Vito Mancuso è un teologo laico. Questo non significa che non creda nel Dio su cui ha appassionatamente studiato e pensato, ma piuttosto che crede si possa rifondare la religione usando come "motore di ricerca" la ragione umana che è il frutto maturo della Creazione del mondo.
Secondo Mancuso le leggi immutabili di un Principio ordinatore impersonale voluto da Dio sostengono il mondo nell'ordine, lo salvano dal caos e sono la premessa della libertà della persona. L'anima è nell'uomo fin dal primo attimo di vita, Dio ha dato ai genitori il dono di poter collaborare alla nascita del figlio in corpo ed anima, la creazione è quella vita dell'universo in continuo movimento che comprende e trascende anche la morte. Alla fine di un lungo percorso evolutivo storico e individuale, l'uomo emerge come coscienza del cosmo: egli è capace di attingere alla Fonte della vita sprituale, il Dio personale, cioè ad una Relazione d'amore.
Ogni essere umano può così scoprire la propria anima e riconoscerla «non come misteriosa entità sovrannaturale che giunge dall'alto, ma come qualcosa di naturale, come il principio della vita, come la realtà più concreta che c'è».
Data l'ampiezza degli argomenti trattati da Mancuso, dopo una necessaria sintesi introduttiva, mi soffermerò su alcuni aspetti che, fino ad oggi, non mi sembra siano stati rilevati dai suoi commentatori, avviando il discorso dal suo ultimo libro, che ha avuto un grande successo tra i lettori: L'anima e il suo destino, edito da Raffaello Cortina, con l'introduzione del Cardinale Carlo Maria Martini.
Vito Mancuso dà il là alla sua opera rilanciando alcune parole-chiave sia per la ricerca filosofica che per quella scientifica e mettendo in primo piano le etimologie che le connotano.
La natura come fondo primordiale dell'essere, da collegare al termine greco equivalente: phisis da cui deriva fisica, che significa «generare, nascere, germogliare». Natura è l'abbreviazione del participio futuro del verbo latino «nasci» e contiene in sé l'idea di un'azione che deve continuare a compiersi, di qualcosa che «deve sempre ancora nascere»; l'energia, che oggi sostituisce la parola «essere», inglobando il concetto di materia, deriva dal termine greco «energheia», che significa «al lavoro», «in azione».
«L'universo è sempre al lavoro», perché l'energia, per definizione, è la capacità di produrre lavoro. Potrà sembrare un paradosso, ma nelle radici etimologiche di queste parole è contenuto il nucleo del pensiero di Mancuso e la sua novità: forse anche per questa persistente attenzione alla parola e per il totale coinvolgimento nel linguaggio con cui si esprime, egli riesce a comunicare in modo così convincente il suo pensiero a chi legge.
Ed è sorprendente l'analogia che spesso si evidenzia in Mancuso tra la scrittura e la materia della scrittura. Tra le parole e e ciò che esse descrivono si rivela spesso un'intima armonia, una sorta d'identità originaria: «Una pietra è produzione di lavoro nel senso che l'energia che la costituisce assume in essa una configurazione ordinata tale da farla risultare quella precisa pietra, per esempio una pietra della famiglia dei silicati a cristalli esagonali chiamata berillio, che verde viene detta smeraldo, azzurra acquamarina, gialla eliodoro, oppure un più semplice ma altrettanto dignitoso ciottolo di fiume, che avrà anche lui il suo nome scientifico». Con la stessa lucidità l'autore riesce a configurare di fronte agli occhi della nostra mente il lavoro dell'energia nel processo dell'evoluzione, a partire dalla materia (altra parola-chiave) dal latino mater, «la madre degli elementi primordiali alla base della vita, della nostra come di ogni altra cosa dotata di movimento proprio».
Così «l'energia diviene prima materia-mater, poi natura naturans, cioè vita».
In questa "visione" cosmica della creazione, comincia ad intravedersi la novità del rapporto Dio-natura-uomo: l'elemento mitico della Creazione è riconsiderato in base alle nuove conquiste del pensiero scientifico (rapporto energia-materia, la dimensione spirituale come dono di Dio ma anche come conquista dell'uomo, argomenti da meditare e approfondire con ulteriori ricerche) e sembra finalmente superato il riduzionismo dei seguaci meno innovativi di Darwin, anche se nella mente di qualche lettore può restare aperto un interrogativo: noi esseri umani siamo soggetti alle leggi dell'impersonale Principio ordinatore oppure inseriti in un ordine creativo più ampio in cui Dio in Persona ha previsto e voluto il sorgere della vita e, in particolare della nostra vita di esseri umani "a sua immagine" ? la prima ipotesi non esclude la seconda perché, nella visione cosmica di Mancuso, il Principio ordinatore è opera dell'Ente supremo e la ragione umana, inseguendo l'opera di Dio, si dispiega in un volo vertiginoso che dalle ragioni della libertà raggiunge quelle dell'amore.
Dio ha voluto l'uomo libero, ma è l'amore di Dio, che vuole essere ricambiato, ad abbracciare l'uomo a trascinarlo nell'eternità.
Nell'opera di Mancuso la ragione dell'uomo insegue quest'appassionato percorso dell'Amore di Dio, a cui fa riscontro la liberazione dell' "io" dal peso della materia e la sua ascesa progressiva attraverso i "gradini" dell'energia, fino a raggiungere la dimensione dello Spirito ed unirsi a Lui.
Se non si tiene in considerazione il contesto in cui si muove il termine "ragione" nell'esegesi del nostro teologo, si perde tutta la novità del suo linguaggio, che esprimendo la novità delle idee, non può essere letto in modo tradizionale. Il vino nuovo non è compatibile con gli otri vecchi.
La ragione in Mancuso tende a diventare trasparenza della creazione, in cui il lavoro dell'energia si adopera per la nascita, il mantenimento, la crescita e la trasformazione della vita. E l'Amore di Dio porta a compimento il disegno primordiale, chiudendo il cerchio e riaprendolo sempre, senza soluzione di continuità.
Se la ragione diviene «trasparenza della creazione», riesce a far emergere davanti agli occhi della mente quell'armonia perfetta che è anticipazione e presagio di una BELLEZZA mai sperimentata prima da mente umana. Una bellezza scaturita dalla profondità dell'essere, che fa tornare alla memoria il senso del bello sinonimo di buono (kalòs kai agathòs) nella cultura della Grecia antica.
A questo genere di bellezza credo abbiano fatto riferimento Dostojewsky e Giovanni Paolo II quando hanno profeticamente sostenuto, sia pure in epoche e situazioni tanto diverse, che «La bellezza salverà il mondo». E qui è necessario ricordare che Vito Mancuso ha collegato la ragione umana al logos, al Verbo, alla Parola con cui Dio ha detto tutto e che unisce l'umano al divino con la sua Incarnazione: l'unica Parola d'amore capace di dare significato alla vita e da cui la vita stessa ha origine come "bene" e come bellezza.
La ragione in Mancuso non è quindi fredda e asettica, non somiglia alla ragione dei cosiddetti razionalisti, ma si rivela come capacità specificamente umana legata al "bene" e tutta tesa a cercare la rispondenza strutturale al Logos "divino" che la caratterizza: «L'essere ci nutre, ci forma, ci sostiene: questa è l'eperienza primordiale, la sorgente immacolata dell'infanzia, la più basilare rivelazione del Logos, una rivelazione che coincide con la nostra stessa creazione».
A proposito di lavoro ed esercizio della ragione sulle questoni della fede Mancuso sostiene che è «doveroso pensarvi sopra ininterrottamente per cercare di venirvi a capo, se si vuole fare davvero il teo-logo, cioè uno che pensa Dio in modo logico, il theos alla luce del logos».
E ancora, sull'etica: «L'etica è la traduzione a livello interpersonale del movimento ordinato che a livello fisico produce il nostro essere, il nostro corpo, la nostra terra. La stessa logica che a livello fisico porta l'essere a costituirsi viene riprodotta dalla coscienza umana nei rapporti con se stessa e con gli altri uomini».
Se ne deduce che la ragione umana, liberando la verità dal velo di maja delle superstizioni e delle tradizioni acquisite acriticamente, può scoprire il volto originale della creazione e, sul piano strettamente umano, riappropriarsi di quello che noi sentiamo come bene sin dal grembo materno. Allora e soltanto allora saremo capaci di riconoscere la bellezza del bene che avrà il potere di salvarci, cosa di cui abbiamo disperato bisogno. Se la coscienza dell'uomo è dunque il risultato del processo-passaggio graduale della materia-energia da inorganica ad organica fino a raggiungere una fase di "spiritualizzazione", è evidente che la realtà fisica tende verso la dimensione che fu detta "metafisica" dai primi studiosi e seguaci di Aristotele, perché ritenuta inesplorabile dalla ragione umana, ma che adesso si comincia a percepire e considerare in modo del tutto differente. E questo sia perché abbiamo sperimentato che un corretto uso della ragione ci avvicina ad essa, sia perché anche il mondo e la realtà fisica in cui viviamo ci appaiono immersi nel mistero e, comunque, sempre diversi da come li vediamo, tocchiamo nella quotidianità e misuriamo in laboratorio. Tra fisica e metafisica corre lo stesso rapporto che lega materia ed energia: sono relative a diversi stati dell'essere, due espressioni di un'unica realtà.
Nella prospettiva in cui Vito Mancuso colloca la creazione e la realtà della natura, è inevitabile che anche l'idea di bellezza si trasformi e rivesta di spiritualità, che acquisti profondità e sia capace di esprimere i significati dell'essere che emergono dalle dinamiche della vita naturale ed umana e ci coinvolgono direttamente.
Siamo di fronte ad una svolta: e si impone anche la rifondazione dell'idea di bellezza. La bellezza non sarà più legata all'apparenza delle forme e dei colori, ma in profonda connessione ontologica con la bontà della natura e della vita. Si torna all'insuperabile definizione platonica: «Il bello è lo splendore del vero», anche se in Platone il vero ha una connotazione essenzialmente metafisica che tende ad emarginare "il reale".
Certo è che ci stiamo allontanando dall'estetica fine a se stessa e avvicinando all'etica: è bello ciò che fa star bene noi e gli altri, ciò che rende felici. Perché, se Dio è amore è anche gioia e se noi uomini siamo stati creati «Per amore» a sua immagine, siamo stati creati per la gioia.
In paradiso "Il dolore innocente" sarà invaso ed annientato dalla gioia.
Questa è la nostra speranza.
NOTA BIOGRAFICA
Vito Mancuso è di origine siciliana, è nato e ha studiato in Lombardia e vive con la famiglia sulle colline del Monferrato.
È docente di Teologia moderna e contemporanea presso la facoltà di Filosofia dell'Università San Raffaele di Milano.
Tra le sue pubblicazioni più note: Hegel teologo, Casale Monferrato 1996; Il dolore innocente, Milano 2002; Per Amore. Rifondazione della fede, Milano 2005; L'anima e il suo destino, Milano 2007.
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