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Biennale ?
Sì. Ma di fotografia
Torino, Palazzo Bricherasio e Fondazione Italiana per la Fotografia
4 Sett. - 12 Ott. 2003
Marco Enrico Giacomelli
ISSN 1127-4883     BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 11 Novembre 2003, n. 347.
http://www.bta.it/txt/a0/03/bta00347.html
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Area Mostre

2003, Biennale di Venezia: s'è fatto un gran parlare di "dittatura del curatore". Le polemiche, lungi dallo spegnarsi, talora sono state eccessivamente aspre. Non è certo questa la sede per stabilire se la discussione sia positiva per l'ambito nella quale si svolge, e soprattutto per decidere il limite fra confronto (costruttivo) e scontro (sterile).
Resta il fatto che, nel caso della X Biennale Internazionale di Fotografia, con sede a Torino, si è detto e scritto poco. Sicuramente l'evento non è paragonabile - per storia, risonanza, prestigio e quant'altro - alla Biennale lagunare. Tuttavia, da un certo punto di vista, il problema è analogo. Anna Detheridge, instancabile collaboratrice del Domenicale de Il Sole 24 ore e novella direttrice artistica della Fondazione Italiana per la Fotografia, ha orchestrato «furbescamente» - sono parole sue - questa Biennale, sotto il cappello «In Natura. Tra ossessione e distrazione, geografia e ambiente».
Ora, il titolo è sibillino e il sottotitolo poco aiuta. Veniamo subito al punto: non è tanto la qualità delle opere esposte che ci interessa eventualmente criticare, quanto piuttosto la scelta di una tematica tanto vasta da apparire da un lato onnicomprensiva, dall'altro foriera di scelte curatoriali discutibili. Cosa includere e cosa escludere in un tema che gioca su naturale e innaturale ? A rigor di logica, tutto e niente.

Insomma, 38 artisti e oltre 300 immagini e video per un tema tanto vasto da apparire povero. Nelle due sedi si articolano le tre sezioni della mostra, oltre a una rassegna di cortometraggi e un concorso. Al Panorama Internazionale e ai Giovani Autori Italiani sono dedicati i due piani di Palazzo Bricherasio. Seguendo la suddivisione della curatrice, cominciamo dalla natura rappresentata: sezione ideale nella quale spiccano da un lato Olafur Eliasson, vera e propria star dell'entourage artistico contemporaneo grazie alle sue elefantiache installazioni "metereologiche" (recentemente, alla Biennale di Venezia e a alla Tate Modern), che qui presenta fra l'altro The Inner Cave (1998), serie ctonia dalle indubbie caratteristiche evocative; dall'altro alcuni scatti della serie Desert Canto XVIII: Skies (1988-1998): campiture celesti monocrome e sfumate, che innescano evidenti interrogazioni su quanto rimane all'arte della fotografia, quando ci si affida a provocazioni fra l'altro già viste. La rappresentazione della Bellezza vede la partecipazione di Darren Almond - ora a Milano per iniziativa della Fondazione Trussardi - con la selezione dalle due serie Until MMXLI (2002) e Artict Plate (2003), romantico omaggio alle distese desertiche glaciali. Una sensibilità aitkeniana per alcuni aspetti assimilabile al lavoro di Sonja Braas, la quale tuttavia dimostra qui un'attitudine più energica: in Forces (2002) la natura è violenta - ma si tratta di natura ? Scopriremo che si tratta di simulazioni... - e mostra la furia delle onde (1), il cupo incedere di nebbia e ghiaccio (3), la drammatica caduta di sassi giganteschi (7).

Deludono i lavori selezionati di Thomas Struth - giganteschi Paradise (1998) forestali - nella sezione intitolata Natura come artificio. Salutiamo invece con entusiasmo il lavoro di Sarah Ciracì, giovane di Grottaglie che presenta anche Energie visibili e energie invisibili della Terra (2003): lavoro in progress svolto come artist in residence alla Nasa (per tutto il mese di novembre, altri due scatti retroilluminati si possono ammirare alla galleria Vitamin di Torino, nell'ambito della collettiva Specie di spazi curata da Luca Beatrice).

Infine, La natura offesa. La serie Blast (1995) del giapponese Naoya Hatakeyama documenta le spettacolari esplosioni in cave che proiettano milioni di frammenti minerali a centinaia di metri di distanza. Nascono da una collaborazione fra Ilya Chichkan e Piotr Wyrzykowski le fotografie e il video realizzati a Chernobyl (Atomic Love, 2002): un inno alla vita che non si lascia affossare dalle distruzioni umane, che non cede all'angoscia e inscena - con tanto di tute e caschi anti-radioattivi - le molteplici possibilità dell'erotismo. Cede invece a un certo senso del kitsch la serie Sleeping Princes (2002): fotografie di feti in formalina, nati morti dai grembi delle contaminate donne di Kiev e teneramente ornati di gioielli. (Stesso processo, cioè fotografie di soggetti in formalina, si ritrova nelle opere di Daniel & Geo Fuchs del 1998-1999.) Clive Landen presenta, fra l'altro, la serie The Abyss (2001): il tema è quello dell'olocausto di bovini e ovini soppressi perché colpiti da afta epizootica e gli scatti narrano del terribile confondersi di nebbia britannica e fumi sprigionati dalle carcasse delle decine di animali immolate sull'altare dell'idiozia umana. Promised Land, Palestine (2002) di Lidwien van de Ven è strutturata invece come un'autentica installazione: una sala dedicata, le tre pareti ospitano otto fotografie in bianco e nero che riflettono su paesaggio e appartenenza, richiamando alla memoria certe splendide immagini in movimento di Makmalbaf.

Due note relative a artisti internazionali che non possono rientrare in alcuna delle sezioni immaginate dalla curatrice. I due dittici di Roni Horn (Becoming a landscape # 8 e # 6, 1999) presentano scatti realizzati a breve distanza temporale di sorgenti di acqua calda: paesaggi che divengono tali o in divenire, che assomigliano a contrazioni muscolari anali disturbanti come in The Naked Lunch, nel romanzo omonimo di Burroughs e nel film che ne ha tratto Cronenberg. Il lavoro di Smith e Bourn s'intitola Kiss (1999) ed è un DVD-film dall'allestimento complesso: due proiettori posizionati su pareti opposte dirigono il proprio fascio di luce e fanno convergere le immagini su altrettanti schermi in plexiglas appesi a mezz'aria. La vita di un fiore è ripresa e accelerata, si volge su sé stessa verso il decadimento e l'afflosciarsi, mentre il sonoro che ricorda una pompa (un cuore ?) incede sempre più rapidamente il proprio battito. Fino al brusco arresto, con un fragore di vetri spezzati e la simulazione di un evento analogo sugli schermi.

Vorremmo ancora soffermarci un momento sui Giovani Autori Italiani presenti alla rassegna, anche sulla base della visita compiuta alla mostra in compagnia di Anna Detheridge. Di Sarah Ciracì abbiamo già detto, la più giovane partecipante alla Biennale (è nata nel 1972) e ben più che una "promessa". Le fotografie alpine aeree di Armin Linke - Moving Cloud (2000), progetto che terminerà nel 2005 e le cui sezioni sono state presentate più volte, in particolare a Bolzano e Aosta - diverranno un video che, ci ha detto in anteprima la curatrice, sarà addirittura accompagnato da una sinfonia per elicottero composta da Karlheinz Stockhausen. Fra gli altri, vanno ancora ricordati i ricami di Claudia Losi che rappresentano la deriva dei continenti su fotografie stampate a caldo su tela (Marmagne, 1999). Scarto enorme fra le fotografie di Paola Di Bello e quella di Enzo Umbaca: alberi di Natale abbandonati sui marciapiedi newyorkesi e presentati in scatti montati verticalmente, presentano ironicamente lo sfruttamento rituale della natura da parte dell'uomo (Concrete Island, 2000-2003); una bara di ghiaccio, in Love is colder than death (2002), lentamente si scioglie in un bosco, invitando a confrontarsi con la tematica temporale e naturale in quell'evento definitivo nella vita dell'uomo che è la morte.

Nella sede della Fondazione Italiana di Fotografia trova ospitalità la piccola sezione Paesaggi della Biodiversità.
La torinese Franca Chiono presenta un reportage stile National Geograhic realizzato sull'isola di Socotra, paradiso semitropicale yemenita dotato di ben 273 specie vegetali endemiche. Da segnalare le stampe orizzontali oblunghe e le strane piante eloquentemente chiamate Adenium obesum socotranum. Michele Dantini presenta due serie: Weeds - Malerbe porta in studio quelle che solitamente sono considerate "erbacce" e, grazie a una radicale decontestualizzazione, permette una visione totalmente altra di quei vegetali. Neighbours sono invece scatti realizzati nelle periferie industriali, paesaggi notturni in-naturali secondo il punto di vista dei vegetali. Infine, Pablo Balbotín Arenas: fotografie in bianco e nero dalla forte caratterizzazione sociale, realizzate dai Custodi della biodiversità in Sudamerica.





La mostra

X Biennale Internazionale di Fotografia.
Torino, "Palazzo Bricherasio" e "Fondazione Italiana per la Fotografia"
A cura di Anna Detheridge.
4 settembre - 12 ottobre

Cataloghi: In Natura, Edizioni Fondazione Italiana per la Fotografia, Torino, euro 35; Paesaggi della biodiversità, Milano, Connecting Cultures, euro 10.

Links

http://www.arte2000.net/FIF/Home_ITA.htm
http://www.palazzobricherasio.it/






 
 

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