, si preoccupò di inviargli in dono un cuscino (come si evince da alcune lettere manoscritte di proprietà degli eredi dell'artista).

L'opera è incompiuta sul lato posteriore (ad eccezione della cornice superiore) e sul coperchio, ma è il lavoro di più grande valore dell'intera collezione viterbese. I personaggi sono disposti in due cortei, scanditi da un elegantissimo portico rinascimentale, attraverso le cui arcate emerge un paesaggio di alberi e colline. La scena centrale è dedicata all'incontro dell'uomo e della donna, come è consuetudine nell'iconografia di queste scene nella pittura quattrocentesca toscana. Il fatto che l'opera sia incompiuta, anche nelle parti dorate, testimonia che il Meacci realizzava nel suo studio le cornici e la falegnameria dei suoi lavori. Non sembra le affidasse, come sostiene Gianni Mazzoni, a botteghe fiorentine (Mazzoni 1988, p. 191 n. 1). Una cornice sagomata, infatti, è pervenuta agli eredi nello stato "a stucco", priva dell'applicazione del successivo bolo e della doratura a foglie. È probabile che si tratti di una cornice non terminata dall'artista, nella quale attualmente alloggia un Cristo in trono tra la Madonna e S. Giuseppe, con angeli musicanti e recanti offerte; acquerello di chiara ispirazione preraffaellita.

In molte opere anche la rispondenza tra i colori dei costumi dei personaggi, le decorazioni delle cornici e le parti dorate, fa pensare a una realizzazione interamente portata a termine sotto l'occhio dell'artista e, quasi certamente, dalle sue stesse mani. Il Meacci, infatti, come i Preraffaelliti inglesi, amava realizzare molti lavori d'arte applicata. In occasione dei matrimoni dell'aristocrazia britannica gli vennero commissionati letti dorati, entro i quali inseriva le sue placche dipinte. Catalogava, con cura, i lavori più importanti in un archivio fotografico che, purtroppo, venne smantellato alla fine degli anni Cinquanta (fonte: eredi dell'artista). Si conservano, comunque, tre teatrini in una collezione privata milanese, appartenente a un altro erede dell'artista, realizzati in cartone e carta acquerellata: con quinte e spezzati, disegnati con molti dettagli, dotati di candelabri schermati da carta velina e retroilluminabili. Le scatole sceniche originali sono andate distrutte e i vari elementi sono stati ricollocati a seguito di un recente restauro (2002).

Altre collezioni degli eredi dell'artista sono presenti, oltre che a Milano e a Viterbo, anche a Roma, a Firenze e ad Alcamo (TP), dove si conservano opere che non sono mai state studiate e di cui non è mai stata data menzione. Sarebbe auspicabile la realizzazione di una mostra personale dell'artista, cercando anche altri lavori presenti nelle case private senesi, come si augurava Enzo Carli (Maestri e allievi, in L'Istituto d'Arte di Siena, Siena 1986, p. 51). Tuttavia, secondo le mie recenti ricerche, i suoi lavori dovrebbero essere ubicati maggiormente a Firenze, dove l'artista aveva lo studio, oltre che sparsi in abitazioni italiane ed estere (come testimonia il mercato abbastanza fiorente, soprattutto di acquerelli, presso varie Case d'asta europee).





Bibliografia essenziale

G. Mazzoni, Ricciardo Meacci, in Siena tra Purismo e Liberty (catal., Siena), Milano-Roma, 1988, pp. 186-196.

Id., Meacci Ricciardo, s. v., in Dizionario biografico degli artisti, in La pittura in Italia. L'Ottocento, vol. II, Milano, 1991, p. 914 (dove è contenuta la bibliografia più ricca).

E. Spalletti, Il secondo Ottocento, in C. Sisi e E. Spalletti, La cultura artistica a Siena nell'Ottocento, Siena, 1994, pp. 457-8, 463-4, 471, 495, 508-9, 531, 536.

N. Marchioni, Aspetti della diffusione del gusto anglosassone nella cultura artistica fiorentina del secondo Ottocento, in I giardini delle regine. Il mito di Firenze nell'ambiente preraffaellita e nella cultura americana fra Ottocento e Novecento (catal., Firenze), Livorno 2004, pp. 144-146.












Meacci

Fig. 1
RICCIARDO MEACCI, Stampa da un acquerello

Foto cortesia di Francesco Franco

 

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