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Mirabilia. I luoghi dell'apocalisse.
L'epico combattimento tra bene e male
 
Fabio Massimo Del Sole
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 20 maggio 2001, n. 265
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Area Artisti

Voglie di grandezza
Il Duomo di Orvieto

Percorrendo da sud la via Cassia, improvvisamente, come sospesa, appare la città di Orvieto. Dalla caratteristica rupe svetta solitario il Duomo che, con l'inconfondibile facciata dorata, domina il resto della città. La sua costruzione fu lunga e difficile, ma nessun ostacolo fu mai abbastanza grande da impedire agli orvietani di portare a termine quella che nel 1300 fu definita "la più bella di tutte le chiese del mondo" (Giorgio Orienti, camerlengo dell'Opera del Duomo).
Se nel medioevo era usuale edificare cattedrali, ad Orvieto l'audace impresa si rivestì di un particolare significato.
L'evento prodigioso del miracolo eucaristico di Bolsena (1263), segno divino della presenza reale di Cristo nell'ostia consacrata, contribuì non poco a dare risalto al Comune di Orvieto. Possedere la sacra reliquia del miracolo ed appartenere alla città che diede i natali alla festività del Corpus Domini (promulgata da papa Urbano IV nel 1264), riempì di orgoglio il cuore degli orvietani. A questo si aggiunge l'interesse di Roma, affinché si costruisse un imponente edificio sacro.
Orvieto, comune ecclesiastico fin dal 1157 e baluardo più avanzato dello stato pontificio contro l'impero, era luogo ideale per erigere una Cattedrale che fosse solenne testimonianza del prestigio della Santa Sede.
Il Duomo sarebbe stato non solo l'autocelebrazione di un ambizioso comune e il riconoscimento dell'importante ruolo spirituale della città di Orvieto, ma anche l'affermazione dell'indiscusso primato della Chiesa sul mondo e la legittimazione dell'autorità papale su tutta la cristianità e le eresie. Fu così che il 13 novembre 1290 papa Nicolo IV pose la prima pietra della Cattedrale, dando così inizio alla più grande avventura culturale e finanziaria che la città abbia mai avuto.


Entusiasmi per Luca
La cappella Nova o di S.Brizio

La cappella Nova o di S.Brizio è situata all'interno del Duomo in posizione diametralmente opposta alla Cappella del S.S. Corporale dove è venerata la reliquia del miracolo di Bolsena. Fu costruita tra il 1409 ed il 1425, sfruttando le strutture di sostegno al transetto(archi rampanti, speroni e contrafforti) fatte erigere dall'architetto della Cattedrale Lorenzo Maitani nei primi anni del '300, per risolvere supposti problemi di staticità.
È stata l'ultima parte del Duomo ad essere realizzata e per questo è detta "Cappella Nova". Fu chiamata anche di "S. Brizio", perché ogni 13 novembre, giorno di S. Brizio e ricorrenza della fondazione del Duomo, vi veniva esposta una immagine miracolosa della Vergine Maria ("Madonna di S. Brizio," pala di fine XIII sec.) a cui la Cappella stessa è dedicata.
A partire dagli anni quaranta del '400, prese corpo presso l'Opera del Duomo(ente laico preposto dal Comune di Orvieto al controllo e all'amministrazione della Fabbrica) il progetto di realizzare nella Cappella Nova un grande complesso di affreschi che degnamente concludesse "l'opera sublime" di Lorenzo Maitani. Il desiderio di vedere realizzato il progetto accomunò tutti gli orvietani, ma chi concretamente finanziò l'opera fu la famiglia guelfa dei Monaldeschi grazie alla cospicua somma lasciata in eredità dal vescovo Francesco di Monaldeschi.
La decorazione della Cappella venne portata a termine mentre la città stava attraversando uno dei periodi più difficili della sua storia, tormentata dal declino civico, dalla pestilenza e dalle sanguinose rivalità cittadine. A questo si aggiunsero le difficoltà nel reperire l'artista giusto per l'impresa. Nel 1447 l'Opera del Duomo ebbe la grande fortuna d'ingaggiare il famoso pittore domenicano Giovanni da Fiesole, noto come Beato Angelico, il quale venuto ad Orvieto eseguì due vele nella volta della Cappella Nova (il Cristo Giudice e i Profeti).Richiamato improvvisamente dal papa, l'artista tornò a Roma e non fece più ritorno. Solo nel 1499, dopo lunghe trattative con altri artisti dell'epoca, tra cui il Perugino, i lavori ripresero con un degno sostituto: Luca Signorelli da Cortona. All'epoca il pittore aveva 60 anni ed era nel pieno della sua maturità artistica.
Come banco di prova per l'affidamento dell'incarico gli fu richiesto di completare la volta della Cappella, cosa che l'artista eseguì velocemente e senza avvalersi di aiuti.
La sua pittura entusiasmò subito l'Opera del Duomo, che il 27 Aprile 1500 approvò a maggioranza anche i disegni per le scene delle pareti. Fu così che, per 600 scudi d'oro più mosto e grano, venne commissionata al Signorelli la decorazione dell'intera cappella che l'artista portò a termine con la sua scuola, in quattro anni di febbrile attività, dal 1500 al 1504.
La scelta del soggetto da affrescare, come per tutte le decorazioni della Cattedrale, era prerogativa dei teologi e vide impegnate contemporaneamente sia le autorità ecclesiastiche locali che la Santa Sede.
L'antico rapporto politico tra Orvieto e Roma (con il patto del 1157 Orvieto diventa "Roccaforte dei papi" e nel 1357 si sottomette ufficialmente allo Stato Pontificio) favorì l'istaurarsi di uno stretto legame culturale tra le due città.
La Santa Sede, dunque, fece sempre sentire la sua influenza sul messaggio che la Cattedrale doveva comunicare e fu così anche per la Cappella Nova, per la quale si decise di rappresentare il "Giudizio Universale". Il Giudizio Universale del Signorelli riflette la predicazione della Chiesa di fine '400, tutta incentrata su un drammatico appello alla conversione e al pentimento a causa del nuovo panorama storico e culturale che si andava delineando in Europa alla metà del IIº millennio.
L'avanzata dei musulmani in Occidente, le mire espansionistiche in Italia delle grandi potenze Francia e Spagna, il diffondersi dei movimenti scismatici ed ereticali, ed infine l'inizio di quella profonda trasformazione culturale che stava segnando il passaggio epocale dal Teocentrismo all'Antropocentrismo, rappresentavano un vero e proprio attacco alla cristianità e all'autorità stessa della Chiesa fino ad allora indiscussa: colpire il cristianesimo significava sgretolare i cardini sui quali si era retta la società del medioevo.
Nubi nere si addensavano sul futuro dell'umanità e di Roma che vide in questi eventi gli oscuri e terribili presagi della fine del mondo, profetizzata dalle Sacre Scritture.
Forte ed urgente si fece perciò l'appello apocalittico al perseguimento della salvezza per l'imminente ritorno di Cristo, vera e sola speranza del genere umano.
Testimonianza della visione cristiana della storia, la Cappella Nova afferma il ruolo morale universale della Chiesa nel 1500 la quale è celebrata come unico strumento di salvezza che trionferà sul mondo e su tutti i nemici. Funzionale a questo messaggio è la linea antieretica che percorre tutto il ciclo pittorico a partire dalla figura dell'Anticristo, sinistro personaggio apocalittico identificato con la setta eretica dei Catari, responsabile della morte del podestà Pietro Parenzo (1199) e molto diffusa ad Orvieto nel XIII sec.
I Catari, infatti, mettevano in dubbio le verità di fede centrali nel cristianesimo e l'autorità della Chiesa, entrambe solennemente confermate invece negli affreschi della Cappella Nova che rappresentano la più rigorosa e completa trattazione della dottrina escatologica cristiana (Morte, Giudizio, Paradiso ed Inferno) che si possa trovare nell'arte italiana.
La connotazione antieretica, inoltre, rendeva onore alla famiglia mecenate dei Monaldeschi che svolse un ruolo fondamentale nella lotta contro i Catari ad Orvieto.


Ecco l'apocalisse, oltre la contemplazione
L'arte, ovvero il realismo

Luca Signorelli accettò con entusiasmo l'incarico di decorare la Cappella di S. Brizio: il grande spazio da affrescare unito all'importante tema da raffigurare, erano un occasione unica per esprimere tutto il suo talento e la sua pittura innovativa.
Allievo di Piero Della Francesca, legato all'influenza del Masaccio e di Paolo Uccello, l'artista di Cortona, fu un precursore dell'arte rinascimentale, tutta incentrata sullo studio della natura, del mondo, dell' uomo. Grazie alla passione per l'anatomia e allo straordinario uso della prospettiva, gli affreschi della Cappella Nova sono del tutto rivoluzionari rispetto all'iconografia classica medioevale ed inaugurano una "nuova estetica" dell'arte sacra. Dallo staticismo contemplativo e solenne del Beato Angelico, egli approdò ad una pittura potente, reale e fortemente dinamica.
L'enorme ricchezza dei corpi umani, vigorosi e perfetti, raffigurati in tensione, in azione ed interazione reciproca, accavallati ed aggrovigliati, danno agli affreschi del Signorelli un forte potere comunicativo, al punto che le immagini sembrano vive.
L'impressionante realismo coinvolge anche le raffigurazioni dei demoni, i quali, non avendo nulla a che vedere con creature fantastiche e grottesche, appaiono per la prima volta con fattezze umane. Con l'irruzione dei nudi, il Signorelli riuscì perfettamente a trasmettere l'esigenza di quel rinnovamento religioso che contrassegnò la Chiesa del 1500.
In virtù della concezione filosofica neoplatonica che sosteneva la rivelazione del divino nell'umano e del crescente anticlericalismo, il nudo nell'arte sacra rinascimentale esprimeva una nuova visione di cristianesimo non più fondata esclusivamente sull'autorità istituzionale e dottrinale di Roma, avvertita ormai come oppressiva e restrittiva, ma su una "spiritualità" personale ed interiorizzata. Michelangelo, che si fermò ad Orvieto per studiare gli affreschi della Cappella Nova, spinse fino all'estremo quello che possiamo definire un "cristianesimo antropocentrico".
Nel Giudizio Universale della Cappella Sistina, l'intera umanità è raffigurata nuda, mentre si trova radunata attorno a Cristo: l'uguaglianza tra tutti gli uomini, oltre a sottolineare l'assenza di ogni privilegio, sembra escludere il ruolo di mediazione della Chiesa e dà risalto al singolo individuo.
Gli affreschi della Cappella di S. Brizio invece ribadiscono la Chiesa quale solo ed unico strumento di salvezza per l'umanità, ma nello stesso tempo danno voce ad una forte volontà di riforma presente nel cattolicesimo del '500, la quale auspicava una nuova era per la cristianità.
Il Giudizio Universale del Signorelli è infatti l'esaltazione di una Chiesa "virtuosa", che si ispira ai grandi ideali evangelici dei primi cristiani, animata da sentimenti di purezza e contrapposta decisamente a quella corrotta e politicizzata dell'epoca.
Solenne e trionfante nella volta, essa appare profetica e martirizzata nelle scene dell'Anticristo e del finimondo, mistica e spiritualizzata nell' incoronazione ed ascensione degli eletti in Paradiso.
La Cappella di S. Brizio, spaccato di arte, storia e teologia è uno dei più grandi patrimoni culturali del rinascimento italiano. A torto e troppo in fretta il Giudizio Universale del Signorelli fu offuscato dalla fama del grande Michelangelo.


Scaraventati nel futuro
I significati dell'opera

L'atmosfera pacata e solenne dell'interno del Duomo si interrompe di colpo entrando nella Cappella di S. Brizio, dove ci si trova immersi in uno spazio traboccante di colori e di immagini che danno vita al più grande dramma della storia umana: l'Apocalisse.
Gli affreschi suscitano un forte impatto emotivo e proiettano improvvisamente il visitatore nel futuro, facendogli vedere in anticipo, come da un'enorme finestra che si affaccia sull'eternità, quello che accadrà nella vita ultraterrena.
La Cappella Nova è un unico grande affresco diviso in scene, attraversato da un filo conduttore, il combattimento finale tra Bene e Male.
Nel loro susseguirsi da un principio ad una fine, le vicende seguono l'ordine descritto nella Sacra Scrittura:

  • Venuta dell'Anticristo
  • Fine del mondo
  • Resurrezione della carne
  • Giudizio Universale: Inferno e Paradiso

    Domina su tutto la figura di Cristo glorioso e giudice, protagonista degli eventi del cielo e chiave di lettura di tutto il ciclo pittorico. Situato nella volta, la sua posizione non è casuale, ma sovrasta il punto focale della Cappella rappresentato dall'altare.
    Questo è il luogo liturgico per eccellenza dove viene celebrata l'Eucarestia, supremo sacramento escatologico ed "atto di mediazione" tra il mondo terreno ed il mondo ultraterreno.
    Per la Chiesa il rinnovarsi del sacrificio di Cristo sulla croce celebrato nel sacro rito è la promessa della vittoria sul male, della resurrezione e della vita eterna, realtà queste che i credenti possono pregustare nelle scene degli affreschi e a cui la liturgia eucaristica li conduce.
    Le decorazioni della Cappella Nova acquistano così un profondo senso cultuale perché sono funzionali alla liturgia, la esaltano e ne illuminano il significato, rappresentando un chiaro esempio di "arte liturgica".

    Cristo giudice, vertice di un triangolo formato con le scene dell'Inferno e del Paradiso ai lati dell'altare, ricorda che tutta l'umanità si troverà alla fine di fronte a Lui per essere sottoposta ad un giudizio che vedrà gli uomini o salvati o dannati, a secondo di dove si saranno schierati sulla terra, se con la Chiesa o fuori della Chiesa: nel potere dell'Eucaristia sta infatti l'unica possibilità di salvezza per l'uomo. "Non c'è salvezza senza Eucaristia", annunciano gli affreschi della Cappella Nova, "non c'è salvezza al di fuori della Chiesa".

    
    

    L'estremo combattimento
    La venuta dell'Anticristo

    Vestiti di nero, impassibili di fronte agli eventi che si succedono, Luca Signorelli ed il Beato Angelico appaiono sulla porta dell'incredibile viaggio che il visitatore intraprenderà. Il richiamo a Dante e Virgilio nella Divina Commedia è evidente con la sola differenza che qui non avverrà mediazione, per cui l'osservatore si troverà solo con se stesso di fronte alle drammatiche vicende che stanno per compiersi.
    Il libro dell'Apocalisse profetizza che prima della fine del mondo avverrà un grandioso combattimento escatologico tra Dio (il Bene) e Satana (il Male). Nella valle di Gerusalemme scenderà in campo l'Anticristo.
    Nella scena il misterioso personaggio appare su di un piedistallo, mentre arringa una folla di ogni strato sociale. Le sue fattezze sembrano quelle di Gesù, ma l'inquietante sguardo e la presenza di un demonio inspiratore che gli si avvinghia addosso, rivelano la sua natura malvagia e diabolica.
    Il falso Cristo in realtà è lo strumento di cui Satana stesso si servirà per ottenere il potere assoluto sulla terra.
    Egli attirerà tutti a sé con l'irresistibile carisma della sua personalità. Attraverso una parola persuasiva e menzognera (l'Anticristo predicatore), i falsi miracoli (l'Anticristo mentre opera una falsa resurrezione di fronte ad un gruppo di penitenti) e la seduzione delle ricchezze (i tesori ammassati sotto il piedistallo da dove predica), convincerà gli ultimi abitanti della terra a seguirlo ed il mondo diventerà violento, corrotto ed immorale.
    Solo una Chiesa eroica (Chiesa militante), simboleggiata dai religiosi raggruppati intorno alle Sacre Scritture e da essa ispirati, non cadrà nell'inganno dell'Anticristo ma, anzi, avrà il coraggio di denunciarlo. Per questa testimonianza di totale fedeltà alla Chiesa ed amore a Cristo, verranno tutti perseguitati e martirizzati (l'Anticristo che comanda l'esecuzione di due profeti vicino al tempio fatto erigere da lui e la strage dei religiosi proprio ai piedi del ritratto del Signorelli).
    Gli ultimi tempi saranno dunque l'ora delle tenebre in cui il Bene sarà combattuto con ferocia. Un imponente tempio presidiato da un esercito oscuro e minaccioso sarà l'apoteosi del potere che l'Anticristo raggiungerà sulla terra.
    L'emissario di Satana sferrerà allora l'attacco finale per coronare il suo folle progetto: prendere il posto di Dio. L'ampio spazio circolare al centro della scena è il punto da cui tenterà la gloriosa ascensione al cielo, spinto dalla smisurata superbia di Satana simboleggiata dall'immagine scolpita sul podio che sormonta (cavaliere nudo che cerca invano di domare un cavallo rampante e senza finimenti).
    Ma quando l'Anticristo sarà certo di essere prossimo alla vittoria finale, Dio allora invierà l'Arcangelo Michele che si scaglierà contro di lui con il potere datogli da Cristo e i due si affronteranno in cielo, nel più grande duello della storia della salvezza.
    L'angelo di Dio, armato di spada, abbatterà il falso Messia che precipiterà a testa in giù rovinando sui stessi seguaci folgorati da frecce di fuoco (Ap 12,7-9).
    La caduta dell'Anticristo sarà il segno cosmico della sconfitta definitiva e totale del male e darà l'avvio all'ultimo atto della storia umana: la fine del mondo.

    
    

    Impauriti i personaggi escono dall'affresco
    La fine del mondo

    La Sibilla Erytrea (profetessa del mondo classico) trova conferma nelle Sacre Scritture della veridicità della profezia cristiana circa l'imminente cataclisma finale di cui il profeta Ezechiele (il personaggio con il turbante) ne indica i segni premonitori.
    Una serie di catastrofi si abbatteranno sulla terra, mentre l'umanità ormai priva di carità ed amore si ostinerà nella violenza contro i propri simili.
    Terrificanti eventi cosmici precederanno una "tribolazione grande quale mai avvenne dall'inizio del mondo fino ad ora" (Mt. 24,21): maremoti, terremoti, le stelle cadranno, il sole si oscurerà e la luna diventerà rossa come il sangue ..., ma ancora non sarà la fine.
    Dal cielo, angeli dell'inferno scaglieranno sulla terra un fuoco sterminatore che in mezzo ad un fragore assordante distruggerà una umanità in preda al panico.
    Gli ultimi abitanti della terra cercheranno di sfuggire all'ira divina, ma nessuno troverà scampo al dramma che sta per compiersi.
    I personaggi in primo piano sembrano come uscire dagli affreschi, nel disperato tentativo di sottrarsi all'inevitabile destino. Le loro vesti, attillate e dai colori brillanti, evidenziano le forme del corpo, alludendo ad una vita immorale e corrotta.
    Anziani e madri che stringono i figli tra le braccia nel gesto di proteggerli (Mt 24,19), corrono alla vana ricerca di un rifugio, ma il giudizio di Dio sopraggiungerà inesorabile senza riguardo per nessuno.
    Così termina la storia e con essa finirà il tempo della salvezza che fin dalla creazione ha visto gli uomini liberi di scegliere tra Dio e Satana, tra Cristo e l'Anticristo, tra il Bene e il Male.

    
    

    Papi, artisti, poeti e navigatori
    Personaggi noti nella scena dell'Anticristo

    Papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia)

    Raffigurato nelle sembianze di Alessandro Magno con cui amava identificarsi, papa Alessandro VI è tra la folla in ascolto, a destra dell'Anticristo predicante.
    Salì al soglio pontificio nel 1492 con elezione quasi certamente simoniache e il suo papato fu particolarmente corrotto. Contemporaneo al Savonarola, ebbe nove figli ed il suo pontificato si caratterizzò per una chiara politica nepotista, volta a mettere tutto lo Stato Pontificio nelle mani della famiglia Borgia.

    
    

    Cesare Borgia (il Valentino)

    Dipinto con le sembianze dell'imperatore Massimino, fu il figlio maggiore e prediletto di papa Alessandro VI. Corrotto e spietato, fu comandante dell'esercito del padre e ad Orvieto ricoprì la carica di governatore generale. La sua presenza tra la folla in ascolto, a destra dell'Anticristo, è dovuta forse ad una situazione storica contemporanea: nel 1503 mise fine ad un'alleanza con i più importanti notabili orvietani dando ordine che venissero fatti a pezzi nella rocca di Senigallia.

    I notabili orvietani

    Raffigurati nel gruppo a sinistra dell'Anticristo predicante, sono stati identificati da Giorgio Vasari. Essi sono: Niccolò Paolo e Vitellozzo Vitelli, Giovanni Paolo ed Orazio Baglioni, Pandolfo Petrucci.

    Pinturicchio

    Artista ufficiale del pontefice Alessandro VI è l'autore degli affreschi nell'appartamento Borgia in Vaticano (1492-1495).
    Restaurò parte della tribuna del duomo di Orvieto in epoca contemporanea al Signorelli.

    Cristoforo Colombo.
    Appare tra la folla a destra dell'Anticristo, calvo e con un abito giallo.

    Dante Alighieri
    Il suo inconfondibile profilo è presente in ambedue i gruppi della folla in ascolto dell'Anticristo.

    
    

    Consenso coi soldi
    L' usuraio

    Il personaggio che prende soldi dalla sua borsa per distribuirli alla gente in ascolto dell'Anticristo è identificato, per le vesti e i caratteristici tratti del volto (naso e mento pronunciati), con un ricco ebreo. Secondo la tradizione antiebraica della chiesa medievale, gli ebrei avrebbero favorito l'ascesa al potere del falso messia corrompendo gli animi. Al tempo di Alessandro VI Borgia (1495) gli ebrei ed i turchi infedeli vennero accomunati nella condanna e perseguitati in Spagna, patria del papa Borgia.

    Donna di porpora. Rifiutò l'artista ?
    La meretrice

    Nella scena dell'Anticristo, la donna vestita di porpora che riceve i denari dall'usuraio corruttore è la prima raffigurazione che il Signorelli fa della prostituta.
    Riappare nella scena dell'Inferno in groppa ad un demonio alato e, ancora, nella mischia sottostante ritratta per ben tre volte, secondo un asse longitudinale che separa in due la mischia dei dannati.
    Le viene morso un braccio, è stritolata nella morsa di un demonio ed infine è strangolata con un laccio da una creatura infernale, mentre le schiaccia la testa a terra.
    Unica donna ritratta nell'Inferno, il ripetersi della sua raffigurazione e l'importante posizione che occupa nella scena, fanno sì che le sia attribuito un significato particolare.
    Ella è il simbolo della prostituta dell'Apocalisse (Ap. 17), la grande città corrotta di Babilonia, madre di tutte le prostituzioni e le oscenità del mondo.
    Descritta nella Bibbia mentre ebbra di vino cavalca una bestia mostruosa (simbolo del potere del mondo), il Signorelli la ritrae con lo sguardo impaurito sulla schiena di un demone la cui malvagità presto si ritorcerà contro di lei.
    Secondo una antica tradizione popolare, questa figura femminile sarebbe stata ritratta con le sembianze di una donna di facili costumi che rifiutò le profferte d'amore dell'artista.

    
    

    S. Vincenzo Ferrer

    Canonizzato da Callisto III predecessore di Alessandro VI, è raffigurato al centro del gruppo di domenicani e francescani alle spalle dell'Anticristo.
    Grande predicatore apocalittico, venne ad Orvieto nel 1427 e predicò insieme a S. Bernardino da Siena. Nella scena è ritratto mentre tiene in mano il libro da lui scritto, il De Antichristo.

    
    

    Dove abita il potere
    Il Tempio dell' Anticristo

    È il tempio di Salomone, simbolo del potere dell'Anticristo. Sant'Agostino nel De Civitate Dei parla di questo tempio e lo identifica con l'impero romano di Nerone, figura dell'Anticristo. Viene anche identificato con la corruzione del pontificato di Papa Alessandro VI (la sua struttura architettonica tipicamente rinascimentale richiama la rocca papalina di Castel S.Angelo).
    Si contrappone alla "Chiesa spirituale" rappresentata dal gruppo di religiosi che circondano la figura di V. Ferrer e alla "Chiesa trionfante" illustrata nella volta. Con ciò si vuole mettere in risalto che la vera Chiesa è quella costituita dalle anime dei virtuosi, la quale non ricorre a manifestazioni tangibili di ambizione e di potere.

    
    

    Personaggi danteschi

    Appaiono raffigurati nella scena dell'antinferno, a sinistra della finestra situato dietro l'altare della Cappella Nova.

    Ignavi. Sono gli uomini che in vita non si sono mai schierati né con Dio, né con Satana e per questo la loro condanna è quella di non aver accesso né al Paradiso, né all'Inferno. Appaiono nella scena mentre corrono in schiera dietro ad una insegna bianca, portata da un demone che non raggiungeranno mai.
    Invocano disperatamente che sia loro concessa la morte per liberarsi dal terribile supplizio (Inferno Canto III, 52-67).

    Caronte. È il demone che fa attraversare ai dannati il fiume infernale Acheronte, traghettandoli su di una barca, verso la terribile sorte che li aspetta. I reprobi lo attendono sulla riva, maledicendo Dio o piangendo per la disperazione (Inferno Canto III, 104-111).

    Minosse. Giudice dei peccatori. Avvolgendo la lunga coda attorno al suo corpo per un diverso numero di volte, indica il girone a cui il dannato è destinato e dove troverà la punizione stabilita (Inferno Canto V, 4-15). Nella Cappella Nova il mitologico personaggio è raffigurato come una grottesca parodia di Cristo Giudice: attende alla porta dell'Inferno i dannati per giudicarli e stabilire la tortura che subiranno.

    
    

    Maria gravida

    Sulla volta, nella vela degli Apostoli, accanto a S. Paolo apostolo dei pagani (raffigurato con la spada in mano) e a S. Pietro capo della Chiesa (raffigurato con una chiave in mano), appare la Vergine Maria che guarda verso Cristo a significare la sua intercessione per la salvazione nell'umanità nel giorno del giudizio universale. La Vergine appare con una incipiente gravidanza, una modalità di raffigurazione nell'arte del '400, molto diffusa in territorio umbro. La fonte testuale è il libro dell'Apocalisse (Ap. 12,1) in cui è descritta una donna incinta minacciata da un drago che attende di divorare il figlio che sta per nascere. S.Bernardino sottolinea il significato eucaristico della Madonna incinta: Maria è figura della Chiesa perché i cristiani, nutrendosi dell'Eucarestia, hanno in sé Cristo. La devozione a questa immagine è legata alla festività del Corpus Domini.

    
    

    I sette più grandi scrittori
    Ritratti dei classici

    Ritratti nello zoccolo della Cappella Nova, all'interno di una cornice quadrata e circondati da tondi, troviamo alcuni tra i più grandi scrittori dell'antichità classica e moderna.

    Sono in tutto sette personaggi:

    • Omero o Sallustio
    • Dante
    • Stazio
    • Claudiano
    • Ovidio
    • Lucano o Tibullo
    • Empedocle

    
    
    

    Allegorie delle opere

    I tondi che circondano ciascun personaggio contengono alcune scene prese dalle opere più importanti:

    Iliade (Omero) o Congiura di Catilina (Sallustio)
    Divina Commedia (Dante e Stazio)
    De Raptu Proserpinae (Claudiano)
    Metamorfosi (Ovidio)
    Pharsalia (Lucano)
    Eneide (Virgilio, il cui ritratto dietro l'altare è andato perduto).

    
    
    
    
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