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La poesia de “La tigre e la neve”  
Eleonora Rovida
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 2 Gennaio 2014, n. 701
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Ogni persona è un abisso. Vengono le vertigini a guardarci dentro”

Fuad

Il ritorno al sentimento: You can never hold back spring

La tigre e la neve è un film del 2005 di Roberto Benigni, la cui sceneggiatura è realizzata con la collaborazione di Vincenzo Cerami[1]. Dopo le critiche a Pinocchio[2], Benigni torna sul genere drammatico-sentimentale[3] che gli aveva valso l'Oscar per La vita è bella[4], riuscendo ad ottenere, con questa nuova perla, due Nastri d'argento 2006 per il soggetto e la fotografia.

Tornano i temi dell'amore e della guerra, del dolore e della gioia, il cui nodo centrale è il personaggio interpretato da Benigni stesso.

Attilio De Giovanni, un piccolo grande eroe contemporaneo, è un poeta che vive in una dimensione onirico-letteraria tutta sua: è un docente di poesia in un'università per stranieri a Roma, padre divorziato di giorno, grande sognatore la notte. I suoi sogni sono incentrati sul desiderio quasi ossessivo di sposare Vittoria, ex moglie e unico amore che, durante il giorno, prova disperatamente ad incontrare in una casualità cercata fortemente con conseguente effetto ironico, tra il dolce e l'amaro.

La donna sta scrivendo la biografia di un poeta arabo, Fuad, amico di Attilio, che, dopo tanti anni passati a Parigi, decide di rientrare nella sua Baghdad, dove aleggia seriamente l'imminenza della guerra. Vittoria parte con Fuad per l'Iraq, ma resta incosciente per un forte trauma cranico dopo i primi bombardamenti americani.

Attilio, partito con la Croce Rossa visto il blocco dei voli, si reca a Baghdad per assisterla durante tutto il periodo del coma e si trova in mezzo a mille peripezie per trovare il necessario per Vittoria in un Paese sconvolto dalla guerra.

La poesia avvolge il personaggio di Attilio accompagnandolo in ogni istante: è l'arma con cui mostra la felicità del quotidiano, la bellezza delle piccole cose, il ponte tra le parole e i sentimenti, tra l'occhio e il cuore. Il film è pieno di citazioni e omaggi a grandi poeti come Eugenio Montale e Gabriele D'annunzio.

Nei sogni di Attilio e a quel matrimonio tanto desiderato c'è sempre Tom Waits con la sua You can never hold back spring. Grazie alla computer grafica compaiono anche Jorge Luis Borges, Marguerite Yourcenar e Giuseppe Ungaretti.

La tigre e la neve è il titolo dell'ultima raccolta pubblicata da Attilio, ma anche metafora di un sogno impalpabile: Vittoria si innamorerà di lui solo quando vedrà una tigre sotto la neve, cosa improbabile in una città come Roma, ma un incendio al circo libererà gli animali esotici nella città eterna dove il polline dei gelsomini sembrerà cadere come la neve.

 

Sulla scia del professor Keating

Attilio cerca di trasmettere il suo amore per la poesia tanto alle figlie quanto ai suoi studenti. La sua lezione è diventato un pezzo diffusissimo, simbolo della poesia stessa, utilizzato come testo per canzoni riedite e remixate per trasmettere i principi di Benigni.

Su su... svelti eh, svelti, veloci... Piano, con calma. Non v'affrettate, eh. Poi non scrivete subito poesie d'amore, eh! Che sono le più difficili aspettate almeno almeno un'ottantina d'anni eh... Scrivetele su un altro argomento, che ne so su... su... il mare, il vento, un termosifone, un tram in ritardo, ecco, che non esiste una cosa più poetica di un'altra, eh? Avete capito? La poesia non è fuori, è dentro! Cos'è la poesia? Non chiedermelo più, guardati nello specchio: la poesia sei tu! E vestitele bene le poesie! Cercate bene le parole! Dovete sceglierle! A volte ci vogliono otto mesi per trovare una parola! Sceglietele, che la bellezza è cominciata quando qualcuno ha cominciato a scegliere! Da Adamo ed Eva: lo sapete Eva quanto c'ha messo prima di scegliere la foglia di fico giusta? Come mi sta questa? Come mi sta questa? Come mi sta questa?... Ha spogliato tutti i fichi del Paradiso Terrestre! Innamoratevi! Se non vi innamorate è tutto morto! Morto, tutto è... Vi dovete innamorare e diventa tutto vivo, si muove tutto, dilapidate la gioia! Sperperate l'allegria! Siate tristi e taciturni con esuberanza! Fate soffiare in faccia alla gente la felicità! E come si fa? Fammi vedere gli appunti che mi son scordato! Questo è quello che dovete fare! Non son riuscito a leggerli! Per trasmettere la felicità bisogna essere felici. E per trasmettere il dolore bisogna essere felici. Siate felici! Dovete patire, stare male, soffrire, non abbiate paura a soffrire, tutto il mondo soffre! Eh? E se non avete i mezzi non vi preoccupate, tanto per fare poesia una sola cosa è necessaria: tutto! Avete capito? E non cercate la novità, la novità è la cosa più vecchia che ci sia. E se il verso non vi viene da questa posizione, da questa, da così, beh... buttatevi in terra! Mettetevi così! Eccolo qua... Oh! È da distesi che si vede il cielo! Guarda che bellezza, perché non mi ci sono messo prima!? Cosa guardate? I poeti non guardano, vedono! Fatevi obbedire dalle parole! Se la parola... 'muro'! 'Muro' non vi dà retta... non usatela più per otto anni, così impara! 'Che è questo? Boh! Non lo so!' Questa è la bellezza! Come quei versi là, che voglio che rimangano scritti lì per sempre!... Forza cancellate tutto! Che dobbiamo cominciare. La lezione è finita”.

Il monologo è un inno all'arte e alla vita, sulle orme del professore Keating ne L'attimo fuggente[5]: “Ė proprio quando credete di sapere qualcosa, che dovete guardarla da un'altra prospettiva, anche se può sembrarvi sciocco o assurdo, ci dovrete provare. Ecco, quando leggete per esempio, non considerate soltanto l'autore, considerate quello che voi pensate. Figlioli, dovete combattere per trovare la vostra voce. Più tardi cominciate a farlo, più grosso è il rischio di non trovarla affatto. Thoreau dice che molti uomini hanno vita di quieta disperazione. Non vi rassegnate a questo! Ribellatevi! Non affogatevi nella pigrizia mentale! Guardatevi intorno! (…) Osate cambiare! Cercate nuove strade!”

 

Alle radici dell'arte

La lezione di Benigni, al di là del pathos vitale, è una riflessione che va alle origini della poesia e dell'arte stessa. Comincia come una corsa, “Su su... svelti eh, svelti, veloci... Piano, con calma. Non v'affrettate, eh”, alla base dell'estetica del montaggio dove le scene sono velocizzate, rallentate, come in un film muto. La concitazione poetica sottolinea l'impeto del tempo della creazione che si accorcia, si dilata e contemporaneamente viene risucchiato.

Il tema si apre come accumulo seriale: “Scrivetele su un altro argomento, che ne so su... su... il mare, il vento, un termosifone, un tram in ritardo, ecco, che non esiste una cosa più poetica di un'altra, eh? Avete capito?”. Tutto è poesia/arte, secondo la stessa visione “democratica” di coloro che, nel Novecento, si occupano di collage[6] e/o assemblage[7]. Si ricordi il Cubismo, Dada, il Surrealismo e Joseph Cornell[8].

Questa equiparazione degli elementi è possibile in quanto filtrata dall'individuo. L'importanza del sentimento segue la tradizione romantica: “La poesia non è fuori, è dentro! Cos'è la poesia? Non chiedermelo più, guardati nello specchio: la poesia sei tu!”.

L'opera-poesia per Benigni è una creatura da abbigliare con cura: “E vestitele bene le poesie! Cercate bene le parole! Dovete sceglierle! A volte ci vogliono otto mesi per trovare una parola!”. Non si tratta soltanto di estetica o forma, ma di una decisione profondamente meditata sulla parola-oggetto come componente dell'opera alla Joseph Cornell: “Ma Cornell, anche se usciva ogni giorno dalla porta del tempo per esplorare le magiche prospettive dell’immaginazione associativa e, come un bimbo che incolla le figurine la sera, lavorava sul tavolo della cucina della modesta casa di Long Island sepolto in un mondo di piccoli oggetti, ritagli di stampe, biglietti di viaggio scaduti, angeli di bisquit e di carta ricamata, bicchierini, palle di vetro colorate, etichette, piccoli flaconi, carte del cielo e del mare, fotografie, frammenti di specchio, rami secchi e infiniti relitti del tempo, non per questo mancò di partecipare attivamente, in prima linea, alla vita di quella grande vicenda dell’arte americana[9].

La scelta degli elementi è il meccanismo che è alla base di ogni creazione artistica, il motore che permette l'inizio di ogni arte come volontà precisa: “Sceglietele, che la bellezza è cominciata quando qualcuno ha cominciato a scegliere!”.

La componente emotiva di Benigni, indispensabile per poter vedere la poesia delle cose e vivere, riguarda un concetto ripreso da Dante[10] per cui l'amore muove il sole e le stelle. “Innamoratevi! Vi dovete innamorare e diventa tutto vivo, si muove tutto, dilapidate la gioia! Siate felici! Dovete patire, stare male, soffrire, non abbiate paura a soffrire, tutto il mondo soffre!”.

L'occorrente per una poesia, come direbbero gli esperti di collage, è in una ricetta dettagliata: l'elenco è breve, ma il contenuto è enorme perché “per fare poesia una sola cosa è necessaria: tutto!”.

La ricerca va rivolta al presente: “E non cercate la novità, la novità è la cosa più vecchia che ci sia!”. Questo concetto ricorda come in realtà tutta l'arte sia contemporanea alla sua nascita.

Oh! È da distesi che si vede il cielo! Guarda che bellezza, perché non mi ci sono messo prima!?”: l'importanza dell'osservazione ha origini salde nella tradizione italiana, ma Benigni qui si rivolge ancora a Keating e al suo invito ad osservare da un'altra prospettiva.

Cosa guardate? I poeti non guardano, vedono!” è un chiaro indizio per la concezione del poeta-vate dannunziano: nel film Benigni cita anche un passo de La pioggia nel pineto rincorrendo il tram su cui scappa Vittoria.

La poesia è soprattutto gioco: non poteva mancare un rimando al Futurismo e al Surrealismo con il poeta-giocatore-burattinaio delle parole. “Fatevi obbedire dalle parole!”

Dopo aver dato tutte le istruzioni il professor De Giovanni conclude la lezione per gli studenti con un ultimo imperativo: “Forza cancellate tutto! Che dobbiamo cominciare. La lezione è finita”. Si tratta di un'ironia tutto- niente, ma anche di un rimando a Keating che invita i suoi studenti a strappare un manuale di poesia per aiutarli a liberarsi da schemi che imbrigliano la mente, le parole e l'ispirazione poetica: “Continuate a strappare ragazzi. Questa è una battaglia, una guerra e le vittime sarebbero i vostri cuori e le vostre anime. Grazie mille Dalton. Armate di accademici avanzano misurando la poesia. No! Non lo permetteremo. Basta con i J. Evans Prichard. E ora, miei adorati, imparerete di nuovo a pensare con la vostra testa. Imparerete ad assaporare parole e linguaggio. Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo. Quello sguardo negli occhi di Pitts dice che la letteratura dell'Ottocento non c'entra con le facoltà di economia e medicina, vero? Può darsi. E lei Hopkins è d'accordo con lui e pensa: 'E si, dovremmo semplicemente studiare il professor Prichard, imparare rima e metrica, e occuparci di coltivare altre ambizioni'. Ho un segreto da confessarvi, avvicinatevi. Avvicinatevi. Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana, e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l'amore, sono queste le cose che ci tengono in vita. (Citando Walt Whitman) 'O me o vita, domande come queste mi perseguitano. Infiniti cortei di infedeli. Città gremite di stolti. Che v'è di nuovo in tutto questo, o me o vita'.'Che tu sei qui, che la vita esiste, e l'identità, che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso. Che il potente spettacolo continua e che tu puoi contribuire con un verso'. Quale sarà il tuo verso?”.

 

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NOTE


[1] R. BENIGNI, V. CERAMI, La tigre e la neve, Torino 2006

[2] R. BENIGNI, C. COLLODI, S. STRIZZI, Pinocchio: la storia con le immagini del film, Firenze 2002

[3] G. RUSSO BULLARO, Beyond "Life is Beautiful": Comedy and Tragedy in the Cinema of Roberto Benigni, Leicester 2005, p. 12

[4] R. BENIGNI, V. CERAMI, La vita è bella, Torino 1998

[5] L'attimo fuggente, diretto da Peter Weir, 1989

[6] A. NIGRO, Tra polimaterismo e polisemia: note sul collage surrealista, in “Collage/Collages. Dal Cubismo al New Dada, catalogo della mostra a cura di M.M. Lamberti e M.G. Messina, (Torino 2007-2008), Milano, 2007, pp. 280-296.

[7] D. WALDMAN, Collage, Assemblage and Found Object, Londra, 1992

[8] SIMIC, Dime Store Alchemy. The Art of Joseph Cornell (1992), tr. it. A Cattaneo, Il cacciatore di immagini. L’arte

di Joseph Cornell, Milano 2005.

[9] Joseph Cornell, catalogo della mostra a cura di K. McShine, (Firenze 1981), Firenze 1981, p.11.

[10] R. BENIGNI, Il mio Dante, Torino 2008

BIBLIOGRAFIA

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R. BENIGNI, Il mio Dante, Torino 2008

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D. WALDMAN, Joseph Cornell: Master of dreams, New York 2002






 

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