Un'animazione "oltre il teatro" tra parola-suono e forme d'argilla
«Sono qui
E non so come e dove raggiungerti, là dove sei.
Non so se basta aprire semplicemente la porta
Oppure gridare.
Resto qui
In assoluta attesa
Senza altre ali che silenzi»
Ecco la parola, lasciamoci afferrare da lei, lasciamo che apra la porta della mente e del cuore. Vorrebbe gridare il suo desiderio, ma non lo fa, il grido desterebbe il bimbo che sogna dentro di noi. Quel bimbo è come la parola, adesso non vuole parlare, forse non sa perché la sua parola è informe, ma non vuole, non può neppure gridare, tanto grande è il suo desiderio. Resta in attesa della mano che lo prenda per mano, del braccio che lo circondi, dell'amore che lo nutra. Ma il suo silenzio ha le ali, è pronto per il volo, come quello della parola.
Questa è l'emozione che nasce in me dalla visione globale della mostra di Sara Bonetti, che va "Oltre il teatro" perché riversa ogni parola poetica originaria - ancora non del tutto espressa - in forme plastiche grezze e ad un tempo delicate, perché anche la luce le scolpisce, le accarezza e le trasforma in presenze, su uno sfondo di ombra inquieta.
È l'emozione creativa dell'artista che si spinge oltre se stessa, nella sua potenzialità di generare e di essere generata dalle forme, in una gestazione continua che ha il carisma della vita nascente. Sara ha voluto proprio questo: coinvolgere nel processo creativo nuovi soggetti e così nutrirlo di nuovi contenuti emotivi.
Spesso il messaggio dell'arte si esprime con più forza nel "non finito": lo spirito è prigioniero e imprime sulla materia la sua ansia di liberazione. Sara "non finisce", lascia al destinatario del messaggio lo spazio per compiere l'opera e arricchirla con le proprie emozioni.
Da qui la scarna assolutezza dell'informe materia-parola che si riversa su di noi con un impatto forte, privo di estetismi o raffinatezze espressive.
La parola di Sara è ermetica per il suo potenziale analogico, percorre "sentieri che si rincorrono" verso un significato che sfugge e si lascia afferrare non dalla logica, ma dall'intuizione del lettore-spettatore, disposto a sua volta a lasciarsi afferrare.
Ma l'ermetismo di Sara ha il suo contrappunto nelle forme plastiche e materiche delle sue sculture, in cui si legge il percorso di umanità dell'artista, che non si limita a creare in solitudine, ma si rivolge con interesse reale ai sentimenti, ai corpi, ai gesti degli esseri umani con cui vive. Felice contrasto, dunque.
Sara Bonetti appartiene ad una famiglia di artisti: e ha ereditato dal Nonno, Antonio Gaglianone, noto pittore e scultore recentemente scomparso, un cuore generoso e, capace di dare vita all'argilla, creando personaggi che hanno un immediato riscontro di umanità in chi li osserva, cioè non chiusi in forme pietrificate, ma affettuosamente
dialoganti tra loro e con il pubblico che li osserva.
Sara, questa giovane dal nome biblico, è anche lei capace di "poiesis": mediando tra parola informe e forme di plastica argilla crea e narra un mondo primordiale con ali silenziose aperte sul futuro. Il futuro è la sinergia dei linguaggi e la riscoperta di una dimensione umana nell'Arte.
La vocazione del poeta è essere voce della collettività, ma a costo di sottrarsi alle voci, al caos, alla confusione in cui essa vive. E la comunità umana recupera la profondità di se stessa grazie al poeta che ne esprime i sentimenti, a volte contrastanti, in/forme e diverso com'è, nelle forme del suo essere diverso, più diverso degli altri. Così Sara vive e soffre la propria solitudine creativa, affollata di presenze
protesa verso l' "altro", l'essere umano, il grande sconosciuto che ancora, a sua volta, non conosce il proprio bisogno di amore, ma ne sente il vuoto doloroso.
Preferisco non parlare delle singole opere che si commentano da sole.
Ma una in particolare testimonia il sentimento dominante di Sara: L'abbraccio.
Le due persone rappresentate si abbracciano in ginocchio, come in un gesto di preghiera, un gesto simbolico, che si estende al di là delle forme.
« ... queste frecce che riempiono il mio cielo
sono in cerca di un bersaglio per fermare il loro volo ...»
Il volo si ferma nell'abbraccio, ma l'abbraccio va oltre i due amanti:
«Sono pronta.
Guardami !
Sono di nuovo qui
Con il cielo negli occhi ...
scomparsa la donna e la forma
Resta solo cielo
Tanto cielo
Che non so dove inizia o finisce.»
NOTA BIOGRAFICA
Nata a Roma il 07/01/75 Sara Bonetti si è Laureata in Metodologia e Critica dello Spettacolo presso la facoltà di Lettere dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza".
Diplomata presso lo "Studio di Recitazione e di Ricerca Teatrale - Il Mulino di Fiora" diretto da Perla Peragallo (1996-1998), ha lavorato con la Compagnia teatrale "Testedastri" fino al 1998.
Dal 1999 fa parte della Compagnia "Fortebraccio Teatro".
Nelle sue esperienze lavorative ha spaziato tra teatro, radio, editoria maturando grande interesse per l'interazione tra parola, immagine, forma. Da questa ricerca è nato il progetto Parola informe - esposizione audio figurativa in cui si realizza una sintesi tra scultura e teatro e la sinergia creativa tra più linguaggi.
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