Questo libretto è un doppio classico. È un classico della critica
d'arte militante per l'immediatezza e la lucidità con cui la sua
autrice ha saputo intrappolare nella scrittura l'arte di Picasso
nel pieno della sua imprevedibile evoluzione; ed è un classico
della letteratura d'avanguardia per il modo in cui è scritto. Si
può dire che Stein, con i suoi mezzi di scrittrice abbia voluto
fare un ritratto di Picasso, un pendent letterario del famoso
ritratto di Gertrude Stein dipinto dal maestro spagnolo nel 1906.
Picasso esce nel 1938: Gertrude Stein è già nota come il mostro sacro dell'avanguardia, il testimone oculare di tutto ciò che di
artistico avveniva tra Parigi e gli Stati Uniti. Meno note sono le
sue numerose opere letterarie, una produzione immensa che
raccoglie narrativa, teatro e libretti d'opera. La sua scrittura è
stata descritta come insistente, ripetitiva, ossessivamente
paratattica, falso-primitiva. In realtà Gertrude Stein cerca di
fare con la scrittura quello che Picasso fa con la pittura: vedere
le cose per quello che sono e non per come appaiono o per come
dovrebbero essere. Picasso - scrive Stein - ha osato
rappresentare le cose non come si sa che sono, ma come sono quando
uno le vede senza ricordare di averle guardate.
L'atteggiamento vergine del pittore di fronte alla realtà
è
paragonato da Stein al modo in cui un bambino conosce la mamma:
non riesce ad averne subito un'idea d'insieme; accarezzando,
guardando da sotto in su conosce solo dettagli e uno ad uno li
rimonta. La scrittrice americana applica questo principio alla
narrativa: Le tre storie che compongono Three lives (1909) seguono
un ritmo narrativo lentissimo che procede per frasi ripetute in
modo ciclico. La storia sembra sempre ricominciare e in realtà si
arricchisce di un dettaglio in più ad ogni giro. Come nei quadri
di Cezanne o dei cubisti, nella narrativa di Stein non si troverà
mai un elemento in primo piano rispetto ad altri, tutto si muove
in blocco. La scrittrice rimane fedele al proprio stile, solo in
apparenza così ostico, anche al momento di scrivere un'operina
come "Picasso" che avrebbe potuto essere concepito come un libro
se non di critica d'arte, comunque di divulgazione artistica. La
scrittura di Picasso è inequivocabilmente steiniana: le frasi
sono brevi e disadorne, tendono a ripetersi e a scivolare una
nell'altra in una sorta di flusso di coscienza, inframezzate da
espressioni colloquiali che servono a tenere il filo del discorso
o a sottolineare qualcosa.
Il merito di Stein in Picasso è stato quello di spiegare in cosa consiste la novità di Picasso rispetto all'Ottocento; senza
limitarsi alla spiegazione, ma facendoci vedere, da artista,
attraverso gli occhi di un altro artista. È così. Grazie.
Adelphi, pp. 87, 23 Illustrazioni
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