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Sul Dinamismo. Opere di Umberto Boccioni dal Metropolitan di New York e dal Castello Sforzesco di Milano Roma, Gall. Comunale
Arte Mod. e Contemp. 14 dic. 1999 - 20 mar. 2000
Isabella Li Gotti
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 3 ottobre 2000, n. 223
http://www.bta.it/txt/a0/02/bta00223.html
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Area Mostre

Bellissima la scultura Antigrazioso che ti guarda entrare nella piccola sala dove si consuma alla Galleria Comunale di Arte Moderna e Contemporanea (GCAMC) dal 14 dicembre 1999 al 20 marzo 2000 la mostra "SUL DINAMISMO. Opere di Umberto Boccioni dal The Metropolitan Museum di New York e dalle Civiche Raccolte d'Arte del Castello Sforzesco di Milano".

Per chi non ha avuto la fortuna di poterla vedere nella sua nuova collocazione al Metropolitan di New York, vederla accanto a Sviluppo di una bottiglia nello spazio, è davvero un'emozione. La tridimensionalità della scultura, che non può avere giustizia nelle riproduzioni, lascia senza fiato perché rende tangibile e reale la trasformazione del volume del viso umano in un moto di piani spaziali. Così di fronte all'Antigrazioso si è grati a Boccioni per la genialità con la quale ha realizzato in scultura uno dei concetti fondamentali delle avanguardie del '900: il dinamismo. Perché a vederselo davanti quel movimento, quel vortice di piani, che nell'istante stesso in cui ti spinge a girarci intorno compone la figura (le dà il senso del suo essere a tre dimensioni, del suo vivere nello spazio, appartenere allo spazio, essere spazio), a vederselo davanti così congelato quel movimento ci fa immediatamente pensare a tutte le opere dello scorso secolo dove per altri versi si è tentata la stessa operazione: fermarlo e ritrarlo, pensarlo e renderlo emozione, capirne e narrarne l'essenza: il movimento. Così per un attimo, di fronte alle sculture di Boccioni, i quadri cubisti, quelli futuristi, il Nu descendant un escalier, gli orfici, le città degli espressionisti tedeschi, ci appaiono bozzetti, studi, il preludio alle realizzazioni tridimensionali ospitate dalla Galleria Comunale. In realtà l'artista calabrese, a differenza per esempio di Duchamp e dello stesso Balla, non voleva dare nelle sue opere la sensazione che i corpi si muovessero, ma ritrarre la forma che essi assumevano a contatto con lo spazio in cui si spostano. Così Boccioni deforma le figure, le rende alternanza di pieni e di vuoti, continuo succedersi di essere e non essere (l'essere e non essere di un corpo che si muove nello spazio). Così, mentre il dadaista Duchamp ha dipinto la forma di un corpo che si muove nello spazio ripetendola tante volte quanti sono i movimenti e gli spazi che occupa, e Balla ha studiato il movimento attraverso il linguaggio fotografico interessandosi prevalentemente al moto lineare dei corpi (pensiamo a Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912) arrivando in alcuni casi ad eliminare completamente la figura (Linee forza del pugno di Boccioni, 1915, o Automobile in corsa,1913), prescindendone per rappresentare l'idea e l'immagine del movimento e della velocità (comunicata senza riferimenti alla natura, espressa tramite segni), Boccioni invece deforma le masse rendendole elastiche, massifica lo spazio e ci mostra l'effetto della permanenza delle immagini nella retina, l'unione di ciò che si sa e di ciò che si sente. Egli non scolpisce il movimento, ma la sintesi fra la massa lo spazio ed il ritmo, il movimento come simultaneità tempo-spaziale e non come scomposizione analitica delle figure.

In pittura si può rappresentare il susseguirsi delle forme che un corpo assume nello spazio, ma con la scultura il dato forma-nello spazio-nel tempo, ossia il ritmo, si deve realizzare in una figura unica e nello stesso spazio che la scultura stessa occupa, quello spazio-tempo che non è scultura e che acquista solidità solo tramite la scultura stessa. E poiché il movimento non è naturale, non esiste, esso è essere e non esserci più, la genialità di Boccioni sta nell'aver dato forma al ritmo come prodotto della massa nello spazio.

Ma l'Antigrazioso ci commuove perché da sempre la scultura è legata ad una idea di staticità, mentre qui più che altrove l'artista stesso riesce ad armonizzare, a fondere due opposti: la stasi ed il dinamismo. Più efficace di un dipinto, la sua plastica ritrae la vita solidificando lo spazio. E le sue figure, fatte di brandelli di atmosfera, come in un film con effetti speciali, acquistano forma dalla ricomposizione emotiva che noi operiamo di quei piani-solidi-spaziali nei quali sono scomposte.

Scontato a dirsi, Boccioni ha contribuito con le sue opere a creare quel vocabolario di forme che esprimono velocità, dinamismo, spostamento, di cui la cultura moderna si è servita e tuttora si serve per comunicare.

Peccato che alla fine la mostra sia tutta qui (anche se questo non è poco). Le altre opere, in tutto I Selciatori del 1914 (sempre di proprietà del Metropolitan di New York) con i tre suoi bozzetti preparatori ed alcune opere grafiche provenienti da Milano, non riescono né a mantenere alta la commozione che invece si prova di fronte alle due sculture, né a soddisfare il desiderio di "incontrare" Boccioni.




 
 

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