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In ricordo di Mauro Bortolotti e di una singolare stagione culturale  
Enrica Torelli Landini
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 20 Novembre 2007, n. 469
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Quando a metà anni '60 il giovane Mauro Bortolotti componeva Pour le piano e Frammenti 5, proveniva da un'esperienza che lo segnerà nel corso degli anni: i Ferienkurse di Darmstadt, ai quali sarà presente dal 1957 e, in anni successivi, fino al 1965.
Alla fine degli anni '50, con i seminari tenuti da John Cage a Darmstadt, si apre in Europa il dibattito sull'"opera aperta" e sulle grafie aleatorie: gli spartiti di molti autori contemporanei presentano infatti una grafia fortemente rivoluzionaria, in parallelo con quella condizione pittorica cui l'Action painting di Pollock e di Kline aveva dato l'avvio attraverso il dripping. In fondo una premessa per un'altra sorta di dripping: questa volta di spruzzi e puntini che, sparsi su fogli pentagrammati, si trasformavano in altrettante notazioni musicali (ad es. nel Requiem di Bussotti o in alcune composizioni di Pennisi o di Cage), mentre in altri casi (December di Earle Brown), l'affinità "grafica" era piuttosto riconducibile ai ricordi di certa pittura astratta del gruppo De Stijl.
Una coincidenza soltanto apparente perché l'alea musicale era di ben altro tipo di quella pittorica; era cioè basata sulla mutazione nell'ordine delle trame, dell'esecuzione, delle disposizioni ad libitum delle diverse sezioni di un brano musicale ma pur sempre in vista d'una esecuzione strumentale e organica; mentre per la pittura (o meglio le pitto-scritture segniche, come quelle realizzate durante il periodo da Capogrossi, Perilli, Sanfilippo, Accardi, Bignardi, Sterpini), l'opera era già di per sé conclusa al momento della sua realizzazione informale sulla carta.
Certo un'affinità stilistica - ma più che altro grafica - è notevole tra le partiture di Bortolotti, Bussotti, Pennisi, Guaccero.

La partitura di Pour le piano di Mauro Bortolotti si caratterizza per la divisione in sezioni eseguibili a scelta e per il discontinuo uso di corde preparate con legno e di un cancellino di feltro sulla cordiera che conferisce una sonorità particolare. L'intero frammento - scritto in notazione tradizionale - è inserito in un rombo i cui lati compaiono riferiti a brani del repertorio pianistico classico: citazioni di quattro grandi maestri della scuola pianistica otto-noveventesca (Schubert, Beethoven, Schuman, Ravel) che si pone come reminiscenza di cose amate e come sorridente omaggio.
In questo brano musicale sta in effetti l'originalità compositiva che ha caratterizzato la stagione culturale che intendeva abolire per quanto possibile la separazione tra musica, parola ed elementi visivi, creando un possibile connubio, o una traduzione inter-codice fra campi disciplinari artistici diversi. Una stagione internazionale ma che a Roma ha avuto momenti di grande coesione fra pittori quali Perilli, Novelli, Franco Nonnis, affiancati ai musicisti Bortolotti, Bertoncini, De Blasio, Evangelisti, Guaccero, Macchi e Paris, fondatori nel 1960-61 di Nuova Consonanza.
Assieme alla musica e alla pittura anche l'incontro tra musica, arte visiva e teatro è stato fecondo: il balletto Rot di Guaccero con i bozzetti di Bonalumi, La morte nell'aria di Petrassi con le scenografie di Scialoja, Collage di Clementi con scene di Perilli, A(lter) A(ction) di Egisto Macchi con scenografie di Kounellis, Die Schachtel con musica elettronica di Franco Evangelisti e tessuto audiovisuale di Franco Nonnis ...

Intorno a Goffredo Petrassi, amatore e collezionista d'arte, coagulavano giovanissimi artisti come Perilli e Novelli i quali fondano una rivista geniale: "L'Esperienza moderna" dove nel '57 pubblicano disegni a commento di un'inchiesta sulla nuova avanguardia musicale a cura dei compositori Berio, Clementi e Fellegara. I disegni perseguono una povertà cromatica limitata al bianco e nero ed una immediatezza gestuale, oppure un contrasto in negativo (Capogrossi e Accardi).

Altro luogo di coagulo di queste esperienze, le Settimane internazionali di nuova musica tenute a Palermo, dove accanto alle composizioni di Berio, Maderna, Nono, Petrassi, Bortolotti, Clementi e Guaccero, si potevano ascoltare gli ultimissimi lavori di Stockhausen, Cage, Varèse, Boulez. Inoltre incontri tra scrittori (nel '62 vengono presentati i poeti I novissimi) e le rassegne di arti visive "Revort"; una ricchezza di esperimenti che confluiscono nella rivista "Collage".
Questo fenomeno che negli anni '60 fa confluire tra di loro diverse arti - non solo musica e pittura - è fors'anche elaborato per l'effetto dell'ondata semiologica che assimilava fonemi e morfemi, note e colori, attraverso la strutturazione di altrettanti "codici" intercambiabili. Il fatto ad esempio che, proprio in quell'epoca, si sia sviluppata in Italia la poesia visiva, come conseguenza di quella "concreta" brasiliana e svizzera - dal gruppo '70, ad Ori, a Giuseppe Chiari: esempi di una musica ridotta alla performance e alla scrittura, o di una visualizzazione poetica d'una musicalizzazione della pittura. Tutto ciò dimostra che queste confluenze di segni e di alfabeti, di note e di diagrammi erano nell'aria.

Certamente Mauro Bortolotti fu tra i primi a prodigarsi, con una ricerca personalissima e raffinata, in questi esperimenti sonori che si ricollegavano all'alea. La prima versione di Frammenti 5, sotto il nome di Aleatorio I per 4 archi, risale al 1961 e venne eseguita nel 1965 al Teatro Ateneo in Roma dal Quartetto Nuova Musica. Questo il commento scritto dello stesso Mauro Bortolotti: «Lavoro scritto per 4 archi, aventi ciascuno varie possibilità, ai quali potranno aggiungersi da 1 a 4 archi o fiati. L'inclusione di uno o più strumenti limiterà ma solo parzialmente le possibilità degli archi ...». L'ordine di esecuzione dei "5 frammenti" non è prestabilito, ma lasciato alla discrezione degli strumentisti; anche qua l'elemento grafico agisce suggestionando psicologicamente l'esecutore e, al contempo, codificandone il messaggio.

Un'ultima osservazione, sulla variabilità e sulla individualità grafica di Bortolotti negli esperimenti degli anni '70, è presente in un divertissement, il cui titolo Links è mutuato dal linguaggio elettronico, ancor prima che divenisse il linguaggio computerizzato che tutti conosciamo. Qua il numero degli esecutori è variabile ed è evidente il preciso rapporto tra suono e segno, tra densità cromatica e massa sonora, nelle aree in chiaroscuro dei colpi degli archi, nelle linee sinusoidali che suggeriscono oscillazioni del suono in contrapposizione alle rette corrispondenti ai suoni tenuti. Una non programmatica elaborazione formale, in linea con le coeve esperienze  dell'esecutore come co-autore ed inoltre una personale iconografia che, insieme alle onde musicali, trasmette indiscutibilmente fino ad oggi lo spirito lieve, dolce e scanzonato del Mauro Bortolotti di sempre.




NOTA

Alcune citazioni sulle partiture di Mauro Bortolotti sono tratte dalle schede del manoscritto del catalogo Suono e segno, mai pubblicato finora.




 
 

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