Trento: Il Gotico è un movimento artistico che evoca le grandi cattedrali europee, con l'altezza vertiginosa delle loro navate, la luminosità delle vetrate, il ricamo delle sculture e delle guglie. Ma gotica può essere anche un'arte meno grandiosa, quella di opere minori come oggetti d'uso quotidiano, tavole ed affreschi. Uno dei castelli del Trentino, quello del Buonconsiglio, nel capoluogo della Regione, conserva nella sua Torre Aquila un ciclo di affreschi che il principe vescovo di Trento Giorgio di Liechtenstein commissionò nel 1400 ad un artista di probabile origine boema, forse il pittore Venceslao, di cui alcuni documenti attestano la presenza a Trento dal 1397. Il ciclo di affreschi avrebbe dovuto rappresentare il susseguirsi dei mesi e delle stagioni dell'anno, una sorta di calendario visuale popolato da contadini, cacciatori, boscaioli, ma anche dal mondo dei nobili con dame, principi cortesi, di cui si rappresentavano le attività: il giocare sorridendo con la neve a Gennaio, i tornei di Febbraio, i corteggiamenti, l'amore e le feste della primavera, la caccia col falco del primo autunno.
Si è svelato così un mondo tutto particolare legato ad una zona, ad un'epoca, la vita della gente delle Alpi nel secolo compreso fra il 1350 e il 1450, proprio quando le Alpi vennero attraversate dall'arrivo del Gotico e lo reinterpretarono. Per ricostruire questo particolare periodo, Trento offre nelle due sedi del Castello del Buonconsiglio e del Museo Diocesano Tridentino la grande mostra dedicata al Gotico nelle Alpi (1350-1450), che a quasi due mesi dalla sua inaugurazione, si caratterizza come uno degli eventi artistici dell'anno, anche per le circa 42 mila presenze raccolte finora.
L'esposizione nasce proprio a partire dal Ciclo dei Mesi, in cui si riconosce una straordinaria testimonianza dello stile Gotico internazionale: dagli affreschi di Torre Aquila, commissionati dal Liechtenstein, mecenate e collezionista bibliofilo che fu uno dei grandi protagonisti di questa vivace stagione culturale, prende avvio il percorso espositivo: oltre 180 opere provenienti da tutto l'arco alpino che offrono una visione d'insieme sulla complessa fisionomia artistica di questo vasto territorio fra la metà del Trecento e la metà del Quattrocento. Una complessità artistica che segue ad un'importanza cruciale del territorio, che si poneva non come ostacolo ma come via di comunicazione fra i paesi del Centro e Nord Europa e l'Italia. Come ha spiegato il curatore scientifico della mostra, Enrico Castelnuovo, le Alpi furono centro di convergenza e diffusione di diverse influenze, borgognone, lombarde, renane, veneziane, boeme, anche per la loro situazione politica, un instabile mosaico di dominazioni signorili, fondazioni monastiche e città mercantili.
Così, mentre a Trento venivano dipinti i visi delle dame nella Torre Aquila, sul versante opposto delle Alpi, alla loro corte di Chambéry i duchi di Savoia stavano favorendo una produzione di altissimo livello, che aveva come protagonisti miniatori come Jean Bapteur (che venne chiamato dal duca Amedeo VII a decorare paramenti liturgici, funerari, arazzi e tappezzerie, e che poi con Péronet Lamy avrebbe miniato il meraviglioso libro dell'Apocalisse oggi conservato all'Escorial di Madrid), orafi come Jean de Malines (autore dello splendido busto reliquiario di san Giovanni Battista oggi ad Aosta) e pittori come Giacomo Jaquerio (di cui in mostra si espongono due splendidi dipinti su tavola, La liberazione di San Pietro e La vocazione e la pesca miracolosa). Inoltre, orafi fiamminghi, scultori borgognoni, intagliatori tedeschi scendevano lungo le valli e raggiungevano la Valpadana con la loro arte, come quella dei "Crocifissi dolorosi" di ispirazione nordica.
Dalla regione dei laghi fra Ticino e Lombardia, scultori, architetti, lapicidi, come il gruppo dei caronesi proveniente dall'alta val Brembana, raggiunsero Venezia, mentre attraverso le Alpi, in particolare quelle orientali, influssi di Venezia si diffusero fino nelle città tedesche, dove le preziose croci in cristallo di rocca venivano realizzate con le tecniche veneziane della lavorazione dei cristalli. Sempre nell'arco alpino orientale grande diffusione ebbe la produzione di altari con sculture lignee policrome, grazie anche all'attività di maestri come Hans von Judenburg, artista salisburghese rappresentante del Weicher Stil, il "dolce stile". Una sezione è dedicata all'eleganza delle Schoëne Madonnen ("le belle Madonne") che dalla loro regione d'origine, la Boemia, si diffusero poi nelle zone più meridionali: per queste tavole devozionali, caratterizzate da tratti particolari come i Vesperbilder (le pietà) e i Fastentücher (veli quaresimali), committenti nobili e prelati si contendevano i decoratori più abili.
Di grande interesse sono i "Tesori", ospitati in una sezione al Museo Diocesano Tridentino, circa quaranta preziosissimi capolavori di oreficeria, testimonianze del culto dei santi venerati nelle corti e fra la gente delle Alpi, come San Bernardo, San Maurizio e San Giuliano. Da musei di tutto l'arco alpino provengono reliquiari a forma di busto e di braccio, teche, croci da portare in processione o da porre sull'altare; e ancora coppe, ostensori, pastorali creati da artisti fiamminghi, lombardi, svizzeri, boemi, aostani, piemontesi, svevi, friulani, francesi. Fra i capolavori orafi in mostra, la Pace dal Museo Nazionale di Capodimonte e il prezioso Ostensorio proveniente dal Tesoro del Duomo di Gemona, entrambi opere di Nicolò Lionelli da Udine, personalità tra le più interessanti dell'arte friulana e veneta del XV secolo; il reliquiario a busto di san Cassiano, proveniente dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, ma in origine collocato nel duomo di Bressanone; lo splendido pastorale in avorio di sant'Eusebio del santuario di Oropa. Alcune opere, oggi nella collezione permanente del Museo Diocesano Tridentino, furono commissionate da Giorgio di Liechtenstein: in occasione della sua consacrazione episcopale fece realizzare ad artigiani boemi un superbo parato in velluto turchino, oggi in gran parte perduto, impreziosito da una croce e da alcuni pannelli ricamati con storie della vita di san Vigilio, patrono di Trento. Questi ricami sono unici nel loro genere, non solo per la loro bellezza ma anche perché fra i pochi dell'epoca ancora conservati. Un altro preziosissimo oggetto di oreficeria sacra della collezione museale, anch'esso esempio del raffinato mecenatismo del principe vescovo, è la croce astile detta "di Flavon", in argento dorato, due metalli evocatori della luce divina, e con smalti e pietre preziose, eseguita a Trento intorno al 1400.
Ma la mostra non termina all'uscita delle sale del Castello e del Museo: l'Ufficio Beni Storico-Artistici di Trento ha organizzato (fino al 15 settembre) degli itinerari per il territorio dell'antico Principato vescovile, alla scoperta di chiese e castelli che ospitano gli affreschi più significativi per comprendere la diffusione del gotico in Trentino. È: il caso della decorazione di Sabbionara d'Avio e quella di Castelpietra di Calliano, di quella che riecheggia le atmosfere della Torre Aquila nel Castello di Avio e nel Castello di Arco, a Castelpietra e nel Palazzo Noviller di Rovereto, tutti luoghi altrimenti difficilmente visitabili. E che sono l'ennesima sorpresa che riserva la riscoperta arte medievale delle Alpi.
Castello del Buonconsiglio, Museo Diocesano Tridentino.
Fino al 20 ottobre.
Orario: tutti i giorni 10.00 - 18.00. Chiuso il lunedì.
Per informazioni 0461 233770 e 0461 234419.
Sito Internet:
http://www.buonconsiglio.it -
http://www.museodiocesanotridentino.it
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