Sporadici e ancora scarsi sono i contributi relativi alla storia delle periferie e dei borghi di Roma e certamente suscita un certo stupore l'imbattersi in manufatti architettonici di rilevante interesse artistico, sorti accanto ad insignificanti e spesso orrendi edifici in cemento armato di più recente costruzione, in zone periferiche dimenticate da ogni visitatore. È certamente questo il caso della chiesa titolata ai SS. Lorenzo e Urbano a Prima Porta lungo la via Flaminia: sappiamo che la chiesa dedicata in origine a San Lorenzo de Obra era stata fondata all'inizio del XII secolo e successivamente le monache di Santa Maria in Via Lata, che possedevano il fondo su cui sorgeva la chiesa, decisero di costruire a destra della facciata un ospedale, già in rovina nel 1215 1
La chiesa era stata eretta a ridosso di un arco romano probabilmente appartenente ad un acquedotto, le cui caratteristiche tecniche suggeriscono la datazione al IV secolo d. C.; l'arco, dal quale deriva il nome Prima Porta, come primo ingresso a Roma per chi veniva da nord dalla via Flaminia, oggi in stato di quasi completo disfacimento, era ancora in piedi nel 1660 e nel 1662, quando venne riprodotto insieme alla chiesa nei disegni del catasto di Alessandro VII, che rappresentano la fonte figurativa più antica e certamente l'unica che ci restituisce l'immagine della chiesa come era stata voluta dal suo ri-fondatore, Urbano VIII Barberini 2
. La chiesa infatti, abbandonata e in rovina, fu riedificata per volontà di papa Urbano VIII, che « [...] ordinò alla Felice Memoria del Card.le Pinnetti Vicario di Roma di far fabricare una nuova chiesa nel d.o luogo a spese del Vicariato e delli P.ri delle tenute, Casali et Osterie vicine, il che fu eseguito con la spesa di cinquecento scudi [...] » con bolla pontificia del 1629 3. Alla chiesa era annessa una stazione di posta e di cambio dei cavalli, in seguito scomparsa.
Da altri documenti risulta come già Clemente VIII nel 1603 avesse emanato un decreto per la costruzione della chiesa, ma solo nel 1629 si era provveduto a metter mano al progetto non senza controversie sulla competenza delle diocesi sull'area destinata alla chiesa; lo scopo della riedificazione della chiesa è da ricercarsi nella volontà del papa sia di controllare le aree prossime alla capitale, sia di prestare servizio di assistenza sanitaria alle popolazioni locali dal momento che alla chiesa era annesso un ospedale 4.
Sull'autore del progetto è possibile avanzare solo ipotesi dal momento che manca ogni tipo di riferimento bibliografico e finora lo spoglio dei documenti d'archivio non ha fornito indicazioni in merito. Tuttavia da alcuni documenti inediti apprendiamo che nel 1760 la chiesa e la casa del parroco furono restaurate dall'architetto Carlo Murena (o Morena) del Capitolo di San Pietro e, sempre in base agli stessi documenti, sappiamo che nel 1785, l'architetto Virginio Bracci (Roma 1737 - 1815), figlio del noto scultore Pietro, allievo di L. Vanvitelli e autore di diverse opere anche fuori Roma, si vide approvare il progetto per la nuova sacrestia 5.
Attualmente la chiesetta è utilizzata come cappella feriale e, dell'assetto seicentesco rimane solo la facciata, mentre la parte posteriore è stata distrutta per lasciar posto ad una nuova costruzione. La facciata, semplice e sobria, è divisa un due registri: il primo è costituito dal portale sormontato da timpano arrotondato; il superiore, sormontato da un timpano triangolare, è costituito da tre finestre, di cui la centrale finta e dipinta.
Come già accennato, non è possibile, allo stato attuale delle nostre conoscenze e nonostante lo spoglio di diversi documenti d'archivio, risalire al nome dell'architetto, che tuttavia potrebbe essere uno di quegli architetti ai quali Urbano VIII aveva affidato incarichi minori e opere di fortificazione dei confini. Tra questi in particolare Vincenzo Della Greca (Palermo 1592 - Roma 1661) potrebbe essere l'autore del progetto della chiesa di Prima Porta 6.
Nel 1627 viene nominato coadiutore di Carlo Maderno e segue molti cantieri guidati dal famoso architetto; alla morte del maestro, è nominato architetto delle fabbriche camerali e di Castel Sant'Angelo. Fin dal 1623 partecipa a numerosi incarichi di fortificazione su commissione di Urbano VIII; nel 1630 ottiene dal papa l'incarico di erigere la chiesa di San Caio distrutta nel 1885. Il progetto di questa chiesa, noto attraverso il disegno del Codice Barb. Lat. 4409, appare molto vicino per la sobrietà e la semplicità della soluzione architettonica alla facciata dei SS. Lorenzo e Urbano e cade esattamente negli anni di realizzazione della chiesetta di Prima Porta 7.
Questo mio breve contributo vuole fornire alcuni spunti per futuri studi che spero non tarderanno e che mi auguro cercheranno di gettare luce sul ruolo di Urbano VIII quale promotore e realizzatore di progetti e di opere minori che probabilmente avevano l'intento, come nel caso del complesso dei SS. Lorenzo e Urbano a Prima Porta, di riqualificare le periferie della città e di contribuire al miglioramento delle condizioni delle popolazioni locali, oltre a controllare le zone di accesso alla città eterna.
Vanno segnalate, a dimostrazione della straordinaria ricchezza di testimonianze archeologiche nell'area di Prima Porta, tanto per citare solo i maggiori siti, la Villa di Livia e, immediatamente di fronte alla chiesa dei SS Lorenzo e Urbano, la fontana in opera reticolata, sui quali esistono pochi contributi; ed infine la grotta presso la Villa di Livia quasi completamente ignorata dalla letteratura scientifica.
NOTE
1
« Obra » è predicato corrotto da « Rubra; » si veda F. Lombardi, Roma. Le chiese scomparse. La memoria storica della città, Roma, Fratelli Palombi ed., 1996, scheda 18, p. 393. Le notizie antiche relative alla chiesa sono tratte dai seguenti testi: M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX, Roma, ed. R.O.R.E., 1942, II tomo, p. 1053; F. Lombardi, Roma. Chiese, conventi, chiostri. Progetto per un inventario, Roma, Edilstampa, 1993, p. 411; G. Messineo, A. Carbonara, Via Flaminia, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1993, pp. 29 - 30; F. Noack, Die römische campagna, Roma 1910, p. 28; P. Ratti ed altri, a cura di, Guida alle nuove chiese di Roma, Roma, Gangemi ed., 1990, scheda 49, pp. 116 - 117 (l'attuale chiesa è opera di Giorgio Pacino 1971); G. Tomassetti, La campagna romana antica, medievale e moderna, Via Cassia e Clodia, Flaminia e Tiberina, Labicana e Prenestina, Roma, Banco di Roma, 1976, vol. III, pp. 332 - 337.
2
Dell'arco, descritto dal Martinelli, (Primo trofeo della S.ma Croce eretto in Roma nella via Lata da S. Pietro Apostolo ..., Roma, 1655, p. 100), rimane solo la base del pilastro a sezione rettangolare, in laterizio in gran parte di recupero, tegole mattoni. Si veda G. Messineo, La via Flaminia, Roma, Quasar, 1991, p. 203, con riferimenti alla bibliografia precedente.
3
Una copia della Bolla pontificia datata 1838 è conservata presso l'Archivio di Stato di Roma, Camerale III, b. 1894. Si veda anche Archivio Storico del Vicariato di Roma, Parrocchie secolari di Roma, tomo 46, f. 286.
4
Si rimanda in particolare a G. F. Rossi, Erezione di parrocchie rurali e modalità pastorali di "avvicinamento" dei lavoratori della campagna di Roma nel sei-settecento, in L'uomo e la storia. Studi storici in onore di Massimo Petrocchi, Roma, 1983, p. 186 e nota 6. Si veda inoltre G. F. Rossi, L'agro di Roma tra '500 e '800. Condizioni di vita e di lavoro, Roma, Edizioni di Storia e di Letteratura, 1985, in cui si riportano i dati relativi a malati e morti trasportati nell'ospedale di Prima Porta.
5
Archivio di Stato di Roma, Camerale III, b. 1894. I fogli non sono numerati. Su Virginio Bracci si veda H. Honour - A. M. Corbo, ad vocem Bracci Virginio, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, 1971, vol. 13, pp. 626-627.
6
Si veda T. Acciai, ad vocem Della Greca, Vincenzo, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, 1989, vol. 37, pp. 60-62.
7
Biblioteca Apostolica Vaticana, Codice Barb. Lat. 4409, f. 58 r..
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