La XIIa Giornata Nazionale dei Beni Culturali Ecclesiastici promossa dalla Consulta e dall'Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza Episcopale Italiana, svoltasi il 27 maggio 2004 presso la Sala delle Zitelle del Complesso Monumentale del S. Michele di Roma, ha preso in esame il tema de La parrocchia e i beni culturali. Esperienze pastorali, con il fine dichiarato di tentare di capire «in quali modi il riferimento ai beni culturali sta entrando nella pastorale parrocchiale: la liturgia, la catechesi, le iniziative culturali».
Sono intervenuti i rappresentanti delle diocesi di Fidenza, Altamura - Gravina - Acquaviva delle Fonti, Napoli, Spoleto, Cuneo, Bergamo, Milano, Roma, Reggio Emilia, Ascoli Piceno, vale a dire una ristretta selezione del panorama italiano.
La Giornata ha fornito una serie di campioni significativi di "politiche" di intervento delle diocesi, utili ad illustrare come la Chiesa Cattolica Italiana stia operando nel settore dei Beni Culturali a livello periferico.
Dal momento che non esistono studi specifici, ma l'argomento è di attualità e di pubblico interesse, presento una selezione degli interventi più interessanti, arricchita da un'intervista finale.
Gli interventi delle Diocesi
Mons. Tiziano Ghirelli, Direttore dell'Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, ha sottolineato in prima istanza che l'inventario diocesano è un'opera collettiva perché prevede un coordinamento centrale diocesano e delle responsabilità locali, con il coinvolgimento della parrocchia nelle fasi di censimento e per l'utilizzo dell'inventario 1.
Mons. Ghirelli ha ricordato che l'inventario deve essere aggiornato in caso di spostamenti di oggetti, o di furti e che deve essere verificato in occasione della visita pastorale, del trasferimento del responsabile e dell'immissione del successore. Questa scrupolosa attenzione è senz'altro produttiva perché in questo modo l'inventario diventa uno strumento vivo ed attuale a disposizione della comunità ecclesiale, che si sente responsabilizzata dei beni che ha ricevuto in eredità.
Particolare attenzione viene posta da Mons. Ghirelli all'inventario diocesano come strumento per la pastorale parrocchiale, oltre che per lo studio, l'insegnamento e la ricerca. Infatti dotare la comunità di uno strumento scientifico significa attivare una risorsa insostituibile di grande valenza socio-culturale. «L'inventario come conoscenza del bene nel contesto, in rapporto al tempo e allo spazio per cui è stato creato e adoperato, restituisce all'opera la sua dimensione di rappresentatività religiosa, ne favorisce l'incontro con la comunità parrocchiale e giova all'educazione alla fede». Questo significa che una completa conoscenza storico - artistica del bene culturale favorisce la pastorale ordinaria nella misura in cui colloca correttamente l'opera nel suo contesto storico e religioso. Questa posizione metodologicamente molto corretta favorisce un positivo interscambio tra sapere laico e sapere religioso e quindi tra operatori secolari e sacerdoti.
Mons. Ghirelli sottolinea anche le nuove potenzialità derivanti della natura elettronica dell'inventario diocesano, grazie a cui sarà possibile effettuare percorsi per ambiti tematici o iconografici o per tipologie di soggetti in modo completamente automatico e su un cospicuo archivio di circa 20.000 schede, di cui 5.000 già realizzate e 15.000 in lavorazione. Queste schede riguardano 126 parrocchie selezionate tra le 319 appartenenti alla Diocesi e visitate in un lasso temporale di un anno e mezzo. L'inventariazione viene realizzata da un gruppo di lavoro formato da 1 responsabile, 1 coordinatore, 1 revisore scientifico, 10 schedatori e 4 fotografi, gruppo coadiuvato localmente da aiutanti parrocchiali.
Mons. Ghirelli ha ampiamente sottolineato come uno dei risultati più evidenti dell'attività di catalogazione consiste nella prevenzione contro i furti, che ha sortito un effetto positivo per esempio nel caso di Paullo di Casina (Re), quando l'aver fornito con tempestività dati e immagini ai Carabinieri, ha permesso di ritrovare in pochissimi giorni i 4 dipinti trafugati.
Don Alessandro Lucentini 2, parroco di S. Sabino nell'Arcidiocesi di Spoleto-Norcia, ha presentato un'interessante approfondimento del concetto di restauro nella cultura umbra affrontando il tema a partire dalla Legenda major di S. Bonaventura in cui si narrano le imprese di S. Francesco e la Porziuncola in questi termini: «Proprio per disposizione della Provvidenza Divina, che lo dirigeva in ogni cosa, il servo di Cristo aveva restaurato materialmente tre chiese, prima di fondare l'Ordine e di darsi alla predicazione del Vangelo. In tal modo non solamente egli aveva realizzato un armonioso progresso spirituale, elevandosi dalle realtà sensibili a quelle intellegibili, dalle minori alle maggiori; ma aveva anche, con un'opera tangibile, mostrato e prefigurato simbolicamente la sua missione futura.
Infatti, così come furono riparati i tre edifici, sotto la guida di quest'uomo santo si sarebbe rinnovata la Chiesa in tre modi: secondo la forma di vita, secondo la Regola e secondo la dottrina di Cristo, da lui proposte»
Don Lucentini ha messo in rilievo che il restauro ha una fondamentale valenza simbolica e religiosa e che questo significato permane anche nell'esperienza della Comunità parrocchiale di S. Sabino de Plano, una basilica sorta sul luogo dove San Francesco, secondo la Leggenda dei Tre Compagni, aveva avuto il sogno della propria conversione.
Ebbene l'insegnamento di questa diocesi sta nel fatto che «il restauro della chiesa di pietra ha aiutato anche a restaurare la chiesa dei cristiani» nella misura in cui ha coinvolto i fedeli in un'operazione di coinvolgimento comunitario.
Don Tarcisio Bove della diocesi di Milano ha presentato l'illustrazione dei Salmi da parte di un artista contemporanea, realizzata in stile bizantino: insomma un'operazione, diciamo così, "arcaica".
Per la Diocesi di Bergamo hanno preso la parola sia don Giuliano Zanchi che don Diego Tiraboschi in due diverse relazioni presentando il ciclo di conferenze intitolato Vedere l'Invisibile. Storia, significati e simboli dell'Arte Sacra in terra di Bergamo curati da don Andrea Pilato, Alessandra Civai e Silvia Muzzin. Ta i titoli presentati: La Crocifissione da Tintoretto a Caniana; Sulla via del Calvario: le raffigurazioni della Passione; Giovan Battista Caniana e Andrea Fantoni interpretano le Virtù della Penitenza; Saulo, Saulo, perchè mi perseguiti ? La Conversione: esperienza mistica attraverso l'arte e I Santi Patroni Alessandro e Grata nelle opere di Cavagna e Salmeggia. Sono titoli interessanti, che hanno il merito di affrontare tematiche locali altrimenti disattese, una volta oggetto di indagine degli Istituti di Storia Patria.
Don Giovanni Michele Gazzola della diocesi di Cuneo ha illustrato l'esperienza della Parrocchia di Santa Maria della Pieve in Cuneo sottolineando le problematiche sociali relative alla riduzione demografica e al forte ricambio dei residenti e all'alta mobilità residenziale in contrasto con l'elevato numero di univtà lavorative presenti quotidianamente come impiegati del Comune, addetti al commercio, ospiti degli alberghi e studenti. In questo spaccato la Chiesa si trova ad operare la missione di ritrovare il senso dell'iconografia sacra e decifrare linguaggi e simbologie barocche di difficile assimilazione, come l'accostamento di Maria alle eroine vetero-testamentarie Giuditta, Giaele, Betsabea ed Ester, che campeggiano sul frontone dell'altare dell'Immacolata.
Don Gazzola propone anche una rilettura di opere famose come la tela dipinta da Andrea Pozzo per l'altare di S. Giuseppe «da leggere non come generico Riposo della Sacra Famiglia in Egitto, ma come geniale forma della manifestazione della paternità di Giuseppe, che accoglie Gesù da Maria (immagine provocante nella situazione culturale attuale)».
Don Gazzola ha anche messo in luce un aspetto spinoso: «la riforma liturgica post-conciliare ed il clima di secolarizzazione hanno portato al disuso radicale di molti arredi sacri per vari anni, lasciando in oblio interi depositi, che con il cambio di persone addette alla chiesa, spesso non sono più riconoscibili nel loro uso corretto». L'impulso a riprendere l'uso di alcuni paramenti e calici di gran valore è venuto dall'inventariazione promossa nel 1996.
Da un punto di vista economico, la gestione dei Beni Culturali ha permesso pochi interventi, con l'eccezione delle tele seicentesche restaurate grazie al prestito per le Mostre. Sono altresì stati ottenuti i finanziamenti di Fondazioni e contributi di Enti Pubblici per il restauro dell'organo, della sacrestia e per una cappella laterale.
I Musei Diocesani Parrocchiali
A conclusione della Giornata Mons. Dovere della Diocesi di Napoli ha affrontato il tema dei Musei Diocesani Parrocchiali, cercando di chiarire in primo luogo che spesso i parroci credono di avere un Museo nella propria parrocchia, mentre in realtà hanno solo un deposito in cui conservano delle cose di un certo pregio artistico e soprattutto che un Museo, per dirsi tale, deve corrispondere a delle caratteristiche che oggi si trovano tutte bene elencate in un documento della Pontifica Commissione dei Beni Culturali della Chiesa pubblicato nel 2001. Per creare un Museo Parrocchiale è necessario un intervento dell'autorità diocesana con una decisione del Vescovo e non è sufficiente la sola azione del Parroco.
Per stabilire un Museo sono necessari gli Statuti che disciplinano i diritti-doveri sia dell'Ente proprietario, sia del fruitore. Il Vescovo che va ad erigere un Museo, da parte sua, chiede un progetto complessivo del Museo stesso, che tenga conto di una sede autonoma e della presenza indispensabile di un adeguato e moderno modello di gestione. Il Museo infatti non può e non deve essere affidato alla sola buona volontà.
Devono essere presenti le misure di sicurezza, così come d'altra parte deve garantire di conservare l'Eredità culturale del luogo in cui nasce ed offrire uno strumento didattico, come anche di conservare un patrimonio che per altri versi potrebbe andare disperso.
Secondo Mons. Dovere «il Museo ecclesiastico dovrebbe avere la finalità fondamentale di concorrere all'attività apostolica ... che vuol dire annunzio, culto, promozione culturale, servizio caritativo ...
un Museo ecclesiastico dovrebbe avere come principale esigenza quella di poter annunciare nel modo più semplice chiaro e immediato possibile il mistero di Cristo, che è appunto al centro dell'attività apostolica».
E riguardo alla metodologia da usare, Mons. Dovere ha molto efficacemente espresso il suo rifiuto di "congelare" le opere d'arte decontestualizzandole e tradendo così la finalità per le quali furono concepite. Il Museo deve quindi rispettare anche le modalità comunicative originarie dell'opera d'arte, per permettere all'opera d'arte di veicolare il suo proprio messaggio interno e non un altro messaggio aggiunto forzosamente in occasione della musealizzazione.
Intervista a P. Eduardo Parlato Ofm, Direttore dell'Ufficio Beni Culturali della Diocesi di Napoli 3
Qual è il ruolo delle Commissioni Beni Culturali delle Diocesi ?
La Commissione diocesana per l'arte sacra e i beni culturali ha come principale finalità il coadiuvare l'Ordinario diocesano e gli enti ecclesiastici posti sotto la sua giurisdizione in tutto ciò che riguarda la conoscenza, la tutela, la valorizzazione, l'adeguamento liturgico e l'incremento dei beni culturali ecclesiastici e dell'arte sacra sul territorio della diocesi.
Quali sono e dove si reperiscono i documenti di riferimento della Chiesa Cattolica per un architetto o pittore che debba produrre arte sacra ?
I documenti fondamentali a cui far riferimento sono essenzialmente quelli che, in ossequio alle norme canoniche universali, nazionali e diocesane, fanno particolare riferimento alle Norme per la tutela e la conservazione del patrimonio storico-artistico della Chiesa in Italia, approvate dalla X Assemblea generale della CEI e promulgate il 14 giugno 1974, agli Orientamenti I beni culturali della Chiesa in Italia, approvati dalla XXXVI Assemblea generale della CEI e promulgate il 9 dicembre 1992, alle Note pastorali della CEI La progettazione di nuove chiese, promulgata il 18 febbraio 1993 e L'adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica, promulgata il 31 maggio 1996.
In che misura un artista deve avvicinarsi alla Fede per interpretarla nel migliore dei modi ?
Per Fede noi intendiamo adesione al mistero di Verità rivelatoci da Gesù Cristo nell'unità e nella trinità di un Dio che ci ha chiamati a partecipare alla Sua Vita e per Amore ci ha donato il Suo Figlio, incarnato, morto e risorto. Per un artista avvicinarsi alla Fede significa, quindi, confrontarsi con questa verità nel cammino proposto dalla Parola di Dio (Antico e Nuovo Testamento) e nell'esperienza vissuta nei secoli da uomini e donne (Chiesa) che a quel mistero hanno affidato la soluzione degli interrogativi fondamentali.
La Chiesa può tornare ad essere committente di opere d'arte, oppure prevale l'usanza che le opere vengano donate dagli artisti ?
In realtà, a questo riguardo, il bilancio del secolo scorso non è entusiasmante, anzi occorre dire che è stato spesso deludente. Normalmente ci si è accontentati del minimo indispensabile, in nome di un preteso funzionalismo e didatticismo, senza la benché minima preoccupazione per la ricerca della qualità. La mancanza di formazione e di competenze ha lasciato spazio a interventi di modestissimo livello ed è la ragione per cui molte occasioni per incarichi agli artisti sono state perdute. Specialmente in relazione alla liturgia, è urgente che essa torni a essere il campo in cui le migliori energie professionali e artistiche vengano convocate e messe alla prova. Vi è necessità di architetti, pittori e scultori, ma anche di musicisti, scenografi, grafici, stilisti di moda, arredatori, esperti in arredo floreale, registi, esperti del suono e della luce, dotati di grandi capacità e opportunamente preparati, che aiutino le chiese a diventare ciò che sono chiamate a essere, "segni e simboli delle realtà celesti".
Nella pratica della Diocesi di Napoli prevale il concorso o l'assegnazione diretta dell'incarico per la realizzazione delle opere d'arte ?
Finora, purtroppo, gli incarichi per la progettazione di nuove chiese o per l'adeguamento degli spazi liturgici sono stati affidati tramite assegnazione diretta. Il motivo principale è da individuare sia nella carenza di risorse finanziarie, sia nell'assenza di un albo di professionisti a cui poter fare riferimento.
L'arte sacra contemporanea può tornare ad essere strumento di catechesi ?
Nel momento in cui parliamo di arte sacra e contemporanea non possiamo pensare che la committenza o l'artista si muovano con obiettivi puramente estetici e ornamentali. L'arte, riferita al manufatto architettonico (chiesa) e a quanto in esso contenuto, è per sua natura a servizio della catechesi, della liturgia e della testimonianza della carità.
Quali progetti ci sono nel futuro della Diocesi di Napoli approntati dalla Commissione dei Beni Culturali ?
I progetti attualmente in opera sono: L'inventariazione dei beni mobili delle Parrocchie della Diocesi di Napoli (297 parrocchie) con la collaborazione della Conferenza Episcopale Italiana e l'apertura del Museo Diocesano nel complesso di Donnaregina nuova.
Note
1
Ringrazio Mons. Ghirelli per avermi inviato il testo del suo intervento, redatto in collaborazione con la dott.ssa Cristiana Francesconi, Coordinatrice dell'Inventario Diocesano della Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla.
2
Ringrazio Don Alessandro Lucentini, parroco di S. Sabino nell'Arcidiocesi di Spoleto-Norcia, per avermi dato il testo della sua relazione.
3
Ringrazio infine P. Eduardo Parlato Ofm, che era presente alla Giornata in qualità di uditore e mi ha concesso l'intervista.
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