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Gunther Uecker
L'uomo lacerato
Roma,
Palazzo delle esposizioni
Daniele Cassandro
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 luglio 2000, n. 61 (8 marzo 1995)
http://www.bta.it/txt/a0/00/bta00061.html
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Area Mostre

In collaborazione con il Goethe institut di Roma, il Palazzo delle esposizioni presenta un insieme di lavori di Gunther Uecker, un artista molto noto in Germania e praticamente sconosciuto in Italia. In contemporanea, al Goethe Institut in Via Savoia, Uecker espone una serie di incisioni raccolte sotto il titolo "Pietre Romane".

Le opere in mostra al Palazzo delle esposizioni sono state tutte realizzate tra l'autunno 1992 e la primavera 1993. L'uomo lacerato a cui si allude nel titolo è l'artista stesso che attraverso l'esposizione di quattordici oggetti (o attrezzi come preferisce chiamarli), offre un autoritratto spietato di sè e dell'intera umanità. Le lacerazioni, le ferite che Uecker vede in se stesso sono le lacerazioni della realtà tedesca contemporanea sempre più xenofoba, intollerante e ancora oppressa da un pesante passato.

Gli oggetti esposti sono caricati di un immediato valore simbolico: sono tutti irti di spine, superfici scabrose di sassi appuntiti e fitte di lunghi chiodi rugginosi. Oggetti a metà strada tra idoli primitivi e strumenti di tortura sul cui funzionamento la mente si interroga non senza morbosità. Ci sono pali di legno accuminati che formano gabbie a grandezza d'uomo, pannelli appesi alla parete da cui sporgono minacciosamente pietre e chiodi ritorti.

Accanto a queste paurose vergini di Norimberga sono esposti anche una quarantina di fogli in gradevoli cornici di legno chiaro, fogli che recano scritte in tedesco e in italiano, parole di sofferenza e di penitenza spesso estrapolate dalla bibbia. Parole e oggetti, fotografie e schizzi di colore, video-tapes e gabbie di legno. Forse è proprio qui che la forza della mostra si fiacca. Ad un titolo pieno di Pathos corrisponde una mostra in cui la tensione si perde in innumerevoli rivoli, tanti quanti sono i media che l'artista tedesco cambia senza soluzione di continuità. Si va dai pannelli parietali in cui parla la materia, la crudezza della pietra e la ruggine del ferro alla "freddezza" concettuale delle parole bilngui. Da ancestrali strumenti di supplizio barbarici a piccole installazioni video che ricordano un Nam June Paik in bella copia. Uecker è senza dubbio un artista aggiornato e impegnato; la mostra, a mio avviso, mancando di omogeneità ha finito per frammentare e indebolire un messaggio che avrebbe dovuto essere forte e chiaro.

Roma, Palazzo delle esposizioni dal 22 Febbraio al 10 Aprile 1995



	
 

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