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Il rapporto tra le proporzioni armonico-musicali e architettoniche nel Rinascimento  
Carlotta Bartolozzi
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 19 Settembre 2010, n. 574
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Area Didattica

1.La proporzione armonica in architettura

1.1 La Musica come “Scienza” Matematica e come fatto Cosmologico.

Nel Rinascimento, la relazione tra gli accordi udibili e le proporzioni visibili non costituiva solo argomento per le speculazioni teoriche, ma, soprattutto, testimonianza dell’organizzazione matematica di tutto il creato. La musica indicava non esclusivamente brani vocali e strumentali, ma anche la teoria dei rapporti, in quanto classificata come “scienza” matematica che “applica” una serie di operazioni algebriche ad un oggetto di studio [1] .

Sostiene Zarlino: “musico esser colui che nella musica è perito, si ha facoltà di giudicare, non per il suono: ma per ragione di quello, che in tale scienza si contiene…”. [2]

Infatti, l’aritmetica, studio dei numeri, la geometria, studio dei rapporti spaziali, l’astronomia, studio dei moti dei corpi celesti, e la musica, studio dei moti colti dall’orecchio, formavano il Quadrivium delle “arti” matematiche.

Pertanto, trascurando gli studi attinenti alla pratica musicale, relegata in posizione secondaria, anche il filosofo e politico M. T. Severino Boezio (480-525), con altri pensatori del V-VII secolo (tra cui S. Agostino e Isidoro di Siviglia), contribuì alla diffusione, nel Medioevo, della teoria musicale greca, dividendo questa in tre branche:

 

1.      Musica mundana;

2.      Musica Humana;

3.      Musica quae quibusdam constat instrumentis.

La prima definisce le relazioni costituenti il Macrocosmo, cioè l’Universo e la Terra [3] , i corpi celesti e il loro movimento.

Secondo la teoria aristotelico-tolemaica, il cosmo è strutturato in una serie di sfere concentriche costituite da una miscela gassosa, chiamata etere, con la terra disposta al centro e i pianeti (sole e luna compresi) che le girano intorno ancorati su tali sfere invisibili. A completamento ci sono le stelle fisse che ruotano sull’ultima e più grande sfera. L’attrito che viene generato da questi movimenti produce una musica, inudibile per l’orecchio umano per la lentezza delle sfere e la distanza che le separa dalla terra.

La musica Humana riguardava le influenze che l’uomo subiva confrontandosi con il mondo esterno, che si manifestavano nell’armonioso rapporto tra le sue componenti fisiche e psichiche [4] .

L’ultima, la musica instrumentalis, aveva relazione con il mondo dei suoni reali e poteva essere riallacciata alla musica mundana: essa sarebbe un pallido ed imperfetto riflesso dell’armonia cosmica.

Esisteva, quindi, una notevole differenza tra il musicista teorico-matematico e il compositore-esecutore [5] : il “Musicus” consacrava i suoi studi alla problematica di conferire ai suoni proprietà matematiche, con particolare attenzione ai fenomeni oscillatori delle corde.

Le sperimentazioni sul monocordo, strumento a corda, richiamano, senz’altro, le osservazioni dei “martelli” e le idee di Pitagora [6] e Platone [7] .

I filosofi pitagorici ritenevano che il moto degli astri fosse regolato armonicamente da proporzioni numeriche. Poiché anche gli intervalli musicali erano determinati da simili rapporti matematici [8] , la potenza del numero coordinava in un unico insieme astri e musica.

Inoltre la ricerca di proporzionalità utilizzava anche la sezione aurea [9] , legge matematica semplice, teoria del medio proporzionale [10] , esteticamente piacevole: alcune indagini realizzate su opere di Leon Battista Alberti ne hanno evidenziato l’uso benché il grande teorico non abbia mai rivelato il metodo per ottenere costruzioni dotate di quell’aspetto così armonioso ed equilibrato.

A partire dal Quattrocento queste concezioni riacquistarono un’importanza tutta nuova: per poter essere nobilitate al livello delle arti liberali, infatti, anche la pittura, la scultura e l’architettura, considerate attività manuali, dovevano ricevere un saldo fondamento teorico, cioè matematico.

Nel Rinascimento il proporzionamento armonico dell’architettura, tutto orientato sul principio generale dell’uso di piccoli numeri interi,  organizzava la distribuzione e la disposizione delle varie parti dell’edificio: l’architetto non è in alcun modo libero di applicare all’edificio uno schema casuale di rapporti. Questi devono conciliarsi con un sistema di ordine superiore: c’è rapporto proporzionale tra l’altezza delle colonne e l’apertura dell’arco, tra il diametro medio della colonna e la sua altezza, tra base, fusto e capitello, tra i piani dell’edificio, tra vuoti e pieni, tra larghezza e altezza delle superfici…

Pertanto l’educazione artistica comportò la familiarità con la teoria musicale.

Nella vita di Brunelleschi attribuita ad Antonio di Tuccio Manetti [11] si legge un’espressione: “fece pensiero di ritrovare el modo de’ murarsi eccellenti e di grand’artificio degli antichi, e le loro proporzioni musicali…”.

Questa osservazione, scritta nel 1471, sotto l’influenza dell’Alberti, mostra come il problema fosse particolarmente sentito dalla sua generazione, come illustra anche la famosa ammonizione dell’Alberti a Matteo De’ Pasti durante la costruzione della Chiesa di San Francesco a Rimini, che, riguardo l’alterazione delle proporzioni dei pilastri, “si discorda   tutta quella musica” e la tavoletta inserita da Raffaello nell’affresco della Scuola d’Atene che raffigura gli intervalli musicali pitagorici, designati anche con i nomi (diapason, diatessaron, diapente).

Le proporzioni corrispondenti agli intervalli musicali vengono così trasposti nella progettazione degli edifici diventando la base di veri e propri reticoli modulari: il sistema delle proporzioni armoniche si basava sugli stessi rapporti che costituiscono le consonanze musicali (ottava=1:2; quinta=2:3; quarta=3:4; terza maggiore=4:5; sesta minore=3:5; terza minore=5:6; sesta maggiore=5:8; seconda=8:9).

 

1.2 I Trattati

Per la valutazione esatta della diffusione di tali opinioni, possono contribuire i numerosi trattati, fonti principali che denunciano il frequentissimo rapporto tra accordi musicali e arti visive.

Già alla fine del Quattrocento, Luca Pacioli, matematico, scrisse un intero libro dedicato alla sezione aurea, illustrato da Leonardo da Vinci, in cui fece un’analisi delle caratteristiche architettoniche e del corpo umano convincendosi che la proporzione di Euclide si trovasse nelle opere umane e naturali più belle. Il titolo consiglia l’uso ai teorici, agli artisti di arti figurative e ai musicisti: “Divina proporzione; opera a tutti gli ingegni perspicaci e curiosi necessaria ove ciascun studioso di prospettiva, pittura, architettura, musica e altre matematiche soavissima sottile e ammirabile dottrina conseguirà e dilettarassi con varie questioni di segretissima scienza”.

Pomponio Gaurico, nel 1503, scrisse il De Scultura, che ha per oggetto l’armonia del corpo umano. Egli cita più volte il Timeo [12] , che gli appare come il libro della sapienza, dove è rivelata l’armonia mistica dell’universo.

Lomazzo, nel Trattato dell’Arte della Pittura (1584), analizzò le proporzioni del corpo umano, traducendole in termini musicali. In una opera successiva, Idea del tempio della pittura (1590) [13] ,  dichiarò che i maestri come Leonardo, Michelangelo e Gaudenzio Ferrari “pervennero alla cognizione della proporzione armonica per via della musica”.

Per sottolineare ulteriormente l’analogia tra le armonie e le proporzioni architettoniche, Lomazzo racconta un evento: l’architetto Giacomo Soldati aveva aggiunto ai tre ordini greci e ai due romani un sesto ordine “che egli chiamava armonico, e col suono facilmente lo fa sentir a l’orecchie, ma agli occhi stenta rappresentarlo, volendo in questo imitar gl’antichi che non meno sonando, che disegnando, e fabbricando fecero conoscere al mondo l’armonia dei suoi cinque ordini”. [14] uali organizaqualiququququ

Effettivamente trovare un sesto ordine che riassumesse le qualità degli altri e che esprimesse più chiaramente le armonie fondamentali dell’universo, era l’obiettivo di tutti gli architetti.

All’origine si pensava che questo ordine fosse stato ispirato direttamente da Dio quando aveva chiesto a Salomone di costruire il Tempio di Gerusalemme, divenuto archetipo delle teorie cosmologico-estetiche della proporzione.

Queste idee furono poi sviluppate dal gesuita spagnolo, teologo della Controriforma, Giovan Battista Villalpando, la cui influenza, sugli architetti, fu durevole. La sua famosa ricostruzione del Tempio espone, impeccabilmente, le proporzioni armoniche dell’intero edificio riferendosi continuamente alla teoria musicale: le sue speculazioni affondavano le radici nelle opere dell’Alberti, Francesco Giorgi, Barbaro, e altri.

L’allievo di Palladio, Scamozzi scrisse un trattato architettonico in cui espose il sistema tradizionale delle arti liberali, dividendo la musica in “theoricale” e “naturale”, in cui sosteneva che gli architetti dovevano conoscere la musica perché dovevano comprendere le ragioni delle consonanze e dissonanze sonore, in cui discute dei numeri platonici, ecc…

L’analogia tra proporzioni musicali e architettoniche ritorna nell’introduzione alle Regole delli cinque ordini (1562) del Vignola: egli cerca di sistematizzare gli ordini cercando di trovare “certa corrispondenza et proporzione de’ numeri insieme”. Poiché convinto, come Gioseffo Zarlino, della componente scientifica della musica, superiore che nell’architettura, nel suo Dimostrazioni armoniche, diede a quest’ultima una organizzazione di rapporti come nella prima.

Anche Franchino Gaffurio, teorico musicale del Rinascimento, ne parlò nei frontespizi del  De Harmonia Musicorum Instrumentorum del 1518 e del Theorica musice del 1492: egli poneva il principio “Harmonia est discordia concors” a fondamento del macrocosmo, del microcosmo, del corpo e dell’anima, della pittura, architettura e medicina, illustrando le consonanze musicali e la scoperta delle armonie musicali da parte di Pitagora.

A sottolineare ancora la familiarità degli artisti con queste idee e la loro predisposizione ad adottarle in pratica, intervengono gli scritti di Francesco Giorgi che pubblicò, a Venezia, nel 1525, l’opera De Harmonia mundi totius e che fondò tutte le proporzioni dell’edificio di San Francesco alla Vigna sulla filosofia pitagorico-platonica dei numeri armonici e che, presentando il suo promemoria al pittore Tiziano, all’architetto Serlio e all’umanista Fortunio Spira, questi non mostrarono sorpresa.

Sembra certo che anche Palladio conoscesse le speculazioni di Giorgi: egli  frequentava inoltre il circolo trissiniano dove apprese lo spirito dell’Accademia Platonica, mentre Daniele Barbaro facilitò la sua penetrazione nel pensiero filosofico antico come i suoi amici umanisti verso lo studio di Platone e Aristotele.

Anche molti pensatori del Seicento e del Settecento riaffermarono la concezione di un universo matematico, soggetto alle leggi dei rapporti armonici.

La ritroviamo nella Harmonia mundi di Keplero (1619), in Galileo e, più tardi, in Shaftesbury, per il quale le leggi dell’armonia musicale agiscono anche nella natura umana, in Inigo Jones, Henry Wotton, Reynolds…

Ma già a partire dal primo Seicento, l’ordine e l’armonia che pervadevano ogni cosa cominciò a disgregarsi: mentre Blondel [15] continuava ad occuparsi delle proporzioni musicali in architettura, richiamando le disquisizioni di Alberti e gli edifici palladiani, C.Perrault [16] riteneva che gli accordi musicali non potevano tradursi in proporzioni visuali.

Nel XVIII secolo, con l’affermarsi dell’empirismo, le proporzioni armoniche vennero sostituite da metriche dettate dal gusto personale: la disputa vide contrapporsi diversi studiosi.

Francesco Mattia Preti credeva ancora nell’applicabilità degli accordi musicali nell’architettura: riallacciandosi a Zarlino, sosteneva che la bellezza risiedesse nelle proporzioni basate sulla progressione musicale 1,2,3,4,5,6,(ottava, quinta, quarta, terza maggiore o minore) perché le stesse consonanze “che dilettano l’orecchio, dilettano anche la visione”. [17]

La stessa opinione avevano Alessandro Barca, Bernardo Antonio Vittone…

Tommaso Temenza, invece, riteneva che le consonanze musicali non potevano essere applicate all’architettura perché relative all’angolo di visibilità sotto il quale è osservato l’edificio [18] , e perchè non assolute, così anche Guarino Guarini [19] e, più tardi, Francesco Milizia che subordinava ogni cosa alle leggi della prospettiva.

Fu, però, soprattutto in Inghilterra che la struttura dell’estetica classica venne rovesciata.

Hogarth rigettava qualunque parallelismo tra matematica e bellezza: “…certe divisioni uniformi e proporzionali su una corda producono all’orecchio armonia…distanze simili prese sulle linee della forma visibile dovrebbero produrre, in maniera analoga, delizia per l’occhio. Del che si è dimostrato vero esattamente il contrario…eppure questa specie di nozioni fin’ora è prevalsa, al punto che le parole armonia delle parti sembrano applicabili tanto alla forma figurativa che alla musica”. [20]

Ancora Hume: “…bellezza e deformità, più ancora del dolce o dell’amaro, non sono qualità inerenti agli oggetti, ma appartengono interamente alla sensibilità…” [21] , quindi “ciascuna mente percepisce una bellezza diversa…”.

Burke sostenne, addirittura, che la bellezza avesse “nulla a che vedere con il calcolo e la geometria”. [22] Egli non credeva potesse esistere una relazione fra il corpo umano e l’architettura: “So che si afferma da lungo tempo e si rimanda da uno scrittore all’altro migliaia di volte, che le proporzioni di un edificio debbono essere riprese da quelle del corpo umano. Per rendere completa e perfetta questa forzata analogia, essi rappresentano un uomo con le braccia alzate e tese, e poi intorno ad esso descrivono una specie di quadrato, quale si forma facendo passare delle linee lungo le estremità di questa singolare figura. Ma, quanto a me, sembra chiaro che la figura umana non ha mai offerto all’architetto nessuna di questa idee. Poiché, in primo luogo, raramente gli uomini si vedono in questa stranissima posizione…e certamente nulla potrebbe apparire più straordinariamente fantastico di un architetto che prendesse a modello delle sue opere la figura umana, poiché non esistono due cose che siano meno somiglianti o analoghe fra loro, che un uomo e una casa o un tempio”.

Lord Kames, non credendo nella possibilità di tradurre gli accordi musicali in architettura, sosteneva: “…per rifiutare la nozione di una rassomiglianza fra proporzioni musicali e architettoniche, basterebbe osservare che le une si dirigono all’orecchio, le altre all’occhio; e che oggetti che fanno capo a sensi diversi non possono rassomigliarsi, né può esservi alcuna relazione dell’uno rispetto all’altro” [23] .

La posizione settecentesca è esemplificata, tra gli altri, da Alison [24] : egli riteneva che qualunque norma, astratta o ideale, distrugge la funzione di un’opera d’arte in quanto solo gli stimoli spontanei dell’immaginazione rendevano un’opera bella e sublime.

Riallacciandosi a Alison, Richard Payne Knight [25] dichiarò che la proporzione “dipende interamente dall’associazione delle idee, e niente affatto da qualsivoglia ragione astratta o sensazione organica; altrimenti, come l’armonia nel suono e nel colore, risulterebbe ugualmente dalle stesse relazioni comparative in tutti gli oggetti; il che è tanto lontano dall’essere in realtà, che le stesse dimensioni relative, che rendono un animale bello, fanno un altro assolutamente brutto… ma le stesse combinazioni armoniche di suoni, che producono l’armonia di un violino, la producono in un flauto o in un’arpa”.

Pertanto molti architetti acquistarono una piena libertà dai vincoli dei rapporti matematici: la proporzione divenne espressione della sensibilità individuale dell’artista e tale atteggiamento si è protratto fino ai nostri giorni.

 

2.L’interpretazione armonica dell’ architettura.

L’esempio di artisti illustri: Brunelleschi, Alberti e Palladio

L’attività di Brunelleschi [26] testimonia il nuovo orientamento degli architetti nella prima metà del Quattrocento. Nonostante riaffermasse l’uso di antichi metodi di costruzione, studiò e propose ulteriori progetti basati sulla modularità delle strutture e la razionalizzazione geometrica delle piante e degli alzati. Pur sperimentando nuove tecniche costruttive, riscoprì i canoni matematici su cui si basavano le proporzioni e l’ornamentazione da cui dipendevano il valore e la bellezza dell’opera.

Il biografo Manetti [27] sostiene: “quantunque maestro Pagolo mattematico e medico, dal Pozzo Toscanelli, che lo praticò di più di quaranta anni, secondo che diceva, gli attribuiva questa virtù e pratica, con molte altre eccellenti, per la minore. Perché invero di sì gran cose, come diceva detto maestro Pagolo, non può essere atto né essere capace ogni artefice: ma bisogna molte elevate menti e molto circospette e piene di diverse buone cose, e dove non sia punto né debole né del presuntuoso”.

Il Vasari [28] continua: “…Paolo dal Pozzo Toscanelli…prese tal familiarità con seco, che egli imparò la geometria da lui; e sebbene Filippo, non aveva lettere, gli rendeva sì ragione di tutte le cose con il naturale della pratica esperienza, che molte volte lo confondeva. E così seguitando dava opere alle cose della scrittura cristiana, non restando d’intervenire alle dispute e alle prediche delle persone dotte; delle quali faceva tanto capitale per la mirabil memoria sua, che M. Paolo predetto celebrandolo, usava dire che nel sentire arguir Filippo gli pareva un nuovo S. Paolo. Dette ancora molta opera in questo tempo alle cose di Dante, le quali furon da lui bene intese circa i siti e le misure, e spesso nelle comparazioni allegandolo, se ne serviva ne’ suoi ragionamenti; ne mai col pensiero faceva altro che macchinare e immaginarsi cose ingegnose e difficili, né poté trovar mai ingegno che più lo satisfacesse che Donato, con il quale domesticamente confabulando, pigliavano piacere l’un dell’altro, e le difficoltà del mestiero conferivano insieme”.

Brunelleschi introdusse una nuova concezione sintetizzata dal Benevolo [29] : “…l’idea della normalizzazione è sconosciuta prima del Brunelleschi…Il processo della progettazione risulta scaglionato in diversi tempi: un certo numero di elementi entrano nell’equazione progettistica come termini noti, e sono messi a punto mediante piccole correzioni: si stabilisce così, su un terreno predisposto e limitato, un'ideale collaborazione con gli antichi, che potrà essere ripetuta altre volte e continuata da altri progettisti, i cui rapporti risulteranno commensurabili ai precedenti. Impiegando una serie di termini noti, il progettista può concentrarsi ogni volta sulle incognite peculiari al suo caso; essendo definiti gli elementi, deve occuparsi del loro montaggio, e questa operazione- che può essere definita facendo astrazione dalla forma degli elementi- diventa il cardine del nuovo procedimento di progettazione”.

Pertanto l’architettura è pensata in termini di proporzioni, ma agli schemi geometrici, basati sul triangolo di lati 3,4,5 o sul  triangolo equilatero, si sostituiscono altri schemi basati sui rapporti numerici e sui rapporti armonici.

Ad esempio di ciò interviene lo schema di proporzionamento di Palazzo Pitti che ancora trova divisi gli storici dell’architettura sull’attribuzione. Generalmente l’impianto architettonico rispetta il reticolo modulato su numeri interi di braccia fiorentine (m.0,583). La “generazione di rapporti armonici” si organizza in “maglie” che includono un certo numero di braccia (2,4,6,8,10), le quali, a loro volta, generano le proporzioni geometriche accoppiandosi a due a due, a tre a tre, ecc., rispettando i rapporti delle armonie musicali.

Brunelleschi, pur ottemperando all’impiego dei numeri pitagorici ( 1,2,4,8,3,9, ecc.), mostra l’ardire di sperimentarne altri volgendosi verso nuove esperienze.

Nascono così i numeri undici ( usato nello Spedale degli Innocenti, in San Lorenzo, in Santo Spirito) e tredici ( Palazzo Pitti).

I numeri 6,8,10,20 si ritrovano anche negli schemi delle architetture del Cronaca [30] , di Giuliano da Sangallo, di Giuliano da Maiano, e in altri ancora…

Continuando le proprie ricerche, ispirate dall’esigenza di cercare sempre nuove formule, Brunelleschi traspose la strutturazione proporzionale architettonica sul filone della  prospettiva: la costruzione prospettica della vista del Battistero fiorentino costituì, in effetti, un precedente di grande interesse proprio perché testimoniò la possibilità di riportare, nel disegno, grandezze non solo misurabili con facilità, ma, soprattutto, reciprocamente in relazione di commensurabilità e di proporzionamento, secondo la “generazione albertiana dei rapporti armonici”. Infatti quella generazione di rapporti armonici si conserva intatta mediante quelle operazioni e in virtù di specifici principi matematici che solo in seguito verranno definiti e dimostrati.

Probabilmente la trasposizione delle armonie musicali in armonie di forme geometriche ha origine nelle componenti sociali e intellettuali del Medioevo, successivamente confluite nella cultura Rinascimentale: non si sa se, ad esempio, Filippo sia stato influenzato dalla conoscenza del pensiero dantesco e dalle opere del Poeta, che richiamava, spesso, i fondamenti geometrici di Euclide o, ancora, se conoscesse l’anticipazione dell’organizzazione modulare contenuta nel Taccuino di Villard de Honnecourt e mostrata dallo schizzo di una pianta di una chiesa cistercense.

Inoltre l’influenza delle culture orientali, l’interrelazione tra architettura e idee cosmologiche, l’attività legata al simbolismo, il significato naturalistico o esoterico attribuiti fin dall’antichità al numero, le influenze scientifiche, i fisici, astronomi e matematici [31] , contribuirono alla formazione degli artisti, i quali sembrano aver assorbito e filtrato tali stimoli culturali.

Leon Battista Alberti [32] sostiene: “caveremo dunque tutta la regola del finimento da musici, a chi sono perfettissimamente noti questi tali numeri: e da quelle cose oltra di questo, da le quali la natura dimostri di se cosa degna et onorata” [33] , attestando la corrispondenza tra intervalli musicali e le proporzioni architettoniche.

Egli credeva effettivamente che nella musica si rivelavano i rapporti armonici presenti in natura: gli architetti che usano tali armonie fanno uso di quell’armonia universale che si manifesta proprio attraverso la musica: “ Certissimum est naturam in omnibus sui esse persimilem”. [34]

Distinguendo tre tipi di piante, pensava che  a quella piccola appartenesse il quadrato (2:2) e forme di uno ad uno e mezzo (2:3) e di uno ad uno e un terzo (3:4); quelle medie raddoppiano i rapporti di quelle piccole, cioè uno a due, uno al doppio di uno e mezzo, uno al doppio di uno e un terzo. Per disegnarne la pianta si usa una unità di misura di riferimento.

Le maggiori si ottenevano aggiungendo al doppio quadrato, 2:4, una metà, in modo che da 2:4:6 si generi la proporzione 1:3; o aggiungendo al doppio quadrato, 3:6, un terzo, in modo che da 3:6:8 si generi la proporzione 3:8; oppure raddoppiando il doppio quadrato in modo che da 2:4:8 si generi la proporzione quadrupla 2:8. La doppia proporzione 1:2 (musicalmente un’ottava)  è composta in base ai due rapporti 2:3:4 in modo che essa è generata da 2:3:4 o da 3:4:6 (musicalmente dalla quinta e quarta, o dalla quarta e quinta).

Ogni numero, dunque, è visto come un’unità che ha in sé alcune potenzialità armoniche: l’unità complessa si scomponeva in unità inferiori, cioè in intervalli armonici semplici della scala maggiore, in sottorapporti  consonanti.  Le modalità per farlo variavano di volta in volta.

Anche Sebastiano Serlio , nel suo Primo libro dell’Architettura, illustrando uno schema geometrico per la giusta costruzione della porta di una chiesa, esplicita come i rapporti scelti per il portale siano stati determinati a priori: la porta è un doppio quadrato, la larghezza e l’altezza di questo stanno, con il lato del quadrato, nel rapporto di 1:3 e di 2:3, la cornice del portale e l’altezza del timpano stanno con la larghezza dell’apertura nei rapporti di 1:3 e di 1:2…ecc.

Lo stesso Palladio [35] riteneva che l’ordine razionale che permea la creazione divina dovesse essere imitato nelle creazioni dell’uomo e che questa imitazione della natura non doveva essere una semplice riproduzione quanto una ricerca di principi astratti. La sua architettura, estremamente rigorosa nelle interconnessioni [36] ,mostra legami con i contemporanei progressi della matematica.

Infatti, Silvio Belli,  amico di Palladio, nel 1573, pubblicò un’opera intitolata Della Proporzione, et Proporzionalità, in cui enunciava alcuni principi aritmetici che Palladio rispettava.

Secondo Belli la proporzione era la fonte esatta per distribuzione corretta ed esemplificazione della bellezza.

I rapporti di proporzionalità acquistano un’importanza molto maggiore che non nel primo Rinascimento: nonostante ciò, nei Quattro libri di Palladio, non viene ricordata la relazione, teorica e pratica, tra le proporzioni architettoniche e i rapporti armonici della scala musicale greca.

Quando disegnava i suoi edifici, Palladio non trasferiva consapevolmente le proporzioni musicali in quelle visive: secondo l’artista le proporzioni dei suoni e quelle dello spazio erano in stretta relazione perché persuaso della validità universale di un unico sistema armonico.

L’artista non spiega il motivo della scelta di un rapporto piuttosto che un altro: sostiene che gli ordini devono trovarsi in rapporto l’uno con l’altro “con bella proporzione” rispetto all’intero edificio. [37]

Le sue regole pratiche, però, trovano sicuramente fondamento in regole matematiche accettate e condivise: descrivendo i rapporti tra le tre dimensioni che definiscono le forme degli ambienti, essi risultano tutti commensurabili e semplici [38] , in virtù dell’uso di una “regola homogenea”.

Sostiene nel Libro IV, al capitolo 5: “…in tutte le fabbriche si ricerchi, che le parti loro insieme corrispondano, et habbiano tal proportione, che nessuna sia, con la quale non si possa misurare il tutto, et le altre parti ancora”.

Le proporzioni degli ambienti interni [39] vengono ricavate sulla scorta di procedimenti ben noti e, tradizionalmente, attribuiti a Pitagora: la teoria dei tre medi proporzionali, medio aritmetico, geometrico e armonico, probabilmente diffusi da Ficino [40] , acquistarono, nell’estetica rinascimentale, una notevole importanza.

Essi vennero esaminati anche da Giorgi [41] , Daniele Barbaro [42]

E’ probabile che Palladio li avesse appresi tramite Alberti: le armonie visive, sorte dai numeri che sintetizzavano armonie musicali applicati ai  rapporti spaziali dell’architettura, rivelavano una Forma universale, convalidando le teorie e l’importanza della matematica come fondamento.

Il rapporto di Palladio con le armonie musicali è rappresentato, ad esempio, dal Palazzo per Iseppo Porto, descritto nei Quattro Libri.

Le dimensioni di alcune stanze formano un sistema di rapporti armonici molto rigido: l’atrio misura 30 piedi per 30 ed è alto 24 piedi, con un ordine ionico alto 15 piedi; la sovrastante sala è di 30 piedi per 40 ed è alta 30 piedi, mentre le stanze laterali misurano 20 piedi per 30 e per 20 di altezza.

Anche nella memoria relativa al nuovo progetto del Duomo di Brescia del 1567, Palladio parla di proporzione richiamando proprio Giorgi: “…secondo che le proporzioni delle voci sono armonia delle orecchie, così quelle delle misure sono armonia degli occhi nostri, la quale secondo il suo costume sommamente diletta, senza sapersi il perché fuori da quelli che studiano di sapere le ragioni delle cose”. [43]

Ciò che contraddistinse la proporzione palladiana da quella degli architetti del primo Rinascimento, tra cui Alberti, fu la concezione integrata e non aggregata degli elementi compositivi [44] : un dominio armonico che coordinava la pianta agli alzati, l’interno all’esterno, una stanza alla successiva…rivelando una gerarchia profonda delle parti.

 

 

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NOTE

[1] Secondo Cassiodoro (490-585) la musica “è una disciplina che tratta di numeri”.

[2] G.Zarlino, Instituzioni armoniche, Venezia 1558.

[3] Nicomaco di Gerasa (I secolo d.C.) nella sua “Introduzione all’aritmetica”metteva in relazione i fenomeni naturali con il numero: “Tutto ciò che la natura ha ordinato sistematicamente nell’universo appare nelle sue parti come nell’insieme essere stato determinato e organizzato in accordo con il numero, dalla preveggenza e il pensiero di colui che ha creato ogni cosa; perché il modello era fissato, come schizzo preliminare, dal potere del numero preesistente nello spirito del Dio creatore del mondo; idea numerica immateriale sotto ogni aspetto, ma nello stesso tempo la vera ed eterna essenza, cosicché in accordo con il numero furono create tutte queste cose, e il tempo, il movimento, i cieli, gli astri e i cicli di ogni cosa”.

[4] Il proporzionamento della figura umana, microcosmo che riproduce nella grandezza che gli è propria la proporzione cosmica della musica mundana, fu analizzata da molti pittori e scultori. Già nelle antiche civiltà il corpo umano era stato oggetto di studio per l’individuazione di un canone, cioè regole oggettive per la composizione del disegno (Policleto, Vitruvio…).

[5] Sostiene Guido D’Arezzo (990-1050 circa): “ Musicorum et cantorum magna est distantia. Illi dicunt, isti sciunt quid componit musica. Nam qui facit quod non sapit definitur bestia”.

[6] Pitagora aveva trovato che le armonie musicali sono determinate da rapporti di piccoli numeri interi. I numeri piccoli sono: 1,2,3,4 ( la Tetraktis di Pitagora) e la loro somma (10) corrispondeva al simbolo del Demiurgo.

[7] Celebre il mito platonico di Er, Repubblica, X, 616 sgg.

[8] Se facciamo vibrare una corda tesa fra due estremi, riusciamo a sentire, insieme alla nota fondamentale, una serie di suoni (armoniche). Questi sono riproducibili per mezzo della corda se ne intercettiamo la lunghezza in determinati punti. Così se la dividiamo a metà (1/2) otterremo l’ottava (o diapason), a 2/3 la quinta (o diapente) a ¾ la quarta (o diatessaron) e così via.

[9] In architettura, la Sezione Aurea è stata applicata fin dai tempi più antichi (Greci) e nel Rinascimento acquista il crisma della bellezza estetica: Leonardo da Vinci, Piero della Francesca, Leon Battista Alberti sono solo alcuni tra gli artisti che si dedicarono al suo studio e alla teorizzazione delle sue proporzioni nelle loro composizioni.

[10] Ne trattò diffusamente Euclide e il matematico pisano Fibonacci che scoprì un’interessantissima serie numerica i cui rapporti corrispondono agli intervalli musicali di unisono(1:1), ottava(1:2), ecc.

[11] A. Manetti, Vita del Brunellesco, ed. Holtzinger, Stuttgart 1887, p.16.

[12] Platone, nel Timeo,35B-36B, spiegò che alcuni numeri contenevano l’ordine e l’armonia cosmici.

[13] G.P.Lomazzo, Idea del Tempio della Pittura, 1590,II ed.

[14] G.P.Lomazzo, Idea del Tempio della Pittura, 1590, p.30.

[15] F. Blondel,Cours d’architecture,1675-1683.

[16] C.Perrault, Ordonnance des cinq espéces de colonnes, 1683.

[17] G.Bottari-S.Ticozzi, Raccolta di lettere, VIII, p. 277.

[18] Ibidem, V, p.474.

[19] G.Guarini, Architettura Civile, Torino 1737, p.6.

[20] W.Hogarth, Analysis of Beauty, London 1753, p.76.

[21] D. Hume, Of the Standard of Taste, 1757.

[22] E. Burke, Inquiry into the Origin of  our Ideas on the Sublime and Beautiful, IX ed., 1782, pp.175 sgg, 181 segg.

[23] Lord Kames, Elements of Criticism, 1761, Inizio.

[24] A. Alison, Essays on the Nature and Principles of Taste, Edinburgh, 1790, V ed.1817, I, pp.13 segg.,317, e anche II, pp.20 segg., 33 sgg.

[25] R.Payne Knight, Analytical Inquiry into the Princoples of Taste, 1805, p.169.

[26] Relativamente al rapporto proporzioni-armonico- musicali -architettoniche nell’opera di Brunelleschi, esemplificativi sono stati gli studi condotti su l’Ospedale degli Innocenti, Santa Maria degli Angeli, la Basilica di San Lorenzo, la Sacrestia Vecchia di San Lorenzo, la Cappella de’ Pazzi, la Basilica di Santo Spirito, Palazzo Pitti, la Cupola di Santa Maria del Fiore.

[27] A. Manetti, Vita del Brunellesco, ed. Holtzinger, Stuttgart, p.16 e sgg.

[28] G. Vasari, Le Vite de’ Più Eccellenti Architetti, Pittori, et Scultori da Cimabue insino ai nostri tempi.

[29] L.Benevolo, Storia dell’Architettura del Rinascimento, Bari 1973.

[30] La Pittalunga scrive a proposito di Simone del Pollaiolo, detto il Cronaca: “Come ogni architetto del Rinascimento egli scrive di elementi di cui, attraverso Vitruvio, si erano ormai fissati dei canoni, che avevano teoricamente indotto all’astratta idealità della proporzione perfetta. Ma come ogni vero artista, il Cronaca subordina canoni ed idealità ad un concetto d’ armonia del tutto personale: ciò- s’intende- con il sussidio delle scienze matematiche, che racchiudevano in sé e, senza che né lui né altri ne avessero coscienza, un significato di nuovo sentimento”. Riguardo il suo uso e il suo rispetto delle proporzioni armoniche, trasferite in architettura, basate sul diapason, diapente ecc., è esemplare la Chiesa di San Salvatore al Monte, definita, da Michelangelo, la Bella Villanella

[31] Alberto di Sassonia, Buridano, Giordano Nemoriano, Oresme, erano al centro del rinnovamento del pensiero teologico e filosofico, oltre che scientifico e della ricerca sperimentale.

[32] Di Leon Battista Alberti è interessante lo studio condotto sulla facciata di Santa Maria Novella: essa, per l’applicazione di una serie continua di rapporti, denuncia un carattere innovativo, costituendo il primo esempio di eurythmia rinascimentale, quindi modello più diffuso per gli edifici sacri,  per lungo tempo.

[33] L. B. Alberti, De re aedificatoria, ed. 1485, fol.Y II v.

[34] Ibidem, cap.5.

[35] La trasposizione visiva di proporzioni musicali è denunciata da varie costruzioni palladiane: Villa Godi, Villa Foscari, Villa Emo, Villa Thiene a Cicogna, Villa Pisani a Bagnolo, Villa Sarego alla Miega, Villa Barbaro.

[36] Palladio teneva conto di tutti i rapporti tra larghezze, profondità e altezze, nel corpo centrale come in quelli laterali, in pianta come nei prospetti.

[37] A.Palladio, Libro I, cap.II.

[38] A.Palladio, Libro I, cap.21.

[39] I rapporti dell’altezza rispetto alla lunghezza e alla larghezza.

[40] M. Ficino, Opera, Basilea 1576, II, pp.1454 sgg.

[41] F. Giorgi, De Harmonia Mundi, I, V, fol. 82.

[42] D. Barbaro, Commento a Vitruvio, Libro III, Proemio “Le regole adunque dell’ Arithmetica sono quelle, che fanno la Musica con l’Astrologia congiunta, perché la proporzione è commune, et universale in tutte le cose atte a esser numerate, misurate, et pesate”.

[43] A. Magrini, Memorie intorno…Andrea Palladio, Padova 1845, Appendice, p.12.

[44] “Ma le stanze grandi con le mediocri, e queste con le picciole deono essere in maniera compartite, che (come ho detto altrove) una parte della fabbrica corrisponda all’altra, e così tutto il corpo dell’edificio habbia in se una certa convenienza di membri, che lo renda tutto bello, e grazioso”, A.Palladio, Libro II, cap.2.








Fig. 1
Frontespizio del "Theorica musice" di Franchino Gaffurio, 1492


	

Immagine cortesia di Carlotta Bartolozzi

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