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              "A  noi tutti piacciono  le opere in costruzione molto 
          più  che  terminate".  Può  cominciare  così
questo breve 
          discorso critico su Frank Gehry, "architetto interprete di 
          se stesso". 
              Canadese, nato nel 1929, si forma quasi da autodidatta 
          fino  ad approdare, ormai  in California, presso lo studio 
          di  Victor Gruen  che  lo inizia  (o  meglio che  lo rende 
          partecipe)  ai   problemi  di   funzionalità  della
città         contemporanea.  Dopo  alcuni  mesi  trascorsi  in  Europa, 
          principalmente  a Parigi,  torna in  America dove,  in una 
          zona  industriale della periferia di Los Angeles, apre uno 
          studio insieme al designer Greg Walsh.                I  primi  lavori  (che  esulano  dal  ristretto  campo 
          dell'architettura vera e propria) risentono dell'influenza 
          dell'arte pop e minimal dovuta alla frequentazione assidua 
          di artisti come André, Davis, Francis, Judd e Serra. Con i 
          prototipi  di "Easy  Edges  Furniture" (strati  di cartone 
          stracciati,  lacerati)  Gehry  si  pone  come  esempio  di 
          "autorepressione  espressiva",  conseguenza  diretta della 
          accurata  riflessione sul vero significato dei concetti di 
          semplicità,  austerità e  "astinenza artistica". Introduce 
          allora  il   cosiddetto  "striptease"   architettonico  in 
          evidente  contrasto con il metodo costruttivo tradizionale 
          tanto   povero   (forse   squallido?)   quanto   usato   e 
          inflazionato.  E' dunque nella fusione di schemi originali 
          e  provocatori  che Gehry  giunge  all'invenzione  del suo 
          stesso ruolo: architetto, artista e uomo d'affari. 
              Nella  prima metà  degli anni  sessanta si  pongono le 
          basi  per il futuro compositivo dell'artista californiano: 
          prima  un'architettura  neoplastica   legata  a  superfici 
          grezze  e trascurate, poi  le grandi tele zincate lasciate 
          senza alcuna protezione, punto di partenza per il rilancio 
          della "wreck-architecture" composta di avanzi, di stracci, 
          di  relitti.  Senza  entrare  in  dettagli  tecnici questi 
          metodi   di   progettazione  e   costruzione   si  possono 
          interpretare  come una  violenta  esigenza di  rottura nei 
          confronti  di  un  accademismo  oppressivo  (rimasto tanto 
          pressante  solo  in architettura)  allora  imperante negli 
          Stati  Uniti. E' per lo  stesso motivo che Gehry si dedica 
 
           all'ideazione o alla ristrutturazione (sempre nel rispetto 
          dell'edificio  preesistente)   di  abitazioni,  condomini, 
          centri commerciali e parcheggi.             Un  discorso a parte merita il luogo dove Gehry vive e 
          lavora:  Los Angeles  è un  universo in continuo movimento 
          che  va  dall'autoesaltazione alla  paura  di  non potersi 
          considerare  più neanche "città". Non a caso è
stato detto 
          che coloro che si entusiasmano per Los Angeles non possono 
          che  essere giornalisti  o designers.  E' dunque in questo 
          ambito  che Gehry  vive  l'arte (non  solo l'architettura) 
          come  free  game,  come  sperimentazione,  come esperienza 
          ludica;  ed è  sempre in  riferimento al  contesto che usa 
          materiali  grezzi, scarsamente  lavorati  e poco  adatti a 
          resistere al passare degli anni.          Dalla  serialità degli edifici (case uguali a migliaia 
          di  altre)   Gehry  trae   spunto  per   un  tentativo  di 
          personalizzazione     della     città;     operando    una 
          ristrutturazione  (non  una  ricostruzione)  sovrappone  e 
          dilata  materiale, fa respirare le strutture portanti fino 
          a trovare un equilibrio perfetto tra la non originalità di 
          base  della  casa   e  il  libero   sfogo  della  fantasia 
          (architettura viva e divertente). 
               Quanto alle opere limiteremo il discorso a due esempi: 
          la  Gehry  House  a Santa  Monica  e  l'intervento  a Euro 
          Disney. Nel primo caso sono concentrati praticamente tutti 
          gli  accorgimenti  stilistici più  importanti:  rifiuto di 
          omogeneizzazione,  esaltazione  della  fruizione multipla; 
          Germano Celant la considera (insieme alla Loyola School of 
          Law)  un'acropoli contemporanea nella cui agorà si scatena 
          il   caos   allo  stesso   tempo   creato   e  controllato 
          dall'architetto.  Per quanto riguarda le strutture interne 
          basta   riferirsi  al   nucleo   vitale  della   casa:  la 
          "living-kitchen-dining-room". Il recentissimo intervento a 
          Euro  Disney  (un  complesso  di  66  torri  rivestite  di 
          pannelli  di  acciaio colorato)  è  su  basi completamente 
          differenti:  prima  di  tutto lo  sforzo  di  integrare un 
          complesso  "contemporaneo" in  una struttura semplicemente 
          "moderna";  in secondo luogo il ritorno ad un'architettura 
          vista  come  sfogo di  colori  (quasi la  tavolozza  di un 
          pittore) e di geometrie eccentriche. 
               Concludendo,  e  collegandosi  così  alla  definizione 
          iniziale,  Gehry  rappresenta  un  unicum  incredibilmente 
          completo:  architetto, cliente, interprete, ricordando che 
          il   costante  riferimento   a   se  stesso   non   è  mai 
          interpretabile  in   una  visione   sterile  e  banalmente 
          narcisistica.  
  
NOTA BIBLIOGRAFICA           G.  Celant, "Architettura  letteraria e  pulsionale: Frank 
          Gehry" in: Artmakers, Feltrinelli 1984            L.  Rubino, "Frank O.  Gehry: finalmente un architetto che 
          interpreta   se   stesso"    e   "Verso   un   surrealismo 
          architettonico,  verso   un'architettura  invisibile"  in: 
          Frank O. Gehry special, Edizioni Kappa 1984            A.  Vidler,  "Opere  recenti  di  Frank  O.  Gehry"  e "Il 
          movimento  nell'architettura di Frank Gehry" in: Casabella 
          ndeg. 553            G.   Celant,  "Il   terremoto  dell'architettura"   e  "La 
          progettazione della casualità" in: Casabella ndeg. 554            M.  Bacher, "Considerazioni sulla ricostruzione dei centri 
          storici  nella Repubblica Federale Tedesca" in: Abitare ndeg. 
          226          F.  Bucci, "L'abilità  artigianale nella lastra metallica: 
          il progresso nella costruzione" in: L'architettura ndeg. 392       S.  Stempler, "Weekend  con l'elicottero:  nei dintorni di 
          New   York,  due   case   come  fossero   una   sola"  in: 
          Architectural Digest ndeg. 46  |