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20:50  
Cecilia Canziani
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 26 marzo 2001, n. 257
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Area Artisti

Guarda ! Moby Dick non ti cerca.
Sei tu, tu che pazzamente lo insegui.
Melville

Saatchi collection, (early) one morning. 1. Sul lato sinistro della seconda sala si apre un corridoio al termine del quale siamo invitati a lasciare borse e giacche. 2. Mi spoglio in senso letterale di tutto ciò che mi può ostacolare. Percepisco l'atto di spogliarmi prima di varcare la soglia sub specie simbolica (« Per me si va nella città dolente / ... Dinanzi a me non fur cose create / Se non eterne ... / lasciate ogni speranza o voi ch'entrate ». Inferno, Canto III) abbandono le mie difese in senso lato, più precisamente mi preparo a compiere qualcosa per cui mi è richiesta una attitudine nuova. Destra. Da una nuova apertura nel muro si parte un lungo sentiero, una passerella, un corridoio di acciaio scuro. Lo stretto passaggio può essere percorso da una sola persona per volta 3. (da solo sono nato, da solo morirò). È un ponte sospeso. Su cosa (avanzo di un passo)
In alto: vetri. Lucernario.
In basso, vetri lucernario.
Uno spazio simmetrico. No (passo) Riflessi. Uno specchio. No (altro passo) La superficie che riflette si increspa, non è uno specchio. (altro passo) È una superficie densa. Acqua ? No (passo) odore forte e acre, stordisce quanto la mia incapacità di capire, di fare appello alle coordinate che conosco e che mi fanno strutturare il mondo (nell'incertezza dello spazio anche il tempo si dilata). Petrolio. Sì. Sono al termine del corridoio, al centro del mare di petrolio che riflette il soffitto della stanza che ho percorso diagonalmente camminando su una passerella di ferro. 4. Ho provato la vertigine di una totale dispersione. Ora, al termine del percorso, non cammino più, non vedo più davanti a me il taglio che devo ancora percorrere, ma sospeso al centro di questo oceano, al termine del mio viaggio, provo l'esaltazione la paura il terrore il piacere che alternativamente ho provato ad ogni passo. Sono Achab sul cassero. (vedi sopra, cit. in calce e trai debite conseguenze).


5. Proust: (il passato) se ne sta nascosto al di là del suo dominio e della sua portata, in qualche oggetto materiale (nella sensazione che questo ci darebbe). Questo oggetto, dipende dal caso che noi lo incontriamo prima di morire, oppure che non lo incontriamo mai 1.
L'oggetto materiale 20:50 crea nello spettatore-fruitore (ma direi meglio protagonista) un cortocircuito temporale tra presente e passato, conseguenza di uno straniamento spaziale assoluto. Se la madeleine apre le porte della memoria involontaria, il simbolo apre le porte della memoria collettiva. La forza di 20:50 di Richard Wilson sta pertanto nell'usare un vocabolario di un'evidenza universale i cui singoli fonemi si rafforzano l'un l'altro, lasciando infine il passeggiatore solitario libero di esplorare le proprie associazioni o catene di parole. (La propria memoria e la memoria del mondo) Passaggio-nascita-mutamento Riflesso-specchio-alterità-perturbamento Petrolio-liquido amniotico-mare-madre-vita-sublime Inutile tuttavia continuare tale elenco, che ha la sola funzione di esempio. Inutile soprattutto grazie alla straordinaria forza di 20:50, cha parla direttamente allo spettatore-attore. Problema. Se
non è possibile descrivere 20:50, ma solo alludervi, perché questa è una macchina che realizza una completa simbiosi di vedere-sentire-immaginare
non è utile parlare del suo contenuto, più evidente ed immediato nell'azione di percorrere l'opera, e peraltro così semplice da essere percepibile sans le savoir di cosa (non è in causa la questione "perché") si può parlare in relazione a questo oggetto, in modo tale da non dover competere (e perdere) con l'opera stessa, in modo da non sentire le proprie parole come un pleonasmo, addirittura in modo da non disturbare e sporcare con il proprio verbo qualcosa che nella sua leggerezza ha la propria condizione d'essere? Cosa può viceversa aggiungere qualcosa a 20:50 ?

6. Mi situo allora al margine, accanto. Da questo punto di vista, non più protagonista dell'opera, ma esterno all'opera dopo averne fatto parte, ricomincio a guardare.
Una prima domanda: cos'è questo oggetto che non può essere se non esperito, muto -se non agitato dalla mia azione ?
Divisione in parti del soggetto dell'analisi:
un corridoio (che è un passaggio, che è un taglio inferto su una superficie continua)
una superficie di petrolio (che è un liquido presente in natura, che riflette come l'acqua ma che rispetto all'acqua ha qualcosa di innaturale)
uno spettatore-attore (questo corridoio va percorso, io stesso parte dell'opera)
il tempo (del mio attraversare)
riassumendo ottengo i seguenti dati: superficie, intervento dell'artista sulla superficie, azione dello spettatore, tempo.

7. Elaborazione dei dati e soluzione del problema: 20:50 è una scultura che si avvale sulla piccola scala delle stesse variabili degli earthworks di Smithson & Co.. Il mio lavoro al margine è quindi quello di ricondurre l'installazione di Richard Wilson all'interno della storia dell'arte, e più precisamente della storia della scultura moderna, riportando un fenomeno apparentemente isolato in un contesto che ne arricchisca le qualità.
Non a caso ho citato Proust, non a caso proprio quel brano, a cui Rosalind Krauss affida la conclusione del suo passaggio attraverso la scultura del xx sec., individuando nella land art un tipo di scultura che « ci chiede di fare esperienza del presente nella maniera in cui Proust ritrovava il passato » 2.
Parlare di memoria è parlare di tempo, e nel tempo interno all'opera Krauss individua il discrimine tra scultura classica e scultura moderna.
Con la Land Art non si tratta di alludere ad un tempo narrativo, quanto di stabilire nel tempo fisicamente vissuto nell'opera una parte del senso dell'opera stessa, il tempo di un passaggio, appunto.
Per la loro somiglianza con 20:50, prendiamo in considerazione Double Negative, 1969, di Michael Heizer e Spiral Getty, 1969-70, di Robert Smithson. Double Negative consiste di due incisioni simmetriche, scavate in un altipiano del Nevada, ai lati di un profondo burrone. « Data l'enormità delle sue dimensioni ... l'unico modo di esperire quest'opera è di esservi dentro (corsivo mio) ... possiamo solo stare in uno dei due scavi e considerare l'altro a partire da questa posizione. Meglio: è soltanto guardando l'altro spazio che ci formiamo un'immagine di quello in cui siamo » 3 -in 20:50 abbiamo un solo taglio, un solo corridoio da attraversare. Tuttavia, benché la superficie rifletta su un asse diverso rispetto a ciò che accade in Double Negative, la presenza di un oggetto pensante come uno specchio, rimanda all'atto conoscitivo primario (fase dello specchio) e contemporaneamente al materiale simbolico cui allude il titolo dell'intervento di Heizer:/doppio/ /negativo/.
« Costringendoci in questa posizione eccentrica, Double Negative ci obbliga a mettere in causa il metodo introspettivo con cui pensiamo di conoscere noi stessi; l'opera ci incita a elaborare un sapere su noi stessi che sia fondato sul nostro sguardo verso l'esterno ... è una metafora dell'io in quanto si definisce attraverso l'aspetto che riveste per gli altri.. La proposta di Heizer mostra l'intervento del mondo come esterno nell'esistenza interna del corpo, il suo modo di prendervi posto e di suscitarvi cause e significati » 4. 20:50 ci spinge ugualmente a rinunciare alle coordinate spazio-tempo centrate sul nostro io, e a trovare nuove categorie (la memoria volontaria viene soppressa a favore della memoria intelligente !) nel procedere. Come 20:50 e « come Double Negative, Spiral Jetty richiede un investimento fisico: l'opera non può essere vista se non percorrendo fino alla fine la curva che si assottiglia » 5. In tutte e tre le opere il tempo, consustanziale alla produzione di senso dell'opera stessa, è espresso in una azione fisica affidata allo spettatore, che precede ogni altro possibile significato.
Possiamo a questo punto ripartire i dati relativi a 20:50 in un ordine diverso:
a) superficie riflettente (supporto)
b) semidiagonale che taglia a)
dove la somma a+b è il supporto o spazio dell'opera
c) spettatore-attore che fruisca il suddetto supporto
dove per fruizione si intende percorrere, ovvero spostarsi in uno spazio per un certo
arco di tempo.
Lo spazio definito dall'autore si manifesta solo quando percorso dallo spettatore, quando cioè lo spettatore con la sua presenza transeunte riempie di senso e di tempo lo spazio.
Rovesciando la proporzione della scultura classica, non lo spazio-stasi, ma il tempo-mutamento è la conditio sine qua non di 20:50. Ritrovare nella variabile tempo il fattore significante della scultura contemporanea ci ha permesso di collocare un'opera del 1993 in un percorso storico e critico che ha inizio con Rodin, di mettere in relazione fenomeni apparentemente distanti e tuttavia intimamente simili, ci permette infine di tornare a quel vocabolario simbolico a cui avevamo fatto accenno. Dalla struttura dell'opera alla struttura linguistica che usiamo per rendere esplicito il nostro passaggio, il divenire - il mutamento: tempo è il termine che sottende tutti gli altri termini citati, messi in moto da una nostra speculazione
(proseguire ad libitum)



NOTE

1 Rosalind Krauss, Passaggi, Milano, 1998, p. 288.

2 Rosalind Krauss, op.cit., p. 288.

3 Rosalind Krauss, op.cit., p. 280.

4 Rosalind Krauss, op.cit., p. 280.

5 Rosalind Krauss, op.cit., p. 282.




Immagine: Richard Wilson, 20:50, 1987 used sump oil, steel. dimension variable. Saatchi Gallery
 

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