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Gherardo delle Notti, Quadri bizzarrissimi e cene allegre: una recensione  

Maria Gabriella Matarazzo
ISSN 1127-4883 BTA - Bollettino Telematico dell'Arte, 18 Aprile 2015, n. 767
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Area Mostre
Sarà visitabile fino al 24 maggio, ospitata dallaGalleria degli Uffizi di Firenze, l’attesa retrospettiva su Gerrit van Honthorst, tra i massimi protagonisti del Seicento pittorico. È, senza dubbio, un appuntamento di notevole importanza nel calendario delle attività espositive patrocinate dal Polo Fiorentino, trattandosi della prima mostra mai dedicata al pittore, che si trova così ad inaugurare, sotto fortunati auspici, un 2015 particolarmente ricco di proposte. Per l’occasione, oltre alla direzione di Antonio Natali, al vertice della stessa Galleria, la curatela è svolta da un veterano degli studi sulla pittura caravaggesca, Gianni Papi, già autore, nel 1999, della monografia di riferimento sul pittore olandese1, da integrare, specie per l’attività in madrepatria, con gli studi di Jay Richard Judson2. E non è una casualità se lo Honthorst trovi proprio in Firenze la sede, prestigiosissima, di una prima riflessione espositiva a lui interamente dedicata. Indimenticabile resta, infatti, per gli addetti ai lavori, la fondamentale mostra del 1970 “Caravaggio e i Caravaggeschi”3, curata da Evelina Borea ed allestita anch’essa nelle sale degli Uffizi, che, in quei fortunati anni di fervide ricerche e sensazionali scoperte, la stessa dirigeva. Una mostra, s’è detto, nodale, in quanto avrebbe giustamente restituito a Firenze il ruolo, sino ad allora ostinatamente ignorato, di vivace ganglio della rete di diffusione europea del naturalismo caravaggesco, specie attraverso l’attività mecenatizia del Granduca Cosimo II, che la retrospettiva fiorentina ricostruì attraverso apporti inediti, ma anche attraverso l’iniziativa privata di figure come Piero Guicciardini, importante attore dell’innesto del caravaggismo in territorio toscano. Fondamentale fu, peraltro, il ruolo di tramite che questi giocò tra lo Honthorst e Firenze, attraverso la commissione del 1619 che lascerà in Santa Felicita una delle cime della produzione dell’olandese, la delicata quanto sfortunata Adorazione dei Pastori, oggi penosamente ridotta a misero relitto di se stessa. Al destino tragico della tela è dedicato il saggio di apertura del catalogo della mostra, edito da Giunti, strumento quanto mai utile, che integra con intelligenza alcune lacune che, forse inevitabilmente, emergono dall’articolazione dell’esposizione. Se, infatti, il catalogo, ben strutturato e denso di spunti, rivela la serietà delle finalità scientifiche della mostra, le buone intenzioni appaiono in parte tradite nella messa in opera espositiva, per quanto gli ambienti limitati impongano necessariamente una sintesi, spesso drastica, dei discorsi argomentati per immagini.

Primo aspetto di pregio da rilevare è l’impianto cronologico dell’esposizione, che, nonostante la dichiarata predilezione per il decennio di attività italiana, mira ad inquadrare lo sviluppo del pittore dalla fase giovanile fino ai fortunati anni del ritorno ad Utrecht, senza mancare di rilevare precedenti, lasciti e scambi. Un merito, quello della restituzione lineare del percorso dell’artista, da non ritenere scontato: mostre recenti hanno, infatti, prediletto impostazioni tematiche o tipologiche che, se di certo mostrano la propria utilità nel descrivere stagioni collezionistiche o generali fenomeni figurativi, mal restituiscono la fisionomia coerente di un pittore.

Densa di suggestioni la prima sala, in cui sono illustrati i prodromi dell’arte dello Honthorst. Se vagamente allogeno appare il bel Paolo Guidotti lucchese, assai significativa è la presenza dell’eccezionale Cristo dinanzi a Caifa di Luca Cambiaso, che, principiando il percorso espositivo, bene emerge come riferimento in qualche modo archetipico della maniera dello Honthorst, specie per quella propensione intimista al “lume di notte”, oggetto di precoci quanto spericolate sperimentazioni da parte del genovese e così intensamente radicato nei modi di Gerrit da guadagnargli l’epiteto con cui l’artista è noto in ambito italiano. Non meno apprezzabile la presenza dell’Adorazione di Abraham Bloemaert, un vero patriarca della pittura olandese e maestro del nostro, di cui certamente non avrebbe guastato ammirare un numero più cospicuo di opere, per meglio discernere l’autentica vena nordica di taluni stilemi, destinati pur tuttavia ad un decisivo potenziamento, se non viraggio, in seguito al folgorante incontro col Caravaggio romano. Questo viene immediatamente speso in tutta la sua decisiva portata nelle sezioni successive, incentrate sull’arrivo di Gerrit in Italia, tuttora sfumato nell’indeterminatezza cronologica, che ha consentito a Gianni Papi di avanzare interessanti ipotesi su un supposto soggiorno genovese dell’artista, di cui la Santa Teresa incoronata da Cristo e i comprovati rapporti con la città, mediati in particolare dalla protezione dei Giustiniani4, dovrebbero costituire le testimonianze più solide.

Dopo quelle che il curatore configura come le prime prove italiane, ancorate al primo lustro del secondo decennio e ancora venate da certe asprezze oltramontane, come l’Incoronazione di Spine Getty, sfilano gli anni più felici della produzione di Gerrit, attraverso una selezione ben rappresentativa di dipinti di formato, soggetto ed intonazione assai variati. Il filo dell’evoluzione stilistica si intreccia allora con la trama dei rapporti di committenza, da cui emerge, imprescindibile, il ruolo giocato dai fratelli Giustiniani nel patrocinio dell’artista, di cui lo splendido Cristo dinanzi a Caifa, prestito eccezionale della National Gallery di Londra, è forse la testimonianza più alta. Il profilo monumentale ed austero di Cristo, la penetrante lettura dell’effetto della luce sull’epidermide delle cose, finanche sul pulviscolo della stanza, che si accende di tonalità calde e pastose, configurano la tela come uno dei momenti di più intima adesione dello Honthorst a Caravaggio, alla quale, per sobrietà d’intonazione, può essere accostato l’intenso Cristo negli orti degli ulivi di San Pietroburgo.

Si succedono, poi, a ritmo serrato, quei “quadri bizzarrissimi e cene allegre”, secondo la felice formula di Luigi Lanzi, che tanta parte ebbero nella fortuna collezionistica del pittore, e che, offrendo un ricco campionario di tipi umani, di situazioni emotive e di consistenze oggettuali senz’altro costituirono per il pittore l’occasione di vagliare possibilità timbriche e rese pittoriche fortemente sperimentali. È nelle scene di genere, infatti, unitamente ai dipinti di devozione privata, di ben più intensa vocazione, che si misura la profonda intelligenza figurativa di Gerrit, ed è proprio la ripetitività, talvolta spinta fino alla standardizzazione, di caratteri e situazioni ad offrire un terreno fertile di dialogo e confronto con i contemporanei, con cui l’olandese condivise la parabola caravaggesca. E se il rapporto con le coeve vicende di Bartolomeo Manfredi, Domenico Fiasella, Simon Vouet, solo per citare alcuni nomi, è ben intrecciato nel catalogo, con riferimenti puntuali e confronti ben argomentati, la trama delle consonanze e delle dissonanze risulta smagliata in mostra, dove la netta cesura tra le opere dello Honthorst e quelle dei contemporanei richiama solo vaghi rimandi tipologici ed iconografici, senza offrire la possibilità di confrontare con immediatezza le differenti personalità stilistiche5. Si tratta, senza dubbio, della sezione meno riuscita della mostra, specie perché collocata dopo il rientro del nostro in Olanda, segnato da un tono diverso, più fresco, spensierato, chiaro, ben testimoniato dall’ Allegro violinista con bicchiere di vino di Amsterdam: è ormai tramontata la mordace tensione emotiva che aveva permeato gli anni italiani.

Nel percorso espositivo un posto di rilievo particolare è assegnato alla succitata Adorazione dei Pastori, alla quale è dedicata una sala a sé, che, attraverso un peculiare allestimento filmico e sonoro, mira a rievocare il tragico episodio mafioso del 1993, la cui esplosione, interessando una sezione consistente della Galleria degli Uffizi, determinò la perdita di importanti tele della collezione. Forse non occorreva una così ricercata scenografia per aumentare il gradiente drammatico dell’esposizione della tela: della violenza di quell’attentato esplosivo parla già lo stato disperato del dipinto, ridotto a brevi lampi di colore che baluginano attraverso la trama grezza della tela. E fa riflettere la riproduzione, nel saggio di Antonio Natali in catalogo, della locandina della mostra del 1966 sui Dipinti salvati dalla piena dell’Arno, dove è ben riconoscibile l’Adorazione, fortunosamente salvata dalle acque: dove non arrivò la furia della natura, poté la ferina ignoranza della mafia.





NOTE

1 G. Papi, Gherardo delle notti. Gerrit Honthorst in Italia, Soncino 1999.

2 J. R. Judson e R. E.O. Ekkart, Gerrit van Honthorst 1592 – 1656, Doornspijk 1999.

3 E. Borea, Caravaggio e caravaggeschi nelle Gallerie di Firenze, catalogo della mostra, Firenze 1970.

4 Sul mecenatismo dei Giustiniani si veda S. D. Squarzina (a cura di), Caravaggio e Giustiniani. Toccar con mano una collezione del Seicento, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Giustiniani, 26/01/2001 – 15/05/2001) Milano 2001.

5 Per un quadro generale sulla pittura caravaggesca si veda A. Zuccari (a cura di), I Caravaggeschi. Percorsi e protagonisti, Milano 2010.





BIBLIOGRAFIA

E. Borea (a cura di), Caravaggio e caravaggeschi nelle Gallerie di Firenze, catalogo della mostra, Firenze 1970.

J. R. Judson e R. E.O. Ekkart, Gerrit van Honthorst 1592 – 1656, Doornspijk 1999.

G. Papi, Gherardo delle notti. Gerrit Honthorst in Italia, Soncino 1999.

S. D. Squarzina (a cura di), Caravaggio e Giustiniani. Toccar con mano una collezione del Seicento, catalogo della mostra (Roma, Palazzo Giustiniani, 26/01/2001 – 15/05/2001) Milano 2001.

A. Zuccari (a cura di), I Caravaggeschi. Percorsi e protagonisti, Milano 2010.





LA MOSTRA

Gherardo delle Notti - Quadri bizzarrissimi e cene allegre
Firenze, Galleria degli Uffizi
10 febbraio – 24 Maggio 2015

http://www.unannoadarte.it/Mostre/gherardo-delle-notti/







Fig. 1
Gerrit van Honthorst, Cristo nell'orto degli ulivi, 1614-1615,
Olio su tela
San Pietroburgo, Museo Statale Ermitage

Fig. 2
Gerrit van Honthorst, Cristo dinanzi a Caifa, 1615-1616,
Olio su tela
Londra, The National Gallery

Fig. 3
Gerrit van Honthorst, Cena con suonatore di liuto, 1619-1620,
Olio su tela
Firenze, Galleria degli Uffizi

Fig. 4
Gerrit van Honthorst, Allegro violinista con bicchiere di vino, 1623,
Olio su tela
Amsterdam, Rijksmuseum

Fig. 5
Gerrit van Honthorst, Adorazione dei pastori, 1619-1620,
Olio su tela
Firenze, Galleria degli Uffizi, Corridoio Vasariano




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