Roma ospita, tra febbraio e marzo del 2004, un progetto
culturale dal titolo Costruire identità ?,
che propone l'esempio di Berlino all'interno del tema generale
Architettura, città, musica, parola negli immaginari
nazionali europei. In alcuni locali del Complesso del San
Michele a Trastevere sono ospitati i modelli tridimensionali del
centro della capitale tedesca e delle nuove ambasciate costruite
nei pressi del Tiergarten.
1)
West und Ost, Ost und West
Per tredici anni divisa da un'invisibile linea di confine e per altri ventotto da un basso muro di cemento, Berlino dopo la fine della Seconda Guerra ha conosciuto quasi mezzo secolo di eclissi: città-isola sperduta oltre la cortina di ferro, immersa in un mondo afasico e grigio. In quegli anni, la Berlino dell'Ovest cambiò faccia, lentamente ma inesorabilmente, si popolò di studenti universitari in cerca di esonero dalla leva militare, vide crescere sensibilmente l'età media dei suoi abitanti nativi, assistette forse preoccupata all'arrivo di migliaia di
immigranti italiani, greci, slavi e turchi in cerca di lavoro, eppure riuscì a conservare la sua storica fortissima
identità culturale. Dal canto suo la Berlino dell'Est, capitale virtuale (per anni quel titolo fu attribuito a un
sobborgo settentrionale della città, Pankow) e in seguito capitale effettiva della Repubblica Democratica, cercava
disperatamente di mantenere un appeal, una facciata dignitosa in grado di camuffare i colossali problemi economici che l'economia comunista via via creava, affrontava e non risolveva.
Due facce di una città allora, che nel 1961 si affacciarono sul medesimo muro, ma che avevano ormai retroterra opposti, l'una quasi dimenticata e rimossa dall'Occidente, l'altra bene o male attiva e nevralgica nel mondo dominato dai sovietici. La riunificazione di West-Berlin e Ost-Berlin coincise con quella delle due Germanie e se
quest'ultima fu affrontata con un massiccio intervento finanziario e politico, la prima vi aggiunse una complessa trasformazione culturale. La vecchia capitale doveva diventare la nuova, ma non poteva esserlo come semplice risultato di un'addizione. Per quarant'anni le due Berlino avevano cercato di ignorarsi, dal 1989 furono costrette non solo a convivere, ma a ritornare-diventare una.
In tali frangenti il pragmatismo tedesco, che al mondo trova eguali forse solo in quello americano, diede la miglior prova di sé: un gigantesco piano di ricostruzione delle due città fu steso e partì con relativa rapidità, proseguendo quelle esperienze architettoniche, assolutamente uniche per l'Occidente, che già erano state la ricostruzione del dopoguerra e l'IBA (Internationale Bauausstellung) degli anni Ottanta. Al di là
delle polemiche che oggi, anche a livello internazionale, sottolineano e discutono l'enormità delle spese sostenute e ancora da sostenere, è comunque possibile, seguendo testimonianze critiche attendibili unite all'esperienza diretta, tracciare un breve profilo architettonico della città attuale e delle trasformazioni vissute dalla capitale prussiana nel dopoguerra, negli anni Ottanta e dopo la caduta del muro.
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Divisione di Berlino |
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Divisione della Germania |
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2)Il dopoguerra
Berlino non è una città antichissima, la sua fondazione risale all'unione di due villaggi, Berlin e Cölln, nel XIII secolo e il suo sviluppo effettivo alle epoche barocca e neoclassica, delle quali, fino alla seconda guerra mondiale, manteneva le principali caratteristiche di stile, insieme al gusto Jugendstil. Le fotografie di fine Ottocento, inizio Novecento, mostrano una città elegante, animata, con piazze ariose, grandi palazzi, vicina a
Vienna per certi aspetti formali, ma un poco anche a Torino. La posizione decentrata verso ovest rispetto alla Prussia e verso est rispetto agli altri stati tedeschi ne aveva fatto una capitale di confine, ma anche una delle più popolose città del mondo. Nel 1920 il territorio amministrativo della capitale era stato ridefinito unendo sette municipalità, cinquantanove comuni rurali e ventisette distretti agricoli sotto la denominazione di "Groß-Berlin" (Grande Berlino); questo vasto confine metropolitano resterà alla base degli eventi successivi e ancor oggi delimita la città-stato capitale della Germania riunificata.
Il tragico avvento di Hitler sulle ceneri della Repubblica di Weimar confermava il ruolo di Berlino come centro politico del paese, e anche sventuratamente come principale bersaglio delle forze alleate durante la guerra. I dati delle distruzioni subite dalla città furono terribili, basti pensare che la sola rimozione delle macerie e il colmo delle
fosse create dai bombardamenti avrebbero richiesto oltre cinque anni di strenuo lavoro. Il 34% delle strutture architettoniche fu raso al suolo, il 54% gravemente danneggiato, e solo il 12% più o meno preservato; la popolazione scese da oltre 4 a circa 3 milioni di abitanti. Ai disastrosi danni fisici si aggiunsero quelli culturali: opere d'arte e beni ambientali innumerevoli vennero distrutti. La città sconfitta fu divisa tra i vincitori, 450 kmq con oltre un milione di abitanti nel settore sovietico, 150 kmq agli inglesi, 210 kmq agli americani, 90 kmq ai francesi, per un totale sempre di 450 kmq ma di quasi 2 milioni di abitanti nei tre settori alleati.
Quanto accadde tra le diverse amministrazioni nei quattro anni, 1945-1949, in cui Berlino e la Germania furono governate congiuntamente è storia nota; l'impossibilità di trovare accordi e la palese e crescente ostilità tra i due blocchi finirono per determinare i sovietici nella chiusura del territorio da loro occupato, creando la Deutsche Demokratische Republik e staccando il settore Est di Berlino dal governo locale (il ponte aereo con cui gli Alleati sostennero i settori occidentali è del 1948). Meno noti sono i progetti che
apposite Commissioni approntarono per un primo schema di ricostruzione: non furono portati in esecuzione, ma restarono alla
base delle successive proposte. Ne fu artefice tra gli altri uno dei massimi architetti del Novecento, Hans Scharoun, nominato nel 1946 Stadtbaurat (assessore all'urbanistica), carica dalla quale peraltro si dimise entro pochi mesi a seguito di contrasti con altri enti.
3)Due facce che non si guardano
I concorsi per la ricostruzione Dal 1948 si è quindi costretti a
distinguere tra Occidente e Oriente. L'urbanistica dell'Est europeo fu guidata per quattro decenni da intenti in parte
funzionalistici, in parte politici; da un lato si costruisce o si restaura in funzione della vita del popolo, e quindi si
trasferiscono ad esempio centinaia di famiglie in case popolari costruite nel centro delle città, dall'altro ci si fa guidare dalla Ragion di Stato e si seguono modelli urbanistici ordinati, schematici, che giungono a distruggere i tessuti viari ed edilizi preesistenti. L'architettura che nasce non solo a Berlino, ma anche nell'Europa orientale e nell'URSS, sulla base di queste primarie scelte urbane, è un'architettura ripetitiva, anonima, da annoverarsi quasi sempre in un mero ambito di edilizia economica. La congiuntura negativa vi aggiunse una pessima manutenzione e spesso un vero e proprio abbandono, causando danni gravissimi ancora non del tutto sanati; ne è tuttora visibile testimonianza, tra i mille esempi possibili, la piazza centrale della capitale tedesca e suo cuore antico, la
celebre Alexanderplatz (oggetto di un recente concorso architettonico che la trasformerà di nuovo).
Ad Ovest, il governo locale si affida per la ricostruzione ai concorsi, invitando architetti internazionalmente noti e ottenendo risposte eccezionali sia per quantità sia per qualità; non si dimentichi che negli anni Venti Berlino era stata tra le culle del Movimento Moderno e aveva visto all'opera in particolare Behrens e Poelzig, ma anche Taut, Gropius, Haering, Mendelsohn, Mies e il citato Scharoun. Nel 1957 viene lanciata l'Interbau all'Hansaviertel, nuovo quartiere nei pressi del Tiergarten, esposizione di edifici definitivi, provvisori o solo progettati,
basati sul tema dell'unità residenziale. È un'occasione di incontro e confronto unica e, anche se in modo non
organico, le architetture realizzate sono di alto livello, in particolare il monoblocco di otto piani progettato da Niemeyer, la casa insolitamente curva di Gropius, il palazzo articolato e ammobiliato di Aalto, la torre a sedici piani di Schwippert. Anche Le Corbusier, che a Berlino aveva lavorato molti anni prima con Behrens, partecipa lateralmente all'esposizione e progetta la sua terza unità d'abitazione, dopo quelle di Marsiglia e Nancy, in un'area vicina all'Olympia Stadion. L'esecuzione, non controllata in alcun modo dal grande architetto svizzero-francese, fu purtroppo tecnicamente mediocre e in seguito ne vennero anche snaturate e modificate alcune delle caratteristiche salienti; ad
esempio le attrezzature di servizio e l'intero livello dedicato al commercio furono dimenticati, molti duplex chiusi per ricavarne due alloggi, i sistemi di ventilazione e la manutenzione generale largamente trascurati (non è inutile sottolineare come buona parte del sentimento di disaffezione per l'architettura moderna nasca da assurde situazioni come questa).
In occasione dell'Interbau fu anche costruita la Kongress Halle di Hugh Stubbins, divenuta uno dei simboli della modernità di Berlino Ovest. Un grande edificio a sella, immerso nel verde, una specie di astronave pronta al decollo che ancor oggi non dialoga con il resto della città, ma che forse proprio in questo isolamento trova la
propria forza e la propria notevole qualità visiva.
Nel 1958 il concorso Haupstadt Berlin (Berlino Capitale) destò grosse polemiche, sicuramente non immotivate visto che intendeva approntare progetti per una futura capitale riunificata senza aver consultato il settore orientale. Fu inevitabile la risposta della DDR, che nel 1959 bandì una gara per la ristrutturazione del centro storico, interamente incluso nel settore sovietico. Il concorso occidentale, che chiedeva una riprogettazione della città
attraverso interventi architettonici legati alle istituzioni politiche, culturali ed economiche, vide una larga partecipazione di gruppi di 18 paesi e la vittoria dei tedeschi Spengelin, Eggeling e Pempelfort, clamorosamente preferiti tra gli altri a Scharoun e a Le Corbusier (i progetti del concorso Haupstadt Berlin rimasero comunque sulla carta e servirono tutt'al più di riferimento agli architetti dei periodi successivi).
Nella periferia, che per quanto riguarda le distruzioni belliche era stata decisamente più fortunata del centro, gli anni Sessanta portarono alla progettazione e realizzazione di numerosi interventi di grande respiro, che venivano a recuperare un filo urbanistico barbaramente interrotto nel 1933. Ne furono protagonisti ancora, tra gli altri, Gropius e Scharoun, che avevano già collaborato alla costruzione di Siemensstadt negli anni Venti. Scharoun è l'autore del piano di Charlottenburg-Nord, Gropius del quartiere BBR, che in seguito gli verrà dedicato come Gropiusstadt. Entrambi gli insediamenti risultano funzionali ed apprezzati, e le tipologie edilizie, dovute a numerosi architetti dei gruppi incaricati, sono in genere innovative: Berlino Ovest sta diventando un cantiere di sperimentazione dal vero delle proposte architettoniche moderne.
Oltre ai nuovi quartieri residenziali in grado di ospitare decine di migliaia di abitanti, la città si dota in questi anni di importanti strutture pubbliche, tra le quali spiccano almeno tre straordinarie imprese: la Philarmonie (conclusa nel 1963), la Staatsbibliothek (nel 1975) e la Neue Nationalgalerie (nel 1968) edificate sulla Potsdamerstrasse, in una zona semidistrutta occupata soltanto dalla St.-Matthäus-Kirche, miracolosamente in piedi nonostante i bombardamenti (oggi quest'area è praticamente saldata con il nuovo imponente intervento architettonico sulla Potsdamerplatz). I primi due edifici sono dell'ormai ultrasettantenne Scharoun, il terzo di Ludwig Mies van der Rohe;
da un lato due costruzioni suggestive, ricche di complesse articolazioni e di spunti plastici ed espressionisti, dall'altro, in felice contrasto, un oggetto architettonico di ineffabile semplicità e purezza, rigorosissimo, immateriale. Secondo molti critici, entrambi gli architetti realizzano qui i loro capolavori assoluti.
Ad Est la ricostruzione segue come detto percorsi e ideologie del tutto diversi, e nei
primi anni tende addirittura a seguire stilemi neoclassici, come testimoniano le immagini fotografiche degli edifici, poi
totalmente rifatti, della Stalin Allee. I piani successivi, negli anni Cinquanta e Sessanta, tendono da un lato a ripristinare i grandi assi viari, come la celebre Unter den Linden, allargandoli
e in qualche modo omogeneizzandone l'aspetto, dall'altro lato a modificare le tipologie funzionali legate alla tradizione
borghese. Il concorso del 1959 per il centro storico affronta anche le emergenze politiche, commerciali e di
rappresentanza, ma le risolve in gran parte con un'edilizia uniforme e razionalista nell'accezione negativa di priva
d'anima. Il culmine dell'avventura architettonica di Berlino Est, al di là della sbrigativa demolizione del grande Stadtschloss alla fine della guerra (parzialmente sostituito nel 1976 con il Palast der Republick in puro International Style) e dell'innalzamento del Muro nel 1961, è comunque rappresentato dalla immane torre per la televisione, la Fernsehturm alta 365 metri, che dal 1969 si erge nel mezzo dell'ormai irriconoscibile Alexanderplatz.
L'IBA Negli anni Ottanta, quando nessuno si sarebbe ragionevolmente aspettato che le due Berlino e le due Germanie sarebbero tornate insieme entro pochi anni, la separazione della politica urbanistica proseguì
sugli stessi binari, accentuata e forse esacerbata dalle sempre maggiori disparità economiche tra i due blocchi. La parte occidentale, insistendo nella sua politica avveniristica in campo architettonico, aveva lanciato nel 1979 l'Internationale Bauausstellung Berlin (IBA), un concorso di riedificazione e ricucitura di tessuti urbani localizzato in particolare a Tegel, al Tiergarten, alla Pragerplatz (dove intervengono Rob Krier e
Carlo Aymonino) e a Kreuzberg. Gli oltre 150 progetti, finanziati sia dalla BRD e dal comune di Berlino, sia da privati, furono realizzati in gran parte nei dieci anni successivi, restituendo ad aree di irrilevante qualità architettonica la dignità e la forma di una casa elegante, di un giardino urbano attrezzato, di una struttura commerciale piacevole e invitante. L'IBA si pone come una specie di Ente di controllo, a garanzia tanto della qualità dei progetti quanto della loro esecuzione; e sono preziose le sue pubblicazioni, ricche di planimetrie e prospetti delle nuove strutture e di fotografie dell'esistente e dell'eseguito, testimonianza di un'impresa condotta con coerenza e linearità.
Delle tante architetture dell'IBA, tra cui non va dimenticato l'imponente complesso residenziale di Oswald Matthias Ungers sulla Lützowplatz, un gruppo di palazzine sulla Rauchstrasse nella parte meridionale del Tiergarten, il grande parco che fa da polmone centrale a Berlino Ovest, ha sicuramente lasciato tracce importanti nella cultura architettonica occidentale di quegli anni. Rob Krier, Aldo Rossi, Valentiny & Hermann, Brenner & Tonon, Giorgio Grassi, Hans
Hollein, Henry Nielebock sono tra i creatori di questo singolare quartiere costituto da otto variazioni sul tema della residenza, come richiesto esplicitamente dagli organizzatori.
La pianta del doppio edificio di Rob Krier (sopra)
e i prospetti dei due edifici, sul lato opposto, di Aldo Rossi (sotto) nel Tiergarten. Più in basso, la singolare erma che orna l'ingresso della casa di Krier.
Le otto case dell'IBA dimostrano come all'interno delle radici della postmodernità architettonica, basate tanto sullo storicismo critico della Piazza d'Italia del 1977 a Las Vegas e della Strada Novissima alla Biennale di Venezia del 1980, quanto sulla vena manierista di maestri come James Stirling e Philip Johnson, forma e creatività
possano affiancarsi senza compromessi allo studio funzionale.
Protagonista riconosciuto è il lussemburghese (ma viennese di adozione) Rob Krier, autore di testi fondamentali sulla progettazione urbana, che per tutta la fine del Novecento incarna, insieme forse ai soli Robert Venturi e Aldo Rossi, la figura ieratica dell'architetto artista, creatore, ma anche studioso e divulgatore della storia e della tradizione. La sua casa doppia nella Rauchstrasse di Berlino è esemplare nella composizione di due parallelepipedi collegati da un grande raccordo curvo dotato di rampe di scale esterne, secondo una tipologia mutuata dal barocco; sul fronte principale la parte convessa si definisce perentoriamente e crea una facciata a due livelli di profondità e a due colori, mentre sul retro si integra fluidamente e cromaticamente con i due corpi laterali. Ma è soprattutto straordinario il tocco di leggerezza trasmesso dai dettagli strutturali, dai tanti imprevedibili spunti visivi e dalla curiosa e irridente scultura collocata al centro dell'ingresso.
4)Due città al prezzo di una
Una grande città
del mondo occidentale deve dotarsi di servizi ad alto livello,
legati rispettivamente al suo ruolo di centro amministrativo, o di
metropoli, o di crocevia. La Berlino del Muro era ad Ovest una
città culturalmente vitale, ma di quasi inesistente peso
politico, e ad Est la capitale di uno stato isolato: gli
aereoporti e le stazioni ferroviarie erano da ambo i lati di
dimensioni e traffico limitati, le ambasciate e i consolati
ridotti al necessario, le infrastrutture di trasporto urbano
invece di qualità più che sufficiente. La
metropolitana collegava molte parti interne dei due settori e si
fermava di qui e di là nei pressi del Muro, con le
eccezioni ben sorvegliate di poche fermate in comune, usate spesso
dai cittadini occidentali come accesso temporaneo al settore
sovietico. Nulla rendeva in effetti più evidente
l'assurdità di una città divisa, che il lento
transito dei treni occidentali attraverso fermate interdette,
semibuie, guardate a vista da poliziotti armati.
Per limitarci alle sole
emergenze dei trasporti, dopo il 1989 la città riunificata
si trovò dotata di tre aeroporti non molto grandi, di
alcune stazioni ferroviarie di medie dimensioni e di vie di
accesso dal resto della Germania tutte da rinnovare. Quindi negli
anni Novanta Berlino, in attesa di ritornare Haupstadt non
solo di nome ma anche di fatto, esplose letteralmente di cantieri
per le nuove infrastrutture, per le nuove autostrade, per una
metropolitana riunificata, per nuove stazioni ferroviarie e
aeroportuali in grado di sostenere un traffico enormemente
cresciuto. In questo sforzo imponente, moltissimo è stato
fatto dal punto di vista quantitativo e molto anche da quello
della qualità.
Si veda a titolo di
esempio il problema della stazione ferroviaria: in entrambi i
settori le stazioni principali erano comunque non degne di una
metropoli, totalmente sottodimensionate. La decisione fu di
trasformare una stazione esistente, collocata strategicamente tra
Est e Ovest, in una Hauptbahnohof non di testa ma di
passaggio, unificata con le linee metropolitane e interurbane; il
colpo d'occhio e le dimensioni della nuova Lehrter-Bahnhof,
coperta da una galleria trasparente che ricorda le grandi volte di
fine Ottocento e situata nei pressi della Sprea e del nuovo
Distretto Parlamentare, sono impressionanti e si può sin
d'ora immaginare l'indotto edilizio che farà da cornice
alla nuova struttura.
Le infrastrutture sono
legate a problemi molto concreti nella vita di una città e
la loro realizzazione determina spesso il successo o l'insuccesso
di un'amministrazione locale. Tuttavia, ci sono altri elementi
forse di minor impatto immediato, ma di importanza egualmente
strategica, che definiscono le qualità di un luogo, ad
esempio la scuola e l'università, gli esercizi commerciali,
le attività sportive e di spettacolo, e non ultimi gli
elementi legati alla cultura artistica, alla sua conservazione e
alla sua diffusione. Gallerie d'arte, centri d'incontro, fiere,
accademie, fondazioni, spazi espositivi pubblici e privati sono
sempre stati innumerevoli a Berlino, che in questo caso ha
risentito dell'unificazione per pura sovrabbondanza. Ma se la
città è tornata ad essere una notevole meta
turistica internazionale, rinnovandosi anche nelle strutture di
accoglienza, lo deve in buona parte alla straordinaria qualità
dei suoi nuovi musei e spazi espositivi, sui quali con
lungimiranza l'amministrazione ha investito milioni di marchi.
Non ha molto senso cercare
di elencare qui gli infiniti luoghi e opere berlinesi fondamentali
nella storia dell'arte europea; a questo scopo si vedano le note
finali, dove sono indicati siti web particolarmente informati su
questo argomento, in particolare
http://www.smb.spk-berlin.de/m.html,
pagina ufficiale degli Staatliche Museen zu Berlin.
Tuttavia, con molta soggettività, non si può davvero
non ricordare in un articolo su Berlino la presenza dominante nel
centro storico della Museumsinsel, sfiorata dalla guerra e
restaurata negli anni Cinquanta, sede stupefacente di collezioni
d'arte antica e del ricostruito Altare di Pergamo, e nei
dintorni del nuovo centro politico il Museum für Gegenwart,
grande collezione di arte contemporanea ospitata in una
ex-stazione ferroviaria, la Hamburger Bahnhof.
5)Dopo la riunificazione
Città cantiere
Un cantiere a cielo aperto, una città in
rapidissima trasformazione, una città in fermento, ...
Berlino oggi riceve mille attributi che ne evidenziano comunque lo
stato di rinnovamento. In effetti, negli ultimi 15 anni la
capitale è stata interessata da una ulteriore ampia serie
di interventi urbanistici e architettonici, sicuramente unica per
dimensioni nella storia del Novecento e ormai antologizzata,
studiata, analizzata e sottoposta a critica.
Nella terra fin allora
desolata della Potsdamerstrasse e dintorni, eternata da un film
visionario come Der Himmel über Berlin di Wim Wenders,
la costruzione di un nuovo immenso centro commerciale, isola
architettonica destinata allo shopping, allo spettacolo, al
ristoro e agli uffici, ha finito per oscurare altri interventi
straordinari per esborso finanziario e per dimensioni; e in
effetti le torri, i portici, le arcate, le piazze coperte
progettate nell'area che ricongiunge fisicamente e simbolicamente
Est e Ovest sono architetture di qualità e hanno definito
uno spazio urbano nuovo, caldo, invitante, che la gente di Berlino
ha subito eletto a suo nuovo centro e luogo di incontro.
Il merito dell'impresa
spetta al governo cittadino e alle ditte che lo hanno finanziato,
costruendo edifici-simbolo, se non edifici-manifesto, affidati
tramite gara a illustri architetti, come la Daimler-Benz che ha
scelto Renzo Piano, la Sony con Helmut Jahn, l'Asea Brown Boveri
con Giorgio Grassi. La sistemazione urbanistica risale a Hilmer e
Sattler, a Renzo Piano e ad altri, e nel complesso è stata
in grado di creare un quartiere a dimensione umana, pur nel
gigantismo di alcune strutture, che sovrastano ma non soffocano i
percorsi pedonali e le strade.
Anche altre aree centrali
della città sono state rivisitate e ridefinite, tanto che
parlare di un vero nuovo centro di Berlino è improprio e
impossibile. Negli anni della separazione, il Berlin-Mitte,
storicamente esteso a Est della Porta di Brandeburgo, era stato
interamente condizionato dal dominio sovietico e progressivamente
destituito, anche per semplice incuria, dal suo ruolo di cuore
storico della città, mentre il settore occidentale si era
arroccato lungo l'asse del lunghissimo Kurfürstendamm (il
popolare Ku'-damm), mettendo a fuoco un centro apparente nella
stazione ferroviaria del Giardino Zoologico e nella vicina
Breitscheidtplatz, dove tuttora si fronteggiano simbolicamente le
rovine della Gedächtniskirche e due anonime architetture
moderne. Oggi questi due centri del dopoguerra conoscono un
destino diverso, quello occidentale non è cambiato molto e
mantiene una sua attrattiva legata alla tradizione e alla qualità
dei servizi offerti, mentre quello orientale si è
trasformato e rinnovato grazie a un restyling miliardario. Deve
infine ancora cominciare il più verticale degli interventi,
che trasformerà una vasta area tra Alexanderplatz e
Prenzlauer Berg in una selva di grattacieli tipo-Manhattan.
Le nuove ambasciate Tra fermento e ristrutturazione l'architettura di qualità
ha quindi fortunatamente trovato ampio spazio anche nella nuova
Berlino. La cupola eseguita da Sir Norman Foster sul restaurato
Reichstag (clamorosamente impacchettato da Christo prima
dell'inizio dei lavori, nel 1995) è divenuta un simbolo
della nuova città ed è incessantemente visitata da
turisti e curiosi. Sconfinato poi è il Distretto
Parlamentare progettato da Alex Schultes secondo l'allineamento di
diversi ampi edifici lungo un asse che taglia due volte la Sprea
nei pressi della nuova stazione ferroviaria; sono qui in fase di
realizzazione la nuova Cancelleria Federale e il nuovo Parlamento.
Le sedi delle nuove ambasciate rappresentano infine, in modo paradossale vista la
non-uniformità stilistica, un ottimo esempio per introdurre
la sfaccettata complessità della capitale tedesca degli
anni 2000. Alcune di esse, tra cui l'ambasciata della Repubblica
Italiana, sono distribuite sul confine meridionale del Tiergarten
(vero Central Park di Berlino), non lontane dal gruppo dell'IBA di
Krier e Rossi, altre hanno invece riconquistato posizioni
precedenti, altre ancora hanno fruito dell'eredità
territoriale all'interno di Berlino Est, che in effetti aveva
sempre mantenuto lo status di capitale.
L'ambasciata italiana del
1938 rappresenta un elemento superstite di "prima" della
guerra, progettata da Friederich Hetzelt ma non inaugurata a suo
tempo, fu danneggiata dai bombardamenti alleati; restaurata e
molto ben arredata da Vittorio De Feo, presenta caratteri
neoclassici mescolati con Art Deco in una risultanza indefinibile
dal punto di vista stilistico. Nelle sue vicinanze sorgono alcune
tra le nuove ambasciate più interessanti dal punto di vista
architettonico, come quelle dell'Austria, dei paesi nordici,
mentre più a Est la sede francese si espone e si mimetizza,
con elegante sobrietà, nella rinata Pariser Platz davanti
alla Porta di Brandeburgo, non lontana da quella britannica.
Ogni edificio diplomatico
dovrebbe portare con sè e proporre all'esterno qualcosa
della propria nazione, e in quest'ottica è piacevole e
positivamente aperta a una nuova dimensione comunitaria la scelta
dei paesi nordici, che ha voluto accomunare in una sede
articolata ma unica le rappresentanze di Svezia, Finlandia e
Danimarca (paesi dell'Unione Europea) con quelle di Norvegia e
Islanda. I cinque edifici, variamente articolati, luminosi e
geometricamente definiti da griglie compositive molto evidenti,
sono letteralmente avvolti e ricuciti da una cortina metallica
esterna, una specie di striscia elastica che li circonda e li
unifica. Una metafora forse, o un auspicio che in una città
nata per sommatoria, poi a lungo divisa e infine riconquistata dai
suoi abitanti, assume un valore speciale, più profondo e
più alto.
Note
1)
Per capire cos'era la Berlino dell'immediato guerra, è
assolutamente imperdibile la visione di Germania anno zero
di Roberto Rossellini, così come per capire la Berlino
divisa, ancor prima del Muro, sono imperdibili i film del
berlinese Billy Wilder, A Foreign Affair del 1948 e
One Two Three del 1961.
2)
Si conferma qui il curioso parallelo con Torino, che, come Berlino
della Prussia poi divenuta polacca, fu capitale della Savoia poi
divenuta francese, e fu la prima capitale dello Stato italiano,
costruito estendendo il Regno del Piemonte, così come
Berlino estese i confini della Prussia fino alla Baviera e alla
Svevia.
3)
Non voglio affermare che parte dell'architettura del Novecento
sia nata a Berlino, ma trovo che la realizzazione di progetti in
qualche modo sperimentali, non sempre oggettivamente facile
nell'ambito di un'arte complessa e costosa come l'architettura,
abbia dato un impulso notevole all'affermarsi delle attuali
tendenze.
4)
Il viaggiatore che si recava a Berlino via terra, durante gli anni
delle due Germanie, poteva attraversare la Germania Democratica,
ma senza poter uscire dall'autostrada o scendere alle stazioni del
treno. Lo stesso accadeva nelle linee della metropolitana di
Berlino che ancora transitavano in territorio sovietico. Tutte le
altre strade di accesso erano comunque interdette.
5)
La particolare storia di Berlino finisce per creare una situazione
anomala nel panorama della normale urbanistica: la città ha
un centro di dimensioni enormi, ma non è un vero centro
storico; parti storiche della città si trovano in posizioni
eccentriche, mentre parti centrali non hanno particolare rilievo
urbano; la riconoscibilità delle parti non è
immediata. Eppure, per chiunque abbia vissuto a Berlino, la città
esiste, ha una sua anima, una sua potente individualità,
e anche questo fa parte di ciò che nessuna analisi
razionale può fino in fondo descrivere.
Didascalie delle
immagini (tutte le fotografie e le immagini sono opera o
elaborazioni grafiche dell'autore)
figura 1 Gli edifici della Breitscheidtplatz (1984)
figura 2 Il castello di Charlottenburg (1995)
figura 3 Il muro in un punto anonimo della città divisa (1984)
figura 4 La Galleria di Mies van der Rohe e la chiesa di San Matteo (1984)
figura 5 La Philarmonie di Scharoun (1984)
figura 6 L'unità di Le Corbusier (1984)
figura 7 La casa alta di Schwippert per l'Hansaviertel (1984)
figura 8 Il confine est-ovest sul canale di Kreuzberg (1984)
figura 9 La Kongress Halle (1984)
figura 10 La Potsdamerstrasse negli anni 80 (1984)
figura 11 I colori del muro (1984)
figura 12 Alexanderplatz (1995)
figura 13 La torre della televisione, il Duomo e il Palazzo della
Repubblica (1995)
figura 14 Il Palazzo della Repubblica (1995)
figura 15 L'edificio di Ungers sulla Lützowplatz (1984)
figura 16 La casa di Valentiny & Hermann per l'IBA (1995)
figura 17 La casa di Krier per l'IBA (1995)
figura 18 La casa di Nielebock per l'IBA (1995)
figura 19 La costruzione della nuova Hauptbahnhof (2003)
figura 20 L'ambasciata di Islanda, di P. Kristmundsson (2003)
figura 21 L'ambasciata di Danimarca, del gruppo 3 x N. Arhus (2003)
figura 22 L'ambasciata di Finlandia, del gruppo Viiva (2003)
figura 23 L'ambasciata di Svezia, della società Wingardh (2003)
figura 24L'edificio di Giorgio Grassi nell'area della Potsdamerplatz (2003)
Bibliografia minima
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IBA Internationale Bauausstellung Berlin '84 '87, IBA 1987.
A. Rossi, La diversità di Berlino, in "Casabella", n 632, marzo 1996 A. Rossi, Schützenstrasse a Berlino, in "Casabella", n 632, marzo 1996.
M. Kieren, New Architecture, Berlin 1990-2000, Jovis 1997.
Berlin: offene Stadt, Nicolai 2001 A. Richie, Berlino. Storia di
una metropoli, Mondadori 2003.
A. Maglio, Berlino prima del muro. La ricostruzione degli anni 1945-1961, Hevelius 2003.
Berlino sul WEB
Spotlight su Berlino in Artdreamguide
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Scoprire Berlino http://www.btm.de/italiano/it_erkunden.html
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