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Paola Torniai
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    La xilografia del tempio con piramide ed obelisco dell'Hypnerotomachia Poliphili

    Il coro ligneo della Chiesa prenestina dei Carmelitani

      La Chiesa di S. Antonio del Carmine, legata prima alla famiglia Colonna, poi ai Barberini, già edificata da Stefano Colonna, è ricostruita da padre Sebastiano Fantoni tra il 1614 e il 1623; il cantiere, sovvenzionato da Francesco Colonna e consacrato il I Settembre del 1626 da Monsignor Cacucci, è diretto da Orazio Torriani (1601-1657), che impreziosisce l’interno con marmi pregiati (africano, alabastro a venature nere, bigi, bianchi, pavonazzetti) provenienti dal Foro. Attraverso i documenti pressoché inediti conservati nell’Archivio della Chiesa e le pagine della Cronaca del padre carmelitano Antonio Pennazzi (1688) si ricostruisce qui la storia del Coro. Si tratta di pregevole manufatto in noce intagliato dall’armonico disegno e dalla sobria eleganza degli intagli, opera di Giovanni Mandelli, che necessiterebbe oggi di un urgentissimo intervento di restauro. Non visibile ai fedeli, il Coro è collocato alle spalle dell’altare maggiore, nell’aula a pianta quadrata con volta a padiglione lunettata; ha un’altezza di 3.16 metri, mentre le altre misure oggi sono ridotte rispetto agli originali «25 palmi»; insiste sulla pedana strutturale a tre livelli, ormai priva di impiallacciatura e lucidatura. Ogni singolo stallo presenta braccioli dal profilo estroflesso in forma di imperiose aquile stilizzate, allusive all’impresa del Priore Generale Canali (1623-1631); lo schienale, appoggiato alle tavole orizzontali del fondo, è inquadrato da semicolonne, ciascuna sormontata da un elegante capitello composito che scandisce la divisione tra uno stallo e l’altro e sul quale si impostano le curve culminanti nei cherubini dall’intaglio morbido.



	
 
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