Un pittore preso dal suo mondo, dal suo tempo interiore, coscienziale - diverso da quello cronologico, proprio della gente comune - da un immaginario potente radicato da secoli nella sua terra d'origine, la Lucania, che per la durezza del paesaggio, del clima, delle condizioni di vita degli abitanti rivela nella sua cruda essenzialità le sorgenti stesse della vita, quei principi genetici sui quali si muove ogni essere umano e ogni società: lotta per la vita e potente impulso della generazione, contro la morte.
Per tali motivi, questa regione dell'Italia meridionale, madre intimamente affine alla sensibilità del pittore e corda simpatetica al suo ritmo interiore, sottende in fondo, geneticamente, ogni suo atto creativo, assumendo una funzione paradigmatica e simbolica di eterno presente della coscienza, che racchiude e ambienta in un unicum globale il tempo e lo spazio. E non solo costituendo un rifugio e un'enclave privilegiata dello spirito dove l'immaginario dell'artista si libera finalmente in una dimensione surreale, atemporale e spazialmente infinita; ma anche idealmente rappresentando quella sete incessante di vita che arde nella sua anima e che, impossibilitata a realizzarsi, lo estinguerebbe inevitabilmente per consunzione.
Pompa sente infatti dentro di sé, come quella terra, il potente, bruciante anelito di una copiosa e mai pacificata sorgente vitale, che urge pressante, impellente, e che richiede continuamente di generare, incarnandosi in forme e personaggi definiti nella loro struttura tensiva proprio dall'andamento interno, che preme settorialmente in ogni direzione, di quell'energia vigorosa e creatrice.
Per questo i personaggi di Pompa assumono quel particolare e assolutamente peculiare aspetto barocco - impreziosito da curatissimi accessori figurali che tuttavia conservano l'enigmaticità degli archetipi collettivi - disegnati con il ritmo cadenzato e ondulatorio di una sottilissima linea di contorno che corre unificante per l'intera superficie dell'opera, dipinta, scolpita o incisa. Come un tumultuoso fiume che si apre nel mare lento dell'arte, quel tracciato lineare rappresenta simbolicamente il contatto finale, pacificatore e generativo, tra flusso energetico interiore e sua realizzazione concreta, che anima esseri autonomi, laddove il pittore esclusivamente si fa tramite corporeo dell'atto creativo.
Gaetano è affamato di vita, di quella vita profonda che è in ogni uomo, e la sua impellenza creatrice si placa solo al tavolo da lavoro, quando dalle mani e dagli strumenti passa sulla tela, dove libera spazia sulla superficie approdando là dove dà vita alle sue personificazioni: attinge da quelle radici ataviche contaminandosi con qualunque spunto che sente affine, di uguale forza espressiva e intimamente adatto a declinare il suo arcaico poema. Perciò la gestione da parte di Pompa delle esperienze e degli incontri casuali - da lui vissuti con avvertita finezza simbolica - e della stessa cultura - una cultura eclettica, formatasi su un grande sentimento del mondo antico e su una vigorosa sensibilità musicale, che predilige le fortitudini strutturali ed espressive di Mozart, Vivaldi, Stravinskij e Bartók - si snoda al contrario leggera, divertita, libera nelle associazioni e negli accostamenti, in una variatio che invece di appesantire la composizione nutre copiosamente l'occhio e lo spirito dell'osservatore.
Eppure premono nell'opera di Pompa altri impulsi, propri dell'uomo, della meravigliosa dimensione umana e fallibile che sempre permea di sé le opere di un artista.
Un eterno bisogno di piacere, di comunicare all'esterno e con l'esterno, e insieme una forte e personale componente edonistica, sono infatti gli elementi che rendono sensuali e reali le sculture di Pompa.
Le sue sculture - primo cimento dopo i paesaggi degli inizi e dopo le prove materiche eseguite a Monaco, già peraltro in linea con l'attenzione per l'aspetto cromatico ed estetico della composizione - sono impercettibilmente scosse da inevitabili movenze che attingono a tale necessità comunicativa ed edonistica, profonda e terragna. Autonome entità, esse incarnano la fisicità stessa dell'autore, ricorrendo a qualunque possibile tipo di abbellimento e alla cura di ogni minimo particolare, per poter coinvolgere l'osservatore catturandolo fisicamente in uno scambio dialettico alla pari. Ergendosi altere, guardinghe ma al contempo aperte e accessibili, esse confermano altresì, a ben vedere, una grande solitudine, come disperati appelli nel terribile deserto di un tentato approccio umano. Imprescindibili a se stesse come divinità, continuano necessariamente nascendo, crescendo e trasformandosi nelle mani dell'autore, incrocio tra interiorità, aspirazioni personali e risultato di un carattere autonomo e volitivo, nuovo portatore di un lungo e storico passato. Un passato di mondi fantastici, popolati da personaggi compiuti e definiti a tutto tondo, dove l'immaginario medievale da Liber monstruorum, la simbologia del potere quattro-cinquecentesca e machiavellica, la suggestione della ferocia del Valentino, e perfino la violenza visiva delle modalità fumettistiche di certa arte pop si fondono in un sublime equilibrio di originalità e arcaismo.
Il divertissement che prende la mano allo stesso artista il quale infatti, come Giacometti negli Oggetti Sgraditi, diviene strumento umano del processo automatico di trascrizione del proprio immaginario, si trasforma in tragica e mitica epopea: personaggi astrusi e inquietanti escono dalla penna spinti e animati solo dall'energia viscerale, superando la limitatezza umana e articolandosi in una danza visiva estremamente ricca e affascinante. Mutmassungen (= congetture), le definisce Pompa, ma pericoloso è collegare la ricerca artistica a un programmatico impegno mentale implicito nella definizione stessa del processo, quando a parlare sono invece la capacità istintivamente affabulativa e l'arte dell'autore, senza altre spiegazioni coercitive e fuori luogo. Cosa rimane quindi di effettivo e realmente, fortemente emozionale dell'arte di Pompa, tolto ogni pseudoimpegnato discorso programmatico e intellettuale?
Una potente carica sensuale, erotica, ancestralmente legata a energie primordiali, una fagocitante volontà di invadere tutto e di dominare il mondo moltiplicandosi in infinite appendici, figli nell'arte se vogliamo, armati, corazzati, personificazioni pseudoumane e animali (per lo più, infatti, l'iconografia animale di Pompa si articola in squamosi rettili o in iconografie di volatili da combattimento), oppure fantomatici inquietanti rozzi personaggi del Clero medievale, e del Clero più intransigente, quello tedesco, che nei severi austeri e minacciosi castelli germanici entra nelle più intime pieghe della vita dei sudditi, uniformandoli e uguagliandoli tutti indistintamente a un modello comportamentale disumanante, nonché castrante di ogni minima scintilla di originalità e vita. Cosa c'è di più terribile dell'insieme dei poteri temporale e religioso, si chiede retoricamente Pompa, riprendendone forme e meccanismi nella sua espressione artistica.
In questa chiave, la parola Mutmassungen, mere congetture appunto, appare allora come una definizione falsamente propositiva e ipotetica, che nell'apparente umiltà cela al contrario un'affermativa e prevaricante volontà di potenza.
E qualora non basti l'iconografia icastica e ieratica dei soli terribili guerreschi personaggi, allora Pompa mira a terrorizzare l'osservatore con gli effetti spietati del potere in azione, teschi e serpenti su piatti, teste che spuntano come mozzate dai pesanti e lussuosi mantelli, temibili barre scure - lontano retaggio di austere croci e obliqui e bui silenzi nel ritmo della composizione, disorientanti perché semplici e nere silhouettes contrastanti con la dettagliata ricchezza della figurazione - minacciose spranghe di ferro imbracciate dai dignitari a simbolo di offesa e di potere. E altrettanto simbolicamente Pompa aggiunge come nelle simbologie medievali e quattrocentesche, le distese dei domini di tali signori, paesaggi brulli a volo d'uccello, ampi eppure non sconfinati, su cosmici cieli neri, terre deserte a dimostrazione della vastità di regni in cui si ergono muti e scabri castelli, spesso muniti di vele gonfiate dal vento a salpare verso la conquista di nuovi territori. E battaglie ciclopiche e definitive avvengono sopra tali paesaggi; possenti personaggi si scontrano con la pesantezza e l'arguzia di un antico sumo: e contro la forza più potente, la morte, Pompa costruisce iconografie dure nella loro affermativa inequivocabilità, rigorosamente serrate e coerenti in ogni particolare, mai concilianti o descrittive, a ribadire sempre e con ogni mezzo il potere chiuso che imperversa in questi suoi propri, archetipici territori.
Su questo regno, dove il perdente è raffigurato deforme e disperato, impera, decisa, anche una regina, ancor più sconcertante perché donna. Interfaccia tra mondo fantastico e realtà quotidiana, Pompa la raffigura paradossalmente con l'effigie di Dorothee, sua moglie, tedesca di Krefeld: alter ego del potere, e degna compagna del signore guerriero, rappresenta, nell'immaginario artistico dell'autore, una complessa iconografia di figura emblematica e totalizzante, perfettamente compresa e convinta del suo ruolo di dominatrice, e insieme privata, reale, fisica e sensibile, donna e madre. Una calotta soldatesca di capelli finemente e fittamente intrecciati sulla sommità della testa lascia nuda e rasata la nuca, rinuncia di femminilità tradizionale e contrafforte compositivo alla mossa del volto, prominente e compatto, appuntito nello sguardo stretto dalla contrazione dello zigomo e del sopracciglio, e dove l'aspetto tumido e turgido delle labbra smentisce la pur connaturata femminea sensuale dolcezza con l'imminenza di un ineluttabile, severo, segno di comando. Dorothee è nuda, a simboleggiare l'icasticità serrata e priva di divagazioni di un potere affermativo e deciso: seni piccoli da amazzone, asciutti ed essenziali come le linee che le disegnano, puramente identificative - nella rappresentazione pittorica - del genere fisico diverso dall'uomo e coerenti e necessarie alla sua funzione guerriera, lasciano invece priorità visiva e simbolica ai peli sotto le ascelle che, sinuosamente arricciolati in stile liberty, si intrecciano come metalliche combattive e intransigenti cotte di maglia. Altera, distaccata, dura, Dorothee risulta altresì crocifissa, obbligata, prosciugata dal suo stesso ruolo di austera regina medievale, comunque soggetta all'uomo che le contrasta tuttavia l'esercizio del potere tutto femminile di proprietaria e arbitra dell'uomo stesso. Salvo a restituire, nell'intensità di sguardi con un mitologico e irriverente elfo, forse simbolico autoritratto dell'artista, la dolcezza e l'intesa dell'intimità coniugale.
Come nel consueto processo emozionale e psicologico di molti artisti, che attraversa nel lavoro una lunga fase analitica e introspettiva volta a svelare ed esorcizzare paure personali e segrete, la consapevolezza acquisita da parte di Pompa delle proprie pulsioni - definite e ormai articolate in un ricco immaginario che dall'interno costruisce la propria esteriore corteccia - si apre al confronto con l'esterno, con la società contemporanea, guardandosi in relazione all'altro da sé in un atteggiamento al contempo critico, ironico, autoreferenziale nonché larvatamente desideroso di ulteriore crescita e maturazione psicologica, che tuttavia legittima automaticamente l'autore e la sua complessa personalità, normalizzandolo nell'ambito della congerie ben più strana della comunità umana. Nasce così la serie dei Paludamenti che l'uomo usa per mettere in soggezione gli altri uomini (1996), serie che in un divertito e moderno processo alla Savinio - legando cioè iconografia classica e forme attuali - sciorina una galleria di personaggi in cui la perizia tecnica e disegnativa, allenata in anni di Mutmassungen, si scioglie visivamente ora in un accattivante ritmo jazzistico che gioca sulla terribilità dell'aspetto guerriero precedente con soluzioni iconografiche ironiche e in fondo critiche, a sancire il distacco dell'autore da forme di potere diverse dalla propria - sentita e forse in ultima analisi subita - volontà di potenza e rivalsa. A conferma di ciò, anche le Mutmassungen su probabili monete dell'imperatore Commodo e il ricco vissuto delle Mutmassungen su Stravinskij, ancora una volta sorgenti dalle profondità più vitali dell'artista su sollecitazione delle composizioni del musicista sovietico, dove l'erotismo che da sempre informa di sé l'opera di Pompa erompe violento, libero, irriverente in tutta la sua ormai dichiarata e consapevole potenza espressiva.
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