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Gertrude Stein,
Picasso
Adelphi
Daniele Cassandro
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 60 (8 marzo 1995)
http://www.bta.it/txt/a0/00/bta00060.html
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Area Libri

Questo libretto è un doppio classico. È un classico della critica d'arte militante per l'immediatezza e la lucidità con cui la sua autrice ha saputo intrappolare nella scrittura l'arte di Picasso nel pieno della sua imprevedibile evoluzione; ed è un classico della letteratura d'avanguardia per il modo in cui è scritto. Si può dire che Stein, con i suoi mezzi di scrittrice abbia voluto fare un ritratto di Picasso, un pendent letterario del famoso ritratto di Gertrude Stein dipinto dal maestro spagnolo nel 1906.

Picasso esce nel 1938: Gertrude Stein è già nota come il mostro sacro dell'avanguardia, il testimone oculare di tutto ciò che di artistico avveniva tra Parigi e gli Stati Uniti. Meno note sono le sue numerose opere letterarie, una produzione immensa che raccoglie narrativa, teatro e libretti d'opera. La sua scrittura è stata descritta come insistente, ripetitiva, ossessivamente paratattica, falso-primitiva. In realtà Gertrude Stein cerca di fare con la scrittura quello che Picasso fa con la pittura: vedere le cose per quello che sono e non per come appaiono o per come dovrebbero essere. Picasso - scrive Stein - ha osato rappresentare le cose non come si sa che sono, ma come sono quando uno le vede senza ricordare di averle guardate.

L'atteggiamento vergine del pittore di fronte alla realtà è paragonato da Stein al modo in cui un bambino conosce la mamma: non riesce ad averne subito un'idea d'insieme; accarezzando, guardando da sotto in su conosce solo dettagli e uno ad uno li rimonta. La scrittrice americana applica questo principio alla narrativa: Le tre storie che compongono Three lives (1909) seguono un ritmo narrativo lentissimo che procede per frasi ripetute in modo ciclico. La storia sembra sempre ricominciare e in realtà si arricchisce di un dettaglio in più ad ogni giro. Come nei quadri di Cezanne o dei cubisti, nella narrativa di Stein non si troverà mai un elemento in primo piano rispetto ad altri, tutto si muove in blocco. La scrittrice rimane fedele al proprio stile, solo in apparenza così ostico, anche al momento di scrivere un'operina come "Picasso" che avrebbe potuto essere concepito come un libro se non di critica d'arte, comunque di divulgazione artistica. La scrittura di Picasso è inequivocabilmente steiniana: le frasi sono brevi e disadorne, tendono a ripetersi e a scivolare una nell'altra in una sorta di flusso di coscienza, inframezzate da espressioni colloquiali che servono a tenere il filo del discorso o a sottolineare qualcosa.

Il merito di Stein in Picasso è stato quello di spiegare in cosa consiste la novità di Picasso rispetto all'Ottocento; senza limitarsi alla spiegazione, ma facendoci vedere, da artista, attraverso gli occhi di un altro artista. È così. Grazie.

Adelphi, pp. 87, 23 Illustrazioni



	
 

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