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TESTI 700-799


  N.B. L'elenco è ordine inverso per facilitare la lettura delle novità
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    Sud e ruoli di genere nei romanzi di Teresa De Sio, tra sottosviluppo e desiderio di riscatto
    Gianluca Schiavo, 3 Marzo 2016, n. 799

      Una carriera musicale durata più di trent'anni, che le ha permesso di diventare una delle esponenti più autorevoli della musica napoletana, negli ultimi anni la cantante Teresa De Sio ha pubblicato due romanzi, Metti il diavolo a ballare e L'attentissima, ambedue pubblicati da Einaudi. Il saggio prende in esame i due testi, evidenziando la loro denuncia dei gravi problemi di sottosviluppo sociale e culturale che hanno afflitto l'Italia del Sud negli ultimi anni e anche la grande speranza in un futuro di emancipazione e sviluppo, che dalle loro pagine chiaramente emerge.

      After a very long musical career, which made her become one of the most renowned representatives of the Neapolitan music, over the last few years the singer Teresa De Sio wrote two novels, Metti il diavolo a ballare and L'attentissima, both of them published by Einaudi. This essay takes into exam her two books and highlights both their portrayal of the social and cultural underdevelopment of XXth century southern Italy, and the hope for a future of progress and emancipation, which clearly emerges from the pages of her novels.

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    Francesco Hayez: il "genio democratico" e pittore dei sentimenti
    Rosanna Ruscio, Roma, Italia, 2 Febbraio 2016, n. 798

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    La visione ideologica fiorita intorno a L. G. Bruto e M. G. Bruto, tra l'antichità e la cerchia del cardinal Ridolfi
    Guido Galetto, Roma, Italia, 18 Gennaio 2016, n. 797

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    IMPRESSIONISTI. Tête à tête, dal Musée d'Orsay un insolito "faccia a faccia" con il movimento impressionista
    Giorgia Duò, Roma, Italia, 17 Gennaio 2016, n. 796

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    Taxi Teheran: una rosa contro la censura
    Eleonora Rovida, 16 Gennaio 2016, n. 795

      Il nuovo documentario del regista Jafar Panahi prosegue l'intento della sua battaglia contro la censura, a favore della libertà di espressione nella società, nel cinema e nell'arte: utilizza lo stratagemma di un taxi improvvisandosi conducente per un giorno nelle strade della capitale, dove raccoglierà testimonianze e scorci del quotidiano per raccontare l'Iran di oggi in tutta la sua verità, anche la più pungente.

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    Il Maestro di Ozieri. Le inquietudini nordiche di un pittore nella Sardegna del Cinquecento. Recensione del libro di Maria Vittoria Spissu
    Luigi Agus, Tempio Pausania - SS, Italia, 12 Gennaio 2016, n. 794

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    Mario Sironi e le illustrazioni per "IL POPOLO D'ITALIA. 1921-1940 Roma, Musei di Villa Torlonia - Casino dei Principi e Casino Nobile
    Giorgia Duò, Roma, Italia, 26 Dicembre 2015, n. 793

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    “Arrivano i Pagliacci”: traslochi letterari
    Eleonora Rovida, 29 Novembre 2015, n. 792

    BTA00791.html | PDF
    Caravaggio: la tecnica pittorica degli anni romani
    Lara Scanu, Roma, Italia, 22 Novembre 2015, n. 791

    BTA00790.html | PDF
    Jean Louis Barrault: dal mimo all'attore
    Cecilia Napoli, Roma, Italia, 10 Novembre 2015, n. 790

    BTA00789.html | PDF
    L'iconologia nelle statue della Cappella Sansevero a Napoli
    Veronica Panfili, 6 Novembre 2015, n. 789

    BTA00788.html | PDF
    Antinoo Hermes del Belvedere: simbologia antiquariale del potere e Controriforma con papa Paolo III Farnese
    Michela Ramadori, 3 Novembre 2015, n. 788

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    La xilografia del tempio con piramide ed obelisco dell'Hypnerotomachia Poliphili
    Paola Torniai, Zagarolo (RM), Italia, 1 Ottobre 2015, n. 787

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    La xilografia di Polifilo davanti alle tre porte dell'Hypnerotomachia Poliphili
    Federica Pagliarini, 26 Settembre 2015, n. 786

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    Dante Gabriele Rossetti. Un italiano nell’inferno di Londra
    Bibana Borzì, 5 Settembre 2015, n. 785

      Dante Gabriele Rossetti, pittore e poeta della prima e della seconda stagione preraffaellita, incarna il mito dell’artiste maudit. Cresciuto all’ombra di Dante, grazie alla lezione paterna, coltiva il culto dei grandi Trecentisti italiani presenti nel suo immaginario sia pittorico che poetico. Definito da John Ruskin “un grande italiano nell’inferno di Londra” conduce un’esistenza fuori dai rigidi schemi del perbenismo vittoriano, vivendo a pieno amori difficili e tormentati. Una processione di silenziose madonne, di beate Beatrici, di belles dames sans merci, annuncia un tipo di bellezza funerea, squisitamente romantica, caratteristica delle ultime opere rossettiane. Emanano uno strano fascino queste eroine prigioniere di un passato ideale, sospese in un’atmosfera onirica e dai contorni vagamente noir. Qualcosa di spettrale si solleva dai loro gesti, dai loro sguardi, dalle loro figure stagliate su scenografici fondali. Dame crudeli e femmes fatales, tracce di un Medioevo sanguinoso, la perversione di Baudelaire e l’universo cupo di Poe. Tutto questo è racchiuso nelle opere di Rossetti. Proserpina, Pandora, Mnemosine, Lady Lilith, eroine rossettiane, sono immortali come dee. Sono icone profane frutto di un complesso cammino, nato nel nome di Dante e dei Primitivi italiani e sfociato in un inquieto e tragico presente, alimentato da passioni struggenti e condotto fino all’estremo, negli ultimi giorni di vita consumati dal cloralio.

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    TS Spivet: le mappe dei miei sogni
    Eleonora Rovida, 3 Settembre 2015, n. 784

      La favola contemporanea di T. S. Spivet è l'espressione di una forma comunicativa originale e attuale che traduce la varietà delle componenti della letteratura e della cinematografia contemporanea. La tecnica collagistica presenta echi e riferimenti che spaziano dai romanzi di Jonathan Safran Foer, alle opere di Joseph Cornell, al Surrealismo, ma anche a Cesare Zavattini e a Vittorio de Sica. Il viaggio-romanzo di formazione diventa un ponte per la creatività tra scienza e immaginazione.

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    Piramide Cestia e Cimitero acattolico: all’ombra di Piranesi, luoghi per riemersioni mito-poietiche
    Ettore Janulardo, Roma, Italia, 24 Agosto 2015, n. 783

      La Piramide Cestia, da dimora di un corpo, diviene dal secondo decennio a.C. corpus monumentale della memoria nell’attraversamento delle epoche: integrata nel perimetro delle Mura Aureliane, si fa perno simbolico nel piano urbanistico di Roma, tesa, attraverso la Via Ostiense, verso il porto e il mare.
      La Piramide contrassegna con la verticalità del suo volume acuto la piccola distesa del vicino Cimitero Acattolico. Densa di sepolcri e nomi stranieri – tra i quali artisti e scrittori come Keats, Shelley, Gregory Corso – l’area, aperta nel 1821 sotto papa Pio VII per regolamentare precedenti consuetudini di sepoltura, ospita anche le spoglie di intellettuali italiani quali Bellezza e Gadda, nonché le “ceneri di Gramsci” attorno alle quali si coagulano le pasoliniane visioni dell’Aventino e del Testaccio. All’ombra della Piramide l’articolazione architettonica della monumentalità cimiteriale assume una valenza urbanistica che connota di profondità letteraria e pittorica l’area.
      La rilevanza visiva del recinto cimiteriale “acattolico” è consacrata dalla prospettiva visiva assunta da Piranesi, che realizza incisioni della Piramide osservata dall’area sepolcrale. Prolifico incisore e architetto sommamente parco, l’artista è autore di uno dei primi monumenti del vicino cimitero, quello del giovane scozzese Sir James MacDonald. Ma, alla ricerca di effetti “per risuscitare Roma, per spandere sulle sue rovine la maestà di una luce che non appartiene al mondo dei vivi, ma all’immortalità”, come osserva Focillon (Estetica dei visionari), egli definisce soprattutto una sorta di definitivo omaggio a una costruzione verticale che si innalza sulla superficie orizzontale, in un confronto che compendia assi differenti: il chiarore e l’oscurità, quanto si vede e ciò che si potrebbe vedere, memoria di altre piramidi, come la Meta Romuli dell’Ager Vaticanus o come quelle della Piazza del Popolo.
      Segnacolo del limes tra Urbs e altro/aldilà, nonché allogena criptica struttura cui si dedicano varie tavole nel terzo tomo de Le antichità romane, l’immagine piranesiana della Piramide si fa presentificazione del passato da ridisegnare e ricostruire in emblematico continuum tra storia pagana ed epoche successive, paradigmatica conferma della ricorrente topografia dell’Urbe, che mantiene nei secoli sistemazioni spaziali delle zone funzionali definite in età romana.

    BTA00782.html | PDF
    Le Avanguardie Russe. Recensione del volume di Enrica Torelli Landini
    Giorgia Duò, Roma, Italia, 15 Agosto 2015, n. 782

    BTA00781.html | PDF
    Le radici stilistiche delle sculture di Paola Grizi
    Stefano Colonna, Roma, Italia, 2 Agosto 2015, n. 781

    BTA00780.html Paolo Bresciani. Confini Sfumati
    Diletta Cecili, 24 Luglio 2015, n. 780

    BTA00779.html La rappresentazione della committenza nella Vita di Michelagnolo Buonarroti di Ascanio Condivi
    Giorgio Costa, Milano, Italia, 14 Luglio 2015, n. 779

    BTA00778.html Mauro Rea: Icone Pop e Archeologia del Futuro
    Maria Filippone Colonna, 2 Luglio 2015, n. 778

    BTA00777.html Sculture Preziose. Oreficeria sacra nel Lazio dal XIII al XVIII secolo
    Tiziana Gianni, Amatrice (RI), Italia, 27 Giugno 2015, n. 777

    BTA00776.html Lo spirito rivoluzionario di Gustave Caillebotte
    Lucia Signore, Cassino (FR), Italia, 14 Giugno 2015, n. 776

      Sfogliando le pagine dei manuali di storia dell’arte, il nome di Gustave Caillebotte, qualora compaia, è sempre ricordato, in maniera alquanto riduttiva, con l’etichetta di “impressionista minore”. Il suo nome è piuttosto associato al lascito che fece al più noto museo parigino, il Louvre, ma neanche questo nobile gesto servì, perlomeno inizialmente, a far crescere la sua fama. I suoi interessi spaziavano in diversi settori, dal canottaggio alla filatelia, da ogni genere di collezionismo alla pittura, per cui accanto agli oggetti e alle tele acquistate vi erano anche alcuni dipinti da lui realizzati. Queste opere non sono classificabili in un movimento artistico ben preciso, poiché influssi diversi, di natura accademica e non, con riferimento all’Impressionismo e al Realismo, si mescolano in esse. La sua produzione pittorica, come del resto tutta la pittura a lui coeva, esige un confronto con la produzione fotografica da cui inevitabilmente dipende, soprattutto osservando alcune fotografie scattate dal fratello minore Martial con cui condivise l’amore per la cultura. Ma, se da un lato Gustave Caillebotte mise la fotografia a servizio della pittura per una maggiore resa realistica, come del resto fecero anche i suoi colleghi, dall’altro diede egli stesso impulso alla fotografia con particolari inquadrature che si riscontrano nella produzione fotografica del secondo decennio del XX secolo, a partire dalla Nuova Visione di Lászlò Moholy-Nagy fino agli anni Cinquanta, passando inevitabilmente per il Surrealismo. Il contributo offerto da questo artista dunque è notevole, non solo perché ancora oggi possiamo osservare, raccolti in una stessa struttura, dipinti da lui collezionati, ma perché ha favorito inconsapevolmente lo sviluppo della fotografia intesa come prodotto artistico, dando il suo contributo nel risolvere l’annosa questione inerente questa nuova pratica artistica.

    BTA00775.html Arte e medicina dagli studî anatomici alla Visual Thinking Strategy
    Vincenza Ferrara, Claudia Staffoli, Sara De Santis, Roma, Italia, 3 Giugno 2015, n. 775

    BTA00774.html Lo sguardo del Salvator Mundi di Antonello da Messina attraverso gli occhi di Romeo Castellucci. Sul concetto di volto nel figlio di Dio
    Marianna Cifarelli, Lauria (PZ), Italia, 31 Maggio 2015, n. 774

    BTA00773.html Arte e interfaccia grafica: una nuova tela ?
    Francesca Petito, Roma, Italia, 18 Maggio 2015, n. 773

    BTA00772.html “Frontiere” danubiane: per un'archeologia della destrutturazione fluida
    Ettore Janulardo, Roma, Italia, 12 Maggio 2015, n. 772

      Silloge d’immagini e di scene dall’Oriente europeo e dall’Austria fin-de-siècle, omaggio alla tradizione di una continuità e molteplicità culturale sentita già lontana, geografia della percezione e della rappresentazione - il volume è illustrato da disegni dello scrittore -, la fantasmagoria di Rezzori Storie di Maghrebinia accompagna il corso del fiume e del tempo, come se riprendesse uno spazio della scrittura che allude, senza aderirvi necessariamente, alla complessa varietà delle terre danubiane: del passato e del secolo scorso. Tabucchi parla in proposito, anziché dell’«autonomia del personaggio» attribuita alla finzione narrativa, dell’«autonomia del luogo», ove la memoria non è perduta ma perdura.
      Sono pagine che si pongono come limes, limaccioso o mobile, in cui lo sguardo divergente dell’autore trasforma il paesaggio storico-culturale in frammentismo per una narrazione mimeticamente barocca, secondo la tipologia centro-europea.
      In un processo di accumulo e giustapposizione cromatico-linguistica, la percezione dello scrittore-disegnatore trasforma la visione frontale, o da lontano, secondo assi di rifrazione che potrebbero connettere sottosuolo e colline, reperti archeologici e alzati delle costruzioni, musicalità della parola e campiture della pittura. E i campanili «ad aglio» possono ricordare raffigurazioni pittoriche di Egon Schiele.
      Limes liquido, separatore ed unificatore, traccia naturale fra terre drammaticamente aderenti alla propria storia, se si giunge alla foce del fiume - al Mar Nero e ad altre fluide transizioni -, possiamo osservare che le raggelate «storie straordinarie» raccontate da scrittori mitteleuropei trovano un’eco perfettamente rispondente nelle pagine memoriali di Orhan Pamuk.

    BTA00771.html Festina lente: due incisioni dell'Hypnerotomachia Poliphili e la marca tipografica di Aldo Manuzio
    Maria Beatrice Bongiovanni, Roma, Italia, 10 Maggio 2015, n. 771

    BTA00770.html Suggestioni artistiche sulla xilografia dell'Elefante Obeliscoforo del Polifilo
    Irene Alfuso, Ariccia (Roma), Italia, 8 Maggio 2015, n. 770

    BTA00769.html Leda partoriente, Presentazione delle uova e L'oracolo di Apollo: iconografia di due xilografie dell'Hypnerotomachia Poliphili
    Michela Ramadori, 3 Maggio 2015, n. 769

      Sono state prese in esame le xilografie 49 e 50 dell’Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, raffiguranti l’una il parto di Leda e la presentazione al padre delle due uova e l’altra l’oracolo di Apollo. Attraverso lo studio della loro iconografia che ha portato ad identificare per la prima volta in una pianta la flammula caratterizzante un uovo di Leda, è stato individuato uno stretto legame con le rappresentazioni della Fortuna Primigenia di Praenestre (l’antica Palestrina, città di cui Francesco Colonna è signore), il leitmotiv del racconto dell’ Hypnerotomachia Poliphili, l’iconografia cristiana ed il Neoplatonismo, rilevando quindi una rilettura della cultura antica, attenta alla natura spiegata attraverso il mito, influenzata dal Cristianesimo e, nello stesso tempo, aperta ad una nuova rinnovata attenzione verso l’uomo ed il suo ambiente come riflesso dell’intellegibile.

    BTA00768.html Palma Bucarelli e gli apporti critici di Lionello Venturi e Giulio Carlo Argan alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma
    Emanuele Carlenzi, 19 Aprile 2015, n. 768

      Palma Bucarelli costituisce nel secondo dopoguerra una figura di assoluta preminenza per l’arte contemporanea in Italia. La riapertura della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma nel 1945 significa il rilancio di uno spazio museale pronto a porsi in competizione con realtà europee e statunitensi di gran lunga più avanzate. Nonostante l’ermetico pregiudizio della critica italiana sul contemporaneo, Palma Bucarelli (prima direttrice donna di un museo nel nostro Paese) avanza con iniziative che puntano dapprima a riordinare e coordinare l’arte italiana negli anni Quaranta, per aprirsi poi negli anni Cinquanta a quella che verrà definita una “dittatura dell’Astrattismo” e ad iniziative di altisonante respiro internazionale, per protrarre infine un’attività che perdura sino al 1975 con il lancio dell’Informale.
      Appoggiandosi alle menti di grandi intellettuali che, proprio come lei, si impegnano a varare la visione dell’arte contemporanea verso frontiere critiche di inedita lungimiranza in Italia, Palma Bucarelli costituisce un entourage di storici e critici dell’arte che agiscono con immediato passaggio dall’ambiente accademico a quello museale. Tra questi emergono specificamente Lionello Venturi e Giulio Carlo Argan, figure emblematiche di una lotta perpetuata per più di un ventennio, e di cui si è voluto indagare il fil rouge che li lega alla soprintendente.
      Queste tre personalità hanno consentito non solo una sensibilizzazione del pubblico nei confronti dell’arte contemporanea ma, cosa più determinante, hanno consentito di sollecitare i dibattiti artistici su tematiche non ancora esplorate.

    BTA00767.html Gherardo delle Notti, Quadri bizzarrissimi e cene allegre: una recensione
    Maria Gabriella Matarazzo, Roma, Italia, 18 Aprile 2015, n. 767

      Le sale destinate agli allestimenti temporanei della Galleria degli Uffizi di Firenze ospitano fino al 24 Maggio 2015 l’attesa retrospettiva su Gerrit van Honthorst, la prima mai dedicata al pittore olandese. Figura di primo piano della parabola caravaggesca, che vide Roma teatro di un fervido sperimentalismo sulle diverse possibilità di sviluppo ed interpretazione del lascito della pittura di Caravaggio, la sua personalità artistica è ricostruita in mostra attraverso l’esposizione di opere nodali che esemplificano con intelligenza gli svolgimenti della sua carriera scandendone fasi cronologiche, movimenti geografici, evoluzioni stilistiche.
      Dalle prime prove giovanili, influenzate dalla lezione del maestro Abraham Bloemaert, attraverso il densissimo decennio romano, segnato dall’incontro con la lezione caravaggesca, fonte di una stagione nuova e altissima della sua pittura, fino ai fortunati anni del rientro in patria, rischiarati da una pasta cromatica più vibrante e luminosa, sarà possibile ripercorrere senza soluzione di continuità la produzione dell’olandese, letta in dialogo con i pittori coevi attivi sulla scena romana, dei quali una significativa selezione è esposta alla fine del percorso espositivo.

    BTA00766.html Matisse arabesque. Una recensione
    Lara Scanu, Roma, Italia, 6 Aprile 2015, n. 766

      La mostra Matisse. Arabesque che viene proposta nel 2015 dallo spazio espositivo delle Scuderie del Quirinale ci fa riflettere sul famoso artista francese, esponente apicale dei fauves, in termini di comparazione con alcune influenze culturali inaspettate: l’arte orientale, con la basilarità del decorativismo, e la cosiddetta arte primitiva.
      Lungo il percorso della mostra si passano in rassegna non solo pitture, dunque, ma anche disegni e abiti scenici realizzati dall’artista, oltre a manufatti fittili, sculture lignee e tessuti orientali ed africani, accompagnati dalle parole di Matisse espresse sul concetto di arte e sulla sua epoca, sul suo contesto culturale, piena espressione di questo melting pot artistico sul panorama novecentesco.

    BTA00765.html Equus infoelicitatis: analisi iconografica di una xilografia dell'Hypnerotomachia Poliphili fra testo e immagine
    Flavia De Nicola, Roma, Italia, 4 Aprile 2015, n. 765

      La particolare iconografia del cavallo alato sormontato di puttini che appare nella sesta xilografia dell’Hypnerotomachia Poliphili risulta inedita e a prima vista enigmatica, frutto della profondità e complessità dei concetti ai quali l’autore intende alludere.
      Alla luce dell’interpretazione dei dettagli iconografici del gruppo scultoreo, così come dell’allusione alle fonti classiche e umanistiche disseminate nel corrispettivo testo polifilesco, la simbologia del cavallo alato è restituita al pertinente contesto dell’ambiguità tra Fortuna e sfortuna, che funge da cornice interpretativa all’immaginario simbolico posto al principio del viaggio iniziatico di Polifilo. In particolare, la simbologia del cavallo inteso come cavallo della Fortuna perduta è confermata dal ricordo del «cavallo seiano» menzionato da Polifilo, nel quale potrebbe celarsi il collegamento con due personaggi della storia di Roma antica, riferendosi infatti non solo al cavallo di Gneo Seio, bensì anche all’eques Lucio Elio Seiano e forse al tempio della Fortuna costruito presso la Domus Aurea, definito da Plinio «aedem Fortunae quam Seiani appellant». L’autore dell’Hypnerotomachia Poliphili intende manifestare, dunque, la propria complessa concezione della Fortuna mediante un’«attualizzazione archeologizzante», richiamando e superando il vasto compendio su di essa e sulla sua contrapposizione alla Virtù maturato in letteratura e nelle discussioni umanistiche. Francesco Colonna sceglie così l’immagine del cavallo alato per veicolare il significato dell’inaffidabilità e transitorietà della Fortuna contrapposta alla solida Sapienza, evocata nella raffigurazione dell’elefante obeliscoforo introdotto successivamente nella narrazione. Una Sapienza universale che abbracci anche gli affetti terreni e i piaceri intellettuali e che superi qualsiasi traversia di Fortuna è indicata come somma meta dell’esercizio della Virtù e della conoscenza.

    BTA00764.html Giorgio Morandi. 1890-1964, Roma, Complesso del Vittoriano: una recensione
    Giorgia Duò, Roma, Italia, 2 Aprile 2015, n. 764

      La mostra, dedicata all’artista italiano Giorgio Morandi, si tiene dal 28 febbraio al 21 giugno 2015 negli spazi espositivi del Complesso del Vittoriano; la rassegna presenta un numero cospicuo di opere (olii, stampe e disegni), alcune delle quali prestiti eccezionali, difficilmente visibili al pubblico, e conduce il visitatore alla scoperta del mondo intimo e riservato del maestro, costituito di oggetti umili, comuni e quotidiani tanto cari al bolognese.
      La mostra non si esaurisce nella mera esposizione di opere, ma indaga efficacemente i rapporti intrattenuti dal professore, come amava farsi chiamare, e il mondo intellettuale del tempo. Una sezione documentario-epistolare a firma del nostro e di storici dell’arte come Longhi e Brandi, infatti, completa e sostiene scientificamente l’intero evento.
      L’esposizione si articola su quattro macro-sezioni ordinate tematicamente e cronologicamente: l’attività grafica; le nature morte; i paesaggi; i vasi di fiori. Il catalogo è analizzato, recensito e presentato nelle caratteristiche strutturali. Una bibliografia essenziale completa lo scritto.

    BTA00763.html Percorsi tra van Cleve e van Steenwyck: due inediti fiamminghi a New York
    Luigi Agus, Tempio Pausania (SS), Italia, 25 Marzo 2015, n. 763

      Nell’articolo si analizzano due opere fiamminghe inedite custodite in una collezione privata newyorkese dagli anni Ottanta del ‘900. La prima, datata 1521, inizialmente attribuita a Hans Holbein il giovane, attraverso un’analisi comparativa con un’opera custodita al Museo del Prado, viene restituita all’artista di Anversa Joos van Cleve. La seconda, datata 1606 e già erroneamente attribuita a Pieter Neeffs I, viene invece assegnata a Heidrick van Steenwyck il giovane, che la realizzò probabilmente avvalendosi della collaborazione di Jan Brueghel il vecchio, meglio noto come Brueghel dei velluti. Le due opere analizzate, pur rientrando nella più vasta produzione fiamminga che va dalla seconda decade del Cinquecento alla prima del secolo successivo, costituiscono certamente aggiunte importanti per i due artisti, sia perché datate con certezza, sia perché di alta qualità formale ed espressiva.

    BTA00762.html La xilografia con la fontana de Le Tre Grazie dell'Hypnerotomachia Poliphili
    Alessia Dessì, Roma, Italia, 22 Marzo 2015, n. 762

    BTA00761.html La street art: cos'è e perché si può definire un bene comune tutelabile con Creative Commons ?
    Serena Zullo, 12 Marzo 2015, n. 761

      A seguito di una rapida analisi volta a far capire cosa sia la Street Art, quali siano le sue origini e come si sia diffusa in Italia si è cercato di rivolgere la ricerca verso altri campi che solo in un primo momento sembrano non avere a che fare con la street art. Essa infatti ha stravolto quelli che sono i canoni tradizionali dell'arte e questo ha reso difficile la definizione e la catalogazione delle opere prodotte, perché la Street Art non è pensata per luoghi istituzionalmente dedicati all'arte e viene conosciuta principalmente tramite Internet, strumento per cui anche le leggi di copyright non hanno pieno diritto. Per questo si è ritenuto opportuno parlare di beni comuni e di tutele delle opere prodotte attuabili attraverso nuovi diritti d'autore, ovvero attraverso i Creative Commons.

    BTA00760.html Il Riverside Museum di Glasgow
    Damiana Enea, Roma, Italia, 6 Marzo 2015, n. 760

    BTA00759.html Metamorfosi di architetture. Strutture ed esposizioni alla Centrale Montemartini di Roma
    Ettore Janulardo, Roma, Italia, 4 Marzo 2015, n. 759

      La Centrale Montemartini dell’Ostiense, all’insegna di un moderato eclettismo, si definisce per una pregnanza di volumi prevalentemente orizzontali, lontani dalle vibrazioni verticali del macchinismo immaginate dai futuristi.
      Le architetture primo-Novecento della Montemartini, con decorativismi che rivestono a tratti l’ambientazione industriale di elementi para-ludici come festoni e danze femminili, sono il sostrato di un aggregarsi e trasformarsi di volumi nell’arco di decenni (dall’inaugurazione nel 1912 alla sua dismissione nel 1963). Articolazioni degli spazi, demolizioni di strutture e rifunzionalizzazione delle aree della struttura appaiono segni di un’ibridazione “genetica” corrispondente al suo eclettismoartistico-funzionale: in grado di produrre elettricità sfruttando turbine a vapore o motori diesel, la Montemartini si determina (in)consapevolmente come insieme ludico-modulare, in grado di trasformarsi anche in ambientazione espositivo-museale.
      Sarà infatti dopo un parziale abbandono che la Montemartini, nel solco architettonico e concettuale del postmodernismo, virerà dagli anni ’90 verso tale dimensione – prima con limitate esposizioni temporanee, poi con l’allestimento provvisorio proveniente dai Musei Capitolini – fino alla sistemazione definitiva con la ripulitura e la riproposizione “filologica” dei grandi motori, chiamati a focalizzare lo sguardo nella Sala Macchine. Oltre a rivestire un carattere giocosamente e provocatoriamente neo-futurista, la musealizzazione a contrariis della Montemartini rientra così in una visione dialettica del patrimonio.

    BTA00758.html Le Corbusier: un viaggio verso la modernità
    Giulia de Flaviis, 26 Febbraio 2015, n. 758

      Jeanneret, meglio noto come Le Corbusier, è stato uno dei principali fautori del rinnovamento dell'architettura e dell'urbanistica a partire dagli anni '20, promuovendo una ricerca innovativa, molto più che "anticlassica", nata dall'esigenza di rappresentare i profondi cambiamenti in atto nel sostrato sociale, dei quali non si era ancora preso coscienza.
      Partendo da una formazione autodidatta al fianco di artisti nelle maggiori capitali europee, dove considera i diversi possibili usi del cemento armato come materiale innovativo dalle infinite risorse, giunge alla formulazione dei 5 capisaldi dell'architettura, che lo consacrano padre del Razionalismo.
      Le Corbusier applica i 5 punti nel progetto della celebre Villa Savoye qualche anno dopo, nel '29, con l'intento primario di armonizzare e annullare i confini tra l'ambiente interno e quello esterno, tra la nuova casa-tipo dell'uomo moderno e la vasta distesa erbosa dai toni bucolici che la circonda.
      L'applicazione dei 5 punti gli permette di creare un contatto istintivo ma sapientemente calcolato tra la geometricità delle forme e la mitezza dell'ambiente naturale, rinnovando completamente il vecchio sistema architettonico, e aprendo le porte all'architettura contemporanea, fino all'attualissima architettura liquida.
      Dalla cappella di Ronchamp, alla Maison Domino, dall'idea delle strade à redents teorizzate su Parigi alla Usine Verte progettata con Olivetti, l'intero lavoro lecorbusieriano sembra anticipare e gettare le basi per le moderne costruzioni che dagli anni '90 ad oggi hanno rivoluzionato la concezione dell'architettura, accomunando l'artista svizzero con alcuni dei più recenti e celebri architetti come Rem Koolhas o Renzo Piano, senza però dimenticare le antiche radici palladiane.

    BTA00757.html Ogni cosa è illuminata: un'indagine surrealista
    Eleonora Rovida, 21 Febbraio 2015, n. 757

      Il romanzo, come la sua versione cinematografica, è un viaggio alla scoperta delle proprie radici, una collezione di immagini, ricordi e oggetti per la propria Wunderkammern di famiglia. Jonathan Safran Foer è noto al mondo dell'arte per la sua antologia di testi, A Convergence of Birds: Original Fiction and Poetry inspired by Joseph Cornell. L'idea di questo scritto nasce dall'intento di rileggere l'opera per trovare le tracce dell'influenza dell'artista americano sull'autore.

    BTA00756.html Architetture liriche da Buenos Aires
    Ettore Janulardo, Roma, Italia, 15 Febbraio 2015, n. 756

      Sull’asse di un rapporto non univoco tra sensibilità borgesiana e altre aspirazioni culturali, seguiamo tracce urbane tra architetture e storie, liriche e visioni, finzioni e fusioni. Primo libro pubblicato da Borges nel 1923, le poesie di Fervore di Buenos Aires definiscono una meditata immagine sintetica della città. Nulla che rappresenti gli spasimi della modernità e della (ri)costruzione, figurata o propria, tipici di certe esperienze europee del primo dopoguerra.

      Le parole di Borges sul predominio dell’orizzontalità nella capitale, solo sporadicamente segnata da “umilianti” edifici sviluppati in altezza, sembrano indirizzarsi in negativo al più grande edificio per uffici di Buenos Aires: quel “Palacio Barolo” che, realizzato tra il 1919 e il 1923, è temporaneamente la costruzione più alta dell’America meridionale e, fino al 1935, della città. L’imprenditore tessile italiano Luigi Barolo, giunto in Argentina nel 1890, ne affida la realizzazione all’architetto milanese Mario Palanti, consentendo così la creazione di una struttura edilizia in grado di condensare diversi elementi concettuali. Nello stesso anno in cui è pubblicato il borgesiano Fervore di Buenos Aires, viene inaugurato in Avenida de Mayo il “Palacio Barolo”, frutto di un eclettismo architettonico cosmopolita capace di veicolare stilemi e passioni da un continente all’altro.

    BTA00755.html Aby Warburg e Vannevar Bush: gli utopici supporti di studio tra Europa e Stati Uniti nel XX secolo
    Lara Scanu, Roma, Italia, 8 Febbraio 2015, n. 755

      Apparentemente due mondi slegati e svincolati da qualsiasi legame, l'ambito storico-artistico e la "proto informatica" del XX secolo sono accomunate dalla ricerca di nuovi supporti per uno studio più completo e basato sulle tecniche della comparazione.
      Quest'ultimo termine è in realtà la parola chiave per comprendere le varie scoperte del Novecento, a partire dai nuovi concetti di storia, di linguistica e di fisiognomica, che, insieme alla nascita della cinematografia, saranno cardine fondamentale per il metodo warburghiano e per la progettazione dell'utopica macchina Memex, da parte di Vannevar Bush.

    BTA00754.html “Big Eyes”: il caso Keane
    Eleonora Rovida, 27 Gennaio 2015, n. 754

      Il regista Tim Burton porta sul grande schermo il caso Keane, una battaglia per l'affermazione del diritto d'autore di Margaret Keane, per anni usurpata di tale diritto dal marito che firmava i quadri a suo nome. Si tratta di un biopic che afferma una volontà precisa del regista di allontanarsi dalle sue spiccate caratteristiche gotico-fantasy per concentrarsi sull'arte e sulla sua riproducibilità tecnica, ma non mancano echi dei suoi capolavori precedenti.

    BTA00753.html Due opere di Bruegel fra comico e tragico
    Ettore Janulardo, Roma, Italia, 26 Gennaio 2015, n. 753

      Grottesca raffigurazione di una perniciosa ghiottoneria, il Paese della cuccagna di Bruegel (1567) rientra in un filone moralistico di scene, dipinte o incise, ove si rappresentano stoltezze e ingenuità di un’umanità confusa e incerta, alla ricerca di un “altrove” di godimenti.

      In un’analisi incrociata, la Parabola dei ciechi, opera della piena maturità bruegeliana composta un anno prima della morte, si allontana dal formicolante brulichio di altre celebri composizioni del fiammingo per senso della misura e per una monumentalità che definisce e struttura spazi simbolici.

      Che si sia dunque di fronte a un “luogo” fatto di alimenti o a un paesaggio campestre all’insegna di una metafisica parabola, di fronte al disordine e all’errore non resta che tentare di riconoscere un comune destino sul quale riflettere.

    BTA00752.html Istruzione popolare e didattica dell'arte: appunti sulla scuola di disegno del Circolo degli Operai di Catania
    Federica Maria Chiara Santagati, Catania, Italia, 25 Gennaio 2015, n. 752

    BTA00751.html Ipotesi per un soggiorno a Roma di Giulio Campagnola e il suo presunto ritratto nella Cappella Carafa
    Francesco De Santis, Alba Adriatica (TE), Italia, 21 Gennaio 2015, n. 751

      L’articolo mette in evidenza le relazioni di Giulio Campagnola con certi ambienti dell’Umanesimo romano a cavallo tra Quattro e Cinquecento e prende le mosse dall’idea di Enrico Guidoni che, individuando nella scena della Disputa di san Tommaso d’Aquino affrescata da Filippino Lippi nella Cappella Carafa in S. Maria sopra Minerva, il ritratto del giovane artista padovano vicino a quello di Giorgione e, sulla base del confronto di alcuni particolari di questo brano pittorico con altri riscontrati in una tavola coeva di incerta attribuzione conservata a Padova, ipotizza la presenza dei due sodali a Roma negli anni in cui veniva realizzata l’opera lippesca, nell’ambito di una condivisa formazione artistica itinerante. Al fine di dimostrare la sussistenza di un rapporto del Campagnola col cardinal Oliviero Carafa, dotto committente dell’affresco, vengono indagati i legami di quest’ultimo con il cardinal Raffaele Riario, del quale Giulio Campagnola diverrà “familiare” un paio di anni dopo la conclusione del dipinto romano e la sincera amicizia ispirata a comuni interessi neoplatonici tra il veneto e l’insigne agostiniano Egidio da Viterbo, molto vicino anche a suo padre Girolamo Campagnola ed in stretto contatto col Riario. La probabile identità di Giulio Campagnola col fanciullo biondo elegantemente vestito ritratto nell’affresco capitolino, viene letta alla luce della raffinata educazione umanistica che il giovane artista plasmava sin dall’infanzia e che ben si sarebbe conciliata con il carattere sapienziale ed ermetico della scena di S. Maria sopra Minerva, a testimonianza del fatto che il padovano, per quanto all’epoca appena adolescente, godeva proprio grazie alla sua eccezionale sebbene ancora in nuce preparazione culturale, già di una notevole considerazione all’interno non solo dei più eruditi contesti veneti ma anche romani, come dimostra anche un affresco conservato nel castello Savelli di Palombara Sabina, direttamente ispirato alla sua celebre incisione dell’Astrologo.

    BTA00750.html Costruire forme liquide. Zaha Hadid: la stazione TAV Napoli-Afragola
    Elisabetta Caputo, Sapri - SA, Italia, 13 Gennaio 2015, n. 750

      L'archistar irachena Zaha Hadid, oggi domina la scena di un genere di architettura che viene definita architettura liquida, produzione di una corrente stilistica che ricerca forme organiche generate attraverso la modellazione tridimensionale computerizzata. I suoi edifici sembrano ispirarsi alle dune del deserto, molti di loro sono infatti realizzabili solo grazie a tonnellate di acciaio e calcestruzzo, soluzioni tecnologiche che stridono con l’idea di un edificio che potrebbe essere collocato in qualsiasi luogo. Di ciò fa parte la grande infrastruttura da lei progettata per la città di Afragola: “la stazione Tav”, un posto di movimento sulla ferrovia Roma/Napoli alta velocità. Un progetto presentato ufficialmente il 4 novembre 2003, ancora in corso di realizzazione, paragonato in ambito ferroviario alla porta partenopea dell'alta velocità-alta capacità a Napoli in quanto accoglierà tutti i treni ad alta velocità che, non concludendo la propria corsa nel capoluogo campano, saranno diretti verso altre città e dunque non fermeranno nella stazione di Napoli Centrale.
      Una proposta di disegno architettonico che realizza un nodo trasportistico ben coordinato e si impone con un segno forte sull'ambiente per presentare l’ingresso in città. Un interscambio di trasporti ben organizzato che funge appunto, da portale nell'urbe. Punto d'approdo ideale per i turisti e non, in una posizione geografica adeguata, un'opera che non vede ancora un epilogo.

    BTA00749.html | PDF
    Le xilografie con iscrizioni ebraiche, arabe e greche dell'Hypnerotomachia Poliphili: censimento dei significati, degli errori e delle varianti
    Lydia Contino, Roma, Italia, 11 Gennaio 2015, n. 749

      Il saggio offre una sintetica analisi delle quattro xilografie poliglotte (latino, greco, ebraico, arabo) presenti nell'editio princeps dell'Hypnerotomachia Poliphili, stampata a Venezia nel 1499, presso la stamperia di Aldo Manuzio il vecchio.

      L'elemplare utilizzato per la trattazione è raggiungiungibile presso la Bayerische Staatsbibliothek. Alle quattro xilografie prese in esame, le Tre porte per lo scambio intestazioni Gloria del mondo e Gloria di Dio; lo Stendardo dell'Elefante obeliscoforo per la mancata corrispondenza tra le scritte greca e araba, riscontrabile nella lettura del saggio dell'arabista Piemontese; le Statue nigerrime, per i moniti oscuri affini alla cabala ebraica, si aggiungono le xilografie del Signum triceps, attraverso le quali si fa riferimento all'Allegoria della prudenza di Tiziano.

      Per ognuna delle illustrazioni esaminate, sono presenti una tabella sinottica con trascrizione diplomatica e fonetica e traduzione, mentre i riferimenti relativi alle voci in esame si avvalgono dei lemmi tratti dai rispettivi vocabolari. Dall'analisi e dai confronti, emerge la modalità di recezione dell'incunabolo nelle aree francese e inglese e le varianti apportate.

    BTA00748.html Immagini di giardini e scenari urbani del Novecento
    Ettore Janulardo, Roma, Italia, 5 Gennaio 2015, n. 748

      Multiple visioni di biforcazioni nel tempo strutturano il testo borgesiano de Il giardino dei sentieri che si biforcano: e percezioni spaziali, ma anche temporali, di giardini e parchi attraversano valutazioni architettoniche, tratti figurativi, trame letterarie in relazione allo scenario urbano italiano della prima parte del Novecento.

      Per l’artista futurista Azari «la letteratura e la pittura contemporanea» continuano ad abusare della tematica floreale con immagini «trite» e «stucchevoli»: in nome di una visione sintetica della natura e del giardino, egli elenca le limitatezze e le mancanze della flora tradizionale, del tutto aliena dal dinamismo plastico della contemporaneità.

      Altre immagini di giardini e parchi attraversano l’ambito artistico letterario della prima parte del Novecento. Se all’interno di una matrice tendenzialmente razionalistica, e sovente nel tardo Ottocento programmaticamente positivistica, si sono delineate riflessioni sui parchi e i giardini – visti comunque come elemento sostanzialmente accessorio o “residuale” rispetto al costruito – Piacentini, con l’ambizione di procedere al nuovo modello della forma urbis di Roma all’interno di un piano predefinito, si sofferma nel 1938 sul progetto urbanistico dell’E42, evidenziandone la principale peculiarità: la prevista Esposizione Universale, oltre ad inserirsi nel novero delle grandi manifestazioni internazionali, vuole celebrare il ventennale del fascismo delineando, attraverso la creazione di un intero quartiere monumentale, una linea di collegamento ed espansione verso il mare, con insistita simbologia politica.

    BTA00747.html Interventi urbanistici romani Quattro-Cinquecenteschi come simboli del potere. Riflettendo su Italo Insolera
    Lara Scanu, Roma, Italia, 29 Dicembre 2014, n. 747

      A partire dall’apporto fondamentale del testo Roma, apparso nel 1980, a firma di Italo Insolera, si inizia una riflessione sugli interventi urbanistici e sul riassetto di alcuni reperti antichi a partire dal papato di Martino V per poi concludere con il pontificato di Paolo III, scegliendo un arco temporale che si pone come fenomeno precursore della vera e propria civiltà dell’urbanistica, che raggiungerà il suo apice con il pontificato di Sisto V.

      Particolare attenzione è rivolta a quelle antichità e a quelle zone dell’Urbe che diverranno poli importanti della Roma papale moderna e simboli del potere delle famiglie che raggiungevano il traguardo di poter avere al soglio pontificio un loro esponente.

      Il fil rouge di questo excursus nella Roma quattro-cinquecentesca è il più importante e raro monumento dell’antichità fino a noi pervenuto, il Monumento equestre di Marco Aurelio, simbolo-principe del potere papale tra XV e XVI secolo.

    BTA00746.html L'apprendista stregone: Harry Roseman a Utopia Parkway
    Eleonora Rovida, 27 Dicembre 2014, n. 746

      Harry Roseman è stato collaboratore di Joseph Cornell negli ultimi anni della vita del “cacciatore di immagini”. La sua intervista, rilasciata alla Michigan Quarterly Review, offre nuovi spunti di riflessione, aneddoti, particolari che risultano utilissimi per ricostruire la personalità cornelliana soprattutto grazie alla “convivenza” tra i due artisti sia nella vita che nell'elaborazione creativa. Una serie di scatti fotografici che compongono Inside the box documentano e respirano dell'arte di Cornell.

    BTA00745.html Raven Girl: Surrealismo in volo
    Eleonora Rovida, 26 Dicembre 2014, n. 745

      Audrey Niffenegger realizza un capolavoro creativo: Raven Girl. É un romanzo - graphic & Visual novel - soggetto per un balletto della Royal Academy. La collaborazione con il coreografo Wayne Mc Gregor segna un sodalizio di pregevole qualità. La favola contemporanea deve molto alla passione dell'autrice per l'arte contemporanea: sono evidenti i riferimenti a Max Ernst e a Joseph Cornell.

      [english:]
      Audrey Niffenegger realizes a creative masterpiece: Raven Girl. It's a romance, Visual & Graphic novel- subject for a ballet at the Royal Academy. The collaboration with choreographer Wayne McGregor marks a partnership of excellent quality. The contemporary tale owes much to the author's passion for contemporary art: there are clear references to Max Ernst and Joseph Cornell.

    BTA00744.html I bassifondi della Roma barocca: una recensione
    Andrea D'Agostino, 24 Dicembre 2014, n. 744

    BTA00743.html Domenico Mastroianni: la collezione di fotosculture della Divina Commedia della Fondazione Umberto Mastroianni
    Lisa Della Volpe, Roma, Italia, 24 Dicembre 2014, n. 743

    BTA00742.html L'Architetto Giuseppe Pardini e la città di Lucca: il Classicismo della Restaurazione
    Giulia Mondolfi, Firenze, Italia, 20 Novembre 2014, n. 742

    BTA00741.html Il coro ligneo della Chiesa prenestina dei Carmelitani
    Paola Torniai, Zagarolo (RM), Italia, 17 Novembre 2014, n. 741

      La Chiesa di S. Antonio del Carmine, legata prima alla famiglia Colonna, poi ai Barberini, già edificata da Stefano Colonna, è ricostruita da padre Sebastiano Fantoni tra il 1614 e il 1623; il cantiere, sovvenzionato da Francesco Colonna e consacrato il I Settembre del 1626 da Monsignor Cacucci, è diretto da Orazio Torriani (1601-1657), che impreziosisce l’interno con marmi pregiati (africano, alabastro a venature nere, bigi, bianchi, pavonazzetti) provenienti dal Foro. Attraverso i documenti pressoché inediti conservati nell’Archivio della Chiesa e le pagine della Cronaca del padre carmelitano Antonio Pennazzi (1688) si ricostruisce qui la storia del Coro. Si tratta di pregevole manufatto in noce intagliato dall’armonico disegno e dalla sobria eleganza degli intagli, opera di Giovanni Mandelli, che necessiterebbe oggi di un urgentissimo intervento di restauro. Non visibile ai fedeli, il Coro è collocato alle spalle dell’altare maggiore, nell’aula a pianta quadrata con volta a padiglione lunettata; ha un’altezza di 3.16 metri, mentre le altre misure oggi sono ridotte rispetto agli originali «25 palmi»; insiste sulla pedana strutturale a tre livelli, ormai priva di impiallacciatura e lucidatura. Ogni singolo stallo presenta braccioli dal profilo estroflesso in forma di imperiose aquile stilizzate, allusive all’impresa del Priore Generale Canali (1623-1631); lo schienale, appoggiato alle tavole orizzontali del fondo, è inquadrato da semicolonne, ciascuna sormontata da un elegante capitello composito che scandisce la divisione tra uno stallo e l’altro e sul quale si impostano le curve culminanti nei cherubini dall’intaglio morbido.

    BTA00740.html L’Archivista di Stato: un lavoro insolito, ma importante. Ne parliamo con Maria Luisa San Martini
    Roberta Balmas, Padova, Italia, 15 Novembre 2014, n. 740

    BTA00739.html DigitaLetteratura della Fanfiction: Collega-menti
    Eleonora Rovida, 11 Novembre 2014, n. 739

      La fanfiction rappresenta un'opera aperta e a più mani di racconti basati sui personaggi di film, telefilm, fumetti, romanzi. La globalizzazione della comunicazione ha favorito lo sviluppo di questa letteratura che risulta una commistione di idee da parte di un gruppo di amateurs che si ritrovano su piattaforme digitali per l'elaborazione di un testo alimentato da una continua e costante condivisione di proposte che rappresenta l'espressione dell'epoca attuale.

      [english:]
      The fanfiction is an open work and several coats of stories based on the characters of movies, TV series, comic books, novels. The globalization of communication encouraged the development of this literature, which is a mixture of ideas from a group of amateurs, who meet themselves on digital platforms for the development of a text supplied by a continuous and constant sharing of suggestions that represents the present era's expression.

    BTA00738.html Memling. Rinascimento fiammingo. Per una storia culturale dell’Europa: una recensione
    Lara Scanu, Roma, Italia, 27 Ottobre 2014, n. 738

      La mostra dedicata al pittore fiammingo Hans Memling si propone come una grande rassegna sui rapporti Italia – Fiandre che hanno reso grande la civiltà del Rinascimento in Italia, mediante l’importante committenza dei banchieri italiani ai pittori nordeuropei della generazione di Memling e di quella a lui precedente.

      Il percorso espositivo, basato sull’analisi delle tipologie pittoriche più realizzate dai pittori fiamminghi nel XV secolo, si snoda tra la ritrattistica, i polittici, le pale a tema religioso e numerosi confronti con l’arte italiana, che si lascia influenzare ed influenza, a sua volta, la pittura nordeuropea, mostrando lo splendore delle trasparenti espressioni dei personaggi ritratti, il patetismo delle scene religiose, la cura degli elementi naturali nella rappresentazione del paesaggio.

    BTA00737.html | PDF
    Cercando l'«incanto fantastico di colorito»: restauri italiani di monumenti medievali nel XIX secolo
    Eliana Billi, 26 Ottobre 2014, n. 737

    BTA00736.html Expo Milano 2015: Paesaggio protagonista
    Giulia Mondolfi, Firenze, Italia, 21 Ottobre 2014, n. 736

    BTA00735.html Mario Sironi. 1885-1961. Roma, Complesso del Vittoriano: una recensione
    Giorgia Duò, Roma, Italia, 12 Ottobre 2014, n. 735

    BTA00734.html La IX mostra dei futuristi aeropittori di guerra del gruppo futurista Savarè
    Raffaella Picello, Ferrara, Italia, 8 Ottobre 2014, n. 734

    BTA00733.html | PDF
    Giochi di parole nell'arte di Joseph Cornell
    Eleonora Rovida, 3 Ottobre 2014, n. 733

      L'artista statunitense comincia la sua avventura nella creazione artistica realizzando giochi per il fratello Robert. Cornell ha sempre avuto una grande passione per Duchamp e i Surrealisti che ha avuto modo di conoscere alla galleria di Julien Levy. Visti i numerosi contatti e le evidenti contaminazioni artistiche, è nata l'idea di leggere l'arte di Cornell attraverso dei giochi di parole, strategia e divertissement finalizzati ad evidenziare, nella sua produzione, significati più o meno nascosti che rappresentano slot machine di interpretazioni.

    BTA00732.html Declinazioni aeropittoriche: Giovanni Korompay e Magda Falchetto a Ferrara
    Raffaella Picello, Ferrara, Italia, 2 Ottobre 2014, n. 732

    BTA00731.html Sui costumi di scena di Coppelia nel Teatro alla Scala (1937)
    Simone Cassano, Roma, Italia, 1 Ottobre 2014, n. 731

    BTA00730.html Alla scoperta di Escher, Roma, Chiostro del Bramante: una recensione
    Giorgia Duò, Roma, Italia, 30 Settembre 2014, n. 730

    BTA00729.html Un Compianto su Cristo morto di Vincenzo Tamagni
    Rossana Castrovinci, Roma, Italia, 29 Settembre 2014, n. 729

    BTA00728.html Kounellis. Note sul fumo e l'oro
    Ettore Janulardo, Roma, Italia, 21 Settembre 2014, n. 728

      Il nomadismo intellettuale è condizione fondante per Kounellis. L’artista greco, a Roma dal 1956, trasforma l’arcano persistere delle culture in dinamismo d’artificio e di pensiero, che rende “quadri” scene degne degli straniamenti brechtiani.
Intrecciata la propria ricerca con l’esplosione dell’Arte povera, Kounellis si concentra sulla coscienza storica del dissidio tra arte e natura procedendo in modo deciso all’utilizzazione di materiali-oggetti che non sono in senso proprio né primitivi né poveri e che implicano un certo grado di know-how: ciminiera, tavoli, strumenti musicali sofisticati (violino, pianoforte), calchi in gesso. O produce opere – come segni del passato incidenti sul presente – in cui è esplicito il richiamo alla storia dell’arte, come la marina col nome “Ensor “del 1978 e i disegni a carboncino che si rifanno a Munch. Senza indulgere a impossibili fusioni tra gli opposti, svolge la sua attività all’interno del linguaggio specifico dell’arte: la sua ricerca verte così sulla tecnica dell’opera, portandoci a ricordare – come scrive Benjamin – che il “concetto di tecnica offre il punto di attacco dialettico che consente di superare la sterile antitesi di forma e contenuto”.
 Le “raffigurazioni” di Kounellis sono dunque tracce di un’immagine mentale profondamente impregnata di senso della storia: sono non solo rappresentazione di una riflessione storica ma riflessione e intervento storico esse stesse.

    BTA00727.html Da Giotto a Gentile. Pittura e scultura a Fabriano fra Due e Trecento: una recensione
    Lara Scanu, Roma, Italia, 20 Settembre 2014, n. 727

      L’interessante mostra, curata da Vittorio Sgarbi ed allestita presso la Pinacoteca Civica Bruno Molajoli di Fabriano, offre una interessante panoramica della situazione artistica dell’area umbro-marchigiana tra i secoli XIII e XIV.

      Contestualmente al percorso espositivo, si inserisce un itinerario nei più importanti siti pittorici della cittadina.

      Significative sono le “finestre” aperte su alcune personalità artistiche, come il Maestro di Campodonico ed Allegretto Nuzi, oltre al più noto pittore a cui questo abitato ha dato i natali, Gentile da Fabriano, e sulla tipologia iconografica della Madonna dell’Umiltà, nata in questo contesto geografico e all’interno della cultura francescana.

    BTA00726.html I musei come ambienti di apprendimento
    Vincenza Ferrara, Roma, Italia, 9 Settembre 2014, n. 726

    BTA00725.html “Taare Zameen Par”: pensatori per immagini
    Eleonora Rovida, 30 Agosto 2014, n. 725

      Il film Taare Zamen Paar (Stelle sulla Terra) racconta la storia di un bambino con una diversità di apprendimento. Il riconoscimento della dislessia da parte del suo insegnante di arte gli fornisce una chiave per far convergere quel particolarissimo modo di pensare in una creatività che gli permette di esprimersi non solo nell'arte, ma nella vita di tutti i giorni dimostrando grandi capacità, ma anche un meccanismo cerebrale che appartiene a grandi nomi del panorama storico e artistico.

    BTA00724.html Le varici del cavallo di Donatello
    Alfredo Musumeci, San Giovanni La Punta (CT), Italia, 30 Agosto 2014, n. 724

    BTA00723.html Jean Nouvel e il National Museum of Qatar: natura, tecnologia, modernità e tradizione
    Lara Scanu, Roma, Italia, 18 Agosto 2014, n. 723

      L’opera dell’architetto Jean Nouvel ben si inserisce nel contesto di esigenze relative al momento storico, sociale e culturale in cui ha operato e continua ad operare.

      Da sempre dedito alla realizzazione di edifici dediti all’espressione delle più varie civiltà, di cui l’Institut du monde arabe di Parigi è un notevole esempio, ha facilmente raccolto la sfida per la realizzazione di un grande museo che potesse contenere, in perfetta simbiosi con l’ambiente esterno, i manufatti e le opere prodotte dalla millenaria popolazione qatara.

      Le forme dell’edificio, che ricordano un minerale assai diffuso nelle zone desertiche della penisola che affaccia sul Golfo Persico, noto come rosa del deserto, esprimono nella loro motilità liquida sia la vicinanza con l’ambiente naturale circostante, sia la continuità con la tradizione architettonica precedente, sia la versatilità di un edificio moderno, progettato secondo le tecnologie più avanzate.

    BTA00722.html La xilografia del Trionfo di Vertumno e Pomona dell'Hypnerotomachia Poliphili
    Francesca Blasi, Roma, Italia, 4 Agosto 2014, n. 722

    BTA00721.html | PDF
    Polifilo tra le rovine: Il mito di Roma
    Alessia Ferraro, Latina, Italia, 16 Luglio 2014, n. 721

    BTA00720.html | PDF
    Il soggiorno veneziano di Francesco Colonna romano signore di Palestrina e le incisioni dell'Hypnerotomachia Poliphili
    Stefano Colonna, Roma, Italia, 16 Luglio 2014, n. 720

    BTA00719.html “Le Petit Prince”: Yves Saint Laurent
    Eleonora Rovida, 20 Giugno 2014, n. 719

      Tanti sono gli omaggi al genio di uno dei marchi più famosi nel mondo della moda, ma questo film è riconosciuto da Pierre Bergé, partner nella vita e nel lavoro dello stilista, come il più adatto ad esprimere l'umanità di Yves. L'icona della moda viene qui presentata nella sua fragilità e nel suo tormento che accompagnano la sua creatività fortemente influenzata e affascinata dal mondo dell'arte.

      [english:]
      There are so many tributes to the genius of one of the most famous brands in the fashion world, but this film is recognized by Pierre Bergé, partner in life and work of the designer, as the most suitable to express the humanity of Yves. The fashion icon is presented here in his fragility and his torment accompanying his creativity strongly influenced and fascinated by the world of art.

    BTA00718.html Coltivazioni Igomeniche
    Eleonora Rovida, 19 Giugno 2014, n. 718

      L'artista emergente Antonino Gallo (Igomenico) ha esposto le sue personalissime sculture nello scenario botanico di Fiori (Milano) creando una mise-en-scène che segna il completamento di un'idea artistica alla base della “coltivazione” delle sue opere. Le sculture sono evoluzione nello spazio di collage e dipinti, espressioni della cultura under ground e debitori della passione per il colore e per la fumettistica sulla scia burtoniana.

      [english:]
      The emerging artist Antonino Gallo (Igomenico) exhibited his very personal sculptures in the botanical scenario Fiori (Milan), creating a mise-en-scène that marks the completion of an artistic idea behind the “cultivation” of his works. The sculptures are evolving in the space of collage and paintings, expressions of an under ground culture and debtors at the passion for color and for the comics in the Burton's wake.

    BTA00717.html Riscoprire Michelangelo come artista universale: una recensione
    Giorgia Duò, Roma, Italia, 19 Giugno 2014, n. 717

    BTA00716.html | PDF
    Jüdisches Museum Berlin: una “metafora architettonica”
    Lucia Signore, Cassino (FR), Italia, 16 Giugno 2014, n. 716

      Il Museo Ebraico di Berlino è stato costruito da Daniel Libeskind (architetto ebreo, nato da genitori scampati alla morte nei gulag) a partire dal 1989, anno in cui cadde il Muro e si incominciò ad accettare la triste storia del passato tedesco e a finanziare strutture per commemorare il popolo vittima dell’Olocausto. L’edificio è stato eretto significativamente accanto al Kollegienhaus, antico tribunale progettato da Philipp Gerlach nel Settecento e divenuto successivamente sede del Museo di Storia della città, ma non è stato reso autonomo. Il visitatore deve entrare nell’edificio prospiciente e scendere nel sottosuolo per percorrere i tre Assi: due di essi, quello dell’Esilio e quello dell’Olocausto, terminano rispettivamente con un giardino e con una torre, il terzo, quello della Continuità, riporta in superficie dopo l’infernale percorso catartico per mostrare che alcuni ebrei si sono salvati dalla follia umana. Un erudito simbolismo connota gli interni e la superficie esterna, nonché la pianta zigzagante che altro non è che la scomposizione della stella di David, stella che compare, sempre destrutturata, anche sulla coltre zincata dell’edificio. Particolarmente interessante è anche l’impianto architettonico che si confà alla rivoluzionaria concezione dello spazio museale, introdotta ormai già da diversi decenni. Tale struttura non è una semplice “scatola”, ma è essa stessa una “scultura architettonica” che comunica messaggi con le sue forme non più appartenenti alla geometria euclidea, ma a quella frattale che ben si confà ad un’architettura liquida che è il frutto di una nuova concezione spazio-temporale affermatasi con l’avvento del Cyberspace e del World Wide Web, il mondo virtuale labirintico e caotico. Il disorientamento è, del resto, una caratteristica di questa architettura traumatica, in cui sia la struttura con la sua fluente forma zigzagante e le sue ostruzioni interne (i voids), sia l’allestimento, consentono di raccontare la storia “tortuosa” e drammatica degli ebrei.

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    La dialettica di classico/anticlassico tra Argan, Zevi e Novak per una definizione critico-estetica di “Architettura Liquida”
    Stefano Colonna, Roma, Italia, 16 Giugno 2014, n. 715

      Sono state prese in esame opere di arte contemporanea e architetture ispirate al concetto di Classico, Anticlassico ed Architettura Liquida. Per la relazione dialettica tra Classico ed Anticlassico sono stati studiati criticamente i fondamentali testi di Giulio Carlo Argan e Bruno Zevi, mentre per la genesi dell'Architettura Liquida l'analisi ha inizio dalla storica definizione di Marcos Novak che, partendo dal Rinascimento di Argan, ci proietta nel Cyberspazio attraverso l'uso di algoritmi mentali di ispirazione informatica tipici della realtà virtuale. E' stata fatta una comparazione tra le opere di Boccioni, Duchamp e le architetture di Gehry e tra i temi dei frattali, labirinti e specchi ed alcuni Musei costruiti da "Archistar" internazionalmente riconosciuti: Calatrava, Gehry, Koolhaas, Mendini, Niemeyer, and Nouvel. In questo testo si considera l'"Anticlassico" come il fattore critico precursore del concetto di "Liquido".

      Contemporary art and architectural works inspired by the concepts of Classic, Anti-Classic and Liquid Architecture have been analized. For the dialectic relationship between Classic and Anti-Classic, the fundamental texts by Giulio Carlo Argan and Bruno Zevi have been examined, while for the genesis of the Liquid Architecture the analysis starts from the historical definition by Novak, who, starting from Argan's Renaissance, projects us into the Cyberspace throughout the use of mental algorythms of informatic inspiration typical of virtual reality. A comparison has been carried out between works of Boccioni and Duchamp and Gehry's architecures and between the themes of fractals, mazes and mirrors and some Museums built by internationally-renowned "Archistar": Calatrava, Gehry, Koolhaas, Mendini, Niemeyer, and Nouvel. In this text we consider the "Anti-Classic" the critical factor precursor of the concept of "Liquid".

    BTA00714.html L’arte di Duchamp attraverso il gioco. Analisi delle opere della mostra “Duchamp. Re-made in Italy” mediante le categorie elaborate da Roger Caillois
    Elena Lago, 28 Aprile 2014, n. 714

    BTA00713.html | PDF
    La Mostra su El Lissitzky, uno degli interpreti più geniali dell'avanguardia russa: una recensione
    Enrica Torelli Landini, 27 Aprile 2014, n. 713

    BTA00712.html Boetti: un mondo di tappeti. Sperimentazioni artistiche e tradizioni culturali
    Ettore Janulardo, Roma, Italia, 7 Aprile 2014, n. 712

      Nato a Torino nel 1940, ha vissuto la stagione dell’ “arte povera” che, tra il capoluogo sabaudo e Roma, ha portato artisti come Calzolari, Kounellis, Mario e Marisa Merz, Paolini a confrontarsi insieme su alcuni punti nodali del dibattito vita/arte politica/arte. Se la relazione arte/vita è uno dei temi fondanti della ricerca artistica, essa assume particolare rilevanza “esistenziale” nel percorso di Boetti che progressivamente attua un percorso di “raddoppiamento”: con Gemelli spedisce una cinquantina di cartoline con la propria immagine che tiene per la mano un altro se stesso, definendo un correlativo iconico alla sigla artistico-umana che assumerà: Alighiero e Boetti.

      Raddoppiare, accumulare, inventariare sono operazioni mentali che si sostanziano dei viaggi e delle esperienze dell’artista. E i fili s’intrecciano, con l’artista che giunge per la prima volta in Afghanistan nel 1971, facendone la sua seconda patria. Poi, insieme a un laboratorio di ricamo, sarà aperto nella capitale afghana anche un albergo, il One Hotel; dalla città partirà inoltre la corrispondenza che costituirà l’opera 720 lettere da Kabul. Viaggi, mostre e realizzazioni punteggiano la vita dell’artista, impegnato in una serie di lavori a penna – Mettere al mondo il mondo – e nella promozione di ricami con parole e frasi: Ordine e disordine (1972).

    BTA00711.html La Mostra di Luciano Fabro al CIAC: una recensione
    Alessandra Bertuzzi, Foligno - PG, 29 Marzo 2014, n. 711

    BTA00710.html Il CIAC: Centro di Arte Contemporanea di Foligno
    Alessandra Bertuzzi, Foligno - PG, 29 Marzo 2014, n. 710

    BTA00709.html Carlo Saraceni 1579 – 1620. Un veneziano tra Roma e l’Europa: una recensione
    Giulia Chellini, 25 Marzo 2014, n. 709

    BTA00708.html Percezioni di Napoli: un'epistola di Bernardo Tasso tra lettere e arti
    Ettore Janulardo, Roma, Italia, 9 Marzo 2014, n. 708

      In un secolo come il XVI, segnato a Napoli da importanti elaborazioni architettonico-urbanistiche, l’epistola di Bernardo Tasso propone un catalogo di luoghi ed evidenze monumentali che contribuiscono a definire la percezione storico-culturale della città facendosi, al tempo stesso, cronaca dell’edificazione e delle trasformazioni più recenti, avvenute negli anni del vicereame spagnolo di Don Pedro Álvarez de Toledo.

      Ma la descrizione tassiana si struttura anche per immagini che contribuiscono a una sorta di lirica guida per persone colte, lungo la linea che dalla classicità giunge alle raffigurazioni del Grand Tour e che trova anticipazione figurativa alcuni decenni prima, passando inoltre per una Veduta del porto di Napoli di Bruegel che offre spunti di lettura personale non dissimili dall’interpretazione lirica della città già proposta dall’epistola di Bernardo Tasso.

    BTA00707.html Il problema dell'intenzione dell'autore nell'interpretazione dell'opera
    Gianluca Lorenzini, 9 Marzo 2014, n. 707

    BTA00706.html Alla scoperta di uno dei più celebri musei europei: “Musée d'Orsay. Capolavori”: una recensione
    Giorgia Duò, Roma, Italia, 2 Marzo 2014, n. 706

    BTA00705.html Cèzanne e gli artisti italiani del '900: una recensione
    Giuseppe Arnesano, Roma, Italia, 2 Marzo 2014, n. 705

    BTA00704.html Luca Beltrami e lo stile “italiano” in piazza della Scala
    Andrea D'Agostino, 13 Febbraio 2014, n. 704

    BTA00703.html A Fiumara d'Arte il premio per il restauro dell'Italian Heritage Award 2013, occasione per una riflessione sul contemporaneo in Sicilia
    Mercedes Auteri, Catania, Italia, 13 Febbraio 2014, n. 703

    BTA00702.html Il cardinal Marco Barbo: fil rouge fra Roma e l'Accademia dei Vertunni
    Alessia Dessì, Roma, Italia, 19 Gennaio 2014, n. 702

    BTA00701.html La poesia de “La tigre e la neve”
    Eleonora Rovida, 2 Gennaio 2014, n. 701

      La tigre e la neve è un film di Roberto Benigni che racconta le vicende del poeta Attilio De Giovanni, un piccolo-grande eroe contemporaneo. Il monologo del poeta, che costituisce una lezione per i suoi allievi, è un inno alla vita sulla scia de L'attimo Fuggente, ma anche celebrazione alla poesia e della creatività che contiene numerosi riferimenti all'arte che meritano un'analisi più approfondita.

    BTA00700.html L'Accademia dei Pittori e degli Scultori di Venezia. Dalla corporazione medievale all?istituzione accademica
    Giulia Chellini, 23 Dicembre 2013, n. 700

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